mercoledì 17 febbraio 2010

Moccia, Giuseppe – Solano, Luigi (a cura di), Psicoanalisi e neuroscienze. Risonanze interdisciplinari.

Milano, Franco Angeli, 2009, pp. 231, € 24,00, ISBN 9788856801019.

Recensione di Vinicio Busacchi – 17/02/2010

Psicologia, Neuroscienze

1. Il volume Psicoanalisi e neuroscienze raccoglie gli interventi di due differenti giornate di studio: la prima organizzata dal Centro di psicoanalisi romano (Roma, 7 luglio 2007), con protagonista Wilma Bucci (professore al Derner institute della Adelphi University di New York), da anni impegnata a sviluppare un modello teorico della psicoanalisi in dialettica stretta con le problematiche, i contenuti, le acquisizioni più recenti e le teorizzazioni delle scienze cognitive; il secondo organizzato ancora dal Centro di psicoanalisi romano e dal Centro psicoanalitico di Roma (Roma, 27 ottobre 2007), con protagonista il neuroscienziato Vittorio Gallese (Università di Parma), le cui ricerche sono state decisive per la scoperta dei cosiddetti neuroni specchio, e per lo studio e l’elaborazione, da un lato, di un modello neuroscientifico dell’intersoggettività, dall’altro di un approccio multidisciplinare al tema dell’intersoggettività (in dialogo stretto con filosofia, psichiatria, psicologia del linguaggio).
Così, psicologia cognitiva e neurologia vanno a costituire i due poli scientifici dominanti su cui si organizza e sviluppa, in questo libro, il confronto tra psicoanalisi e neuroscienze – un confronto tanto recente quanto (paradossalmente) originario, se è vero che da una parte assistiamo oggi ad un significativo ri-avvicinamento (dopo anni di ostile, reciproca, indifferenza), mentre dall'altra la psicoanalisi sin dalle origini si configura come frutto ibrido dell'alchimia scientifica del neurofisiologo viennese Sigmund Freud. Freud: genio dalla multiforme vocazione per la psicologia, la psicopatologia, la filosofia, la letteratura, l'arte – ampiamente sostenuto, in ciò, dalla particolare cornice culturale e dalla configurazione epistemologica delle scienze di fine Ottocento. D'altronde, nonostante le forti tensioni tra scienziati di differenti scuole, filosofi ed intellettuali su questioni di metodo (Methodenstreit) o su questioni limite (sia nel senso della problematicità, sia nel senso della interdisciplinarità o multidisciplinarità di esse... si pensi, ad esempio, al problema dell'isteria) o, ancora, su discipline dallo statuto doppio o incerto (come il caso della psicologia, da un lato semi-filosofica [dall'oggetto sondabile esclusivamente con procedure di ordine comprensivo], dall'altro disciplina elevata a rango di scienza, a partire dal lavoro esplicativo e sperimentale della psicologia fisiologica di Wundt) – ebbene, nonostante tutto ciò (o forse grazie a tutto ciò!), dicevo, Freud poteva avanzare con sicurezza la tesi della scientificità della sua “creatura” (dichiarata scientifica, appunto, “al pari della chimica e della fisica”). Avanzava questa tesi in un momento di forte dominanza del paradigma positivistico, pur covando, in fondo, l'idea che l'apparato psicologico (ovvero comprensivo/narrativo/interpretativo) della psicoanalisi dovesse funzionare come impalcatura provvisoria in attesa degli avanzamenti della neurobiologia in conoscenze e capacità analitico-esplicative. (Freud era ben consapevole della fragilità scientifica insita nel dato di fatto che i suoi casi clinici “si leggevano come novelle”). Prova della ferma volontà del “grande viennese” di non fare della psicoanalisi un ramo della psicologia fu, tra l'altro, la ferma determinazione nel richiedere la formazione medica agli aspiranti analisti. Ma si sa come andarono le cose, poi. Il progetto freudiano fu praticamente seppellito con Freud, così come la richiesta di una formazione medica o psichiatrica: cominciarono a comparire ed operare psicologi psicoanalisti ed anche analisti di formazione filosofica.
E, tuttavia, di Freud restò una certa caratterizzazione/vocazione interdisciplinare della psicoanalisi; della e verso la psicoanalisi. Fino a giungere ai nostri giorni, dove entro la cornice di una ricerca estremamente complessificata, con abbondanti fiorescenze di teorie, approcci e modelli psicoterapici (più o meno innovativi ed efficaci, più o meno elaborati e giustificati, più o meno “commerciali”), in sempre più settori scientifici si riconosce e ricerca l'incontro interdisciplinare, l'approccio multidisciplinare e pluri-ambulatoriale, la pluri-specializzazione, il lavoro di équipe tra specialisti afferenti a diverse aree, gli incontri seminariali di studio e ricerca.
Come quelli da cui prende forma questo volume curato da Giuseppe Moccia e Luigi Solano. Non mancano, naturalmente, resistenze ed attriti vecchi e nuovi, messi in evidenza dai curatori che scrivono: “il confronto interdisciplinare fra psicoanalisi e dati derivati dalla ricerca empirica, in quanto interroga la psicoanalisi sulle proprie teorie, suscita spesso qualche apprensione relativa al timore degli psicoanalisti di perdere la propria identità. Così non è infrequente un atteggiamento difensivo che liquida il confronto in quanto irrilevante per la psicoanalisi” (p. 11).
Qui è data una delle letture possibili a quel fenomeno diffuso di “resistenza al confronto” registrato da più interlocutori nel testo, che è figlio di una lunga tradizione di marcia solitaria da parte di molte scienze. L'idea di rigore e di lavoro scientifico si è lungamente coniugata (e continua a coniugarsi) più o meno consapevolmente/volontariamente con una certa ideologia di scientificità intesa come chiusura, incomunicabilità, autosufficienza logico-teorica-procedurale/sperimentale. D'altra parte, poche lezioni come quella freudiana hanno da un lato segnato in modo profondo e diffuso un'epoca attirando su di sé, dall'altro, non solo interessi e critiche ma veri e propri assalti e saccheggi, da (praticamente) ogni ambito culturale e scientifico... Si aggiunga che l'interdisciplinarità è già oggi uno “spazio” sovraffollato, abitato sovente in modo confuso, e non senza tensioni.
Ora, una certa tensionalità la si registra pure all'interno del volume di Moccia e Solano, nonostante la chiara linea moderata e cauta scelta dai curatori per il confronto tra psicoanalisi e neuroscienze, ben espressa dal sottotitolo Risonanze interdisciplinari. Chiara la resistenza a quei progetti di connubio forte, recepiti forse come livellanti oppure “ingenui”, certamente prematuri. Penso qui al progetto di Neuropsychoanalysis di Mark Solms (per citare uno dei suoi alfieri) – un progetto tanto interessante quanto forte, che nell'idea dei suoi sostenitori ed attuatori persegue l'originario sogno freudiano. Non è un caso che questo progetto non venga citato, né che il nome di Solms compaia da qualche parte nel libro! Certo, ciò non va tradotto in nota immediatamente polemica: il libro non persegue, infatti, un progetto di fusione ma di dialogo (ovvero, un progetto d'altro genere), in vista di un più esteso, articolato e produttivo lavoro di ricerca interdisciplinare, nell'autonomia e specificità teorica e pratico-operativa delle discipline in campo. Il terreno sul quale battere è, secondo i curatori, quello del linguaggio; in poche parole, un progetto giocato più sul terreno della comunicabilità che dell'integrazione: “il punto di incontro [...] – leggiamo – sembra risiedere nel principio di rendere compatibili il sistema nozionale della psicoanalisi con quello delle neuroscienze” (p. 24).
Si è detto di una certa tensionalità interna al testo. Una tensionalità tanto inevitabile quanto produttiva (su questo punto come in diversi altri); già evidente dal capitolo di apertura, della Bucci, la quale sviluppa un modello integrato “contaminando” la teoria psicoanalitica con le acquisizioni della psicologia cognitiva, sulla base di una concezione del funzionamento psichico centrata sulla categoria di molteplicità (p. 29). Si mantiene sulla stessa linea Anna Ferruti, che firma il secondo contributo e che, lungi da cercare “risonanze”, rimarca la triplice linea teorico-programmatica della “teoria del codice multiplo e del ciclo referenziale” profilato dalla dottoressa Bucci: “a livello neurofisiologico (le due strade percorse neurofisiologicamente dallo schema dell'emozione), a livello evolutivo (la costruzione di sé avviene sempre nel contesto relazionale di riferimento all'altro), a livello clinico (possibilità di cambiare lo schema dell'emozione in un nuovo contesto” (p. 54). Amedeo Falci (terzo contributo) dedica alla questione il suo paragrafo di apertura ponendosi il quesito di cosa si intenda quando si parla di “interrelazioni con altre scienze” (p. 61). Il suo intervento ruota sul rilievo che la questione non è tanto “il confronto tra psicoanalisi e neuroscienze, ma se la psicoanalisi sia confrontabile con l'ampio arco di tutte quelle discipline, non solo le neuroscienze, che possono essere generalmente categorizzate come scienze della mente” (p. 62). Da un lato, Falci sottolinea la particolarità ed autonomia del lavoro scientifico psicoanalitico (“l'esperienza psicoanalitica e il sapere psicoanalitico sono legati da una relazione circolare; si generano, si validano e si correggono reciprocamente; fino ad adesso senza l'ausilio di altri saperi”, p. 66), dall'altro lato non manca di riconoscere che “anche l'esperienza analitica ha necessità di confrontarsi con i dati; essi non sono più quelle notazioni osservative a cui anche Freud consegnava una posizione prioritaria nella costruzione scientifica rispetto al tetto delle teorie [...]; sono anche i dati delle altre scienze che premono ai confini del nostro sapere e che impongono un confronto” (ivi). Un confronto non semplicemente dialogico e contingente, ma mirante all'unificazione dei discorsi – se è vero che, sì, per un verso “la ricerca non è ancora in grado di dare capillare conto di tutti gli eventi psichici in termini neurocognitivi e neurofunzionali”, ma per l'altro “sempre più “dati” ci suggeriscono che è possibile pensare in termini di connessione integrata, di embodied mind [...], tra processi psichici e i loro corrispettivi processi neurocognitivi e neurobiologici” (p.73).
Proseguendo, Giuseppe Martini apre la Tavola rotonda della seconda parte – ancora incentrata sulle scienze cognitive e sull'apporto teorico di Wilma Bucci. Le teorizzazioni della Bucci sul sub-simbolico da un lato permettono a Martini di implementare il concetto di irrappresentabile (chiave del suo lavoro di ricerca generale), dall'altro di aprire l'orizzonte del confronto interdisciplinare della psicoanalisi all'ermeneutica. Così, nel suo intervento pare esemplificativamente raccogliersi, in una sorta di sintesi (ancora) tensionale, l'ampio spettro delle possibilità teoriche della psicoanalisi – da sempre (variamente e rapsodicamente) oscillante tra spinte biologizzanti e spinte culturalizzanti. Qui si apre lo spazio di una riflessione sul ruolo della filosofia e sul suo rapporto con la psicoanalisi – tanto antico quanto attuale, tanto controverso quanto fondamentale. Vi ritornerò tra breve, limitandomi per il momento ad osservare che se è vero, da un lato, che la filosofia ha tendenzialmente operato in favore della culturalizzazione della psicoanalisi (giungendo ad un vertice di radicalizzazione, negli anni Settanta, principalmente attraverso l'apporto ermeneutico), dall'altro, oggi molta filosofia segue con attenzione e da vicino, gli sviluppi delle neuroscienze – non solo in contesti definiti come quelli della Philosophy of neuroscience e della Neurophilosophy, ad esempio, ma in ambiti più ampi, maggiormente aperti ad apporti interdisciplinari, come il caso della Philosophy of mind, ed ancora più generalmente della filosofia cosiddetta “di tradizione analitica”. (D'altra parte, oggi con più lucidità ed attenzione del passato, psicoanalisti e filosofi guardano all'ermeneutica come ad una disciplina ponte, di mediazione tra istanze strettamente scientifiche ed istanze più ampiamente culturali).
Con la terza parte – che ha un titolo felice, Dalla materia all'immaginazione: neuroni specchio e conoscenza inconscia – ha avvio un confronto diretto con la neurobiologia di Gallese. Il lavoro di C.A. Barnà affronta questo compito inserendo il confronto nel quadro della lunga e complessa storia della dialettica tra – diciamo – “discorsi sull'anima” e “discorsi sul corpo”, tra dimensione mentale della vita psichica e dimensione cerebrale (variamente sondata e teorizzata dalle tante discipline in campo concordemente con le differenti disposizioni metodologiche, epistemologiche e teoriche abbracciate). L'idea dell'autore pare oscillante e, se non incerta, decisamente cauta sul tema dell'interdisciplinarità. Comunque si evince il riconoscimento del “naturale”, inevitabile sviluppo nella direzione di modelli sempre più integrati. Le ricerche sui neuroni specchio risultano in tal senso emblematiche: “sono ricerche molto significative – osserva Barnà – che contemplano risvolti molto importanti per la comprensione di attitudini sociali sia positive, come l'empatia, che negative, per esempio quelle relative alla violenza imitativa e allo strapotere dei media. Ricerche quindi con un importante versante etico che hanno fatto coniare il termine suggestivo di “neuroscienze esistenziali”” (pp. 168-169).
Neuroscienze esistenziali, una specie di ossimoro, un termine ibrido accostabile “quasi per gioco” (?) al nome di un'altra disciplina ibrida, la Neurofenomenologia – attraverso cui entra nel confronto che abbiamo in esame un'altra branca viva della filosofia, la fenomenologia. Alla neurofenomenologia guarda con attenzione Gallese, raccordandovi la sua ricerca per il tramite del linguaggio. “L'intima natura del linguaggio – osserva – e il processo evolutivo che lo producono sono ancora materia di dibattito. Questo è in parte dovuto alla complessità e alla natura multi dimensionale del linguaggio. A che cosa ci riferiamo quando indaghiamo la facoltà del linguaggio e la sua evoluzione?” (p. 184). Il linguaggio si costituisce in Gallese come la linea di ricerca interdisciplinare su cui raccordare la fenomenologia: la fenomenologia, infatti, “fornisce prospettive stimolanti sulla natura e la struttura dell'esperienza umana e della sua relazione con il linguaggio, mettendo le azioni corporee al centro dell'indagine. Seguendo la prospettiva fenomenologica impariamo che il linguaggio è un'impresa sociale nella quale l'azione svolge un ruolo cruciale” (ivi).
Come si integra qui il discorso del confronto teorico con la psicoanalisi? Sia le sue ricerche sui neuroni specchio in generale, sia più in particolare il suo concetto di simulazione incarnata permettono la messa a punto di un modello di intersoggettività su base biologica (lo si ricordava in apertura) non solo, e non semplicemente, compatibile ma raccordabile creativamente e produttivamente a diversi punti della teoria psicoanalitica, specialmente recente (punti sondati diffusamente nei vari contributi – e con un ampio spettro tematico, dalla/e memoria/e all'inconscio, dall'esperienza al sogno, dal fenomeno dell'empatia allo studio delle emozioni, dal linguaggio all'intersoggettività e via discorrendo). Al riguardo scrive Gallese: “credo che risultati empirici quali quelli qui riassunti possano contribuire ad ampliare il dialogo tra psicoanalisi e neuroscienze. La psicoanalisi ha da sempre identificato il corpo come la sorgente principale per alimentare le rappresentazioni psichiche. Alcuni recenti sviluppi della ricerca in neuroscienze cognitive hanno [...] fin qui messo in luce l'importanza del corpo in azione e dei sistemi sensori-motori nella costituzione della rappresentazione della realtà. Queste ricerche appaiono in linea di massima compatibili con alcuni sviluppi contemporanei della psicoanalisi che hanno spostato l'accento dallo studio della mente individuale alla dimensione interpsichica” (p. 198).
Per completare la rassegna ricordo i due saggi conclusivi della raccolta: il primo di Tiziana Bastianini, che sulla linea di un cauto avvicinamento tra discipline, sonda ampiamente nessi e correlazioni tra conoscenza mimetica e comunicazione inconscia; il secondo di Antonietta Ficacci, che significativamente porta i Momenti di simmetria (richiamiamo il titolo) sul terreno della clinica psicoanalitica.
2. Il ricco contributo di Gallese incoraggia a porre in modo diretto una questione: quale ruolo per la filosofia in questo confronto nuovo tra psicoanalisi e neuroscienze? La domanda pare del tutto lecita, anche se il raffronto è, come abbiamo visto, tra specialisti di settore, serrato sui tre ambiti disciplinari della psicoanalisi, della psicologia cognitiva e della neurobiologia.
Al recensore pare uno dei meriti del volume l'apertura ad ampio raggio sulla filosofia. Non è un caso che Psicoanalisi e neuroscienze sia ospitato nella Collana della FrancoAngeli Psicoanalisi contemporanea: sviluppi e prospettive, che in un ottica interdisciplinare si rivolge esplicitamente, tra le altre, alla filosofia. Né la faccenda si risolve in termini di accidentalità, tradizione (di freudiana memoria), contingenza – vista la lunga messe di filosofi citati (e citati diffusamente!), da Pitagora a Platone, da Sant'Agostino a Ockham, da Cartesio a Schopenhauer, da Nietzsche a Wittgenstein, da Heidegger a Merleau-Ponty, da Jaspers a Ricœur, da Gadamer a Dennett, da Fodor a Nussbaum.
Si è messo in evidenza come due discipline filosofiche in particolare emergano in primo piano, concorrendo ad articolare e sviluppare attivamente la ricerca interdisciplinare tra psicoanalisi e neuroscienze (così come messa in campo nel libro): l'ermeneutica, dal lato dell'interazione tra psicologia cognitiva e psicoanalisi; la fenomenologia, dal lato dell'interazione tra psicoanalisi e neurobiologia. Queste discipline filosofiche, se raccordate dialetticamente a contenuti e stili procedurali della scuola analitica, possono, a mio avviso, contribuire in modo potente alla realizzazione di quel progetto avanzato/auspicato da Moccia e Solano: “rendere compatibili il sistema nozionale della psicoanalisi con quello delle neuroscienze”... E – perché no? – realizzare il disegno/sogno di un modello teorico integrato e completo della vita di mentecervellospirito ... con l'unificazione dei discorsi in “comunione di saperi”, ovvero in un ideale, permanente, confronto comunitario ed interdisciplinare di saperi.
“Permanente” o... interminabile? Non so. Dico rapidamente che sarebbe bello (!) se quest'ultimo richiamo freudiano risultasse del tutto fuori luogo piuttosto che espressione lecita di uno sguardo più realista e lucido, inesorabilmente pessimista.

Indice

Introduzione (di G. Moccia e L. Solano) 
PARTE PRIMA: Teoria del codice multiplo e funzionamento mentale inconscio 
Cap. I: Lo spettro dei processi dissociativi. Implicazioni per la relazione terapeutica (di W. Bucci) 
Cap. II: Un’analisi scientifica del vivente. Commento al testo di Wilma Bucci Lo spettro dei processi dissociativi. Implicazioni per la relazione terapeutica (di A. Ferruta) 
Cap. III: Der geist in the machine. I presupposti della ricerca psicoanalitica e i confronti con la teoria del codice multiplo (di A. Falci) 
PARTE SECONDA: Tavola rotonda: Wilma Bucci, Giuseppe Martini, Giuseppe Moccia e Luigi Solano 
Cap. I: Nuove prospettive sul funzionamento mentale inconscio e loro riflessi nella pratica clinica (di G. Martini) 
Cap. II: Teorie psicoanalitiche del funzionamento mentale inconscio e teoria del codice multiplo (di G. Moccia) 
Cap. III: Teoria del codice multiplo e psicosomatica di ispirazione psicoanalitica (L. Solano) 
Cap. IV: Commenti conclusivi (di W. Bucci) 
PARTE TERZA: Dalla materia all’immaginazione: neuroni specchio e conoscenza inconscia 
Cap. I: Neuroscienze e psicoanalisi a confronto (di C. A. Barnà) 
Cap. II: Simulazione incarnata, intersoggettività e linguaggio (di V. Gallese). 
Cap. III: Conoscenza mimetica e comunicazione inconscia. Riflessioni preliminari a un possibile dialogo tra psicoanalisi e neuroscienze (di T. Bastianini). 
Cap. IV: Momenti di simmetria: un’ipotesi (di A. Ficacci)


Il curatore

Giuseppe Moccia è membro ordinario della Società psicoanalitica italiana, full member IPA, docente Istituto Nazionale di Training SPI e segretario scientifico del Centro di psicoanalisi romano. È coordinatore del Gruppo romano “Psicoanalisi e neuroscienze” della SPI. Psichiatra e supervisore nei servizi di salute mentale, è autore di numerose pubblicazioni sul trauma e sulla psicodinamica dei disturbi di personalità.

Luigi Solano è membro ordinario della Società psicoanalitica italiana e professore associato di psicosomatica presso la Facoltà di psicologia 1 dell’Università Sapienza di Roma. E’ autore di numerose pubblicazioni soprattutto nell’ambito della psicosomatica di ispirazione psicoanalitica, tra cui ricordiamo i volumi: Tra mente e corpo, Cortina 2001 e Scrivere per pensare, FrancoAngeli, 2007.

Link

www.centropsicoanalisiromano.it: Sito del Centro di psicoanalisi romano.
www.cpdr.it: Sito del Centro psicoanalitico di Roma.
www.adelphi.edu: Sito della Adelphi University di New York. È possibile consultare un profilo completo della prof.ssa Wilma Bucci.
www.unipr.it/arpa/mirror/english/: Sito del Dipartimento di neuroscienze dell’Università degli studi di Parma (sezione Fisiologia) in cui è possibile consultare numerosi articoli del prof. Vittorio Gallese.

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