lunedì 26 marzo 2012

Giacomantonio, Francesco, Introduzione al pensiero politico di Habermas. Il dialogo della ragione dilagante

Milano-Udine, Mimesis, 2010, pp. 99, euro 12, ISBN 9788857500874

Recensione di Raffaela Strina - 22/02/2012

Figura filosofica complessa, sfaccettata, caratterizzata dalla capacità di penetrare i problemi sociali, politici, economici e morali del proprio tempo attraversando discipline e ambiti discorsivi assai diversi, Jürgen Habermas costituisce uno dei principali protagonisti del pensiero del ‘900. La monografia di Giacomantonio ne ricostruisce il pensiero politico, da un lato rimarcandone la novità rispetto alla riflessione contemporanea, dall’altro ripercorrendone la genesi nell’intreccio con i molteplici interessi che caratterizzano l’intensa attività speculativa del pensatore. 

Il ritratto che ne emerge è quello di un teorico politico illuminista (definizione in cui Habermas sicuramente si riconoscerebbe) e, perciò, in certa misura controcorrente. Uno sguardo al panorama intellettuale contemporaneo rivela, infatti, agli occhi dell’autore, l’assenza di “una grande filosofia politica sul modello di quelle classiche della modernità” (p. 15), capaci di spiegare e trovare una soluzione ai problemi della propria epoca, coniugando elementi razionali e simbolici, al contempo estendendo la propria influenza al di là del mondo accademico. Gli intellettuali odierni, al contrario, sembrano “rifuggire dal loro compito di legislatori, guide, pedagoghi dell’umanità” per ridursi ad essere semplici “interpreti della realtà” (p. 21). Habermas rappresenta, al contrario, l’esempio di un intellettuale impegnato nell’elaborazione di un modello propositivo e costruttivo di teoria politica, in dialogo con le scienze sociali e la storia del secolo appena trascorso. Ciò che caratterizza il progetto habermasiano in senso “illuminista” è la volontà di porre la razionalità di nuovo al centro della riflessione politica. Sotto questo profilo il sottotitolo del saggio risulta estremamente significativo, andando a sottolineare i tre nodi concettuali fondamentali che guidano Giacomantonio nella sua lettura di Habermas: ragione, dialogo, dilagare.
Pur con diversi accenti e modulazioni, la questione della ragione e del suo ruolo nella società contemporanea è il leitmotiv che accompagna il pensiero habermasiano nelle sue diverse fasi. La questione fondamentale costantemente al centro di tutto il suo percorso riguarda proprio la possibilità e le condizioni di esistenza di un ordinamento sociale su basi razionali. Negli anni ’70 le sue indagini sociologiche lo avevano condotto ad analizzare le condizioni che nella società tardo-capitalistica avevano messo seriamente in discussione tale possibilità, in particolare soffermandosi sulla crisi di legittimazione delle democrazie, incapaci di “far valere gli interessi generalizzabili di tutti i singoli” (p. 26), ridotte a regolamentare gli interessi privati mediante l’elargizione di indennizzi e compensazioni. Un tale tipo di democrazia, che perde di vista l’obiettivo di coniugare benessere economico e libertà, è espressione di un agire politico in crisi, incapace di tenere fede ai propri presupposti, perciò remoto da un fondamento di razionalità.  
La successiva svolta linguistico – comunicativa del pensiero habermasiano condurrà, con la formulazione della teoria dell’agire comunicativo nei primi anni ’80, ad approfondire le motivazioni che portano a questa divaricazione tra ordinamento politico e ragione. Punto di partenza non sarà più l’analisi della società, bensì l’analisi del linguaggio. La crisi dell’agire politico viene interpretata ora come “distorsione comunicativa dovuta all’invasione della dimensione sistemica in quella del mondo vitale” (p. 32). Tale invasione si concretizza nella preponderanza di relazioni di tipo formale, professionale, mediate in maniera impersonale dal denaro e dall’apparato burocratico, anche negli ambiti “vitali” delle relazioni familiari, amicali, affettive:  l’equilibrio tra le due modalità di interazione è spezzato dall’ipertrofia della dimensione sistemica, che soffoca i processi comunicativi. La possibilità di un recupero del nesso tra ordinamento sociale e razionalità si gioca sulla possibilità di rivitalizzare il nucleo di razionalità intrinseco nei processi comunicativi, nel dialogo in cui i diversi partecipanti all’interazione trovano un’intesa, avanzando pretese di validità e adducendo ragioni e motivi fondanti.         
È proprio su questa scia che prende avvio la riflessione politica habermasiana degli anni ’90, che intravede la risposta alla crisi dell’agire politico nella forma di una “democrazia cosmopolita deliberativa” in grado di salvaguardare solidarietà e giustizia, attraverso un agire comunicativo, trasposto a livello politico nella forma di “un processo dibattimentale” (p. 33) motivato dall’aspettativa del raggiungimento di  “risultati razionalmente accettabili” (Ivi).
Si giunge, così, al secondo nodo concettuale evidenziato nel sottotitolo dalla parola – chiave  “dialogo”, vero nucleo della concezione politica habermasiana della democrazia. Giacomantonio definisce, infatti, in maniera efficace il modello di democrazia deliberativa delineato da Habermas come “il processo discorsivo e argomentativo di formazione di una volontà comune” (p. 40) volto a “porre il diritto e le istituzioni sotto il controllo dei cittadini.”(Ivi)  Si tratta, a ben vedere, di un modello politico che basa il potere del demos su un fondamento di razionalità, il cui nucleo è costituito dal dialogo: lo spazio politico è lo spazio del dialogo in cui vengono sollevate pretese di validità in maniera argomentata, cioè fornendo motivazioni accettabili dagli interlocutori su basi razionali. Questo modello costituisce l’alternativa a due diversi paradigmi di democrazia: quello liberale e quello repubblicano. La democrazia secondo il modello liberale ha una funzione di intermediazione tra mercato e stato, in cui diritto e politica sono in qualche modo funzionali ai compromessi di interesse su cui si gioca il delicato equilibrio tra le due sfere. Nel modello repubblicano la politica e i processi democratici cessano di avere valore strumentale per configurarsi “come terza fonte dell’integrazione sociale” (p. 37) accanto al mercato e allo stato nella forma di una “solidarietà” basata tanto su fondamenta etico – politiche quanto sulle “logiche specifiche della comunicazione orientata all’intesa” (Ivi). La dicotomia tra questi due modelli sembra creare un conflitto insanabile tra la sfera degli interessi e quella dei diritti, tra l’elemento di compromesso e quello etico – normativo, tra la sovranità popolare e i diritti umani. Ogni paradigma sembra prediligere solo uno dei due poli in tensione, non riuscendo ad armonizzarli. La proposta habermasiana rappresenta la “terza via” capace di riconnettere “trattative, discorsi di autochiarimento e discorsi di giustizia (…) sia nella forma istituzionalizzata dei dibattimenti parlamentari, sia nella rete comunicativa delle sfere pubbliche politiche” (p. 37). Il dialogo, la discussione, i processi comunicativi costituiscono lo spazio comune in cui ognuno può presentare le proprie idee ascoltando le idee altrui, ed evitando di chiudere pregiudizialmente la possibilità di un accordo, in modo da poter giungere a prendere delle decisioni condivise, sulla base di argomentazioni razionalmente convincenti.
Giacomantonio si sofferma, poi, ad analizzare le implicazioni di tale concezione della politica nell’attuale congiuntura storica, caratterizzata dai profondi mutamenti connessi ai processi di globalizzazione. I presupposti della democrazia deliberativa costituiscono le premesse per un ordinamento internazionale che faccia i conti con lo sgretolamento dei confini politici statali. Habermas intravede nell’apertura globale dei mercati, delle informazioni e delle conoscenze la possibilità per la politica di un “apprendimento orientato al futuro” (p. 49). Tale apprendimento consiste in un ampliamento universalistico della coscienza politica, cioè dell’acquisizione di un atteggiamento di dialogo e apertura nei confronti di interlocutori internazionali, al di là dei ristretti confini dello stato – nazione. È questo il suo progetto di una democrazia cosmopolitica che non si concretizza in uno Stato mondiale bensì nella forma di uno stato federale postnazionale. Laddove uno stato allargato a comprendere la totalità degli uomini dovrebbe presupporre un’irrealizzabile comunanza etico – politica, il cosmopolitismo postnazionale a cui il filosofo pensa terrebbe salve le differenze culturali dei popoli mettendole in dialogo nella forma di negoziati internazionali, volti ad una politica mondiale interna. Il dialogo e il dibattito costitutivo della democrazia deliberativa viene trasposto in un’ottica cosmopolitica come dialogo interculturale.
Giacomantonio nell’ultima parte del suo saggio traccia una sorta di bilancio conclusivo dell’importanza della speculazione politica habermasiana, mettendo in luce come la ragione che lui riporta al centro delle sue considerazioni politiche è una ragione dialogante e al contempo dilagante, terzo nodo concettuale sottolineato nel sottotitolo. Il termine dilagare che sembra avere di primo acchito un’eco negativa, come di qualcosa di invadente, ingombrante, viene connotato dall’autore in termini positivi, come espressione di una volontà di “coinvolgere positivamente e non soggiogare l’individuo.” (p. 81) Il  dilagare della ragione è, a ben vedere, non un’occupazione tirannica ma il riempimento di un vuoto.  La proposta habermasiana di un agire politico razionale che si concretizzi nel dialogo risponde ad una crisi e ad un vuoto di senso, che coinvolge anche la dimensione politica contemporanea. Interpretare l’agire politico come processo di apprendimento rivolto al futuro significa riconnetterlo non solo alle condizioni pratiche di vita degli individui ma anche al senso che gli uomini attribuiscono alla loro vita, al significato delle loro scelte ed azioni. D’altra parte, questa ragione in dialogo che dilaga nelle esistenze individuali, tiene sempre costantemente presente l’analisi della società nel suo rapporto con l’ordinamento politico, riuscendo infine a varcare i confini territoriali, ripensando il rapporto stato – territorio in termini cosmopolitici e comunicativi. Si può, quindi, concludere con Giacomantonio nel ritenere il pensiero politico habermasiano un crocevia fondamentale nel confronto col panorama politico contemporaneo, sia per la capacità del filosofo stesso di mettersi in dialogo col proprio tempo e con altri pensatori e discipline, sia per la positività di una proposta teorica che nel suo “illuminismo dilagante” tenta di offrire un’alternativa al negativismo imperante del secolo trascorso. 


Indice

Nota dell’autore
1. Il contesto della filosofia politica nel XX secolo
1.1. Difficoltà della filosofia politica contemporanea
1.2. Condizioni epistemologiche e filosofia politica
1.3. Condizioni storiche e filosofia politica
2. Società, linguaggio e politica
2.1. L’analisi del tardo capitalismo
2.2. Tecnocrazia nel tardo-capitalismo
2.3. Comunicazione e dimensioni linguistiche
3. Teoria politica
3.1. Democrazia deliberativa 
3.2. Lo stato
3.3. Cosmopolitismo
3.4. Cittadinanza
3.5. Multiculturalismo
4. Connotazioni habermasiane di etica e modernità
5. Religione e politica
6. Habermas e le dimensioni della politica contemporanea
6.1. Dimensione esistenziale
6.2. Dimensione spazio - territoriale
6.3. Dimensione sociologica
Considerazioni finali
Postfazione. Linguaggio e politica: Habermas e la complexio oppositorum di Angelo Chielli 
Bibliografia

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