venerdì 14 settembre 2012

Ricci Sindoni, Paola, Franz Rosenzweig. L'altro, il tempo e l'eterno

Roma, Studium, 2012. pp. 256, euro 23,50, ISBN 978-88-382-4146-8.

Recensione di Antonella Ferraris - 25/05/2012 

Il volume di Paola Ricci Sindoni è diviso in tre sezioni. Nella prima l'autrice ricostruisce le circostanze più filosoficamente rilevanti della breve ma intensa esperienza terrena di Franz Rosenzweig: la mancata conversione al cristianesimo, la composizione della Stella della Redenzione, il suo capolavoro, l'esperienza della Freies Jüdische Lehrhaus a Francoforte, la scoperta della malattia che lo avrebbe portato alla morte, in totale serenità di spirito. La seconda è una antologia di fonti tratte dalle opere e dall'epistolario di Rosenzweig.
 
Nella terza, molto  interessante, ma a mio parere solo abbozzata, la sintesi dello stato delle interpretazioni attuali e le linee di ricerca.
La riflessione filosofico-religiosa di Rosenzweig inizia nel dialogo con Eugen Rosenstock e altri nel 1913. L'ambito comunicativo è molto importante per Rosenzweig, perché esprime l'aspetto dialogico del filosofare, che non è solipsismo, ma apertura all'altro, e al mondo. Rosenstock, ebreo convertito al cristianesimo, aveva percorso un cammino che anche Rosenzweig aveva iniziato; i due, amici da tempo, si erano trovati divisi riguardo all'universalità della rivelazione: per Rosenstock il giudaismo è la religione di un popolo nella storia, che diventa autenticamente universale solo nella sua piena attuazione, che è il cristianesimo, secondo la lettura data da S.Paolo.  All'epoca Franz nutriva convinzioni relativistiche che l'amico aveva confutato. Ma il rifiuto della madre di accettare la sua conversione e un episodio, non meglio spiegato, avvenuto quello stesso anno durante lo Yom Kippur, lo avevano spinto a interrompere il cammino verso il cristianesimo, quando aveva compreso che la conversione non era più necessaria. Le ragioni personali, cui accenna nelle lettere, restano però misteriose. Da un punto di vista teologico si convince che l'essenza del giudaismo è nella sua quotidianità, nell'essere Dio uno in tutto, presente nel popolo, nel singolo ebreo, nel punto della storia in cui tutti convergono (Dio ha creato il mondo, non la parola).
Durante la Prima Guerra Mondiale Rosenzweig scrive la prima stesura della Stella della Redenzione, la sua opera principale, dove il filosofo di Kassell vuole proporre una nuova filosofia, un pensiero dialogico in cui la creazione, affidata da Dio all'uomo, trova nel tempo presente la sfida della redenzione messianica, in cui il tempo presente non va inteso in un senso meramente cronologico, ma dal punto di vista dell'eternità divina.
Il secondo tema analizzato nel libro è quello della Bildung ebraica, che si concretizza nella Freies Jüdische Lehrhaus di Francoforte. Alla fine dell'Ottocento la cultura ebraica tedesca era per lo più di matrice razionalista e aveva espresso già molti autori importanti come il kantiano Hermann Cohen; al tempo stesso la recrudescenza dell'antisemitismo culminata nell'affaire Dreyfus aveva provocato la nascita del sionismo, che è non solo un movimento politico nazionale, ma vuole far nascere una nuova cultura ebraica "moderna" anche linguisticamente ed artisticamente. L'organizzazione fondata da Rosenzweig e da lui diretta in prima persona sino a quando la malattia glielo consente, si colloca in una dimensione diversa ed in un certo senso intermedia tra le due diverse prospettive. Innanzitutto, l'insegnamento avviene in forma dialogica, senza che vi sia una vera gerarchia studente/insegnante, poi si discutono eventi e ed elementi della vita alla luce del cuore ebraico della tradizione, partendo cioè dall'esterno per penetrare verso l'interno. Questo perché la situazione dell'ebreo tedesco era quella di una secolarizzazione che lo aveva allontanato dal fondamento della Torah. Non si trattava dunque di ripetere l'insegnamento della tradizione, ma alla luce di questo insegnamento verificare, cioè rendere vero ogni aspetto della vita. Questo processo si riscontra anche nella terza parte della Stella, quando sostiene che la verità non è un possesso logico, ma una conquista che si ottiene attraverso le tappe di inveramento che Dio da una parte, l'uomo e il mondo dall'altra, compiono sulla via della redenzione. Pensare l'eterno avviene soltanto nella dimensione del tempo: uno dei problemi che emergono dalla terza parte della Stella è proprio il rinchiudersi del giudaismo nell'ambito della storia sacra, in questo modo autoeliminandosi dal corso del tempo storico.
La questione è importante, specie se si confronta Rosenzweig con i grandi filosofi dell'ebraismo della sua epoca, come Buber e Scholem. Rosenzweig muore nel 1929, prima cioè dell'ascesa del nazismo e della distruzione del dialogo ebraico tedesco, prima della distruzione dell'ebraismo tedesco durante la Shoah. Proprio questo, scrive Scholem negli anni Sessanta, aveva segnato la fine della Bildung sognata da Rosenzweig. Il suo pensiero messianico, inoltre, gli aveva impedito di recepire tutte le potenzialità culturali e sociali del sionismo. Le linee interpretative qui solo accennate mostrano come la discriminante sia la modernità del pensiero di Rosenzweig. È ancora attuale il suo tentativo di costruire un dialogo interreligioso e una formazione dialogica dell'uomo che sia diversa sia dall'ortodossia religiosa sia da un hegeliano provvidenzialismo che i fatti del Novecento hanno drammaticamente smentito? Alcuni interpreti come Fackenheim, ancora negli anni Ottanta continuavano a sostenere che Rosenzweig non è riuscito a sganciarsi del tutto dall'hegelismo, evidenziando quindi l'aspetto premoderno del filosofo di Kassell. Altri come Emmanuel Lévinas sono di parere opposto, puntualizzando l'essenzialità dell'autore della Stella della redenzione al pensiero ebraico. Il suo ritorno all'ebraismo mette successivamente in crisi la visione hegeliana del sistema, esattamente come la sua indagine analitica sulle fonti ebraiche e il suo appropriarsi della tradizione lo inducono a formulare un principio ordinatore differente rispetto alla tradizione occidentale, quello che chiama della "Rivelazione come orientamento". Il suo tentativo di leggere l'ebraismo in chiave universale ed eterna può dirsi riuscito in quanto non è una modalità puramente religiosa. In effetti la tragedia del Ventesimo Secolo toglie alla storia qualsiasi residuo di ottimismo: il "nuovo pensiero" intreccia la storia all'eternità osservata dall'interno del popolo ebraico, testimone di una Rivelazione eterna, ma chiamato a viverla ogni giorno.


Indice

Introduzione.
I - Pensare l'altro: pratica epistolare e pratica dialogica
II - Pensare il presente: il Freies Jüdische Lehrhaus
III - Pensare l'eterno: dentro la storia, oltre la storia
Antologia
Linee di ricerca
Bibliografia

1 commento:

MAURO PASTORE ha detto...

Giudaismo precristiano è l'unico occidentalmente interamente possibile, all'inverso unico ebraismo occidentale interamente possibile è postcristiano, da qui metafora della "Stella" quale orientamento che da teologia affine giunge a dirimere destini teologici assolutamente da trarre fuori le uguali antiche fatalità cioè restando per passato evento irrinunciabile il compimento medioevale in inizio di modernità. Ovvio questo anche per sola cultura religiosa, ma non per altro sionismo euroasiatico, durante il Medio Evo, risolto in internazionalismo eurasiatico ponendosi non entro i poteri nazionali religiosi ma non costringendosi fuori. Poi che in epoca contemporanea si andava costruendo pluralistica sovranazionale unificazione per cui internazionalismo sionista postmedioevale era inservibile ed ugualmente irricevibile dagli unionisti europei come e più che in passato dai primi nazionalisti europei, si riproponeva problema però in entrambi i casi per certuni interessi comuni ai poteri europei, euroasiatici, eurasiatici. Dell'ebraismo, guida ne furon poteri eurasiatici secondo reciproche conoscenze e mediatori quelli euroasiatici e definitori quelli europei interessati, internazionalismo essendo troppo inerente poteri nazionali e multinazionalismo non più per ebraismi ma per giudaismi, euroasiatici. Chi viveva questa religiosità euroasiatica di ebraismo aveva quindi interesse nel riferirsi al Cristo quale rivelatività presente in ciascun monoteismo comunicativamente non fondazionisticamente; inversamente per giudaismo.
Dai tempi della costituzione delle Nazioni Unite tali alternative erano passate in secondarietà ed insoddisfacenti, non consentendo inserimento in Unione non ancora Organizzazione e non in collisione di interessi; ed il sionismo europeo, legato al solo giudaismo ormai, nulla ottenuto istituzionalmente-culturalmente solo viceversa; aveva con facoltà già optato per spostamento ad esteri; in America dove fortissimo potere culturale politico americano-europeo aveva eguali necessità incompatibili e quindi tutto risolvendosi con stabilirsi in terre di tradizioni ove solo provenienza europea si districava tra doppie illusorie apparenze che dava tradizione inetta in terra a questa corrispondente. Per un poco il "kibbutz" provvedeva a comunioni d'intenti ma poi controproducente ed era abolito... Temporalità di un avvicendarsi difficile: missione di compresenza euroasiatica su base eurasiatica incontrava missione di presenza euroasiatica su base europea; e sin da fine antichità consapevole il futuro remoto era di politica di giudaismo culturale; ma da prima tutt'altro sionismo ne contrastava e riluttava ad ingresso in Evo di Mezzo, in verità su maggior guida non ebraica né giudaica, di fatto unitasi in Africa ai tempi degli apostolati di Agostino di Ippona e dopo solo influente su Occidente. In Medio Evo ambizioni solitarie di Europa erano opposte ad ambizioni di sinergie non solo economiche euroasiatiche: gli 'àvari', barbari e neogermanici, avevano contrastato i progetti romani di costituirsi Impero euroasiatico poi eurasiatico, negando monopoli romani economici diplomatici con ebraismo quindi con giudaismo in mondo slavo bizantino non latino; in Germania Lutero tra generosità poi nefandezze infine con equità era stato massimo realizzatore di unità culturale religiosa teutonica europea non euroasiatica né eurasiatica... Unificarsi europeo poi globalismo segnarono successive azioni intellettuali politiche; invano nazismo inserendosi tra contatti già risolti infraeuropei e contatti in risolvimento alter-europeo-globale...
Riflessioni di F. Rosenzweig (e di E. Rosenstock) erano in previsione non risoluzione dell'ebraismo delle immigrazioni dal Meridione coloniale-postcoloniale perché in ogni caso segnavano diverso-diversamente logico futuro, per contro evidente poi in disastri diplomatici o militari di Israele ora da tragici resisi drammatici.

MAURO PASTORE