mercoledì 21 aprile 2010

Gasparotti, Romano, L’inganno di Proteo. La filosofia come arte delle Muse.

Bergamo, Moretti & Vitali, 2010, pp. 240, € 14,00, ISBN 9788871864440

Recensione di Alessandra Granito – 21/4/2010

Estetica, Ermeneutica

Il volume di Gasparotti, L’inganno di Proteo. La filosofia come arte delle Muse, può essere considerato una riflessione ampia, densa e lineare di un’affermazione di Pindaro: “ciechi sono i pensieri degli uomini, quando cercano la via con gli artifici dell’intelligenza ma senza le Muse”. Il concetto intorno al quale prende corpo l’analisi articolata dell’autore è infatti quello dell’urgenza di ri-scoprire la destinazione e la vocazione (originariamente) musaica della filosofia. Come? Attraverso una liberazione dalle strettoie fuorvianti di un pensiero ridotto a mero téchne e mediante lo sviluppo di un’ermeneutica del rapporto tra filosofia, linguaggio poetico e aporeticità della verità.

Quello di 'filosofia' (logos) e ‘arte’/‘poesia’ è un binomio concettuale che ha mosso la riflessione filosofica sin dalle sue più lontane origini, ed è lo stesso attorno al quale Gasparotti sviluppa la sua intensa riflessione. La cultura post-umanistica che caratterizza l’Occidente e, in particolare, l’Europa contemporanea – terra del tramonto del pensiero ospitante, scenario di disincantamento e della krisis della filosofia – non solo ha pensato filosofia e poesia come assolutamente antitetiche e irriducibili, ma le ha anche inserite all’interno dell’inarrestabile sviluppo delle scienze esplicative e specialistiche responsabili della decapitazione delle categorie metafisiche della filosofia. Se il pensiero filosofico nasce dalla meraviglia e dallo stupore (thaumazein) – e dunque anche dallo sbalordimento (ekplexis) e dal turbamento (xenismós) – ora esso si declina in senso esplicativo come puro theorein, e la sua meta nascosta diventa quella ‘noia profonda’ (Heidegger) in cui l’ente sprofonda nella più totale indifferenza del piano ontico-mondano. Qui, nella sua compiuta spiegabilità, continua Gasparotti, la realtà tutta perde il suo alone di mistero e finisce per essere ridotta a qualcosa di ovvio, prevedibile, dominabile e manipolabile; nella rimozione di ogni autentico domandare l’ignoto viene così riportato all’ambito del noto e l’essere viene consegnato alla logica della disponibilità illimitata. La filosofia, in particolare, perde la sua costitutiva irriducibilità ed eccedenza teoretica rispetto alle scienze ‘performanti’ e non interroganti. Da dimensione evocatrice di trascendenza essa viene ridotta a mero sapere specialistico-settoriale privo di autentico spirito di ricerca: il pragma esoterico della filosofia non può ridursi a un mathéma, a un contenuto di sapere, e non può nemmeno essere completamente disvelato attraverso un linguaggio autocentrato e autosufficiente perché questo comporterebbe il venir meno del suo sguardo pan-oramico e metafisico. Questo è il cuore della riflessione di Gasparotti: la filosofia è animata dal desiderio (Imeros) della sophía, del bene e della bellezza (Eros), ossia da dimensioni che non possono essere sospese nella loro incommensurabilità per apparire semplicemente sul piano dei ‘fatti positivi’ a cui vorrebbe costringerle il narcisismo oggettivante della ratio. Questa consapevolezza invita ad assumersi la responsabilità di riscoprire l’essenza musaica della filosofia e ad andare a fondo della questione della ‘verità’ non nei termini della seduzione ingannatrice dell’adaequatio, ma come ‘non-nascondimento’ (alé-theia) e come ‘divino andare errando’ (theia ale) in quanto l’uomo è da sempre esposto all’estraneità più abissale e, dunque, all’errare e all’erranza ed è ‘il vivente essenzialmente votato a sbagliare’ (Foucault). Per questo il suo archetipo è la figura di Proteo, il Vecchio del mare, perché il suo esserci è caratterizzato dall’incertezza (amechanía). L’uomo è essenzialmente ‘ek-sistenza’ (Heidegger), ossia un pro-tendersi e un domandare che, nell’incontro con la realtà manifesta, ne asseconda la kinesis ‘in-sistendovi’ e ‘de-sistendovi’. L’erranza caratterizza nel profondo la costituzione stessa dell’essere umano e domina, quindi, ogni suo cammino e ogni sua ricerca. Senza errare non si dà ricerca della verità e, dunque, non si dà esistenza. Quello con la filosofia è insomma un incontro o, meglio, la filosofia è il mistero dell’incontro, il protendere verso l’Altro quale assolutamente Estraneo che si cerca e a cui ci si vuol dedicare.

Qual è il destino della filosofia? Attraverso il richiamo a Heidegger, Husserl, Severino e Derrida quali testimoni del senso e del destino della filosofia in Occidente e, in particolare, in Europa, Gasparotti sembra indicare un itinerario, un cammino possibile per il ‘ritorno’, la riappropriazione della e un ‘nuovo incontro’ con l’essenza musaica della filosofia: cercarla dove essa non si trova, negli spazi trasparenti della verità interiore, dove la riflessione sul fare torna ad essere la riflessione sull’essere. Tale è l’abitare dell’uomo nel pensiero: oltre i limiti angusti delle apparenze, oltre l’involucro del sensibile e del finito; un abitare che non si preclude all’esperienza poetica. Perché? Perché l’esperienza artistica e il linguaggio della poesia riescono a liberare la filosofia dalle strettoie di un pensiero ‘in-ospitante’ e claustrofobico (oggettivante) e aprire uno scorcio, una prospettiva che indichi una verità che possa darsi/rivelarsi piuttosto che essere preclusa. Affidata al linguaggio meravigliato, innocente e veggente della poesia la filosofia non è improbabile né falsificabile, ma è ripensata alla radice come ‘ricerca di verità’, al di là delle forme equivoche del pensiero notificante e oggettivante proprio perché, come scrive magistralmente Hölderlin: “la divinità è prossima/ e difficile da cogliersi”.

Indice

In limine. Pragma touto
Cap. I. Il Dio Pan è morto?
Cap. II. Musa
Cap. III. Il vecchio del mare
Cap. IV. Phainomenon
Cap. V. L’indistruttibile
Cap. VI. Comandamento
Cap. VII. Forza/violenza
Cap. VIII. L’individuo, la persona
Cap. IX. Uomini dalla doppia testa
Cap. X. Hestía/Hermes
Cap. XI. Prossimo, ma difficile a cogliersi
Cap. XII. Chora
Commiato

Postfazione. Il pensiero ospitante di Flavio Ermini


L'autore

Romano Gasparotti insegna Fenomenologia dell’immagine presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera e Ontologia fondamentale presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “Vita e Salute” – S. Raffaele di Milano. Ha pubblicato numerosi libri e articoli di carattere filosofico ed estetico, sulla filosofia antica, sulla filosofia della politica. Collabora con Massimo Donà sulla divulgazione dell’opera postuma e inedita di Andrea Emo. Tra le sue pubblicazioni più recenti: Figurazioni del possibile. Sul contemporaneo tra arte e filosofia (Cronopio, 2008); Filosofia dell’Eros. L’uomo, l’animale erotico (Bollati Boringhieri, 2007). Ha inoltre pubblicato la voce “Eros”, in I nomi comuni dell’Anima (Moretti&Vitali, 2005) e la voce “Morte e Tempo”, in I nomi della Sincronicità (Moretti&Vitali, 2007).

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