lunedì 15 aprile 2013

Cecchetto, Francesca, Distruggere e costruire. Heidegger e Cassirer a Davos

Padova, Il Poligrafo, 2012, pp. 254, euro 23, ISBN: 978-88-7115-785-6.

Recensione di Diego D'Angelo - 07/11/2012

Il libro di Francesca Cecchetto Distruggere e costruire. Heidegger e Cassirer a Davos indaga in profondità un particolare momento all'interno della storia della filosofia contemporanea, il quale però, a causa delle sue vaste implicazioni teoretiche, 

non può essere relegato al rango di curiosità storiografica. Convenuti nel marzo e nell'aprile del 1929 a Davos, località del Cantone dei Grigioni già carica di significati in rapporto a Thomas Mann, come nota l'autrice (p. 13), due dei massimi filosofi del Novecento, Martin Heidegger e Ernst Cassirer, si incontrano aprendo un dialogo che a ragione viene definito “emblematico” (ibid.) sia di un periodo storico, sia del confronto, tutto interno alla riflessione filosofica, tra l'ermeneutica (o, più precisamente, l'analitica dell'esserci) e il neokantismo.
L'indagine dell'autrice si sofferma però solo brevemente a tracciare le coordinate storiche entro cui il dibattito di Davos si inserisce, per concentrare immediatamente la propria attenzione sul suo nucleo prettamente teoretico in questione. Distruggere e costruire inquadra il confronto con coerenza e pregnanza all'interno di un colpo d'occhio più generale sulla filosofia heideggeriana di quegli anni e sulle posizioni di Cassirer. Lasciando infatti da parte una lettura “esclusivamente storica” (p. 18), incapace di “rendere conto delle potenzialità genuinamente filosofiche che tale dibattito possiede” (ibid.), il testo passa in rassegna alcune delle interpretazioni che emergono dalla letteratura secondaria, per dedicarsi però poi immediatamente a una riconsiderazione delle varie fonti che è possibile reperire a proposito degli eventi di Davos. In proposito l'autrice considera sia testi originali (apparsi ora in edizione tedesca in appendice al terzo volume della “Gesamtausgabe” di Heidegger, Kant und das Problem der Metaphysik, Klostermann, Frankfurt am Main 1990, in particolare pp. 255-311) che resoconti di seconda mano dell'avvenimento, per determinare la portata squisitamente teoretica del dibattito. 
Riferimento costante del lavoro di Francesca Cecchetto è, come ovvio, Kant, non solo per le posizioni cassireriane, che in Kant trovano il loro punto di partenza, ma anche per Heidegger, il quale ha appena pubblicato Kant e il Problema della Metafisica, proponendo un'interpretazione della Critica della ragione pura che la inquadra in un approccio metafisico e ontologico piuttosto che gnoseologico. I
L'originalità fondamentale del testo sta nell'individuazione di tre punti focali attorno a cui orientare un'interpretazione dei testi: dapprima, la questione dell'uomo (p. 23), come domanda fondamentale che i due filosofi cercano di problematizzare; in seguito, l'articolazione di questa questione sulla scorta di una struttura eristica precisa, quella fornita alla coppia terminus a quo e terminus ad quem (peraltro già presente nel testo stesso della discussione); in terzo luogo, e dal punto di vista del metodo filosofico seguito, la sovrapposizione a questa coppia concettuale della dicotomia tra distruzione e costruzione. 
Se infatti per Heidegger si tratta di distruggere le interpretazioni già stabilite della quotidianità per trovare l'uomo come esserci, ridotto a “pura essenza dell'essere umano” (p. 235; su questo tema si veda anche p. 144), riscoprendo così l'originario rapporto tra l'uomo e il mondo, in Cassirer assistiamo alla “costruzione” mediante Sinngebung di forme simboliche, in cui l'uomo deve entrare per poter dispiegare le possibilità del “mondo dello spirito”, cioè della cultura come tale. Terminus a quo e terminus ad quem sono di volta in volta invertiti: Heidegger parte dalla totalità delle interpretazioni quotidiane per scavare fino all'uomo nell'immediatezza del suo rapporto col mondo (esserci come essere-nel-mondo), mentre Cassirer parte dall'uomo nella sua animalità (animal symbolicum) per costruirgli attorno, se così si può dire, il mondo delle forme simboliche.
Che però una tale elaborazione dicotomica sia problematica non sfugge all'autrice. In Heidegger la dimensione della quotidianità e dell'utilizzabile (Zuhandenheit) non è una dimensione più originaria rispetto a quella in cui ci muoviamo con le nostre interpretazioni; noi abbiamo già da sempre interpretato, l'interpretazione (Auslegung) è uno degli esistenziali dell'In-Sein dell'esserci. È questo un aspetto che l'autrice tende a mettere in secondo piano, e che invece rivelerebbe proprio una certa vicinanza a Cassirer, il quale, come questa volta invece emerge chiaramente dalle pagine di Distruggere e costruire, non vede nell'uomo come animal un punto di partenza a-teoretico e lontano da qualsiasi simbolizzazione, ma lo prende come il risultato di un'astrazione che parte proprio da queste forme simboliche. L'animalitas dell'uomo è dunque un risultato massimamente teoretico, tutt'altro che “naturale” (cfr. per la critica heideggeriana a questo “punto di partenza” e per una sua discussione generale pp. 156 e ss.; a pp. 168s. si mette in evidenza la mancanza di univocità della posizione cassireriana sul tema). 
Solo al prezzo di una certa superficialità si può dunque contrapporre l'insistenza cassireriana sulla cultura come prodotto della tradizione con la “distruzione” heideggeriana: la stessa distruzione avviene nella tradizione e a partire dalla tradizione, non alla ricerca di un terreno che si suppone non-interpretato, ma verso quelle interpretazioni fondamentali che devono già sempre essere avvenute in quanto articolano il mondo in cui l'esserci si trova. Rimane comunque senz'altro vero quanto dice l'autrice dando un inquadramento generale della questione: “mentre Heidegger è impegnato a far emergere la radice delle difficoltà che la filosofia eredita dalla tradizione e, in questa messa in luce, si evidenziano anche le assunzioni che le hanno prodotte, in Cassirer esse vengono […] in un certo senso mantenute, anche se depotenziate nella loro carica problematica” (p. 82).
Al di là di queste contrapposizioni, che per quanto sviluppate con coerenza e attenzione rischiano di appiattire le posizioni di entrambi gli autori (cosa in qualche modo facilitata da una certa vis polemica presente nel dibattito stesso, soprattutto da parte di Heidegger), Distruggere e costruire non fornisce solo un'acuta analisi di alcuni temi portanti che emergono nel confronto, quali il tema della libertà, della tradizione, della lettura – gnoseologica da un lato, ontologica e metafisica dall'altro – della Critica della ragion pura, ma riesce anche ad indagare a fondo alcuni aspetti centrali delle filosofie di entrambi gli autori. Particolarmente lodevole la focalizzazione dell'argomentazione, per quanto riguarda la sezione su Heidegger, sulla produzione del periodo tra Essere e tempo (1927) e i primi anni Trenta, dove il filosofo di Meßkirch problematizza radicalmente le sue posizioni soprattutto in alcuni corsi tenuti alle università di Friburgo e di Marburgo, corsi che sono stati finora scarsamente recepiti dalla critica italiana.
Molto spazio è dedicato coerentemente anche alle critiche reciproche che i due autori avanzano non solo nel dibattito stesso, ma anche in alcuni testi successivi (in recensioni o riferimenti più o meno impliciti interni alle opere stesse dei due). E, come detto, nelle critiche un aspetto fondamentale è rappresentato dalla questione della tradizione: Heidegger cerca, sia nei confronti di Kant che di Cassirer, di mettere in evidenza i punti in cui la concezione filosofica proposta rimane legata ad una comprensione dell'uomo (e dell'essere soprattutto) ancora metafisica nel senso negativo del termine, ad esempio nella considerazione cassireriana dell'oggettività come elemento fondamentale di una forma simbolica, là dove invece per Heidegger essa è solo un modo difettivo dell'utilizzabilità. In Cassirer sarebbe presente il problema della semplice-presenza (Vorhandenheit) in tre forme distorsive: come guida dell'autointerpretazione dell'esserci, come guida dell'interpretazione degli enti intramondani, e come guida dell'idea stessa di interpretazione (p. 99). E che sia così in Cassirer è ovvio, poiché egli dal canto suo oltre a sottolineare la centralità della semplice-presenza, la considera “un'acquisizione del linguaggio e del pensiero che sancisce l'abbandono della sfera mitica” (ibid., si veda anche p. 102 per una valutazione positiva del concetto di “distanza” teoretica e p. 153). Se nella valutazione della semplice-presenza contrapposta all'utilizzabilità, dunque, i due filosofi discordano, essi hanno d'altra parte certamente in comune la diagnosi circa i due modi eminenti del darsi dell'ente. 
Cassirer critica invece apertamente la concezione heideggeriana del “Si”: la sfera pubblica è infatti “il luogo in cui le possibilità vengono aperte” (p. 71), e non ha quell'aspetto negativo che è invece presente nell'interpretazione di Heidegger. La dimensione culturale, che è ovviamente comune, non può essere eliminata, per Cassirer, poiché è in essa che sorge il senso, e non nel solipsismo dell'esserci (p. 72). Un ulteriore elemento problematico della filosofia cassireriana sarebbe secondo Heidegger la stessa definizione dell'uomo come animal symbolicum, che “non farebbe altro che riconfermare” la formula dell'animal rationale (p. 93), laddove però l'uomo cassireriano, che partecipa al mondo simbolico (trovandocisi già sempre dentro) ma al contempo lo forma nel linguaggio e nella cultura in generale (cfr. p. 46), ricorda certamente più da vicino il circolo ermeneutico di Essere e tempo che non l'interpretazione statica fornita dalla metafisica tradizionale. Ma, come detto, nel dibattito – nonostante una certa disponibilità da parte di Cassirer a fare proprie, con una apertura notevole, le posizioni dell'altro (cfr. pp.  151-152) – emergono soprattutto i punti di contrasto e le concordanze teoretiche invece comunque tendono a scivolare in secondo piano. Nel senso di Cassirer, comunque, l'uomo si determina come terminus ad quem: esso è il compito posto alla filosofia della cultura, la quale deve tematizzare il suo divenir-uomo (Menschwerdung), mentre esso sarebbe in Heidegger il punto di partenza (a quo) per qualsiasi riflessione ontologica, in quanto quell'ente che comprende l'essere (p. 235). 
Nello schizzare contraddizioni e punti di contatto senza perdere di vista la struttura concettuale generale cui tali posizioni appartengono, Francesca Cecchetto interpreta dunque con sottigliezza e approfondimento teoretico un insieme di problemi di tutt'altro che facile inquadramento. Dalla lettura emerge con particolare evidenza la consapevolezza delle difficoltà dell'impresa, espressa chiaramente nella chiusura del libro, là dove in poche righe, oltre al carattere necessariamente “provvisorio” di ogni interpretazione del confronto tra Cassirer e Heidegger, ne viene anche indicata l'attualità, non solo sul piano puramente teoretico, ma anche nelle sue possibili implicazione etico-politiche.


Indice

Presentazione di Gian Luigi Paltrinieri
1. IL DIBATTITO DI DAVOS
1. Il dibattito di Davos. Interpretazioni a confronto
2. I temi presenti nel dibattito di Davos
3. Terminus a quo e terminus ad quem. Aspetti della questione
4. Il tema della libertà

1. HEIDEGGER
1. Distruzione
1. Le interpretazioni che ci guidano
2. Critica di Cassirer al Si (Man)
3. Conseguenze della semplice-presenza (Vorhandenheit)
4. Dall'intenzionalità alla trascendenza. Critiche a Husserl, Scheler e Cassirer
5. Cassirer e la semplice-presenza. La critica di Heidegger al pensiero di         Cassirer
1. La strategia della distruzione
1. L'esistenza dell'Esserci. Gettato progetto
2. L'isolamento (Vereinzelung)
3. L'isolamento metafisico (metaphysische Isolierung). Trascendenza e finitezza
4. Temporalità dell'Esserci e temporalità dell'essere
5. Origine e temporalità
1. Esserci e libertà
1. Temporalità e libertà
2. Heidegger a Davos

1. CASSIRER
1. Il compito della Filosofia delle forme simboliche
2. Il problema del terminus a quo. Dal paradiso dell'immediatezza alla cultura
1. Animalità e umanità
2. La mediatezza dell'esistenza quotidiana
3. Lo strumento: the new method of life
4. Vita quotidiana come risultato del complesso delle forme simboliche
1. Antropogonia e fenomenologia del concetto di “cosa”
1. Was ist Subjektivismus?
2. Mondo simbolico. Struttura complessa e differenti funzioni
3. Il mito
4. Il linguaggio. Distinzione tra soggetto e oggetto e critica all'utilizzabilità
5. Il superamento del concetto di “cosa”
6. Il processo di autoliberazione

1. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Bibliografia
Indice dei nomi

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