mercoledì 3 aprile 2013

Gabriel, Markus, Il senso dell’esistenza. Per un nuovo realismo ontologico

Roma, Carocci, 2012, pp. 162, euro 15,50, ISBN 978-88-430-6505-9

Recensione di Maria Giulia Bernardini - 08/09/2012

Il libro di Markus Gabriel, giovane e brillante professore di filosofia all’Università di Bonn, si inserisce all’interno del dibattito sul cosiddetto “nuovo realismo”, che di recente ha interessato il panorama italiano ed estero, e vede confrontarsi principalmente vetero-postmoderni (come Vattimo e Rovatti) e nuovi realisti (come Ferraris). Una prova dell’importanza (e/o dell’attualità) che il tema riveste anche in Italia si può ricavare, ad esempio, dal confronto tra intellettuali ospitato sulle pagine di Repubblica e subito ripreso, 

talvolta con toni fortemente critici, anche su riviste come MicroMega. Qui, nella sua versione on line, oltre a riportare le parole di Severino sul Corriere della Sera del 31 agosto 2011 – dalle quali emerge come per il filosofo il nuovo realismo non faccia altro che riproporre un vecchio e millenario dibattito senza alcuna proposta teorica significativa – si ospitano anche altri articoli sul tema, talvolta particolarmente taglienti, come quello di d’Agostini che apre il proprio contributo con la valutazione per la quale, a suo parere, il dibattito sul “new realism” soffre dell’«assenza di filosofia» (cfr. F. d’Agostini, Che cosa c’è dietro il nuovo realismo?, 28 agosto 2011), per poi concludere lapidariamente affermando che «Spacciare per filosofia un sociologismo superficiale, che spara con furbizia etichette di comodo, è a mio avviso l’errore di fondo. Credo che Vattimo, e Ferraris, sappiano fare di meglio. O no?». Senza dimenticare vari importanti contributi, tra i quali quelli di Flores d’Arcais (Per farla finita con il postmoderno, 26 agosto 2011), Rovatti (L’idolatria dei fatti, 26 agosto 2011), Pellizzetti (Baruffe torinesi su favole e verità, 25 agosto 2011) o il dibattito tra Vattimo e Ferraris (L’addio al pensiero che divide i filosofi, 19 agosto 2011), nonché i (rari) interventi a favore del “nuovo realismo” (Bojanic, Perché serve una prospettiva diversa, 26 agosto 2011). Questo dibattito ha visto in seguito, in Italia, anche la partecipazione di Eco (Ci sono delle cose che non si possono dire, in alfabeta2, 16 marzo 2012), e si è via via arricchito anche sul piano giornalistico: da l’Avvenire al Foglio, da Il Riformista al Fatto Quotidiano, senza dimenticare La Stampa, Liberazione e L’Unità (oltre a numerose altre testate giornalistiche), i grandi nomi del panorama filosofico e della comunicazione italiano si sono confrontati sul tema, che sembra alludere al (definitivo? reale?) superamento del postmoderno. L’importanza della (pretesa?) svolta sarebbe testimoniata anche dal fatto che nel novembre 2011 a New York si è tenuto, proprio su iniziativa di Ferraris, un convegno sul tema, seguito dalla conferenza internazionale del marzo 2012, a Bonn. Del resto, il “problema” è serio, se il prestigioso mensile britannico Prospect, nel luglio 2011, ha ospitato un lungo articolo intitolato Postmodernism is dead. Nel sottotitolo l’autore, Edward Docx, si chiede che cos’era di preciso il postmoderno (una domanda che, a dire il vero, sembra destinata a rimanere senza risposta: rintracciare una matrice unitaria della filosofia postmoderna, al di là della denuncia della fine delle “Grandi narrazioni”, è forse impresa vana) e, soprattutto, cosa verrà dopo. Sembra che “dopo” venga il “nuovo realismo”. E il Manifesto del Nuovo Realismo di Ferraris (Laterza, Roma-Bari, 2012) sembra avere ottenuto il pieno accreditamento in campo filosofico, a dispetto delle feroci e talvolta irriverenti critiche (come quella di Sini sulle pagine di affaritaliani.it).
Il testo di Gabriel si inserisce proprio all’interno di questo dibattito. 
Come si evince dalla presentazione di Ferraris, il nuovo realismo si presenta come erede del postmoderno, e al contempo come sua correzione, stanti le derive costruzionistische e discorsive di quest’ultimo. Se il postmoderno ha avuto il merito di dire addio alle grandi narrazioni e di svelare i meccanismi di potere che governano la società, ha tuttavia anche virato decisamente verso un relativismo spinto, che si è tradotto in nichilismo, laddove la celebre frase nietzscheiana “non ci sono fatti, solo interpretazioni” è stata intesa fino a dissolvere la realtà. Anche se questa lettura del pensiero postmoderno mi sembra alquanto semplificante e semplicistica, tuttavia non si può non ammettere che la ricezione del postmoderno che tradizionalmente circola tra i suoi detrattori sia caratterizzata proprio dal dissolvimento dell’oggetto, stante la molteplicità delle interpretazioni che si possono dare, sia dei fatti, sia dei valori. E il nuovo realismo si propone proprio di conservare le istanze emancipative postmoderne, evitandone però l’esito ultimo, laddove dichiara guerra alla realtà poiché non solo una Verità, ma anche le molteplici verità (con la “v” minuscola) sono considerate inesistenti. Per dirla con Ferraris, insomma, «[è] sacrosanto decostruire: in natura non esistono i granduchi, i padri-padroni e gli angeli del focolare, essi sono socialmente costruiti. Ma questo non significa che tutto sia socialmente costruito» (p. 9).
Le premesse da cui parte il nuovo realismo, quindi, sono molto incoraggianti: apparentemente si tratta di una proposta sostanzialmente mediana tra naturalismo e costruzionismo, mirante a correggere le derive di entrambi gli orientamenti. Questa nuova corrente, pertanto, viene a inserirsi in un dibattito nient’affatto nuovo ossia l’ormai classica querelle tra natura e cultura, questione annosa proprio a causa della tendenziale insolvibilità del problema: nessuno dei due radicalismi è sostenibile a prezzo di essere tacciato come fortemente ideologico, nonostante le interessanti suggestioni ai quali entrambi possono condurre. Credo sia oggi indubitabile (incontestabile?) che la società, coi suoi valori, le sue credenze, codici e tradizioni in un certo qual modo, costruisca la realtà, o quantomeno la condizioni. Ma una simile affermazione (questa, almeno, è la mia lettura del postmoderno) non equivale ad affermare che una realtà, intesa come substrato, non esista. Anche chi – e penso, in un campo totalmente diverso rispetto a quello indagato dal nuovo realismo, a Judith Butler – dice che la biologia (il sesso) è costruito, non riduce il corpo a discorso. Ve lo riconduce, cosa totalmente diversa. Che il discorso (e soprattutto la sua reiterazione) abbia una capacità performativa sul piano culturale, insomma, mi sembra indubitabile. Ciò non significa che la natura, la “cosità” o la fatticità scompaiano, ma che ne abbiamo una percezione mediata dagli occhiali culturali coi quali guardiamo il mondo. E tuttavia, è vero che il postmoderno può essere facilmente frainteso su questo punto, e che sarebbe necessaria, forse, una maggiore chiarificazione: esistono corpi, oggetti e interpretazioni degli stessi. Il punto, allora, è tentare di denunciare l’ideologia spesso nascosta che permette di governare corpi e oggetti senza perderne di vista la materialità, e al contempo senza riconsegnare gli stessi ad una natura che finirebbe con l’essere strumentalizzata per fini conservatori e/o gerarchizzanti. Mi sono approcciata al libro di Gabriel, lo ammetto, con questa precomprensione: tentare di individuare la chiave che mi permettesse di risolvere in modo soddisfacente (o per lo meno sostenibile) e sistematico le mie perplessità su datità e costruzione. Il volume stesso, del resto, è presentato come proposta di una filosofia globalizzata in cui convergono una competenza scientifica (che comprende anche quella filologica e storica), una teorica (dove l’elemento analitico fornisce la forma, mentre quello continentale i contenuti), e una pertinenza pubblica (la forma, pertanto, si propone come linguisticamente accessibile) (pp. 10-11). 
Confesso di aver provato un po’ di smarrimento mentre proseguivo nella lettura del testo, sicuramente a causa della mia incapacità di affrancarmi dalla precomprensione summenzionata. Se le premesse erano molto affascinanti, infatti, la lettura del testo – a mio parere non così facile, nonostante gli esempi della vita quotidiana riportati abbiano contribuito non poco a rischiarare un’oscurità probabilmente dovuta alla mia lacuna circa il contenuto del pensiero di taluni filosofi cui Gabriel fa costantemente riferimento, come ad esempio Frege – non mi ha fornito la chiave che cercavo per comporre il dissidio natura-cultura cui sopra accennavo, e che credevo (di sicuro erroneamente) fosse una delle aspirazioni del libro. Forse mi sono lasciata fuorviare dalle considerazioni effettuate nell’introduzione, e in particolare dall’argomento della fatticità, per il quale gli esseri umani non possono produrre tutti i fatti, che si contrappone espressamente al costruttivismo (kantiano in primis). Denunciando come Kant, con la sua filosofia, abbia operato una svolta tolemaica che ha reso il mondo dipendente dal soggetto, Gabriel propugna invece una rivoluzione copernicana (almeno, questo mi è parso di capire) che permetta di integrare il soggetto nel mondo e valorizzare l’Hiersein. Queste premesse, peraltro pienamente condivisibili e molto promettenti, vengono poi sviluppate in un modo di certo articolato e conseguente, che tuttavia (ammetto qui la mia limitatezza), conduce a esiti dei quali non riesco a cogliere la portata rivoluzionaria o il possibile impiego come correttivo al postmodernismo. Sarà perché intendo quest’ultimo come un insieme di teorie filosofiche che si pongono in stretto contatto col mondo e gli esseri umani, in un’intima connessione con l’aspetto in senso lato politico, ma il libro di Gabriel è tutt’altro. E allora, in affermazioni come quella in base alla quale ciascuna cosa esiste nel relativo campo di senso – cosicché un unicorno esiste tanto quanto un cubo o un vulcano, in quanto ciascuno ha un proprio campo di senso – non vedo alcuna “correzione” del postmoderno, ma sofisticate operazioni logiche e filosofiche che si dirigono verso ambiti “altri”. Certo, l’obiettivo è quello di recuperare l’esistenza delle cose, pur avendo come punto di partenza il fatto (argomentato diffusamente da Gabriel) che il mondo non esiste, e che proprio tale non-esistenza è la condizione che rende possibile l’esistenza del reale o, meglio l’iper-realismo dei fatti (cioè l’esistenza di ciò che è inglobato nei fatti che non abbiamo prodotto, dato che se anche abbiamo prodotto qualcosa, non abbiamo prodotto il fatto di avere prodotto la cosa stessa). Non riesco però a capire come questo spieghi la presenza delle cose nel mondo. Soprattutto, non riesco a capire come ciò spieghi le relazione umane o la fatticità (meglio, la corporeità) degli individui. La realtà di Gabriel, insomma, mi sembra spiegare unicamente la presenza delle cose, affermando che queste esistono indipendentemente dal soggetto che le vede o le percepisce. Forse, il mio limite sta nel non riuscire a ricondurre tutto al piano della logica, pertanto non mi rimane altro che continuare a seguire gli sviluppi del dibattito in corso e del lavoro di Gabriel in particolare. Sicuramente la chiave c’è. Forse non ho ancora individuato l’esatto luogo dove trovarla. Di certo dovrò attrezzarmi meglio per la ricerca.


Indice

Presentazione. Sistema dell’iper-realismo trascendentale (di Maurizio Ferraris)
Introduzione
Nota del Curatore
i. Significato ed esistenza 
Che cos’è l’esistenza?
La non-esistenza del mondo
La non-esistenza del mondo come condizione di possibilità del senso
2. Fatticità, accessibilità e contingenza
Fatticità e accessibilità. Il caso dell’idealismo senso-dipendente
Contingenza e necessità
Idealismo, nichilismo e realismo interno
3. L’universalità del senso
4. Dissenso e oggetto
Dal problema del mondo esterno al problema del mondo
Dal senso al dissenso
Su due obiezioni epistemologiche
Conclusione
Note 
Bibliografia

2 commenti:

Anonimo ha detto...

UNBELIEVABLE similarities between Markus Gabriel's ideas (Bonn University) and Vacariu's ideas (Bucharest University)
About Markus Gabriel’s book Warum es die Welt nicht gibt, Ullstein: Berlin 2013 and his TED clip Why the world does not exist: Markus Gabriel at TEDxMünchen

My name is Gabriel Vacariu (Lecturer, Department of Philosophy, Bucharest University):
In the paper that is at my webpage/in attachment, http://filosofie.unibuc.ro/cv_gabriel_vacariu I analyze the UNBELIEVABLE SIMILARITIES between my ideas from my works (2005, 2008, 2010, 2011, 2012) and Markus Gabriel’s ideas (Bonn University) from his book published in 2013 and his TED clip (2013).
Also I have a talk about these unbelievable similarities on YouTube at:
http://www.youtube.com/channel/UC_3I96MSwXpUjm2x6f6SaUA

My ideas can be found in my paper “Mind, brain and epistemologically different worlds” at Synthese (2005), and in all my books (published in English at Bucharest University Publishing Company) that are on Internet at my webpagehttp://filosofie.unibuc.ro/cv_gabriel_vacariu

Gabriel Vacariu
Department of Philosophy
Bucharest University

Anonimo ha detto...

Other UNBELIEVABLE similarities between my ideas (2005, 2008, 20010, 2011, 2012) and Markus Gabriel’s ideas (published by him in a journal in ROMANIA in 2014! Incredible…)

Markus Gabriel (2014) (Rheinische Friedrich-Wilhelms-Universität Bonn), “Is Heidegger’s “Turn” a Realist Project?” in Meta: Research in hermeneutics, phenomenology, and practical philosophy, special issue / 2014: 44-73, www.metajournal.org

Even more incredible is that three authors from that special issue comments Markus Gabriel’s “new realism”! Do these three authors live and work in Africa or Antarctica?

In the appendix of my last book (2014), I showed the UNBELIEVABLE similarities between my ideas from 2005, 2008, 20010, 2011, 2012 and Markus Gabriel’s ideas from TED clip and his book (both 2013). In his pages, I show again some UNBELIEVABLE similarities between my ideas and Markus Gabriel’s ideas published in a paper in 2014 in a ROMANIAN journal (!).

I mention this journal appears at Department of Philosophy, University of “AI Cuza”, Iassy (Romania) (a city where I was born and I was student at Philosophy the first three years). The editor, George Bonder, is one of my ex-colleague! Incredible, only in Romania it is possible such things to take place!

Below you can find UNBELIEVABLE similarities between my ideas and Markus Gabriel’s ideas. It seems that Markus Gabriel does not want to stop publishing such UNBELIEVABLE similar ideas even if I made public these “similarities”!

p. 64: Markus Gabriel’s “new realism”:

“By “existence” I understand the fact that something appears in a field of sense. “Field of sense” is the name by which I designate a region of objects that is different from other regions of objects. The sense of a region of objects is the reason for its individuation; it distinguishes one region from another.”

The next sentences clearly reflect the UNBELIVABLE similarities between my ideas and Markus Gabriel’s ideas:

“Objects exist only in regions of objects, from which they emerge and against which they stand out. For their part, regions of objects exist only by standing out as objects in other regions. If anything exists at all, several regions of objects have to exist: this is the basic thesis of the version of ontological pluralism that I am arguing for.”

Using “emergence” (a wrong notion in my perspective), Markus Gabriel introduces his ontological pluralism. The next sentences are identical with my main ideas (just missing my labels of “EDWs” and “objects”, “correspondence”):

“The regions of objects are distinguished by the ways in which the objects that appear in them are present. It is impossible that an elementary particle, which appears in the region of atomic physics, is literally a part of myself as a citizen of Germany.”

What do you want more to understand the UNBLIEVABLE similarities between his ideas and my ideas? However, I published my ideas in 2003, 2005, 2008, 2010, 2011, 2012, while Markus Gabriel published his ideas first time in 2013.

“It is senseless to put elementary particles – which appear in my body at a certain point in space and time – under a specific political jurisdiction. But we cannot draw from this the conclusion that I am not subject to a specific political jurisdiction. This is because I am not identical with my appearance in that field of sense to which elementary particles belong.”

Again, the last sentence reflects exactly my idea of rejecting the notion if “identity” between objects/entities that belong to EDWs. Incredible is that Markus Gabriel “changes the world” in 3-4 sentences! This means to be a German philosopher! Already, in the same number of this issue, the author of the first article (another German philosopher) comments Markus Gabriel’s “new realism”.