lunedì 18 marzo 2013

Caputo, Annalisa, Bracco, Michele (a cura di), Nietzsche e la poesia

Bari, Stilo, 2012, pp. 223, euro 20, ISBN 978-88-6479-059-6

Recensione di Giacomo Borbone - 04/10/2012

Il volume collettaneo che qui presentiamo, curato da Annalisa Caputo (ricercatrice presso la cattedra di Ermeneutica filosofica del Dipartimento di Filosofia, Letteratura, Storia e Scienze sociali dell’Università degli Studi di Bari) e da Michele Bracco (docente di ruolo di Filosofia e Storia nel liceo classico e linguistico “C. Sylos” di Bitonto), affronta un tema molto presente all’interno degli studi sul pensiero di Friedrich Nietzsche, ossia il rapporto tra il filosofo tedesco e la poesia. I contributi presenti nel volume, tuttavia, non si limitano a prendere in esame il mero intreccio tra estetica e filosofia nietzschiana 

(tematica fin troppo trattata e troppo sistematica per un volume di tal fatta); semmai essi indagano i vari sensi che poesia e filosofia assumono all’interno della riflessione del filosofo.  
Apre il volume il saggio di Annalisa Caputo, intitolato I rintocchi del dolore e il sigillo del canto. Appunti sulla poetica nietzschiana. L’Autrice, all’inizio del saggio, riporta alcuni passi di Cosi parlò Zarathustra, presenti “alla fine del penultimo Canto della penultima parte: tra La seconda canzone di danza e Il canto del sì e dell’amen: i sette sigilli” (p. 25). In questo suo contributo la Caputo mette in evidenza la predilezione nietzschiana per il canto, piuttosto che per la poesia; difatti il filosofo, a proposito dei propri componimenti, non parla di vera e propria poesia (cioè Dichtung o al limite Poesie), bensì adopera il termine tedesco Lied o Gesang, cioè canto. Secondo la Caputo ciò avviene “perché quella di Nietzsche non vuole essere una mera Dichtung, che con tiepidi e leggeri colpi di polpastrelli accarezza la crosta delle cose, ma vuole essere ‘passione dei suoni’, là dove non deve sfuggire […] il duplice senso di questa passione, primo: eccesso, fuoco, intensità, mai medietà, sempre movimento, danza, slancio, ebbrezza. E secondo: scavando nel senso etimologico greco/italiano, passione come pathos, sofferenza; senso chiaro anche nell’assonanza tedesca Lied/Leiden (soffrire)” (pp. 34-35). Per quale motivo? Il Lied è caratterizzato da un intreccio tra musica e parole laddove, invece, la poesia e la filosofia sono accomunate da un limite; difatti, se quello della poesia è l’arpeggio di superficie, “che perde il peso del senso e del valore delle parole/scavo, delle parole/domanda, delle parole/pensiero” (p. 36), quello della filosofia è costituito dalla a-musicalità. Il Lied, invece, come scrive la Caputo, “è “oltre” entrambi” (ibidem). Pertanto, secondo l’Autrice, lo scopo di Nietzsche consisterebbe nel raggiungimento di una oltre-poesia, cioè una Über-Dichtung analoga allo Übermensch.
L’intreccio tra poesia e ritmo è invece oggetto del saggio di Michele Bracco intitolato La poesia, il ritmo, il corpo. A detta di Bracco l’interesse di Nietzsche per la poesia e per il ritmo è rinvenibile nelle sue lezioni sulla storia della letteratura greca tenute all’Università di Basilea a cavallo tra il 1875 ed il 1876. In quelle lezioni Nietzsche spiega l’origine della letteratura greca “a partire dalla sua relazione col ritmo” (p. 77), il quale possiede “una forza magica in grado di piegare la volontà degli esseri umani, nonché quella degli dèi” (ibidem). Per spiegare il senso che il ritmo assunse all’interno della Grecia classica, Bracco ricorre a due differenti interpretazioni: quella fornita da Werner Jaeger e quella fornita da Èmile Benveniste. Mentre secondo Jaeger il rythmos avrebbe a che fare non tanto col movimento e col divenire, quanto piuttosto con il “vincolo” e con la “stabilità” (p. 91), Benveniste, invece, “preferisce interpretare il significato di rythmos ponendolo a confronto con la parola schema, impiegata da Aristotele come sinonimo di ritmo e utilizzata per semplificare la concezione materialistica degli Atomisti, i quali consideravano gli atomi come lettere dell’alfabeto che, unendosi tra di loro secondo innumerevoli combinazioni, davano origine alle parole e alle proposizioni” (p. 92). Nietzsche mostra di apprezzare la concezione greca del ritmo perché quest’ultima “si basava essenzialmente sulla quantità di tempo piuttosto che sulla intensità sonora” (p. 99), mentre quella moderna, che Nietzsche definì barbarico-germanica, “concepisce il ritmo come una successione di variazioni puramente emotive prodotte attraverso l’uso degli accenti e del volume delle parole” (p. 100).
Segue il saggio di Gemma Adesso L’immagine muta. Tra Nietzsche e Campana, col quale vengono messi a confronto due autori (il Nietzsche-filosofo e il Campana-poeta) apparentemente molto distanti. Secondo Gemma Adesso non si tratta tanto di “ricostruire in maniera storiografica il rapporto Campana/Nietzsche, quanto piuttosto mostrare come, in entrambi, il linguaggio della filosofia e quello della poesia si confondano” (p. 121). 
Un altro saggio dedicato al rapporto tra filosofia e poesia è quello di Francesca Avelluto, intitolato La voce di Nietzsche in Pessoa. Decostruzionismo e Neopaganesimo portoghese, col quale la Avelluto pone il luce non pochi temi nietzschiani presenti nella poetica del portoghese Fernando Pessoa.
Chiude il volume il saggio di Eleonora Palmentura, Il “Nietzsche di Gadamer” e il dramma del finito. Com’è noto, Gadamer non è mai stato uno specialista del pensiero di Nietzsche, ciononostante quest’ultimo riaffiora continuamente all’interno della riflessione dell’autore di Verità e metodo. Ma chi è il Nietzsche di Gadamer? Secondo la Palmentura è quello del dramma del finito, poiché è proprio “la finitezza, infatti, a nostro avviso, il concetto chiave che lega le domande dei due pensatori” (p. 221). Tuttavia la strada battuta dai due autori è diversa, poiché se Nietzsche “come un viandante […] cammina errando e rinuncia alla Verità proprio per non fermarla e perderla, Gadamer supera questo vortice in cui ritiene che, non essendoci più il vero, si perda anche il senso dell’uomo. Volere e dire sì al limite, per Gadamer, non è gettarsi nell’abisso del nichilismo, ma rischiare nonostante tutto di cercare la verità e di corrispondere, ancora, alla domanda che ci è propria, perché è la domanda sul senso dell’esistenza che fa da lanterna al nostro vagabondare” (ibidem). 
Questo volume, in definitiva, tocca un tema, presente all’interno della letteratura su Nietzsche, apparentemente scontato, cioè la poesia, ma il merito dei saggi contenuti in questo libro consiste invece nell’aver approfondito, in maniera originale e ben documentata, i vari sensi che poesia e filosofia assumono all’interno della riflessione nietzschiana, fornendo in tal fatta stimolanti punti speculativi per ulteriori studi e riflessioni intorno all’opera del pensatore tedesco.  
      

Indice

La Nietzsche-Haus di Valerio Adami. Una nota (di colore) (Michele Bracco)

Sull’avvenire delle nostre università. Considerazioni attuali (Annalisa Caputo)

I rintocchi del dolore e il sigillo del canto. Appunti sulla poetica nitzscheana (Annalisa Caputo)

La poesia, il ritmo, il corpo (Michele Bracco)

L’immagine muta. Tra Nietzsche e Campana  (Gemma Adesso)

La voce di Nietzsche in Pessoa. Decostruzionismo e Neopaganesimo portoghese (Francesca Avelluto)

Il “Nietzsche di Gadamer” e il dramma del finito (Eleonora Palmentura)

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