venerdì 16 marzo 2012

Amoretti, Michele, Cicerone e la logica retorica

Padova, Il Prato, (Centotalleri), 2011, pp. 367, Euro 18, 978-88-6336-112-4

Recensione di Michele Savino -  06/07/2011

Il volume di Michele Amoretti nasce come rielaborazione della sua tesi di laurea in Storia della Filosofia, discussa presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. 
La cautela consona ad un lavoro di questo tipo non impedisce ad Amoretti di porsi un obiettivo ambizioso: ricostruire la logica retorica di Cicerone attraverso una lettura complessiva della produzione dell'Arpinate, ponendola a dialogo con la tradizione greca ed ellenistica. 



Non potendo restituire in queste righe la ricchezza della trattazione, mi limiterò ad illustrare i contenuti del volume focalizzando l'attenzione su alcuni temi che mi paiono di particolare interesse.
Il primo capitolo offre una vasta panoramica sul contesto storico e culturale che ha originato il pensiero di Cicerone, confrontandolo con alcune figure di uomini illustri del tempo: Panezio, Catone, Varrone e la scuola epicurea. Di fronte ad una crisi morale e politica, è necessario analizzare di questa crisi e proporre delle alternative: l'oratoria diventa quindi strumento ideale per ridiscutere i valori e proporre nuovi modelli di comportamento, diventando così una vera e propria pedagogia del cittadino. 
Amoretti sottolinea a più riprese nel corso del testo che la differenza tra retorica greca ed oratoria latina non riguarda solamente la tecnica persuasiva, ma anche l'ideale umano che tali pratiche si prefiggono di promuovere: l'ideale umano della grecità è costituito dal filosofo, saggio ma ineptus come il Talete che cade nel fossato; Cicerone invece punta a creare un cittadino esemplare, calato nella pratica politica del quotidiano. 
Nel delineare il suo modello di retore, Cicerone si differenzia dalla tradizione greca, in particolar modo per quanto riguarda il rapporto tra teoria e prassi. Quando Aristotele crea una logica del possibile attraverso il sillogismo retorico, svolge questo lavoro da filosofo: discute modelli precedenti, li critica e ne propone uno proprio, ma rimanendo entro l'ambito della ricerca. 
Per Cicerone è la vita politica ad intrattenere un legame privilegiato con il suo ideale di discorso. 
Il retore non si limiterà allo studio teorico della disciplina, ma la praticherà nei tribunali, nelle assemblee, perché scopo dell'oratoria è “dare un senso al mondo sensibile costruendolo con la politica, la retorica e la libertà” (p. 362).
Allo stesso tempo Cicerone critica i sofisti, rei di aver promosso una visione esclusivamente estetica della retorica, attraverso la pratica del genere epidittico. Per l'Arpinate il genere più importante è il deliberativo, ed è a questo che il giovane oratore deve indirizzare i suoi sforzi.
Il secondo capitolo entra nel merito della logica retorica attraverso una disamina puntuale delle questioni classiche della disciplina: dalla sua definizione, alla suddivisione in parti, generi e finalità. 
Ampio spazio occupa la pedagogia dell'oratore, delle tecniche da padroneggiare e delle virtù che debbono accompagnarle. L'apprendistato tecnico -  composto dallo studio dei praecepta, gli esercizi pratici e lo studio delle arti liberali  - deve sfociare in un ideale di razionalità politica che Cicerone identifica con il termine consilium. 
Ruolo centrale è affidato al concetto di prudentia che, nelle parole dell'Autore, “è il vero obiettivo della razionalità retorica che Tullio sta disegnando (e che ricomprende in sé tanto il permovere e il dilectare, quanto il docere) (p. 151). Essa è elemento chiave del genere deliberativo e dell'arte del governo tout court, perché criterio discriminante tra bene e male, non nell'astrazione del dibattito filosofico, ma nella concretezza dell'azione quotidiana. 
La lettura dei testi si sofferma anche sulla differenza tra retorica e filosofia e sulla teoria dell'oratore enciclopedico. Ampio spazio viene dedicato alla teoria dei loci, confrontandola con la trattazione aristotelica. 
In questo punto il lavoro di Amoretti illustra un'altra possibile lettura della retorica come teoria della razionalità ovvero come ratio diligens disserendi, “quella forma di ragione che mette in relazione i contrasti, l'opposizione che necessariamente creano proposizioni [sic], premesse, opinioni, realtà contrarie: e tenta di risolverle” (p. 201). La logica retorica è quindi strumento imprescindibile sia per agire in modo aptus nella vita, persuadendo se stessi, sia per giudicare correttamente le azioni altrui.
L'appendice propone una ricca e puntuale ricerca sulle fonti del pensiero ciceroniano. 
Ma non è sul lato erudito del lavoro che intendo soffermarmi: le riflessioni filosofiche conclusive costituiscono il momento cardine della ricerca e si articolano in due momenti: il primo riguarda l'utilità del sistema retorico nella pratica quotidiana, il secondo il rapporto fra retorica e divenire. 
La logica retorica non è solamente una forma della ragione, un impianto categoriale – per dirla con Kant – che stabilisce un legame tra noi e il mondo circostante, bensì è lo strumento che ci consente di agire, modificando attivamente la realtà. I topoi sono le categorie, permanenti e plastiche allo stesso tempo, che ci permettono di conciliare l'interpretabilità del mondo esterno, la nostra azione e lo scorrere del tempo. La retorica diventa una logica del singolare, una disciplina legata al particolare che ci consente di dare senso al mutamento dell'esistenza, sia sul piano individuale che collettivo: essa, per dirla con le parole di Amoretti, promuove “la libertà che fiorisce dalla costrizione” (p. 262). 
Vorrei affidare la conclusione direttamente alla voce dell'Autore, in un passo che sintetizza in modo efficace il senso dell'itinerario teorico percorso in quest'opera prima: nella logica retorica “la vita nel suo fluire viene colta come un trasformarsi, un arricchirsi e un modificarsi da se stesso dei propri organi e delle proprie funzioni; i generi in cui prima si veniva rinchiusi ora si aprono in forme sempre nuove, eppure stabili nel tempo e nello spazio per un breve periodo” (p. 262).


Indice

Prefazione di Giuseppe Girgenti e Massimo Marassi                                 p. 5
Premessa                                                                                            11
La logica retorica

Capitolo I – Roma e i suoi costumi                                                         15
a. Panezio                                                                                          22
b. L'Epicureismo a Roma                                                                       43
c. Marco Porcio Catone il Censore                                                           50
d. Marco Terenzio Varrone Reatino                                                         59
e. La politica e la morale di Cicerone                                                      68

Capitolo II – La logica retorica                                                             125
Conclusione filosofica                                                                         241
a. Sistemi logici e azione, ovvero: come usare questo libro?                    243
b. Adfectio, επιστήμη, μετάβασις, ovvero: trascrivere il divenire                 251

Appendice – La filosofia dell'Ellenismo                                                  263
Bibliografia               

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