giovedì 8 novembre 2012

Stewart-Williams, Steve, Il senso della vita senza dio. Prendere Darwin sul serio

Edizione italiana a cura di Maurizio Mori, Torino, Espress, 2011, pp. 400, euro 24,90, ISBN 9788897412113.

Recensione di Eleonora Severini - 20/05/2012

Il volume di Steve Stewart-Williams rappresenta un convincente tentativo di elaborare a partire da Darwin una visione filosofica naturalizzata della morale, vale a dire una concezione che prescinde dalla presunta esistenza di enti trascendenti. Ne Il senso della vita senza dio, l’autore porta avanti sulla scia dell’evoluzionismo una critica puntuale e serrata di una serie di questioni etiche cruciali, ossia l’esistenza di dio, la posizione dell’essere umano nella natura e la morale.
Il testo è importante sotto almeno due aspetti: 

il primo riguarda il contenuto mentre il secondo è di ordine metodologico. Da un parte, Stewart-Williams mostra infatti l’inconsistenza, alla luce della teoria darwiniana, di talune concezioni ‒ religiose, antropologiche ed etiche ‒ tradizionali e le scardina per offrire una visione del mondo alternativa e secolarizzata. Dall’altra parte, l’approccio stesso è significativo poiché indica un nuovo modo di intendere il rapporto tra scienza e filosofia, riconoscendo quanto sia diventato profondo e pervasivo l’impatto della prima nella comprensione degli esseri umani e dell’ambiente circostante. Come sottolinea Maurizio Mori nell’introduzione: “[…] la scienza non si limita più a influenzare gli aspetti esteriori della vita dell’individuo per via della fusione con la tecnica, ma penetra negli interstizi del pensiero stesso e plasma gli atteggiamenti orientativi dell’esistenza” (p. 12).
Per queste ragioni è particolarmente rilevante la pubblicazione di questo testo in un contesto culturale e sociale come quello italiano, da sempre associato al cattolicesimo romano e caratterizzato da una certa diffidenza nei confronti della scienza in generale e di Darwin in particolare. A fronte di una tradizione culturale conservatrice e stantia, la traduzione italiana di Stewart-Williams potrebbe essere un sintomo della presenza anche nel nostro paese di un movimento intellettuale volto a costruire una società fondata su presupposti laici e su una maggiore maturità scientifica.
Nel corso del testo vengono quindi prese in esame le implicazioni della teoria dell’evoluzione, la cui novità è così rivoluzionaria da valicare i confini di quegli spazi che tradizionalmente erano di pertinenza privilegiata, se non esclusiva, della religione. L’idea di fondo è che dato che l’evoluzione è un fatto, chiunque sia interessato a sviluppare un’immagine adeguata del mondo deve mutare la propria visione delle cose per fare spazio a questo fatto. È per questo che se, da un lato, non ha più senso discutere sul fatto dell’evoluzione, dall’altro si dibatte ancora sensatamente circa le sue ricadute sulle grandi domande della vita, prima fra tutte l’esistenza di dio. A questo proposito Stewart-Williams è estremamente chiaro: l’evoluzionismo non solo dissolve le motivazioni per credere in dio, ma offre addirittura valide ragioni per non credere (p. 136). A sostegno di ciò, l’autore prende di mira due capisaldi fideistici a cui si richiama la tradizione religiosa giudaico-cristiana: l’appello all’autorità della Bibbia e al progetto intelligente. A proposito di quest’ultimo, la descrizione teleologica costituisce da sempre uno degli argomenti più forti a riprova dell’esistenza di dio e parte sostanzialmente dall’idea che certe parti del mondo naturale presentino una ‘funzione’. Alla luce di ciò si suppone che siano state progettate per assolvere ad un compito ben preciso e, in definitiva, la presenza di un progetto richiede un progettista. In questo senso, Stewart-Williams sostiene che l’evoluzionismo, da un lato, falsifichi l’interpretazione letterale della Genesi e dall’altro confuti l’argomento del progetto. La teoria di Darwin ha sradicato la presenza di qualsiasi ordine finalistico nella natura, contrapponendovi la descrizione di un processo naturale e senza scopo. A questo punto è necessaria una precisazione: perché all’ipotesi creazionista, secondo la quale l’universo e gli organismi sono stati creati da dio, dovremmo preferire quella per cui gli organismi si sarebbero sviluppati per via genealogica secondo un processo evolutivo? La risposta è che abbiamo a disposizione un’ingente mole di prove a favore di questa seconda opzione. Queste sono costituite innanzitutto dalla documentazione fossile che permette di ricostruire, in maniera più o meno completa, le trasmutazioni che hanno portato da un organismo a un altro; dalle somiglianze che riscontriamo tra diversi gruppi di organismi che vanno a corroborare l’ipotesi di una discendenza comune; dai caratteri inutili – vale a dire che non assolvono a nessuna funzione – e che sono con tutta probabilità vestigia ereditate da antenati ancestrali. A questi elementi si aggiunge l’argomento del ‘cattivo progetto’ dato dalla constatazione che in ogni esemplare di qualsiasi specie presente sulla Terra troviamo difetti strutturali nonché inutilità funzionali, difficilmente riconducibili a un progettista perfetto. Perché un dio perfetto avrebbe dovuto creare organismi imperfetti come noi? Non si può rispondere a questa domanda ma, di contro, si può spiegare perché la selezione naturale non possa produrre la perfezione.
Rispetto a queste considerazioni, un’obiezione che potrebbe essere sollevata è che la teoria dell’evoluzione, almeno per alcuni fenomeni biologici, non è in grado di fornire una spiegazione esaustiva. Si potrebbe pertanto ipotizzare che ciò che l’evoluzione non può chiarire, possa invece essere compreso facendo riferimento all’attività di un ente trascendente. Ora, il fatto i che buchi di una teoria non possano costituire un argomento a sostegno di un’altra, non è certamente una confutazione dell’esistenza di dio, tuttavia toglie forza a un certo modo di affermarne l’esistenza. A questo proposito Stewart-Williams si appella all’‘argomento del dio dei vuoti’, secondo cui richiamarsi a dio non significa risolvere un problema bensì spostarlo sostituendo un mistero con un altro ancora più imperscrutabile.
Così, non resta che chiedersi se sia possibile al contempo credere in dio ed essere darwinisti. Ancora una volta la soluzione di Stewart-Williams è molto precisa: l’ateismo è la sola posizione intellettualmente onesta che possa assumere chiunque abbia veramente compreso la teoria dell’evoluzione. Chiunque tenti infatti di rendere compatibile l’accettazione dell’evoluzionismo con la fede religiosa non può in nessun modo aggirare un’antica e spinosa questione: il problema del male nel mondo. Questo dilemma da sempre affligge i teisti e consiste nel tentare di conciliare la presenza della sofferenza nel mondo con i presunti attributi divini di bontà, onniscienza e onnipotenza. Dal canto suo, la teoria di Darwin non fa che inasprire il problema descrivendo la vita sulla terra innanzitutto come una sanguinosa lotta per la sopravvivenza. Qui è necessaria un’osservazione. La visione di Stewart-Williams è influenzata dal fatto che quando parla di ‘evoluzionismo’, riprende in larga misura la descrizione che è stata suggerita da Richard Dawkins e che si caratterizza per aver identificato nel gene, anziché nell’organismo individuale, l’unità su cui opera la selezione naturale. In sostanza il processo evolutivo agirebbe primariamente sui geni (egoisti) massimizzandone la trasmissione. Questa immagine tende a far risaltare maggiormente i caratteri sgradevoli che la selezione naturale produce, come la competitività e l’egoismo, e a far passare in secondo piano l’idea ‒ del resto presente in Dawkins ‒ che l’egoismo dei geni porti anche a quegli atteggiamenti alla base dell’altruismo e della cooperazione degli individui. In ogni caso, una visione darwiniana e ateistica può fornire, senza tutte le contorsioni intellettuali delle varie teodicee, una spiegazione soddisfacente: il male nel mondo abita questo pianeta a partire dalla comparsa di organismi multicellulari dotati di un sistema nervoso che gli consente di esperire dolore. Non solo, ma Stewart-Williams sottolinea anche come in una prospettiva evoluzionistica la questione assuma dimensioni ben più vaste e urgenti, poiché frena la tendenza a focalizzarsi in maniera esclusiva sui membri della nostra specie e a porre la nostra attenzione sulle sofferenze subite anche dagli altri animali.
Alla luce anche di queste valutazioni, Stewart-Williams passa a prendere in esame le implicazioni della teoria dell’evoluzione a livello antropologico. Uno degli aspetti più importanti della teoria di Darwin è che essa non soltanto pone integralmente l’essere umano nel mondo naturale, ma sottolinea anche la sua continuità rispetto agli altri animali. Questo viene sostenuto in virtù del fatto che le varie forme di vita provengono dallo stesso processo naturale il quale presumibilmente si è innescato a partire da un antenato comune. La distinzione umano/non-umano potrà avere ancora qualche utilità funzionale, ma dopo Darwin assume tutto l’aspetto di una ripartizione arbitraria. A farne le spese è innanzitutto il concetto di ‘specie’ che perde la sua legittimità. Un sistema di classificazione che pretende di fondarsi su distinzioni ontologiche fondamentali non è più plausibile, dal momento che viene a configurarsi più semplicemente come un’istantanea scattata su un processo di cambiamento casuale e ancora in corso. Qui si colloca uno degli aspetti più originali del volume, laddove Stewart-Williams sostiene che dopo Darwin occorre concepire la classe degli esseri umani come un sottoinsieme di quella degli animali (p. 192). La conquista teorica per cui Darwin ha fatto dell’essere umano un animale tra gli altri, ha da sempre trascinato con sé implicazioni etiche cruciali. Tuttavia in passato queste sono sempre state convertite in un’estensione dei confini dello status morale che, a partire dagli esseri umani, va a includere anche altri animali. Ciò che propone Stewart-Williams è qualcosa di più radicale di un mero allargamento e consiste in un ripensamento complessivo del modo di intendere i rapporti tra essere umano e gli altri animali. In sostanza se con Darwin crollano le differenze qualitative, Stewart-Williams spazza via anche quelle quantitative sostenendo che nessuna peculiarità degli esseri umani potrebbe legittimarci non solo a tracciare un confine tra noi e gli altri animali, ma neppure a rivendicare una qualche superiorità di grado. Anche ammettendo che certe nostre capacità, come quelle intellettive, surclassino quelle degli altri animali non ci sarebbe infatti alcuna garanzia oggettiva della nostra preminenza ma soltanto un pregiudizio antropocentrico. Certamente gli esseri umani possono ragionare e fare pianificazioni a lungo termine molto meglio di qualsiasi altro animale, ma è pur sempre un tratto evolutosi; di contro gli altri animali saranno superiori all’essere umano per altre abilità. 
Una della aree più accese del dibattito sull’evoluzione riguarda l’impatto sull’etica. In queste pagine Stewart-Williams cerca di mettere a fuoco come si debba intendere la morale una volta che questa sia stata spogliata di tutte le superstizioni metafisiche e collocata in un orizzonte darwiniano. A questo proposito, alcuni negano che l’evoluzione abbia una qualche rilevanza dal punto di vista etico e danno sostegno a questa idea affermando l’impossibilità di derivare i valori dai fatti del mondo. In questo senso occorre chiarire che l’obiettivo dell’autore non è quello di sostenere che la morale sia un prodotto diretto dell’evoluzione biologica, ma piuttosto affermare che alcuni atteggiamenti incorporati nella morale abbiano un’origine evolutiva. Ecco che la psicologia morale innata viene separata dalla morale condivisa o formalizzata. Quest’ultima non ha un’origine evolutiva diretta, ma viene qui interpretata come un costrutto socio-culturale basato su quei materiali grezzi offerti dalla selezione naturale. Una prospettiva evoluzionistica, secondo cui la vita è comparsa per effetto di un processo naturale e amorale, mina alle radici una visione filosofica in cui sia possibile assumere che ‘naturale’ e ‘buono’ si sovrappongano. In sostanza, il fatto che un fenomeno abbia un’origine evolutiva non lo rende automaticamente obbligatorio e neppure moralmente accettabile; tuttavia nessuna barriera impedisce che i fatti evolutivi abbiano un peso nel plasmare le nostre conclusioni morali. Sebbene quindi non sia possibile far discendere i nostri valori direttamente dall’evoluzione, la teoria di Darwin getta luce su certi fatti che possono fornire nuove indicazioni morali. Una di queste investe proprio un’idea cardine del pensiero morale occidentale, chiamata da James Rachels ‘dottrina della dignità umana’ e ripresa da Peter Singer con l’espressione di ‘sacralità della vita umana’. Il principio di fondo è che l’essere umano, in quanto creato a immagine e somiglianza di dio, sarebbe essenzialmente diverso da tutti gli altri esseri viventi, così che l’esistenza umana ha un valore intrinseco e infinito rispetto a quello inferiore e limitato degli animali non umani. Questo assunto ha delle ricadute di natura applicativa enormi non solo circa il trattamento degli altri animali, ma anche riguardo a questioni etiche di inizio e fine vita. La dottrina della dignità umana proibisce, infatti, categoricamente qualsiasi scelta che comporti la soppressione di una vita umana, incorporando nel suo divieto i casi di suicidio, eutanasia e aborto. Tale convinzione, tuttavia, affonda le sue radici sui due pilastri della visione antropocentrica e predarwiniana, ossia la tesi dell’essere umano come immagine di dio e quella della centralità delle capacità razionali. Ebbene, la teoria dell’evoluzione le sgretola entrambe, sovvertendo la dottrina della dignità umana e privandola di qualsiasi fondamento teorico. Si tratta di un punto di svolta estremamente interessante a maggior ragione per il fatto che la concezione in questione, nonostante affondi le proprie radici nel pensiero religioso, ha permeato di sé anche i nostri codici morali laici. Così, se la vita umana non ha un valore infinito in sé, non c’è ragione per porre da fuori dei vincoli categorici all’autodeterminazione dei singoli individui.
A questo punto non resta che chiedersi se la teoria darwiniana dell’evoluzione mini non solo l’idea dignità umana, ma la morale tout court. Il problema di fondo è che la morale per definizione richiede di andare contro il proprio interesse, prestando aiuto reciproco anche quando questo non ci avvantaggia. Perché dovremmo agire in questo modo? In un’ottica religiosa è dio ad offrire una ragione per andare contro il nostro interesse. Stewart-Williams concorda con gli anti-evoluzionisti sul fatto che la teoria dell’evoluzione eroda l’idea che la morale abbia un fondamento oggettivo nella dimensione in cui, dopo Darwin, non c’è più alcuna ragione ‒ esterna o trascendentale ‒ per essere morali. Al tempo stesso dissente sulla considerazione che questo ci trasformi inevitabilmente in egoisti, depravati o assassini. La soluzione prospettata dall’autore è che possiamo tenerci la morale, ma senza un fondamento metafisico (p. 365). In particolare sostiene che la psicologia evoluzionistica offra le basi per un’argomentazione a favore dell’utilitarismo, laddove si riconosce come più importante la quantità di piacere e dolore presente nel mondo, piuttosto che la fedeltà a principi deontologici. In questo senso, anche in un universo privo di scopo il piacere privo di scopo è preferibile al dolore privo di scopo. Per quanto possa apparire debole, in un’ottica darwiniana non è possibile trovare un fondamento più profondo di questo.
Da un punto di vista filosofico, ciò che in questo senso si rimprovera all’autore è il fatto di non aver sottolineato con sufficiente vigore il vantaggio teorico per l’etica di escludere dio (o qualsiasi altro fondamento trascendente) dalla propria riflessione. Spostare il fulcro dell’argomento morale dall’obbedienza passiva a un dio all’attenzione per le sofferenze patite da altri, è decisivo perché si possa sviluppare una sensibilità etica più piena rispetto all’atrofia morale indotta dalla religione. D’altro canto, si deve concordare con Stewart-Williams riguardo al fatto che “[…] non si possa in alcun modo sostenere che seguire un’etica come questa costituisca un obbligo morale […]. Se essa avrà un seguito, sarà da parte di chi riconosce un’austera bellezza nella gioia disinteressata, nella gentilezza gratuita e nell’idea di un progresso dai risultati effimeri” (p.369).


Indice

Prefazione dell’autore all’edizione italiana
Introduzione del curatore
1. Darwin e le grandi domande

PARTE I – Darwin si prende gioco della religione
2. Lotta tra titani
3 L’idea di progetto dopo Darwin
4. Il dio di Darwin
5. Dio come tappabuchi
6. Darwin e il problema del male
7. Farla finita con la religione

PARTE II – La vita dopo Darwin
8. Gli esseri umani e il loro posto nell’universo
9. La posizione dell’uomo nel regno animale
10 Dire addio al senso della vita?

PARTE III – La morale spogliata dalla superstizione
11. Il bene si evolve
12. Estirpare la dottrina della dignità umana
14. L’evoluzione e l’impossibilità di distinguere ciò che è giusto

Suggerimenti per la lettura
Riferimenti bibliografici
Indice dei nomi

17 commenti:

michaelangelus1 ha detto...

La Chiesa ammette la possibilità che l'uomo possa derivare dalla scimmia,pur non importante per la fede.La bibbia non è in sua contraddizione dicendo che Dio lo ha fatto con la terra,poichè alla sua morte il suo corpo si trasforma in terra.La superiorità dell'uomo sull'animale è nel "soffio divino",come dicono le Sacre Scritture,che lo fà differire con la prerogativa di comprendere l'esistenza del soprannaturale,di pregare ed offrire culto al Cretore.Il mondo è stato creato molto prima della cellula vivente primordiale,come tutte leggi che chiamiamo di natura,attrazione,gravità,evoluzione ecc...- nessuno inoltre considera lo sviluppo del mondo vegetale.Si vorrà mica credere che le piante derivino da un'errore dell'evoluzione animale?

MAURO PASTORE ha detto...

La fine del cosiddetto divino tappabuchi o così soprannominato impropriamente 'dio tappabuchi' è la fine di un idolo che dava allusione alla Divinità entro l'eccessivo entusiasmo per le teorie biologiche genetiche. Molti scorgevano nei geni intuizione di genesi universali senza comparare animalità razionale a non razionale, per questo il successivo eccessivo entusiasmo per le teorie biologiche evoluzioniste parve una soluzione per comprendere la vita universale e allora negare l'infinito parve ad alcuni negare l'infinità della diversità.

Ma così la vera scienza ne era presa a giro, perché non esiste alcuna teoria diretta della evoluzione e neppure dei geni e neanche degli ambienti vitali.

Difatti genetica ed evoluzionismo e ambienti, sono tre elementi distinti di tre metodi biologici scientifici che sono fatti per offrire nessi non conclusioni. La morfologia studia in indipendenza ovviamente le analogie tra le specie e da essa è deducibile una rassegna evolutiva non continuativa cioè analisi comparative però secondo vari criteri. Secondo criterio di agilità e statura e modalità, risulta una successione di forme simili, scimmie ed umani ma secondo il criterio delle tattiche di sopravvivenza e di difesa risulta successione di cani ed umani. Questa ultima successione inquieta alcuni civili perché in realtà le scimmie sono emotivamente e sentimentalmente diversissime dagli umani ed invece tutte le fiere hanno una forte somiglianza mentale con gli umani e ciò pone in condizioni di selvagge convivenze. Inoltre le posture e le posizioni di umani e scimmie sono entrambe del tutto differenti perché del tutte diverse globali proporzioni fisiche.Il fattaccio accaduto è questo: elevando per scommessa l'evuzionismo a teoria e riconducendone datità particolare di morfologia senza rispettare limiti di interdisciplinarità prendendo a scusa proprio elevazione indebita extrascientifica, allora non è possibile intendere distinzioni morfologiche restanti.

La verità è che zoologicamente umani e scimmie sono gli esseri terrestri che rappresentano due poli opposti della vita animale, perché tra i mammiferi le scimmie vivono in continuità intellettuale con l'ambiente ancor più dei topi ma avendo abilità assai variegate per non soccombervi e tutti i pensieri delle scimmie cui riscontrabile corrispondenza con corrispondenti umani sono in scimmie del tutto eterodotti mentre in noi del tutto non eterodotti. Per questo le scimmie e gli umani non posson condividere reciprocamente emozioni né sentimenti. Il fascino da esse esercitato somiglia intellettualmente a potenza di elenchi ed elencazioni e lo scientismo darwinista davvero ne è stato e ne è soggetto perché con conoscenze da scimmie devolute tali darwinisti ottengono vantaggi per la propria vita etica, evidentemente bisognosa di darsi prima che una morale adatta ai mondi popolati anche da scimmie una destinazione etnica a questi corrispondente. Le scimmie per il darwinista scientista sono gli araldi del Meridione del Mondo perché tale scientismo ignora la biologia submolecolare e rifugge dal sapere della biotica astrale e si rivolge alla intelligenza delle scimmie affinché ne sia compensativa. Quindi capire una volta per tutte "La Stella Del Sud" certo non sarebbe trovar fede nell'Onnipotente ma sarebbe per costoro più utile di una credenza in un dogma, cosa diversa dal riporre credito nella Eternità. Tutti gli animali, non solo le scimmie, offrono immagine non somiglianza con il pensiero de l'Eterno.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Reinvierò messaggio con due correzioni incluse in testo:

' fisiche.Il ' sta per: ... fisiche. Il... ;
evuzionismo sta per: evoluzionismo.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

La fine del cosiddetto divino tappabuchi o così soprannominato impropriamente 'dio tappabuchi' è la fine di un idolo che dava allusione alla Divinità entro l'eccessivo entusiasmo per le teorie biologiche genetiche. Molti scorgevano nei geni intuizione di genesi universali senza comparare animalità razionale a non razionale, per questo il successivo eccessivo entusiasmo per le teorie biologiche evoluzioniste parve una soluzione per comprendere la vita universale e allora negare l'infinito parve ad alcuni negare l'infinità della diversità.

Ma così la vera scienza ne era presa a giro, perché non esiste alcuna teoria diretta della evoluzione e neppure dei geni e neanche degli ambienti vitali.

Difatti genetica ed evoluzionismo e ambienti, sono tre elementi distinti di tre metodi biologici scientifici che sono fatti per offrire nessi non conclusioni. La morfologia studia in indipendenza ovviamente le analogie tra le specie e da essa è deducibile una rassegna evolutiva non continuativa cioè analisi comparative però secondo vari criteri. Secondo criterio di agilità e statura e modalità, risulta una successione di forme simili, scimmie ed umani ma secondo il criterio delle tattiche di sopravvivenza e di difesa risulta successione di cani ed umani. Questa ultima successione inquieta alcuni civili perché in realtà le scimmie sono emotivamente e sentimentalmente diversissime dagli umani ed invece tutte le fiere hanno una forte somiglianza mentale con gli umani e ciò pone in condizioni di selvagge convivenze. Inoltre le posture e le posizioni di umani e scimmie sono entrambe del tutto differenti perché del tutte diverse globali proporzioni fisiche. Il fattaccio accaduto è questo: elevando per scommessa l'evoluzionismo a teoria e riconducendone datità particolare di morfologia senza rispettare limiti di interdisciplinarità prendendo a scusa proprio elevazione indebita extrascientifica, allora non è possibile intendere distinzioni morfologiche restanti.

La verità è che zoologicamente umani e scimmie sono gli esseri terrestri che rappresentano due poli opposti della vita animale, perché tra i mammiferi le scimmie vivono in continuità intellettuale con l'ambiente ancor più dei topi ma avendo abilità assai variegate per non soccombervi e tutti i pensieri delle scimmie cui riscontrabile corrispondenza con corrispondenti umani sono in scimmie del tutto eterodotti mentre in noi del tutto non eterodotti. Per questo le scimmie e gli umani non posson condividere reciprocamente emozioni né sentimenti. Il fascino da esse esercitato somiglia intellettualmente a potenza di elenchi ed elencazioni e lo scientismo darwinista davvero ne è stato e ne è soggetto perché con conoscenze da scimmie devolute tali darwinisti ottengono vantaggi per la propria vita etica, evidentemente bisognosa di darsi prima che una morale adatta ai mondi popolati anche da scimmie una destinazione etnica a questi corrispondente. Le scimmie per il darwinista scientista sono gli araldi del Meridione del Mondo perché tale scientismo ignora la biologia submolecolare e rifugge dal sapere della biotica astrale e si rivolge alla intelligenza delle scimmie affinché ne sia compensativa. Quindi capire una volta per tutte "La Stella Del Sud" certo non sarebbe trovar fede nell'Onnipotente ma sarebbe per costoro più utile di una credenza in un dogma, cosa diversa dal riporre credito nella Eternità. Tutti gli animali, non solo le scimmie, offrono immagine non somiglianza con il pensiero de l'Eterno.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Sono spiacente per gli inconvenienti di scrittura accaduti anche a causa del pessimo rapporto di ostili non solo a miei messaggi ma anche al clima del Nord del Mondo e costoro troppo amichevoli coi giri restanti delle polveri residue di scorse e finite per sempre perturbazioni di caldi africani.
Internet non è una libreria ma acquisizione dati e basti ultimo invio anziché superfatiche mosse da sbalorditivi e davvero troppo empi tediatori. Lo scrivo a tutela di altrui sincera lettura.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Darwin ed ateismo sono una relazione arbitraria spesso indebita.

Chi, senza rigorosità di scienza, valutava dati del metodo evoluzionista trascurando il metodo genetico, si era illuso di aver identificato la materia vivente universale e di poter descrivere la storia della vita sul Pianeta Terra, tale illusione costituendo inganno per vasti ambienti scientifici secondo coincidenze che in pochissimi intuirono dipendenti da intromissioni animali: proprio scherzi e plagi di scimmie, beffe di animali acquatici, ma anche resti di dinosauri da stesse bestie morenti lasciati secondo strategia illusoria di superintelligenze inesistenti... A riguardo fu reso noto studio sui resti dei dinosauri cosiddetti "velociraptor", trovati imprigionati da fango improvvisamente letale in atto estroflesso, oppositivo a forza del fango e non secondante snodabilità propria del sistema osseo. Gli etologi conoscevano tali trucchi nei rettili contemporanei, i paleontologi ne osservarono in quei resti ma gli etologi non ne potevan dare conferma scientifica, così restò alfine parere degli psicologi che notarono degli studiosi emozioni corrispondenti a trucco di bestie ma senza poterne discernere; ciò sarebbe stato possibile ad etologi ma di fatto non lo poteva essere... Molti a contatto con tali resti rimanevano persuasi di intelligenze animali simili ad umane come non sarebbe mai realmente possibile e furono gli antropologi a potere studiare tale confusione ma ovviamente senza poterne studiare anche oggetto che causa di stessa confusione! Della ovvietà, non scientifica, per molti paleontologi, che fosse possibile esistenza di dinosauri anfibi in stesso evo contemporaneo, i biologi non potevano darne conferme e ciò pareva senza esserlo indizio di trasformazioni bestiali-umane le quali in realtà non sono mai possibili. Le illazioni a riguardo esistevano già prima delle nuove ricerche di Charles Darwin il quale ne diede, sotto sola apparenza per taluni contraria, fine accademica proprio studiando la 'non evolubità di alcune caratteristiche dei viventi cosiddetti "primati" detti scimmie'. Gli zoologi opportunamente classificavano per "primati" anche gli umani ma pure le grandi fiere quali leoni, tigri, coguari, orsi, ma di questa classificazione in molti ambienti non ne sanno perché usano definizione di "primate" traendola da metodi biologici senza sapere che ciascun metodo scientifico di scienza che procede per esperire non per esperimenti mutua definizioni da teoresi generali cui i metodi derivano; e le osservazioni zoologiche sui cetacei quali grandi foche o grandi lontre non incontrarono dovuto rispetto raddoppiando incomprensioni.
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

La ignoranza di confondere prassi della scienza ovvero metodo della scienza per i metodi usati da ricercatori di scienza che si avvalgono di scienze stesse quali biologia, psicologia, fisiologia e le altre di questo tipo, è di fatto disastrosa per la confusione che genera tra cultura scientifica e subcultura scientista. Purtoppo persiste in vasti ambienti civili un linguaggio antiquato secondo cui la fisica sarebbe scienza generale ma in realtà non esiste alcuna scienza generale e la scienza era generalmente fisica allorché di scienza solo una ne esisteva, la scienza fisica appunto! I confusionari oppure confusionisti mutuavano e mutuano proprio linguaggio dalla storia della filosofia, che fraintendono, supponendo che i primi filosofi detti "fisici" fossero aspiranti falliti scienziati. Tale confusione in Italia è supportata da ambienti che falsamente s'arrogano d'essere popolari e non solo popolari eredi della antica cultura della Magna Grecia ma che di fatto sono composti da moltitudini resesi ostili a tal passato e gravemente etnofobiche ai danni di Italia ed in particolare ai danni di Meridione di Italia. Non a caso le fobie connesse con la fantasia della trasformazione di bestialità in umanità, fsntasia non rispondente al vero, sono spesso anche etnofobie ai danni della grecità ed anche della grecità di stessa Italia ovvero non ellena. Il metodo evoluzionista non aveva offerto "teoria di anello mancante", questo era dato teorico ma morfologico e diversamente significante, non biologico, avendo dato invece tal metodo modo di scartare la ipotesi biologica di una determinante analogia tra scimmie ed umani, per cui le ricerche biologiche sulla umanità si volsero alla costruzione di terzo metodo, realizzato recentemente, che studia gli ambienti, per continuare progresso scientifico sulla biologia umana. Ma stessa biologia possedeva già dati teorici sulle distinzioni tra umanità e bestialità, però molti ne erano spaventati perché biologicamente non si mostrano tali distinzioni diversificazioni e questo è anche ovvio perché la biologia non è altro che studio generico della vita! Darwin stesso aveva auspicato terzo metodo biologico, anche per suo terrore e sua ripulsa nei confronti della subcultura che arbitrariamente considerava i segni della vita interamente naturale umana quali analogie zoologiche in realtà inesistenti. Denunciò negli ambienti medico-sanitari persistenza di tali false persuasioni subculturali, errori madornali secondo cui un uomo assai peloso o una donna con tanta peluria sarebbero persone mentalmente primitive e i retaggi psicologici sarebbero attardamenti di comprensioni mentali; pregiudizio colossale questo cui amava incorrere perfino il neurologo Freud, psicoanalista per mandato e mai applicatore di metodo scientifico psicologico di psicoanalisi ma solo detentore di tecnica psicoanalitica impartitagli da psichiatri che già ne usavano per proprie diagnosi. Di fatto la ricerca biologica condotta con metodo genetico compiva progressi sulla ereditarietà pervenendo a identificazione di ereditarietà uguale e permanente, che impropriamente è detta "teoria del gene egoista". Tali, piuttosto recenti, ricerche mostrarono assoluta fallacia della pretesa di usare metodo evoluzionista per trarne ipotesi e teorie su formazione biologica della umanità.

Ma si deve capire che la datità scientifica è ultimo atto della scienza, oltre cui ci sono le interpretazioni della filosofia, ermeneutiche, o del pensiero non rigoroso. Di fatto a dare motivi di riflessioni sulla nascita della umanità concorre il metodo biologico di ricerca sugli ambienti ma la scienza assolutamente non studia il passato stesso, neppure la paleontologia. A complicare le assurdità ovviamente erano e sono le pretese fallaci di usare interdisciplinarità per costruire ulteriori datità ed invece se ne può usare per catalogazioni soltanto.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Il metodo scientifico biologico detto "evoluzionismo" si basa su distinzioni e studi dell'evolversi di ciascuna vita distinta e non due né più assieme.

Inoltre tal evoluzionismo non è a disposizione della paleontologia, quest'ultima essendo una scienza separata. La biologia si limita a studiare evoluzioni delle forme viventi senza poter studiare forme stesse, essendo queste di competenza del morfologo, il quale a sua volta non ne studia la vitalità stessa. Il paleontologo studiando resti non più vitali dei viventi non ha a disposizione studio dei nessi con le vite originarie né con le rispettive forme. La zoologia, quale scienza che studia le relazioni vitali negli ambienti vitali, sarebbe maggiormente adeguata per lo scopo preteso e mai ottenuto da quei cosiddetti aspiranti interpreti appellati "evoluzionisti" anch'essi e che hanno cercato e cercano vanamente di trarre dal metodo biologico evoluzionista dati descrittivi intorno alla origine della umanità. La zoologia di fatto quale pensiero filosofico era già degli antichi greci; quale scienza si formò nella modernità attraverso le informazioni delle enciclopedie medioevali opportunamente vagliate filosoficamente, secondo il pensiero antico cronologicamente anteposto a nozioni contenute in studi medioevali su animali, ambienti di vita di animali, umani comparati ad animali; nel Medio Evo si faceva questa catalogazione fornendo informazioni indirette attraverso nozioni generali specialmente a scopo di aiutare le identificazioni notturne di bestie sconosciute o presenze umane impreviste e per questo si descrivevano anche gli ambienti vitali sia umani che non umani. Erano particolarmente ricercate testimonianze ed ipotesi su animali strani, meravigliosi, sconosciuti ed assai temibili, per difendere la permanenza umana in Europa, diffidata da alcune presenze animali non sconosciute e sconsigliata, secondo testimoni, da presenze animali sconosciute, ma parimenti ricercata da altre presenze animali, sia conosciute che sconosciute. In vasti e vari luoghi funestati da epidemie ed intristiti da penurie si era in fortissimo dubbio su un futuro umano in Europa e i sapienti invitavano molte comunità a valutare i dubbi comunicando con animali amici e usando prudenza con quelli non amici, ma di capire reali amicizie e di non confondere rimproveri giusti da parte di animali non razionali erano in pochissimi a poterne realmente. Era noto il giudizio di alcuni umani assai potenti in società, in guerra oppure in politica, su incontri improbabili per i più, con rettili giganti mutanti, della cui esistenza la scienza attuale fornisce studi su uguali animali piccoli ma con evidenti capacità di accrescersi a dismisura e funzionalità assai diverse e in certo senso non plausibili, quali emissioni di fiamme dalle fauci o saette dalle zanne. Prima di cotali modernissimi studi, pochissimo noti, le enciclopedie medioevali erano prive di alcun credito possibile presso maggioranza di studiosi delle comunità scientifiche moderne, i quali dubitarono un poco di tal assoluta disistima nell'imbattersi negli stranissimi animali del Nuovissimo Mondo. Prima di studiare ornitorinchi e canguri ed altre bestie parimenti strane od inusuali gli studiosi di scienze naturali quasi tutti sopravvalutavano funzione di ripartizioni da essi possedute. Di fatto l'evolversi di rettili mutanti offre illusione, per chi non ne comprendesse tutta distinzione da normali rettili, che il metodo biologico evoluzionista possa esser base di descrizioni, ma lo studio dell'evolversi dei rettili mutanti può fornire un quadro di insieme che corrisponde ai comportamenti animali di ciascun esemplare e questo è oggetto di studio della etologia, altra scienza separata, mentre i dati forniti dal metodo evoluzionista restano inspiegabili per limiti invalicabili del metodo stesso per il caso specifico; chi li tratta da riferimenti di etologia sbaglia e sbagliando suppone di poter considerare l'evoluzione biologica oggetto di studio teorico non pratico.
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In penultimo mio messaggio "fsntasia" sta per: fantasia. Riporto qui intero testo corretto:

La ignoranza di confondere prassi della scienza ovvero metodo della scienza per i metodi usati da ricercatori di scienza che si avvalgono di scienze stesse quali biologia, psicologia, fisiologia e le altre di questo tipo, è di fatto disastrosa per la confusione che genera tra cultura scientifica e subcultura scientista. Purtoppo persiste in vasti ambienti civili un linguaggio antiquato secondo cui la fisica sarebbe scienza generale ma in realtà non esiste alcuna scienza generale e la scienza era generalmente fisica allorché di scienza solo una ne esisteva, la scienza fisica appunto! I confusionari oppure confusionisti mutuavano e mutuano proprio linguaggio dalla storia della filosofia, che fraintendono, supponendo che i primi filosofi detti "fisici" fossero aspiranti falliti scienziati. Tale confusione in Italia è supportata da ambienti che falsamente s'arrogano d'essere popolari e non solo popolari eredi della antica cultura della Magna Grecia ma che di fatto sono composti da moltitudini resesi ostili a tal passato e gravemente etnofobiche ai danni di Italia ed in particolare ai danni di Meridione di Italia. Non a caso le fobie connesse con la fantasia della trasformazione di bestialità in umanità, fantasia non rispondente al vero, sono spesso anche etnofobie ai danni della grecità ed anche della grecità di stessa Italia ovvero non ellena. Il metodo evoluzionista non aveva offerto "teoria di anello mancante", questo era dato teorico ma morfologico e diversamente significante, non biologico, avendo dato invece tal metodo modo di scartare la ipotesi biologica di una determinante analogia tra scimmie ed umani, per cui le ricerche biologiche sulla umanità si volsero alla costruzione di terzo metodo, realizzato recentemente, che studia gli ambienti, per continuare progresso scientifico sulla biologia umana. Ma stessa biologia possedeva già dati teorici sulle distinzioni tra umanità e bestialità, però molti ne erano spaventati perché biologicamente non si mostrano tali distinzioni diversificazioni e questo è anche ovvio perché la biologia non è altro che studio generico della vita! Darwin stesso aveva auspicato terzo metodo biologico, anche per suo terrore e sua ripulsa nei confronti della subcultura che arbitrariamente considerava i segni della vita interamente naturale umana quali analogie zoologiche in realtà inesistenti. Denunciò negli ambienti medico-sanitari persistenza di tali false persuasioni subculturali, errori madornali secondo cui un uomo assai peloso o una donna con tanta peluria sarebbero persone mentalmente primitive e i retaggi psicologici sarebbero attardamenti di comprensioni mentali; pregiudizio colossale questo cui amava incorrere perfino il neurologo Freud, psicoanalista per mandato e mai applicatore di metodo scientifico psicologico di psicoanalisi ma solo detentore di tecnica psicoanalitica impartitagli da psichiatri che già ne usavano per proprie diagnosi. Di fatto la ricerca biologica condotta con metodo genetico compiva progressi sulla ereditarietà pervenendo a identificazione di ereditarietà uguale e permanente, che impropriamente è detta "teoria del gene egoista". Tali, piuttosto recenti, ricerche mostrarono assoluta fallacia della pretesa di usare metodo evoluzionista per trarne ipotesi e teorie su formazione biologica della umanità.

Ma si deve capire che la datità scientifica è ultimo atto della scienza, oltre cui ci sono le interpretazioni della filosofia, ermeneutiche, o del pensiero non rigoroso. Di fatto a dare motivi di riflessioni sulla nascita della umanità concorre il metodo biologico di ricerca sugli ambienti ma la scienza assolutamente non studia il passato stesso, neppure la paleontologia. A complicare le assurdità ovviamente erano e sono le pretese fallaci di usare interdisciplinarità per costruire ulteriori datità ed invece se ne può usare per catalogazioni soltanto.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :
...

Dunque a valutare seriamente i miei precedenti messaggi dovrebbe esser chiaro che certe elucubrazioni su saggezza, conoscenza, origini della umanità, destini della animalità, possono essere incluse in dibattito filosofico a scopo di individuare stesso procedere esclusivamente filosofico da commistioni ed evitare disastri derivanti da confusioni e neppure l'autoironia può dare adito ad inclusioni filodofiche di tali elucubrazioni. Potendo essere un procedere filosofico limitatissimo e attuato indirettamente, da non filosofo, è possibile che se ne trovi assieme ad erranza grave fino ad assurdità ma se la assurdità è totale allora quel procedere ne è estraneo ed assunto quale incompreso da stesso assuntore.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :

(...)
La psicologia analitica mostrando retaggi universali psichici comuni si riferisce a continuità ma di ricorrenze ed esclusivamente mentali; ma non è da tutti recepita così e abbondano illazioni per cui gli studi psicologici sulle illusioni delle immaginazioni di irreale ma presunta trasformazione uomo-bestia furono assai poco influenti ed invece erano assai interessanti e lo restano, fossero stati anche di sola psicologia non scientifica, ma così soltanto non è perché ve ne erano di specifici anche scientifici.

Io personalmente non incorsi mai in erranza su origini della umanità e consideravo la cosa sempre pensando a successioni di forme viventi e vivendo sin da piccolo tra intolleranze gravissime come tanti. Ricevetti regalo di libro con disegni di presunte inesistenti trasformazioni e i disegni erano graficamente inconsistenti o non dimostrativi e domandando su certe parti del testo ne scoprii che esso negava tali trasformazioni se coloro che intendevano leggendo comprendevano qualcosa. In questo agivo come fanno i gatti coi lettori di libri non essendo ancora capace di intendere le frasi complicate del libro e scrutavo solo altrui reazioni di lettori e lettrici. Alcune persone volendomi irridere, le rimandai con proposta, ovviamente non così complessamente formulata, di stabilire se i disegni fossero percepibili ugualmente da altri e come emotivamente vissuti; e ne ricevetti reazione curiosa. Di fatto era la stessa curiosità che promuoveva gli studi su impatti emotivi di siffate immagini di falsa origine scientifica, risultando che non si trovava una sola immagine, tra quelle ritenute simulazioni realistiche dai credenti nella trasformazione di bestialità in umanità, che potesse realmente rilasciare emozioni di tale presunto evento, che dunque non si mostrava reale!
Nelle scuole poi trovai intolleranze scientiste gravissime e non sempre si poteva manifestare proprio pensiero senza incorrere in aggressioni da malasanità. Di fatto da parte di noi non credenti ne "l'uomo-scimmia" si ripetevano senza assenso affermazioni altrui, vuotamente per autodifesa e per non farsi fraintendere dai saggi oppure si descriveva altrui stessa assurda credenza presentandola per una gran sciocchezza ma costringendo i violenti a distrarsi.

La credenza ne "l'uomo-scimmia" era assai nota negli ambienti della pirateria ed era nota la leggenda che i pirati una o rare volte riuscissero a punirla non tramite compresenza ravvicinata di cosiddetto cavalluccio marino né di altre creature marine simili a bestie terrestri ma con creatura marina analoga, prospetticamente simile a statua umana dotata di vesti e lunghissime maniche: ricevetti racconto da taluni di un prete cattolico dei "tempi andati" che persuasosi di proprie discendenze scimmiesche era stato ubriacato e chiuso in una grandissima botte piena non colma d'acqua e munita di oblò e con tale creatura dentro e che egli non volesse proprio finire di tentar di abbracciare la sua nonna ovviamente solo sognata non presente, fino a morirne quasi anche per le giuste difese dell'animale.
Ritengo che aneddoti così siano assai educativi ed assai degni di menzioni da parte di filosofi ben intenzionati.
I curiosi che da piccolo eccitai, ritornarono convinti che quelle immagini eran sciocche ma mi trattavan da bestia, recentemente provai a farli partire per musei orientali dove ritenevo vi fosser alcune statue antropomorfe fatte da salme poi 'spoglie' di animale marino quasi antropomorfo... Gli oggetti realmente antropomorfi potendo esser solo prodotti di stessa umanità, dunque si deve supporre di inviti umani a bestie a morire sembrando più simili... !

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio messaggio di 13 giugno 2019 14:25 'non evolubità' sta per: non evolubilità.
Reinvio testo completo corretto:


Darwin ed ateismo sono una relazione arbitraria spesso indebita.

Chi, senza rigorosità di scienza, valutava dati del metodo evoluzionista trascurando il metodo genetico, si era illuso di aver identificato la materia vivente universale e di poter descrivere la storia della vita sul Pianeta Terra, tale illusione costituendo inganno per vasti ambienti scientifici secondo coincidenze che in pochissimi intuirono dipendenti da intromissioni animali: proprio scherzi e plagi di scimmie, beffe di animali acquatici, ma anche resti di dinosauri da stesse bestie morenti lasciati secondo strategia illusoria di superintelligenze inesistenti... A riguardo fu reso noto studio sui resti dei dinosauri cosiddetti "velociraptor", trovati imprigionati da fango improvvisamente letale in atto estroflesso, oppositivo a forza del fango e non secondante snodabilità propria del sistema osseo. Gli etologi conoscevano tali trucchi nei rettili contemporanei, i paleontologi ne osservarono in quei resti ma gli etologi non ne potevan dare conferma scientifica, così restò alfine parere degli psicologi che notarono degli studiosi emozioni corrispondenti a trucco di bestie ma senza poterne discernere; ciò sarebbe stato possibile ad etologi ma di fatto non lo poteva essere... Molti a contatto con tali resti rimanevano persuasi di intelligenze animali simili ad umane come non sarebbe mai realmente possibile e furono gli antropologi a potere studiare tale confusione ma ovviamente senza poterne studiare anche oggetto che causa di stessa confusione! Della ovvietà, non scientifica, per molti paleontologi, che fosse possibile esistenza di dinosauri anfibi in stesso evo contemporaneo, i biologi non potevano darne conferme e ciò pareva senza esserlo indizio di trasformazioni bestiali-umane le quali in realtà non sono mai possibili. Le illazioni a riguardo esistevano già prima delle nuove ricerche di Charles Darwin il quale ne diede, sotto sola apparenza per taluni contraria, fine accademica proprio studiando la 'non evolubilità di alcune caratteristiche dei viventi cosiddetti "primati" detti scimmie'. Gli zoologi opportunamente classificavano per "primati" anche gli umani ma pure le grandi fiere quali leoni, tigri, coguari, orsi, ma di questa classificazione in molti ambienti non ne sanno perché usano definizione di "primate" traendola da metodi biologici senza sapere che ciascun metodo scientifico di scienza che procede per esperire non per esperimenti mutua definizioni da teoresi generali cui i metodi derivano; e le osservazioni zoologiche sui cetacei quali grandi foche o grandi lontre non incontrarono dovuto rispetto raddoppiando incomprensioni.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

La ignoranza di confondere prassi della scienza ovvero metodo della scienza per i metodi usati da ricercatori di scienza che si avvalgono di scienze stesse quali biologia, psicologia, fisiologia e le altre di questo tipo, è di fatto disastrosa per la confusione che genera tra cultura scientifica e subcultura scientista. Purtoppo persiste in vasti ambienti civili un linguaggio antiquato secondo cui la fisica sarebbe scienza generale ma in realtà non esiste alcuna scienza generale e la scienza era generalmente fisica allorché di scienza solo una ne esisteva, la scienza fisica appunto! I confusionari oppure confusionisti mutuavano e mutuano proprio linguaggio dalla storia della filosofia, che fraintendono, supponendo che i primi filosofi detti "fisici" fossero aspiranti falliti scienziati. Tale confusione in Italia è supportata da ambienti che falsamente s'arrogano d'essere popolari e non solo popolari eredi della antica cultura della Magna Grecia ma che di fatto sono composti da moltitudini resesi ostili a tal passato e gravemente etnofobiche ai danni di Italia ed in particolare ai danni di Meridione di Italia. Non a caso le fobie connesse con la fantasia della trasformazione di bestialità in umanità, fantasia non rispondente al vero, sono spesso anche etnofobie ai danni della grecità ed anche della grecità di stessa Italia ovvero non ellena. Il metodo evoluzionista non aveva offerto "teoria di anello mancante", questo era dato teorico ma morfologico e diversamente significante, non biologico, avendo dato invece tal metodo modo di scartare la ipotesi biologica di una determinante analogia tra scimmie ed umani, per cui le ricerche biologiche sulla umanità si volsero alla costruzione di terzo metodo, realizzato recentemente, che studia gli ambienti, per continuare progresso scientifico sulla biologia umana. Ma stessa biologia possedeva già dati teorici sulle distinzioni tra umanità e bestialità, però molti ne erano spaventati perché biologicamente non si mostrano tali distinzioni diversificazioni e questo è anche ovvio perché la biologia non è altro che studio generico della vita! Darwin stesso aveva auspicato terzo metodo biologico, anche per suo terrore e sua ripulsa nei confronti della subcultura che arbitrariamente considerava i segni della vita interamente naturale umana quali analogie zoologiche in realtà inesistenti. Denunciò negli ambienti medico-sanitari persistenza di tali false persuasioni subculturali, errori madornali secondo cui un uomo assai peloso o una donna con tanta peluria sarebbero persone mentalmente primitive e i retaggi psicologici sarebbero attardamenti di comprensioni mentali; pregiudizio colossale questo cui amava incorrere perfino il neurologo Freud, psicoanalista per mandato e mai applicatore di metodo scientifico psicologico di psicoanalisi ma solo detentore di tecnica psicoanalitica impartitagli da psichiatri che già ne usavano per proprie diagnosi. Di fatto la ricerca biologica condotta con metodo genetico compiva progressi sulla ereditarietà pervenendo a identificazione di ereditarietà uguale e permanente, che impropriamente è detta "teoria del gene egoista". Tali, piuttosto recenti, ricerche mostrarono assoluta fallacia della pretesa di usare metodo evoluzionista per trarne ipotesi e teorie su formazione biologica della umanità.

Ma si deve capire che la datità scientifica è ultimo atto della scienza, oltre cui ci sono le interpretazioni della filosofia, ermeneutiche, o del pensiero non rigoroso. Di fatto a dare motivi di riflessioni sulla nascita della umanità concorre il metodo biologico di ricerca sugli ambienti ma la scienza assolutamente non studia il passato stesso, neppure la paleontologia. A complicare le assurdità ovviamente erano e sono le pretese fallaci di usare interdisciplinarità per costruire ulteriori datità ed invece se ne può usare per catalogazioni soltanto.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Sono spiacente per gli inconvenienti di scrittura accaduti ancora anche a causa del pessimo rapporto di ostili non solo a miei messaggi ma anche al clima del Nord del Mondo e costoro davvero troppo amichevoli coi giri restanti delle polveri residue di scorse e finite per sempre perturbazioni di caldi africani.

Internet non è una libreria ma acquisizione dati e basti ultimo invio anziché superfatiche mosse da sbalorditivi e davvero troppo empi tediatori. Lo scrivo a tutela di altrui sincera lettura.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Specifico riguardo a mio messaggio precedente che per cetaceo, cetacei, si intendono zoologicamente funzionabilità, funzionalità, funzioni, e dunque essendo per esempio le lontre cetacei quanto a funzionabilità, le foche quanto a funzionalità. Di classe animale specifica ed esclusiva di cetacei non se ne è avuta mai definizione scientifica perché i mammiferi cetacei del tutto acquatici sono assai differenti per specie ed a volte non distinguibili zoologicamente da alcuni pesci detti squali particolarmente adattati anche al contatto con l'aria e soprattutto perché i vari cetacei quali delfini, balene, orche, narvali, sono tanto differenti tra varietà stesse da non consentire univoca determinazione se non per stessa varietà individuata; per questo a rigor di regola "cetaceo" è appellativo anche di lontre, foche e altri animali, simili, quali castori e trichechi ed altri.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Riporto mio testo precedente di 13 giugno 2019 15:52 però corretto, dove 'filodofiche' stava per: filosofiche:


MAURO PASTORE :
...

Dunque a valutare seriamente i miei precedenti messaggi dovrebbe esser chiaro che certe elucubrazioni su saggezza, conoscenza, origini della umanità, destini della animalità, possono essere incluse in dibattito filosofico a scopo di individuare stesso procedere esclusivamente filosofico da commistioni ed evitare disastri derivanti da confusioni e neppure l'autoironia può dare adito ad inclusioni filosofiche di tali elucubrazioni. Potendo essere un procedere filosofico limitatissimo e attuato indirettamente, da non filosofo, è possibile che se ne trovi assieme ad erranza grave fino ad assurdità ma se la assurdità è totale allora quel procedere ne è estraneo ed assunto quale incompreso da stesso assuntore.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Devo ribadire che sono spiacente per gli inconvenienti di scrittura accaduti ancora anche a causa del pessimo rapporto di ostili non solo a miei messaggi ma anche al clima del Nord del Mondo e costoro davvero troppo amichevoli coi giri restanti delle polveri residue di scorse e finite per sempre perturbazioni di caldi africani.

Internet non è una libreria ma acquisizione dati e basti ultimo invio anziché superfatiche mosse da sbalorditivi e davvero troppo empi tediatori. Lo scrivo a tutela di altrui sincera lettura.

MAURO PASTORE