venerdì 5 aprile 2013

Kriegel, Uriah, The Sources of Intentionality

Oxford, Oxford University Press, 2011, ISBN 978-0-19-974297-4

Recensione di Francesco Armezzani - 08/01/2013

Questo di Kriegel è un testo di notevole importanza nel dibattito contemporaneo sulla filosofia della mente, in particolare per quanto riguarda il tema decisivo dell'intenzionalità.
I temi fondamentali dal contenuto intenzionale, all'inesistenza intenzionale, dal confronto tra aspetti qualitativi e rappresentazionali della coscienza, tra teorie della coscienza di ordine superiore o monolivello vengono descritti in maniera analitica, confrontati e discussi in dettaglio. 


Numerosi filosofi di lingua inglese, tra gli altri Chalmers, Dretske, Loar, Levine, Tye, Searle, ma anche Davidson, Quine, Chisholm entrano con le loro posizioni a far parte del lavoro di analisi di Kriegel. Ma non si tratta in nessun caso di un lavoro riassuntivo delle diverse posizioni: tutti gli autori e i vari argomenti vengono utilizzati, interpretati e discussi alla luce di una posizione filosofica originale che Kriegel descrive nelle pagine conclusive. Si tratta in ogni caso di una tesi generale dell'intenzionalità aperta a ulteriori modifiche, integrazioni e ragionamenti critici tra loro alternativi.
Kriegel ormai da un decennio lavora sull'intenzionalità affinando un approccio che è stato definito brentaniano o meglio, neo-brentaniano. Definizione solo in parte adeguata però adatta su almeno un punto che Kriegel ha ripreso con forza e risulta essere una tesi centrale di questo lavoro. L'intenzionalità ha due fonti: la più nota, quella più dibattuta dai filosofi della mente da almeno 40 anni, consiste nel suo essere diretta verso un oggetto, per cui l'intenzionalità consiste essenzialmente nella rappresentazione di un oggetto, nell'essere diretto di uno stato mentale ad un contenuto; l'altro aspetto è quello qualitativo. E' questo secondo aspetto qualitativo, centrale nella posizione di Kriegel e il più notevole nel dibattito contemporaneo, che viene analizzato in termini di descrittiva fenomenologica secondo alcune delle linee guida del filosofo austriaco (di Brentano fu proprio Chisholm a curare nel 1986 la prima pubblicazione tedesca di Deskriptive Psychologie, poi tradotta in inglese e da allora ampiamente in circolazione negli ambienti filosofici analitici sulle due sponde dell'Atlantico). Potrà sembrare strano che Brentano non compaia né in nota né in bibliografia di questo testo, ma  in altri interventi del nostro autore tale derivazione è stata esplicitamente richiamata.
Per vedere in azione il carattere qualitativo dell'esperienza Kriegel richiama con alcune modifiche un famoso caso descritto da Davidson. Immaginiamo di trovarci nella seguente situazione: un amico richiama la nostra attenzione su un animale che si trova vicino a noi in un parco e ci dice: “guarda quella tigre!” indicando quello che noi sappiamo essere un piccione. Di fronte a noi si aprono due possibilità: a) il nostro amico crede che vicino a noi ci sia una tigre e usa il temine “tigre” per esprimere il concetto di una tigre, oppure b) il nostro amico crede che vicino a noi ci sia un piccione e usa il termine “tigre” per esprimere il concetto di un piccione. Nella maggior parte dei casi le scelte fatte si rivolgono all'ipotesi b).  Stando al “principio di benevolenza” noi siamo portati a credere che le intenzioni dei nostri vicini siano buone e oneste e che i loro discorsi siano rivolti al vero. Se il nostro amico non ha problemi di vista, l'animale non è distante e le condizioni ambientali sono favorevoli l'interpretazione b) non fa altro che attribuire al soggetto l'espressione di un'intenzione che noi al suo posto formuleremmo nella maniera appropriata. Sulla base di questa intuizione correggiamo e interpretiamo in maniera coerente la segnalazione ricevuta. 
Kriegel afferma che l'attribuzione di stati intenzionali in molti casi rientra nel caso descritto da Davidson. Ogni volta che interpretiamo i significati delle azioni nostre o di altri basandoci su elementi comportamentali, ci troviamo all'interno di un conflitto di significati del tipo precedentemente descritto. Mentre sta piovendo un uomo prende l'ombrello prima di uscire di casa e noi interpretiamo questo gesto come espressione del desiderio di non volersi bagnare, fondato a sua volta sulla credenza che l'uso dell'ombrello possa servire a questo. Ma sarebbe altrettanto giustificato, basandoci sui dati comportamentali in nostro possesso, interpretare il comportamento come l'espressione del desiderio di bagnarsi basato sulla credenza che l'ombrello possa servire a questo. Né ci aiuterebbe essere informati dalla persona che stiamo osservando circa le sue credenze o desideri. In tutti questi casi abbiamo a che fare con dati comportamentali che sia nel caso della tigre-piccione sia nel caso dell'ombrello possono essere interpretati in maniera tra loro opposta.
Il solo caso in cui siamo sicuri del significato dell'espressione è nel caso dell'esperienza consapevole in prima persona: essere consapevoli di un'esperienza significa fare esperienza del carattere qualitativo di quella determinata esperienza. In questa maniera secondo Kriegel si viene a creare un legame fondamentale tra intenzionalità e caratteristica qualitativa delle esperienze consce (p. 44).
Tutti gli stati intenzionali mostrano di possedere la peculiare proprietà di essere stati d'esperienza conscia, basata sugli aspetti qualitativi in virtù dei quali un'esperienza è quella esperienza.
Sulla base di questa osservazione Kriegel afferma che l'intenzionalità ha origine dall'esperienza diretta in prima persona mentre tutti gli altri stati intenzionali (non esperienziali o non in prima persona) sono interpretati come intenzionali sulla base dell'osservazione dei dati comportamentali considerati alla luce delle proprie esperienze intenzionali in prima persona. 
L'altra componente, che come abbiamo già detto è da molti anni decisiva nella definizione dell'intenzionalità, è la rappresentazione. Aspetto qualitativo e aspetto rappresentazionale, diversamente da quanto spesso accade, non vanno secondo Kriegel necessariamente contrapposti, bensì possono essere conciliati.
La rappresentazione può essere distinta in contenuto e oggetto. Un cervello in una vasca può avere la stessa esperienza, qualitativamente indistinguibile, che ho io quando sto di fronte ad una mela. La mela è oggetto della rappresentazione, mentre ciò che il software produce al cervello nella vasca è il contenuto della rappresentazione. L'intenzionalità ha a che fare con oggetti e non contenuti e quando noi siamo consapevoli dei nostri stati mentali è perché c'è un secondo stato mentale che “traccia” (tracks) il primo stato intenzionale e se lo traccia nella maniera giusta, il primitivo stato mentale è tracciato in quanto rivolto a quel preciso oggetto intenzionale. In questa maniera Kriegel coniuga tre distinte necessità: da una parte quella di porre al centro la qualità di un'esperienza come ciò in virtù del quale uno stato mentale rappresenta un determinato oggetto, allo stesso tempo uno stato mentale è conscio perché è tracciato da uno secondo stato in maniera appropriata, cioè in quanto è quella specifica rappresentazione.
La vera funzione della natura rappresentazionale dell'intenzionalità e uno dei motivi della sua fortuna negli ambienti filosofici post-positivisti è dovuto senz'altro al processo di naturalizzazione. Trattare l'intenzionalità in termini rappresentazionali consente di considerare l'esperienza qualitativa come nient'altro che la rappresentazione stessa. L'esperienza particolare di vedere blu che ho quando vedo un oggetto blu non sarebbe determinata che dal fatto che l'oggetto rappresentato ha questo colore. La proposta di Kriegel consiste nel tentativo di fornire un modello naturalistico non riduzionista dell'intenzionalità, salvando la fenomenologia dell'esperienza qualitativa in prima persona. L'aspetto qualificante di questo libro è che la proposta è corredata di tutte le sue possibili obiezioni, alcune delle quali di fatto irrisolvibili. Senza entrare nei particolari una delle questioni più interessanti, forse la più interessante, riguarda la questione relativa all'inesistenza intenzionale, uno dei grossi rompicapi per ogni teoria naturalizzata dell'intenzionalità.
In estrema sintesi di tratta di rendere ragione della natura dell'oggetto intenzionale, ammesso che questo oggetto possa risultare non-esistente. Nel caso dell'allucinazione di un oggetto verde, io posso avere una “normale” esperienza qualitativa di-qualcosa-di-verde e allo stesso tempo avere di fronte un oggetto blu o non avere nessun oggetto affatto. In questo senso sarebbe impossibile considerare l'esperienza intenzionale come un'esperienza tracciabile. La tracciabilità dipende infatti dall'oggetto della rappresentazione, in quanto lo stato mentale intenzionale è tracciato perché diretto ad un oggetto. In qualche modo essere consapevoli della propria esperienza è reso possibile dal fatto che uno stato mentale traccia la mia esperienza in quanto è esperienza di questa-cosa-di-fronte-a-me. Se questo cosa di fronte a me è presente solo avverbialmente, cioè potrebbe non esserci affatto e tutto il resto restare uguale, cade ogni possibilità di rendere comprensibile l'intenzionalità in termini naturalistici. L'argomento resta aperto anche se Kriegel manifesta un'aperta propensione per un'intuizione naturalistica complessiva che non lasci fuori l'intenzionalità.
Sulla base di queste considerazioni centrali il testo arriva rapidamente alla formulazione dettagliata del naturalismo non-riduzionista di Kriegel presentata in diverse varianti e arricchita di diverse integrazioni possibili, descritte e presentate nei capitoli precedenti e alla fine portate alla loro formulazione conclusiva. 
Un testo assolutamente raccomandabile per chiunque si interessi alla filosofia della mente, ma anche di filosofia tout-court, un testo aperto a ulteriori lavori di ricerca che sappiano cogliere le sfide e le proposte che il tema offre alla riflessione filosofica. 


Indice

Introduction
1. The Experiential Origins of Intentionality
2. The Nature of Experiential Intentionality: I. A Higher-Order Tracking Theory
3. The Nature of Experiential Intentionality: II. An Adverbial Theory
4. The Nature of Non-Experiential Intentionality: An Interpretivist Theory
5. Toward a General Theory of Intentionality

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