lunedì 20 settembre 2010

Frigo, Gian Franco (a cura di), Disperazione. Saggi sulla condizione umana tra filosofia, scienza e arte.

Milano-Udine, Mimesis, 2010, pp. 395, € 22,00, ISBN 9788857501093

Recensione di Alessandra Granito – 20/9/2010

Etica, Estetica, Epistemologia

Con un linguaggio elegante e sensibile e con una scrittura affannosa e concitata, in Die Verstörung (Perturbamento) Bernhard scrive che l’uomo si costringe a non percepire il proprio abisso; eppure, per tutta la vita, egli non fa che guardare giù, al suo abisso fisico e psichico, pur senza percepirlo. Cosa accadrebbe infatti se l’uomo riuscisse a infrangere le esili categorie (logiche, psicologiche) su cui erge la rappresentazione più tranquillizzante della sua esistenza e di se stesso? Cosa accadrebbe se egli prendesse coscienza che non ci sono più argomenti, ideali estetici, sociali o religiosi, considerazioni morali che giustifichino il fatto di vivere, che sappiano imprimere alla vita una direzione e trovarvi una finalità? L’uomo dispererebbe, in balìa di ragioni destituite di fondamento; solo, di fronte a se stesso, egli scorgerebbe la luce demoniaca del caos e percepirebbe solo la brutalità, la lontananza e la vacuità del tutto, lacerato e oppresso da sentimenti di estenuazione e di agonia.
L’uomo, il suo rapporto con se stesso (con la propria interiorità, con la propria soggettività), con la propria esistenza, con la realtà nella quale egli agisce e patisce, con le sue pretese metafisiche. Rapporti fragili e volubili – poiché caduca ed imperfetta è la stessa natura umana -, e che vengono compromessi e infranti nel loro equilibrio difficile e precario allorquando anche la flebile tensione tra l’interiorità (se stessi) e l’esterno, tra desiderio e realtà concreta viene frustrata dalla morsa di un’ospite inquietante, presente ma nascosto, che emerge in tutta la sua indecibilità: la disperazione che apre alla vertigine del nulla, a dubbi ed incertezze radicali, a contraddizioni insanabili, di fronte alla quale l’alterità diviene irriducibile e l’identità viene come erosa.
Questo è il tema centrale di Verzweiflung-Desperatio, il seminario italo-tedesco organizzato dal Dipartimento di filosofia dell’Università degli Studi di Padova in collaborazione con l’“Arbeitskreis Psychopathologische, Kunst und Literatur” e tenuto a Padova dal 29 al 30 settembre 2006. I saggi raccolti nel volume Disperazione. Saggi sulla condizione umana tra filosofia, scienza e arte a cura di Gian Franco Frigo sono i contributi presentati in occasione di tale convegno da studiosi che presentano un’ampia, ben articolata, appassionata e appassionante riflessione sul tema della miseria della vita umana e in particolare sulla disperazione, un sentimento pervasivo, anodino e sempre più caratterizzante la nostra epoca.
Leitmotiv e finalità del testo è l’interrogazione problematica sull’essenza della disperazione. Quest’ultima è indagata, in maniera programmatica, a partire dalla sua complessa etimologia latina e tedesca, o meglio, a partire dallo slittamento semantico verificatosi nel XVIII sec. del concetto di disperazione dalla latina desperatio alla tedesca Verzweiflung. Scrutare la natura più profonda della disperazione, la sua fenomenologia, le sue dimensioni e i suoi abissi richiede un ampliamento e un approfondimento sia delle origini latine (teologico-cristiane) della disperazione (il latino de-speratio indica la peccaminosa negazione/mancanza di speranza – spes – nella misericordia di Dio), sia dell’accezione rinascimentale-moderna e filosofica secondo cui la disperazione – così come la Bestimmung des Menschen (‘la destinazione umana’) – non è più concepita in una prospettiva trascendente (ossia come assenza di speranza) bensì in una direzione strettamente laica, storica e immanente (si pensi alla estremizzazione di questo discorso con il concetto di ‘dissoluzione completa, assoluta e coerente della teologia nell’antropologia’ di Feuerbach). Nella modernità, infatti, l’affievolirsi della prospettiva ecclesiastico-religiosa si traduce in una sempre maggiore richiesta di autonomia dell’uomo (il sapere aude kantiano) che mira a fondare unicamente su se stesso il senso della storia, intesa come progressiva realizzazione di un’assoluta libertà, e della propria esistenza.
La chiave di lettura con cui nel testo è affrontata la questione articolata della disperazione è propriamente esistenziale. La disperazione è fondamentalmente ed essenzialmente un sentimento di profonda inquietudine; di angoscia lacerante; di perturbamento; di smarrimento e spaesamento; di vertiginoso vuoto metafisico; di assenza e/o mancanza di senso vissuti in modo insopportabile, inconsolabile, ineluttabile e insolubile; un senso di radicale estraneità rispetto a se stessi, alla realtà circostante e rispetto alla propria esistenza. In altri termini: la disperazione è una ‘situazione-limite’ (la Grenz-Situation jaspersiana) che rivela, in maniera conturbante e destabilizzante, la natura umana nella sua provvisorietà e finitezza. Di fronte ad essa naufraga la certezza indubitabile, la fiducia di giungere alla verità e al senso del tutto, ed emerge il ‘dubbio radicale’ (il tedesco Zweifel) nel quale e attraverso il quale l’uomo non solo esperisce una frattura tra la propria individualità (la soggettività) e l’esterno, ma è come assalito da un senso opprimente di solitudine esistenziale, di nullità, instabilità e vacuità dell’esistenza (di se stesso e del mondo), di sradicamento, di non-essere-mai-a-casa-propria. Nella disperazione, infatti, il dubbio non è ‘metodico’ – ossia finalizzato al suo stesso superamento –, non si volge in modo finalistico a qualcosa, ma ‘lascia in sospeso’ tanto da spingere verso un’inquietudine esistenziale, una distonia emotiva senza scampo, ad un’intollerabilità letale.
In questa prospettiva vanno inquadrati i saggi di G.F. Frigo, di U. Diehl e anche l’approccio pratico di A. Pernice e di H. A. Kick, i quali mettono in luce soprattutto l’ambivalenza del sentimento della disperazione: la disperazione, in quanto inasprimento ed espressione estrema di stati normali, ha sì un potenziale distruttivo e violento – può cioè generare manifestazioni patologiche (visioni, allucinazioni, stati di trance) e/o fantasie autosvalutative o autodistruttive; può avere tratti depressivi, aggressivi e violenti –, ma ha anche un insospettabile potenziale di energia positiva tanto da poter indurre a vere e proprie sfide creative e a un originale superamento della distruttività.
Rilevante è che il denso volume fornisce uno spettro significativo della storia culturale e della valenza antropologica della ‘disperazione’. L’approccio all’indagine di questo sentimento così complesso e sempre più dominante non è squisitamente psichiatrico/psicologico (questo l’approccio di C. Nicolini e di E. Lo Monaco, D. von Engelhardt), ma attiene anche alla filosofia, alla letteratura e alla storia dell’arte. Ciò che emerge in maniera precipua è proprio il sostrato culturale della disperazione: il giovane Schiller di Die Räuber e del Der Geisterseher (analizzato nel bel saggio di L. A. Macor), il Goethe del Werther e del Faust (oggetto degli studi di M. Misch e R. Tiedemann), Karamsin e Pušchkin (su cui si è soffermato R. Neuhäuser), il Mann delle opere precedenti ai Buddenbrook (al centro della riflessione di A. Schneider), il Büchner del Lenz e il Döblin del Der schwarze Vorhang (presentati e approfonditi in maniera acuta e pregevole da W. Schmitt e F. La Manna); il ritratto di von Humboldt di Emma Gaggiotti-Richards (analizzato da P. Gentz-Werner); il Giotto della Cappella degli Scrovegni e il Picasso della parafrasi della Donna che piange (Legado Picasso) (su cui si sono soffermati G. Pisani e M. Oehmichen). E ancora: la ‘coscienza infelice’ descritta da Hegel nella Fenomenologia quale forma teoretico-conoscitiva della disperazione (il tema affrontato da D. Wandschneider); l’algologia tra angoscia e disperazione nel pensiero di Heidegger e Pessoa (oggetto dell’originale indagine filosofica di M. Di Bartolo), le considerazioni di Wittgenstein sul ‘mondo del felice e dell’infelice’ (approfondite da G. Tomasi).
Al di là della varietà dei temi trattati e delle implicazioni squisitamente disciplinari e metodologiche, ritengo che una riflessione sulla disperazione impostata in maniera così urgente e radicale, vissuta e tormentata; proposta altresì in maniera così mirabilmente eterogenea, corale e attenta alle luci e alle ombre dei sentieri dell’esistenza e dell’interiorità umana, dia atto del tentativo di promuovere un dibattito di ampio respiro culturale su un nodo tematico delicato e su una categoria dell’attualità (come è indicato bene dal saggio di F. Grigenti) qual è la disperazione, sentimento ancora troppo e sottaciuto.
Dunque: se quello della disperazione è un principium disperationis che sembra caratterizzare nella maniera più ricca e drammatica la condizione dell’uomo contemporaneo; se essa è un sigillo della nostra epoca che implica un’inaspettata sfida dell’uomo e che custodisce la rivelazione della natura umana, allora qual è il cammino che l’individuo deve seguire affinché non si lasci travolgere da essa in maniera irreversibile? Dalla disperazione ci si può davvero salvare, come scrive Kierkegaard in Sygdommen til Døden (La malattia per la morte) in virtù del ‘salto nella fede’ e del ‘rapportarsi a se stessi mediante il rapporto con Dio’? Oppure ha ragione E.M. Cioran quando afferma, in Pe culmile desperării (Al culmine della disperazione), che l’uomo può non soccombere alla disperazione – dinanzi alla quale i gesti quotidiani e le aspirazioni normali perdono ogni fascino e ogni seduzione – solo se si aggrappa alla ‘passione dell’assurdo’ come ad un’intuizione assoluta, a qualcosa, cioè, che non ha alcuna consistenza, ma la cui finzione può creare un’illusione di vita?
Si tratta di vivere l’in-dicibile; di vivere con disincanto la solitudine dell’animo trasformando i sospiri in pensieri; di saper patire nel non-sapere; di non cedere al respiro mortifero della ragione; si tratta di saper subire poeticamente la freddezza dell’inevitabile e la nostalgia di un tempo anteriore al tempo; si tratta di rimanere in silenzio di fronte al tramonto della prospettiva dell’illimitato. Perché nessun silenzio è tanto profondo quanto nell’impossibilità di spiegare.

Indice

Presentazione

G.F. Frigo, La disperazione come sfida e rivelazione della natura umana

U. Diehl, Che cos’è la disperazione? Un esperimento filosofico
L.A. Macor, La disperazione nei primi scritti di Schiller: dubbi sulla destinazione dell’uomo
M. Misch, Assenza di mondo e disperazione. Sul Werther di Goethe
P.Gentz-Werner, L’angoscia dinanzi al proprio ritratto: a pittrice romana Emma Gaggiotti-Richards e il suo ‘modello’ Alexander von Humboldt
R. Tiedemann, Disperazione e sensi di colpa nel Faust di Goethe
D. von Engelhardt, Fenomenologia, cause e terapia della disperazione
A. Pernice, Dimensioni della disperazione nella prassi, nel quotidiano e nell’arte
D. Wandschneider, La ‘coscienza infelice’ nella Fenomenologia di Hegel – Una forma teoretico-conoscitiva di disperazione
W. Schmitt, Disperazione e psicosi nel Lenz di Georg Büchner
R. Neuhäuser, Karamsin e Pušchkin: dalla “disperazione per qualcosa” alla “disperazione per se stessi”
G. Pisani, La desperatio, ultimo vizio nella Cappella degli Scrovegni di Giotto
M. Oehmichen, Le parafrasi della Donna che piange di Picasso: volti della disperazione
C. Nicolini-E. Lo Monaco, La disperazione della perdita
H.A.Kick, La disperazione: trance, visione e allucinazione – superamento o fuga nella distruttività
M. Di Bartolo, Il respiro dell’anima. Algologia tra Heidegger e Pessoa
F. Grigenti, Il “principio disperazione” come categoria dell’attualità
G. Tomasi, “Il mondo del felice è un altro mondo che quello dell’infelice”. Riflessioni in margine a un passo del Tractatus di Wittgenstein
F. La Manna, La disperazione d’amore. Der schwarze Vorhang di Alfred Döblin
A. Schneider, In principio fu la Verzweiflung: logos e topos nell’opera giovanile di Thomas Mann.

Il curatore

Gian Franco Frigo insegna Storia della filosofia presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova. È membro del Beirat della “Internationale Schelling-Gesellschaft”; fa parte del Wissenschaftlicher Beirat della collana “Wissenschaftskultur um 1900” (Stuttgart, Steiner); è membro del direttivo del Centro Interdipartimentale di Ricerca sulla Morfologia “Francesco Moiso” (CIRM). Recentemente ha curato il volume Vernunft unf Glauben. Ein philosophischer Dialog der Moderne mit dem Christentum, Berlin.

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