martedì 7 settembre 2010

Capitini, Aldo – Calogero, Guido Lettere 1936-1968, a cura di Thomas Casadei e Giuseppe Moscati.

Roma, Carocci, 2009, pp. 618, € 64,00, ISBN 9788843051359

Recensione di Giuseppe Pulina – 07/09/2010

Filosofia politica

La nonviolenza può essere esplosiva come una bomba e produrre effetti, in questo caso benefici, che dureranno nel tempo. Di ciò era profondamente convinto Aldo Capitini, il filosofo perugino che ha iniziato generazioni di italiani alla conoscenza dell’opera di Gandhi e che molti conoscono soprattutto per essere stato l’ideatore della marcia per la pace Perugia-Assisi. Del verbo della nonviolenza capace di deflagrare come una bomba scrisse una volta al suo amico Guido Calogero, costruendo così un ossimoro (quale bomba potrà mai diffondere la prassi della pace senza seminare vittime?) che ben mette in luce tutte le difficoltà di un’impresa che sembra avere nell’immediato, allora come oggi, poche chances di successo. Le convinzioni, le speranze e le angosce per il futuro della nonviolenza in Italia e nel mondo rivivono in un carteggio dato alle stampe dall’editore Carocci in cui viene raccolto il fitto scambio epistolare (686 carte tra missive, cartoline e dispacci postali) che il filosofo perugino intrattenne per più di trent’anni con Calogero, altro calibro da novanta del mondo intellettuale nazionale del ‘900. Sapientemente curato e introdotto da Thomas Casadei e Giuseppe Moscati, il volume fa parte di un progetto editoriale realizzato dalla Fondazione Centro Studi “Aldo Capitini” che si avvale del benemerito sostegno di diversi enti.
Tante sono le ragioni che inducono a ritenere il carteggio Capitini-Calogero una delle testimonianze più sorprendenti, acute e profonde dei decenni centrali del XX secolo. Decenni che abbracciano un periodo caratterizzato dal progressivo radicamento del fascismo, la rapida e rovinosa caduta della dittatura, la Liberazione e la nascita della Repubblica. Trent’anni di vita nazionale che chiamarono ripetutamente la classe intellettuale a prendere posizione e a schierarsi, rendendo sempre più difficile l’autooccultamento nelle retrovie di chi, anche nel mondo culturale, è solito evitare, quando le circostanze glielo consentono, di fare scelte nette e compromettenti. Tali furono invece le scelte dei due amici di lunga data Capitini e Calogero, capaci di discutere e risolvere con pacatezza anche i punti di maggiore contrasto, sebbene, è giusto precisare, fossero più le sintonie tra i due che i dissensi teorici.
Tante pagine dell’epistolario conservano ancora oggi a distanza di tanti anni un valore quasi profetico. Risale al marzo del ’47 la realistica convinzione di Capitini che confessava all’amico una sua personale visione dell’Italia del tempo. “Gli italiani – scriveva allora Capitini – debbono ancora sviluppare molto la loro interiore coscienza etico-politica per poter avere i vantaggi ma non i danni di un grande partito” (p. 152). E, a proposito di partiti, sin dai primi mesi del secondo dopoguerra Capitini lavorò intensamente alla creazione di un movimento, un polo aggregante, che richiamasse e raccogliesse il consenso di quella parte del Paese che avrebbe gradito un’alternativa radicale e socialista all’avanzante egemonia democristiana e al primato morale e storico che il Partito Comunista, forte dei risultati della Resistenza, sapeva esercitare su una parte rilevante della società nazionale. Anche per questo i due amici guardavano con interesse e preoccupazione all’esito della scissione di Saragat dal Partito Socialista.
Tra i tanti pregi del carteggio c’è anche il ritratto di quell’Italia di metà secolo che il Ventennio fascista aveva profondamente segnato. Non c’è personalità intellettuale di primo piano che non venga in qualche modo e per una qualche ragione richiamata nell’epistolario. Potrebbe essere sufficiente citare, e a solo titolo di esempio, i nomi di Cantimori, Luporini, Abbagnano, Bobbio, che tra i due fu un illuminante punto di incontro, De Martino, Sciacca, Banfi, Garin, Ada Prospero, moglie di Gobetti, Viano, Binni, Buonaiuti. Ebbene, a tanti riferimenti corrisponde una grande varietà di temi e interessi. Calogero e Capitini avevano in comune molto, e l’uno dimostrava sempre di tenere alle “cose” dell’altro in modo autenticamente amichevole. Quando potevano, si davano reciproco sostegno. Spesso è accaduto che a beneficiare dell’apporto dell’amico sia stato Capitini, soprattutto per vedere riconosciuto all’interno del mondo universitario italiano il ruolo che gli competeva e che criteri blandamente selettivi e nient’affatto meritocratici rendevano poco evidente. Di grande aiuto all’amico, Calogero sarà anche quando dovrà impegnarsi in prima persona (cosa che, comunque, era solito fare) per sbrogliare la complicata questione dell’incarico universitario a Perugia, reso ormai necessario e non più rinviabile per le condizioni di salute di Capitini, sempre più provato dalle fatiche della trasferta a Cagliari.
Il carteggio va oltre la dimensione affettiva e intima di un rapporto di amicizia che il trascorrere degli anni ha sempre più profondamente cementato. Esso è uno strumento indispensabile per chi oggi voglia farsi un’idea quanto più precisa delle tendenze e priorità che animavano allora il dibattito culturale nazionale. Leggendolo, si scopre quanto Capitini fosse impegnato in prima persona per combattere battaglie difficili che esigevano un coraggio e una caparbietà non comuni. Tra le tante non poté non assumere un rilievo oltremodo significativo quella che lo portò a perorare in prima persona la campagna di don Milani in favore dell’obiezione di coscienza. A Silone, Parri, Lombardi, Ernesto Rossi e, naturalmente, a Calogero chiederà il pieno sostegno in difesa del sacerdote di Barbiana sul quale pendeva minacciosamente allora l’esito di un processo travagliato. Ancora una volta, dialogo, apertura e nonviolenza avrebbero dovuto tracciare la rotta da seguire per mobilitare un’opinione pubblica che – e si era allora nel ’65 – si sarebbe manifestata più sensibile al messaggio capitiniano negli anni che fecero seguito alla stagione del dissenso?

Indice

Introduzione di T. Casadei e G. Moscati
Nota dei curatori
Carteggio Capitini-Calogero
Indice dei nomi

Gli autori

Aldo Capitini (1899-1968) è stato uno dei primi filosofi italiani ad accogliere e diffondere il pensiero gandhiano. Pensatore antifascista, ha ricoperto diversi insegnamenti universitari. Tra le sue pubblicazioni più note vanno ricordati gli Elementi di un’esperienza religiosa (1937), in cui esplora e ridefinisce il concetto michelstaedteriano della “persuasione”, e Nuova socialità e riforma religiosa (1950). L’elemento teorico che più saldamente lo avvicina a Guido Calogero (1904-1986) è l’ideale politico del liberal-socialismo. Studioso di levatura internazionale della filosofia antica, Calogero è autore anche di numerosi saggi di filosofia politica.

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