Recensione di Michele Paolini Paoletti – 14/03/2010
Ontologia, Kant, Scolastica, Storia della Filosofia Moderna
Piero Di Vona è uno dei più importanti studiosi a livello mondiale del pensiero di Spinoza e della Scolastica moderna. I suoi lavori storiografici contribuiscono a problematizzare la nozione di “filosofia moderna” e a rapportare il pensiero degli autori più rilevanti della storia della filosofia del ’600 e del ’700 con l’ontologia scolastica. Di Vona non sembra mettere in discussione lo scarto tra un’epoca medievale e un’epoca moderna della storia del pensiero occidentale. Egli, al contrario, ritiene che la modernità filosofica debba essere investigata nella sua totalità: i filosofi moderni, infatti, come rileva Giuseppe Cacciatore nell’Introduzione di questo volume, non compiono soltanto una “fondazione teorica della soggettività”, ma elevano l’ontologia “alla dignità di scienza autonoma, indipendente dalla teologia” (p. 8). L’autonomia dell’ontologia, come spiega Di Vona, è fondata sulla sua neutralità, cioè sul fatto che essa “non dipende dai concetti di nessuna delle altre scienze, che sono tutti particolari e relativi a qualche speciale ordine di enti” (p. 27). La “rivoluzione ontologica”, pertanto, deve essere indagata approfonditamente nei suoi molteplici aspetti e nella ricca varietà di autori che animano la cosiddetta “Seconda Scolastica”. Certamente, per comprendere questo grande numero di filosofi e di opere, i confini della modernità devono essere ridefiniti non tanto dal punto di vista cronologico (poiché la Scolastica moderna fiorisce in Europa proprio dalla metà del ’500 fino ai primi decenni del ’700), quanto più dal punto di vista tematico, per investigare nozioni provenienti proprio dall’ontologia o per gettare nuova luce su concetti centrali nell’opera di pensatori già noti e studiati. L’interesse di Piero Di Vona, tuttavia, non è soltanto storiografico. Di Vona, al contrario, sembra ritenere che la necessità di definire la “catena delle mediazioni” tra un filosofo moderno e le opere della moderna scolastica (tra Kant e l’ontologia spagnola, ad esempio) debba essere subordinata alle esigenze del confronto speculativo vero e proprio. Il motivo di un simile orientamento è evidente: in questa maniera, infatti, non si reca soltanto un maggiore contributo al dibattito sulle idee, ma si evita anche di considerare le opere scolastiche come mere “fonti” di una filosofia moderna già definita. Per Di Vona, in effetti, le tesi dell’ontologia scolastica moderna paiono superare molto spesso, per originalità ed efficacia, le argomentazioni dei filosofi moderni più noti e studiati. È questo il caso del confronto tra Kant e l’ontologia scolastica spagnola sulla questione dei trascendentali, che viene instaurato e descritto in questo libro.
Il concetto “trascendente” è “quel concetto che si predica nel giudizio logico di tutti i concetti, e di ciascun concetto posseduto dalla mente umana” (p. 25); le sue caratteristiche principali sono: massima universalità, chiarezza, semplicità e astrattezza. Dal punto di vista numerico, i concetti trascendenti possono essere universali, particolari o singolari, a seconda del loro livello di trascendenza rispetto ai concetti di tutti gli enti reali e delle loro formalità (universali), ai concetti di una certa specie di enti (particolari) o alle formalità di un singolo ente (singolari). Ciò che interessa maggiormente l’autore, tuttavia, è il modo, la ratio della trascendenza. Da questo profilo Di Vona individua tre tipi di trascendenza: di inclusione, di adiacenza o accompagnamento, di identità. La trascendenza di inclusione si dà allorché il concetto trascendente è incluso in tutti i concetti ad esso inferiori. La trascendenza di adiacenza, invece, definita da Sebastián Izquierdo e accolta dalla scolastica gesuita del ‘600, connota tutti i concetti trascendenti che accompagnano i concetti inferiori. La trascendenza di identità, infine, caratterizza i concetti trascendenti che rientrano nella definizione dei concetti inferiori. Tralasciando in questa sede le altre distinzioni sui concetti trascendenti e l’ampia discussione sul primato del concetto di “ente”, occorre soffermarsi almeno su un aspetto della dottrina di Izquierdo. In particolare, bisogna ricordare che Izquierdo nega la possibilità di conciliare la trascendenza di inclusione con la trascendenza di adiacenza: “è contraddittorio che un predicato ‘trascendente’, insieme e sotto lo stesso rispetto, sia adiacente ed incluso nei concetti inferiori” (p. 41).
A partire da questa osservazione, si può comprendere il confronto con Kant. Nella Critica della ragion pura, il filosofo di Königsberg sostituisce l’ontologia con un’analitica della conoscenza, che sembra votata a studiare ciò che pertiene all’oggetto della conoscenza in quanto tale, così come l’ontologia voleva studiare l’ente in quanto ente e le sue proprietà. In questo contesto, il trascendentale kantiano è ciò che, pur non provenendo dall’esperienza, “ha l’ufficio di applicarsi solamente all’esperienza e di promuovere solamente l’esperienza” (p. 79). In Kant, tuttavia, manca una dottrina generale del trascendentale e, soprattutto, del modo in cui i trascendentali si rapportano alle rappresentazioni ed ai concetti inferiori. Mentre l’intuizione pura del tempo sembra connotata da una trascendenza di inclusione, dunque, l’intuizione pura dello spazio è trascendentale per adiacenza, così come le categorie, che paiono tuttavia difformi tra loro quanto ad altri aspetti della trascendentalità. Il punto più problematico della nozione kantiana di “trascendentale”, tuttavia, viene messo in luce in relazione alla questione dell’ich denke (o dell’ich bin, secondo una problematica oscillazione terminologica). Mentre l’identità analitica della coscienza è inclusa nelle proprie rappresentazioni (sì da poter parlare di una trascendenza di inclusione), l’unità sintetica originaria che fonda tale identità accompagna le rappresentazioni (secondo una trascendenza di adiacenza). Benché in questo caso la trascendenza di adiacenza sia prioritaria, “un’unica e medesima rappresentazione è insieme soggetta all’unità sintetica ed all’unità analitica dell’io”: “in quanto sottoposta alla sintesi a priori la rappresentazione è accompagnata dall’io penso”, mentre “in quanto sottoposta all’unità analitica della rappresentazione include quello stesso io penso” (p. 95). Secondo Di Vona, la compresenza delle due modalità di trascendentalità segna l’aporeticità del trascendentale kantiano rispetto ai concetti “trascendenti” di filosofi meno conosciuti, ma, a suo avviso, ben più fecondi dal punto di vista speculativo, come lo stesso Izquierdo.
Dopo essersi soffermato su altri elementi della Critica della ragion pura (tra i quali la dottrina delle idee e la nozione di analogia), Di Vona dedica la terza parte dell’opera all’indagine di aspetti più generali del kantismo. La problematicità del trascendentale kantiano è dovuta all’eterogeneità che si stabilisce tra il fenomeno e la cosa in sé, tra il concetto e l’esistenza, nonché tra le facoltà conoscitive dell’uomo (sensibilità/intelletto, senso interno/senso esterno, ragione/intelletto). Kant sembra incapace di ricondurre ad una superiore unità questi contrasti. La critica hegeliana al trascendentale di Kant, pertanto, che Di Vona presenta in un capitolo apposito, non coglie nel segno allorché attacca soltanto la sua vuotezza ed esteriorità, nonché il suo essere meramente psicologico e soggettivo. Il libro viene completato da una trattazione di Kant come “filosofo cristiano” e della visione della storia della filosofia di Madame de Staël, che ha posto le basi per un’esaltazione unilaterale del pensiero tedesco e per un conseguente rigetto del pensiero in lingua latina. Sfidando con grande competenza ed acribia tradizioni storiografiche ben consolidate, le numerose e feconde ricerche di Di Vona sembrano non far altro che dimostrare quanto i giudizi di Madame de Staël fossero approssimativi ed affrettati.
Indice
Prefazione di Giuseppe Cacciatore
Premessa
Introduzione generale
I. L’ontologia dell’età moderna
II. Il trascendentale nella Critica della ragion pura
III. La critica di Hegel e la spiritualità di Kant
Postfazione di Giuseppe D’Anna
Indice dei nomi
L'autore
Piero Di Vona (Buccino, 1928) ha insegnato Storia della filosofia nelle università di Pavia, Palermo, Salerno e Napoli “Federico II”. È uno degli studiosi più noti a livello nazionale e internazionale del pensiero di Spinoza e delle dottrine dell’ontologia dell’età moderna. Tra le sue pubblicazioni: Studi sull’ontologia di Spinoza, Firenze, parte I, 1960, parte II, 1969; Studi sulla Scolastica della controriforma, Firenze, 1968; I principi del “Defensor pacis”, Napoli, 1974; Spinoza e i trascendentali, Napoli, 1977; I concetti trascendenti in Sebastián Izquierdo e nella Scolastica del Seicento, Napoli, 1994; Aspetti di Hobbes in Spinoza, Napoli, 1992; La conoscenza “Sub specie aeternitatis” nell’opera di Spinoza, Napoli, 1995.
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