venerdì 10 gennaio 2014

Granito, Alessandra, Eugen Drewermann interprete di Kierkegaard. Le quattro forme kierkegaardiane della disperazione rilette alla luce della psicoanalisi

Napoli-Salerno, Orthotes, 2013, pp. 265, euro 17, ISBN 9788897806264.

Recensione di Sergio Fabio Berardini - 30/11/2013

Il libro a firma di Alessandra Granito ha per oggetto la rilettura del concetto kierkegaardiano di “disperazione” compiuta dal filosofo, teologo e psicologo Eugen Drewermann (Bergkamen, 1940). Tuttavia esso non si limita a questo: il presente saggio è anche o soprattutto uno studio su Kierkegaard – ben tre capitoli su quattro sono infatti dedicati al pensatore danese – e non a caso l’Introduzione si apre con le seguenti programmatiche parole: “Uno studio su Søren Kierkegaard non può prescindere da una considerazione preliminare:

ciò che muove il suo filosofare non è tanto, come per la filosofia greca, lo stupore e la meraviglia (thaumázein), non è neanche il dubbio moderno di matrice cartesiana, ma è la problematizzazione dell’esistente (aporein), l’attenzione rivolta all’esperienza della verità dura, aspra, privata ed essenziale che scuote l’esistenza nella sua apparente problematicità, spinge a riflettere su se stessi, attraversa augusta per angusta la debolezza e l’ostinazione umane per conquistare il vero essere nella fede” (p. 11).
Un’ampia parte di questo saggio, dunque, vede la ripresa di alcuni fondamentali temi kierkegaardiani al fine di situare al meglio la riflessione di Drewermann entro quell’ambito del filosofare mosso, appunto, dall’esigenza di problematizzare l’esistente e di volgere l’attenzione agli aspetti più critici e spesso criptati della vita, tenendo, nello stesso tempo, lo sguardo su quelli più edificanti ed elevati; sguardo che, secondo quanto emerge dalla prosa dell’autrice, solo può essere retto dalla fede, da un vivificato e vivificante rapporto con il Trascendente.
Il saggio in questione è senza dubbio ben scritto e ben ragionato: la penna di Alessandra Granito è infatti elegante e sa andare in profondità, arricchendo le proprie analisi con diffusi e pertinenti riferimenti. Il primo capitolo si concentra sul senso del termine “edificante”che è centrale nella riflessione kierkegaardiana. In particolare, l’argomentazione considera anche la critica, mossa dal pensatore danese, al cristianesimo borghese del suo tempo, che, non diversamente da quello odierno, rappresenta non già un ambito della vivida fede quanto un rifugio per i più che, lungi dal voler esistere autenticamente nel rapporto con Dio, insistono entro la mondanità armati di precetti e di dogmi che offrono loro securitas e rafforzano la loro vanitas. L’edificante, in tal senso, al quale l’opera di Kierkegaard ha sempre fatto riferimento, irrompe non già per consolidare questa seconda condizione, ma per metterla in crisi, per destabilizzare quella sicurezza mondana che è sostenuta da pensieri piani, livellati, e da una fede tiepida. «L’edificante», nota l’autrice, «non stabilizza, ma mette in crisi, spinge l’individuo non solo a un urto, a una presa di coscienza disincantata rispetto alla logica del mondo, alla ragione strumentale (per dirla con Horkheimer) e allo spirito euclideo (per dirla con Dostoevskij), ma anche all’adozione di un modus vivendi et operandi profondamente “contro-fattuali”» (p. 48). Insomma, l’intento “edificante” della scrittura kierkegaardiana non è rivolto alla edificazione di un mondo nel quale sia possibile assicurarsi un comodo posto dal quale assistere lo scivolar via dell’esistenza, ma al contrario è rivolto ad aprire uno squarcio in questo mondo, al fine di dischiudere l’apertura con «una Trascendenza ‘totalmente Altra’ che, sola, rende possibile la libertà umana e l’assunzione di una Verità essenziale» (p. 48). L’edificante è l’occasione destabilizzante che può fondare il rapporto tra l’uomo e Dio: se viene negato (dai divertimenti e dagli affanni del mondo) oppure sedato (da una rassicurante fede), dà origine a una intima e lacerante disperazione.
Il secondo capitolo, il più corposo del libro, è dedicato alla fenomenologia della disperazione compiuta da Kierkegaard (ovvero dallo pseudonimo Anti-Climacus) nella sua celebre opera del 1849 La malattia per la morte (Sygdommen til Døden). Questa parte è forse la meno originale del saggio di Granito, in quanto si limita, pur con la consueta scrittura chiara ed elegante, ad esporre sinteticamente (e con modalità conosciute) le forme kierkegaardiane della disperazione senza compiere innovative analisi. Ciononostante, questo capitolo, insieme al successivo, è prezioso e utile, specie per il lettore che non ha confidenza con il pensiero di Kierkegaard) in quanto permette di posizionare al meglio il tema centrale del libro. In accordo con il pensatore danese, l’uomo è qui presentato (pp. 61-72) quale “sintesi” – da intendersi come un rapporto conflittuale, mai conciliato – tra due elementi opposti: finito e infinito, necessità e possibilità, temporalità ed eterno, corpo e anima. Non solo: l’uomo è anche il rapportarsi di questa sintesi con se stessa (è coscienza di sé) e inoltre è in rapporto con ciò che ha posto questa sintesi (è in rapporto con Dio, con la trascendenza). Il modo in cui viene a determinarsi il rapporto tra questi elementi opposti, e così il rapporto della sintesi con se stessa e con Dio, va a qualificare la “salute” o la “malattia” dell’uomo: il suo essere o non essere disperato. L’analisi dell’autrice si rivolge così alle forme di questa disperazione, considerandola alla luce del mancato equilibrio degli elementi che sono posti in rapporto. In particolare, questo secondo capitolo considera la disperazione a partire dal disequilibrio tra la coppia di elementi opposti finito/infinito e necessità/possibilità, per poi passare all’analisi della disperazione in riferimento alla coscienza, ossia in relazione alla consapevolezza che il disperato ha di se stesso e della propria condizione: la disperazione si intensifica di grado, passando dalla debolezza di chi sa poco o nulla del proprio essere disperato, all’ostinazione di chi ne è sempre più consapevole.
Il terzo capitolo, intitolato Riflessione amartiologica e dialettica esistenziale ne La malattia per la morte, è una prosecuzione del capitolo precedente e considera la disperazione alla luce del rapporto tra il sé e la trascendenza. Si tratta, in questo caso, di una disperazione “potenziata”, nel senso che la disperazione viene vista come “peccato” in riferimento «alla volontà umana di fondare l’esistenza prescindendo da Dio, all’abuso della propria libera volontà» (p. 154). Qui il peccato è ricondotto, cristianamente, alla volontà, non già all’ignoranza, di permanere in quello stato di peccato che è aversio a deo, e dunque entro quella “malattia per la morte” che è in senso proprio la disperazione. Il peccato, dunque, «come atto libero, azione consapevole e (ir)responsabile dell’individuo, come una determinazione esistentiva e qualitativa che ha origine nell’abuso deteriore della volontà» (p. 167) – è dunque dimensione esistenziale della scelta, della decisione di sé e del proprio mondo.
L’ultimo capitolo, nel rivolgersi finalmente a Drewermann e alla sua opera, di Kierkegaard, considera la “fenomenologia della disperazione come fenomenologia del profondo”. L’antropologia di Drewermann ci presenta l’uomo come un essere limitato, incompleto, vulnerabile, che sempre deve fare i conti con l’“ineluttabilità” e il “fallimento morale” (p. 185). In particolare, ci avverte Granito, «essenza della tragedia umana è l’inevitabile esito fallimentare del continuo sforzo, nella inesausta lotta morale dell’Io, del suo pervicace tentativo di mantenere un equilibrio tra le pressanti esigenze pulsionali dell’Es, le imposizioni e i rimproveri del Super-Io e, al contempo, le pretese in aggirabili del mondo esterno» (p. 186). E dunque, non solo l’uomo è visto come un essere incompleto, ma è visto come un essere che è in lotta al fine di conquistare la propria completezza, ovvero che fugge in modo miserevole a questa istanza alla quale, pur nel suo rifiuto, sente di essere chiamato. Come detto, secondo la lezione kierkegaardiana, l’uomo è sintesi di opposti: di finito e infinito, di necessità e possibilità – la sua finitezza non è quella delle pietre, ma è una finitezza aperta al trascendimento dei limiti, mossa com’è dal desiderio di portarsi oltre il necessario, verso il possibile. E tuttavia, questo movimento può essere equivoco, nella misura in cui, nel compierlo o nel negarlo, l’uomo si chiude nel proprio ristretto ego (Eraclito parlerebbe di idios kosmos) e non si affida a Dio – a quel trascendente che è il fondamento stesso dell’infinito e della possibilità.
L’intento di Drewermann, rendendo più chiaro il senso dell’ampia analisi preliminare dedicata a Kierkegaard, è quello di ripensare profondamente la prassi e i fondamenti epistemici della psicoanalisi, facendo ricorso al rapporto con la trascendenza: «Drewermann», nota infatti l’autrice, «rintraccia la risoluzione del dramma dell’esistenza umana non in un riduzionistico approccio psicoanalitico, che non fa altro che ripiegare l’uomo su se stesso […], ma in un serio abbandono (proprio nel senso della Gelassenheit heideggeriana) fiducioso al Divino, all’Eterno, al Trascendente, perché l’essere umano giunge a se stesso se e solo se, contemporaneamente, giunge a Dio» (pp. 189-190). L’attenzione “clinica” dello psicologo e filosofo tedesco si rivolge così al rapporto tra l’uomo e se stesso e tra l’uomo e Dio, individuando nello squilibrio di questo rapporto l’origine dell’umano “mal-essere”. Dando vita a «un dialogo tra psicoanalisi e teologia morale» (p. 195) – un dialogo al quale è invitato anche Fritz Riemann (Chemnitz 1902-München 1979), autore del saggio Le quattro forme dell’angoscia (1961) – Drewermann delinea una fenomenologia del profondo che segue, con fedeltà e innovazione, la fenomenologia kierkegaardiana della disperazione. Accompagnando il lettore lungo questo percorso fenomenologico, Alessandra Granito ci mostra come tale ermeneutica della psiche scorga nella disperazione e nelle nevrosi «una mancata e/o errata elaborazione dell’angoscia» (p. 206): angoscia è qui intesa correttamente come l’ambito esistenziale, dischiuso dalla libertà e dunque dalla responsabilità, al quale l’uomo accede nel momento stesso in cui è gettato nell’esistenza ed è chiamato a realizzarsi. Si delinea così un affascinante disegno in cui la depressione, la schizoidia, la nevrosi ossessiva e l’isteria trovano una precipua corrispondenza con le forme della disperazione descritte da Kierkegaard, a seconda del disequilibrio che l’individuo, definendo il proprio esserci nel mondo, posto com’è tra una dimensione terrena e una divina, elabora con la necessità e la possibilità, col finito e l’infinito (cfr. p. 206).
Chiudono il libro le Conclusioni dell’autrice, che in queste pagine rivolge la propria attenzione al “male” che ha aggredito l’Occidente. In particolare, secondo la lettura qui condotta, il male concernerebbe la “mancanza di senso” innanzi al quale l’uomo – in rivolta o in ritirata – per lo più risponde o ipertrofizzando il proprio ego, assecondando una folle volontà di potenza; oppure, compresa la propria impotenza, attraverso una debole rinuncia di sé che lo conduce a consegnarsi alla massa obliante o, nel migliore dei casi, ad elaborare una qualche forma di saggezza intramondana che gli renda sopportabile il proprio transitorio esserci. Questo male è un malum metaphysicum «tanto radicale quanto non localizzabile e non esprimibile, […] estremo retaggio di un costitutivo bisogno di senso (“spazio della Trascendenza”), che sempre si ri-presenta alla coscienza o all’inconscio dell’uomo e da cui l’esistenza umana è pur sempre sottesa» (p. 244). Sicché, la disperazione e le nevrosi che caratterizzano il nostro tempo sarebbero delle estreme «invocazioni di senso» (p. 246) – e insieme la denuncia dell’assenza di un originario senso andato perduto. Un senso originario (comprendente l’origine e il fine dell’erranza umana) che questo homo vulnerabilis potrà ritrovare soltanto nella misura in cui si rivelerà in grado di rivolgersi alla trascendenza, al “totalmente Altro”.
Per concludere, il saggio di Alessandra Granito è scritto bene ed è senza dubbio interessante, anche perché presenta un autore, Eugen Drewermann, in Italia poco tradotto e poco studiato. D’altra parte, si segnala una incongruenza tra il titolo e i contenuti del presente libro: se, infatti, si considera anche solo il numero di pagine dedicate ora a Kierkegaard e ora a Drewermann, si noterà un forte sbilanciamento verso il primo. Certo, per comprendere il lavoro dello studioso tedesco non è possibile prescindere da una chiarificazione della posizione kierkegaardiana; e tuttavia, pur essendo consapevoli di questa necessaria operazione, ci si chiede se forse non sarebbe stato opportuno ampliare la parte dedicata alla fenomenologia drewermanniana (che occupa solamente l’ultimo capitolo del libro). Tutto ciò non solo e non tanto per giustificare il titolo posto in copertina, ma altresì per dare maggiore spazio e assicurare una più profonda analisi, anche critica, a un pensiero e a una ricerca che, pure grazie al lavoro di Granito, si rivela meritevole di attenzione.


Indice

Avvertenza bibliografica
Introduzione. Vivere il limite tra ineluttabilità e azzardo estremo. Itinerari filosofici de La malattia per la morte
Capitolo Primo. Il paradosso dell’edificante tra dialettica esistenziale e radicalismo cristiano
Capitolo Secondo. La fenomenologia della disperazione come epifenomeno della libertà impotente
Capitolo Terzo. Riflessione amartiologica e dialettica esistenziale
Capitolo Quarto. Fenomenologia della disperazione come fenomenologia del profondo. L’attualità di Kierkegaard nell’ermeneutica di Eugen Drewermann
Conclusioni. Disperazione e nevrosi: patologie o condizioni della mancanza di senso?
Bibliografia essenziale
Indice dei nomi

19 commenti:

Anonimo ha detto...

Non comprate il suo libro vi prego, è una ninfomane con seri problemi comportamentali,mangiatrice di uomini, in particolare dei suoi colleghi di lavoro (successo più di una volta), odia i suoi alunni perché non riesce ad amare se stessa (se fossi in lei non mi sopporterei nemmeno io). Morale della storia, non vi fidate di questo personaggio alquanto inquietante, sadico, lunatico e maniaco del controllo.
#poverodepi

Anonimo ha detto...

È la mia prof di filosofia pensa un pò

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con il primo commento,più volte ha cecato di molestare il suo collega di matematica

Anonimo ha detto...

E non si lava neanche mai i capelli

Anonimo ha detto...

Ciao Davide

Anonimo ha detto...

Ciao Francesco

Piergiorgio E. ha detto...

Sono il professore, confermo tutto

Alessandra Granito ha detto...

Sono molto indignata dal vostro comportamento; lo so benissimo che siete i miei ex alunni e tuttavia non avete il coraggio di usare i vostri veri nomi; vorrei però informarvi che ciò che state facendo è classificabile come cyber-vandalismo e quindi perseguibile legalmente.
Ho già provveduto ad avvisare la polizia postale che si occuperà di rintracciarvi.
Mi dispiace che debba finire così, ma la maleducazione dilagante è un problema della società di fronte al quale non ho intenzione di rimanere indifferente; visto che a quanto pare non riesco a reagire con la filosofia, sarò costretto a prendere vie legali

MAURO PASTORE ha detto...

Non è possibile considerazione esistentiva di mancanza esistentiva:
essendo gli stadi della vita quali determinazioni reali esistenza in potenza non sempre esistente in atto

— si considerino riflessioni di antropologia religiosa di E. De Martino in fatto di origine artificiosa della percezione non universale delle religioni la quale però deriva da esperienza magica autosuggestionatoria utile al vivere psicofisico stesso non ad arbitrarietà superflue a vita —

ed essendo realtà di malattia non entità per sé

— si veda definizione introduttiva psicologico - analitica di C. G. Jung in specificazione di: situazione eminentemente psichica della malattia mentale; e condizioni psicologiche non psichiche del tutto esterne
(non internabili da alcuna mente neppur antiterapeutica e non medica che fosse iniziativa (essendo inutile per terapia e medicina fisica internazione o (fisica) autointernazione esterna omologa ed essendo inutile anche solo minor fisica internazione e inutile anche solo minor autointernazione (fisica) neppur potendo esser iniziativa stessa in sé stessa terapeutica o medica, oltre (ovvio!) ad esser violenta se costretta, ed essendo impossibili internazioni psichiche) )
le quali ne (ne:... della malattia, non del malato neppure nel malato!!) attivano possibilità da non-esser-atto ad essere-in-atto, non consistendo né prima né durante né dopo —.

S. Kierkegaard dunque si era filosoficamente culturalmente riferito e per indicarne alternativa esistente a:
realtà antiterapeutica possibilitante reali condizioni di malattie mentali cui riferibili anche le altre condizioni di malattie non mentali;
aveva cioè pensato:
la occasionalità di tutte le possibili condizioni di malattia e la evenienza psicosomatica principale di tutte le malattie somatiche possibili;
e ciò lo aveva fatto secondo cultura terapeutica e medica, non senza già inerenti scientificità, disponibili a suoi tempi e luoghi assai di più che ad altri europei.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

È (attualmente ed alquanto diffusamente) noto scientificamente a chi applica o solo conosce psicologia medica con approccio psicosomatico che le malattie non mentali, le quali soltanto posson essere le più gravi ma neppure interessano ugualmente tutto il corpo
(solo non direttamente l'encefalo ed il sistema nervoso, solo parzialmente il cardio ed il sistema circolatorio, in entrambi i casi non cronicamente, non cronicamente il sistema osseo e neppure cronicamente tutti gli altri sistemi del corpo egualmente fondamentali, non il resto in tutto cronicamente, cronia comunque sempre inferiore a durate vitali fisiche –di gran lunga interiori in caso di malattie mentali anche le più gravi),
derivano da stati di malessere psichico, non consistenti in gravi malattie mentali, queste anzi tendenti ad evitare tali malesseri; i quali sono utili a prevenire anche stesse malattie mentali oltre che non mentali, qualora se ne autoannullino difficoltà; e parimenti a tutto ciò (!) non il rischio e la prospettiva di malesseri quindi malattie stesse ma solo di:
analoghe condizioni (stati di malattia) che con ugual sintomatologia annullano (!) eventualità di malattie, per cui sintomi se procedono in susseguirsi diversi anche fisici sono un potenziamento che evita rischio di malattie relative a sintomi stessi...
Sol se tal accadere parzialmente, ad autoannullamento riesce utile aggiunger annullamento: da circostanze... ...o da terapeuti, in specie psicoterapeuti.
Entro opzioni vitali e meno vitali, di non rischi, di ripari da rischi, di minor rischi, va considerata, però, la precondizione antropica, che risulta di due specie, entrambe note non solo singolarmente a studi scientifici di antropologia:
endogena, ovvero psicosomaticamente spontanea;
non endogena, ovvero psicosomaticamente elaborabile.
Se si considera solo questa ultima e come fosse unica, allora non si mostra non-atto possibile dei determinati stadi della vita (che io sintetizzo così, con linguaggio simmetrico, diverso, dato che si devon considerare sia lavori kierkegaardiani che altrui interpretazioni di essi...):

estetico, etico, mistico;

i quali infatti posson sia:
esistere in progressione distinta-separata
che esistere in circolarità distinta-non-separata,
cioè in evenire
secondo inizio già volto a considerar lato misterioso della vita o non già volto
e dunque rispettivamente secondo
ovvietà istintiva etica o non ovvietà etica.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio precedente messaggio:

'di gran lunga interiori'

sta per:

di gran lunga inferiori.


Reinvierò correttamente (disguido comunque logicamente non disastroso perché dava luogo a tautologia solamente).

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(+)

È (attualmente ed alquanto diffusamente) noto scientificamente a chi applica o solo conosce psicologia medica con approccio psicosomatico che le malattie non mentali, le quali soltanto posson essere le più gravi ma neppure interessano ugualmente tutto il corpo
(solo non direttamente l'encefalo ed il sistema nervoso, solo parzialmente il cardio ed il sistema circolatorio, in entrambi i casi non cronicamente, non cronicamente il sistema osseo e neppure cronicamente tutti gli altri sistemi del corpo egualmente fondamentali, non il resto in tutto cronicamente, cronia comunque sempre inferiore a durate vitali fisiche –di gran lunga inferiori in caso di malattie mentali anche le più gravi),
derivano da stati di malessere psichico, non consistenti in gravi malattie mentali, queste anzi tendenti ad evitare tali malesseri; i quali sono utili a prevenire anche stesse malattie mentali oltre che non mentali, qualora se ne autoannullino difficoltà; e parimenti a tutto ciò (!) non il rischio e la prospettiva di malesseri quindi malattie stesse ma solo di:
analoghe condizioni (stati di malattia) che con ugual sintomatologia annullano (!) eventualità di malattie, per cui sintomi se procedono in susseguirsi diversi anche fisici sono un potenziamento che evita rischio di malattie relative a sintomi stessi...
Sol se tal accadere parzialmente, ad autoannullamento riesce utile aggiunger annullamento: da circostanze... ...o da terapeuti, in specie psicoterapeuti.
Entro opzioni vitali e meno vitali, di non rischi, di ripari da rischi, di minor rischi, va considerata, però, la precondizione antropica, che risulta di due specie, entrambe note non solo singolarmente a studi scientifici di antropologia:
endogena, ovvero psicosomaticamente spontanea;
non endogena, ovvero psicosomaticamente elaborabile.
Se si considera solo questa ultima e come fosse unica, allora non si mostra non-atto possibile dei determinati stadi della vita (che io sintetizzo così, con linguaggio simmetrico, diverso, dato che si devon considerare sia lavori kierkegaardiani che altrui interpretazioni di essi...):

estetico, etico, mistico;

i quali infatti posson sia:
esistere in progressione distinta-separata
che
esistere in circolarità distinta-non-separata,
cioè in evenire
secondo inizio già volto a considerar lato misterioso della vita o non già volto
e dunque rispettivamente secondo
ovvietà istintiva etica o non ovvietà etica.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In non-determinatezza della triplice distinzione
estetica -etica - mistica,
il riferire della effettività della circostanza di malattia
(malattia-per-la-morte, cioè non lo 'stato' di essa che ne preclude realizzazione contro vita)
vale altruisticamente vitalmente o per conoscer altrui mondi o per aiutarne vivere, o con vantaggio di propria già pienezza vitale o senza, in tal ultimo caso filosofia (che, si badi!, è pratica di indipendenza non solo del filosofo, del filosofante o del filosofeggiante, anche di tutti i coinvolti, fosse pur in 'sole' consulenze filosofiche) potendo solo aiutare a discernere vanità; negli altri non solo altruisticamente risolti, filosofia può manifestare possibilità di consapevolezza...
da non confondersi con coscienzialità, cui riferisce psicologia del profondo e psicoanalisi dell'inconscio ma non tecnica psicoanalitica sussidiaria di pratica neurologica


— questa ultima la sola veramente a conoscenza di Sigmund Freud e praticata da costui (ma non sempre!!) ma dopo che psichiatria svizzera già praticava metodo psicoanalitico-diagnostico entro pratica di psicologia medica, sicché conoscenze altramente volte ne erano state elargite a S. Freud, ma teoria psicoanalitica dispegata entro pensiero psicologico non neurologico e non da S. Freud, che fu solo antesignano di applicazione tecnica esterna psicoanalitica e assai noto così fino a celebrità ma non impertinentemente solo in ambienti ove sconosciute scienza psicologica e psicologia medica e scarsamente o non praticata vera psichiatria...
cui annoverabili pure ambienti di materialismo cui marxismo ispirato poi riferito, da concettualità di questi ultimi derivando approccio culturale non a sua volta filosofico di stessa autrice di pubblicazione recensita ove difatti applicato ancora schema marxista con secondo elemento non esplicitato: borghesia/(proletariato), non sempre utilizzabile a moderare entro filosofismi-sofisma schemi occulti più astratti ed avulsi; secondo post-hegelismo assolutista, di rovesciamento di premessa di spiritualità-materialità in: /materialità -spiritualità/, omologa non analoga, però cui razionalità conseguente atta solo ad espistemologica quindi non adatta ad ermeneutica considerazione di esistentività ed esistenzialità filosofiche contemporanee... cioè essa potendo risolversi in pro filosofica autocritica od in esempio di non riuscita filosofica, perché senza ermeneutica non è possibile effettivo valutare filosofia della esistenza né esistenzialismi filosofici
— ciò dai tempi stessi di S. Kierkegaard ed oltre fino a noi.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Sono costernato di invio non riuscito del tutto a causa di errore di composizione dipendente da stranezze di insetti ma più da continuati e violenti dispetti di umani e da necessità più impellenti cioè di altre attenzioni concomitanti e simultanee. Però c'è il successivo, con miglioria oltre che correzione, riuscito.
MAURO PASTORE

Aggiungo ancora, a scopo di beneficio per lettori lettrici:
Da ieri ad oggi purtroppo ancora umani interessati non solo tanto a tormenti con frammenti caduti da panni stesi per aria e a vento, ma anche e troppo a mutare, con tecniche indegne finanche di criminali filibustieri, polveri sotto mie scarpe e tentando alcuni di essi contro mio volere di porsi in condizioni di annusarmi o far annusare mio sangue e mie linfe... pure con arrivo in un negozio di alimentari di sorta di attore, (forse) impersonante specie di magnanimo elargitore sanitario con sua presunta augusta presenza ma in realtà maleodorante e screanzato perché ostile al clima dei luoghi — e comunque anche altrimenti da me intervento sanitario anche privato non solo statale sempre e comunque del tutto indesiderato e non voluto e mai richiesto — oltretutto obbligazioni sanitarie non valgono fuori richieste ed accettazione di servizio ( da me mai accettato e non richiesto e quantomeno sgradito e assolutamente non più tollerabile e non solo ma pure per mia consapevolezza, di esser nato e sempre vissuto e di vivere in condizioni —anche future perché istintivamente non refutabili da chi in esse ed esse bastanti— di spontaneità al riparo da eventuali malattie);
e quest'oggi, a causa anche di quanto esposto, polveri e spazio tra schermo e miei occhi catalizzati in geometriche stabilizzazioni ottiche-fisiche ( anche per la contemporanea malevolenza, da parte di chi in miei non lontani pressi, nei miei confronti e verso prese di corrente elettrica...
e mentre io dovevo anche ad altre necessità più gravi volger mia attenzione percettiva, tanto che non ero sicuro di perfetta riuscita ma dovevo affrettarmi, proprio per condizioni telematiche non da me scelte che mi imponevano certa fretta...
MAURO PASTORE.)

Eppure apparenze non devono ingannare perché mio messaggio volto a già competenze di qualsiasi sorta e perché scrittura via internet non è catagabile qual archivio in effetto ma archiviazione ad effetto (!!). MAURO PASTORE

— Purtroppo quasi "da non credersi" precisione minimale dei persecutori, resisi soggetti volontari a circostanze negative, quelle che monoteismi dicon "diaboliche" e con le quali persecutori tormentano più di quanto si voglion avvedere e che poi fingon esser materialità e lo fanno in opposizione a stessa verbalità di monoteismi e ne continuano tentando di suscitar distrattissimi invadenti odiatori di materialità finanche cosmica che spaccian per "esorcisti" e, o, "esorcismi", per giunta contro diritti di libertà (!!!)... e sono essi anche ostili a ingenue giocondità di innocui insetti!
MAURO PASTORE)

Ben oltre (tutto) ciò, si consideri distinzione tra:
interiorità ed internalità ed interno ,
per capir meglio di tautologia involontaria di mio secondo messaggio poi reinviato.
Non valeva la pena per me rifletter su percezioni dimidiate da inganni per aria e su schermo, perché possibile f non t non mi suscitava allarme, dato anche che criminosità e criminalità interniste son assai smentite da tautologiche menzioni, accidentali, di interiorità (certo avrei preferito quel primo invio già riuscito).
MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Sono costernato di invio non riuscito del tutto a causa di errore di composizione dipendente da stranezze di insetti ma più da continuati e violenti dispetti di umani e da necessità più impellenti cioè di altre attenzioni concomitanti e simultanee. Però c'è il successivo, con miglioria oltre che correzione, riuscito.
MAURO PASTORE

Aggiungo ancora, a scopo di beneficio per lettori lettrici:
Da ieri ad oggi purtroppo ancora umani interessati non solo tanto a tormenti con frammenti caduti da panni stesi per aria e a vento, ma anche e troppo a mutare, con tecniche indegne finanche di criminali filibustieri, polveri sotto mie scarpe e tentando alcuni di essi contro mio volere di porsi in condizioni di annusarmi o far annusare mio sangue e mie linfe... pure con arrivo in un negozio di alimentari di sorta di attore, (forse) impersonante specie di magnanimo elargitore sanitario con sua presunta augusta presenza ma in realtà maleodorante e screanzato perché ostile al clima dei luoghi — e comunque anche altrimenti da me intervento sanitario anche privato non solo statale sempre e comunque del tutto indesiderato e non voluto e mai richiesto — oltretutto obbligazioni sanitarie non valgono fuori richieste ed accettazione di servizio ( da me mai accettato e non richiesto e quantomeno sgradito e assolutamente non più tollerabile e non solo ma pure per mia consapevolezza, di esser nato e sempre vissuto e di vivere in condizioni —anche future perché istintivamente non refutabili da chi in esse ed esse bastanti— di spontaneità al riparo da eventuali malattie);
e quest'oggi, a causa anche di quanto esposto, polveri e spazio tra schermo e miei occhi catalizzati in geometriche stabilizzazioni ottiche-fisiche ( anche per la contemporanea malevolenza, da parte di chi in miei non lontani pressi, nei miei confronti e verso prese di corrente elettrica...
e mentre io dovevo anche ad altre necessità più gravi volger mia attenzione percettiva, tanto che non ero sicuro di perfetta riuscita ma dovevo affrettarmi, proprio per condizioni telematiche non da me scelte che mi imponevano certa fretta...
MAURO PASTORE.

Eppure apparenze non devono ingannare perché mio messaggio volto a già competenze di qualsiasi sorta e perché scrittura via internet non è catagabile qual archivio in effetto ma archiviazione ad effetto (!!). MAURO PASTORE

— Purtroppo quasi "da non credersi" precisione minimale dei persecutori, resisi soggetti volontari a circostanze negative, quelle che monoteismi dicon "diaboliche" e con le quali persecutori tormentano più di quanto si voglion avvedere e che poi fingon esser materialità e lo fanno in opposizione a stessa verbalità di monoteismi e ne continuano tentando di suscitar distrattissimi invadenti odiatori di materialità finanche cosmica che spaccian per "esorcisti" e, o, "esorcismi", per giunta contro diritti di libertà (!!!)... e sono essi anche ostili a ingenue giocondità di innocui insetti!
MAURO PASTORE

Ben oltre (tutto) ciò, si consideri distinzione tra:
interiorità ed internalità ed interno ,
per capir meglio di tautologia involontaria di mio secondo messaggio poi reinviato.
Non valeva la pena per me rifletter su percezioni dimidiate da inganni per aria e su schermo, perché incertezza (sola possibilità) di f non t non mi suscitava allarme, dato anche che criminosità e criminalità interniste son assai smentite da tautologiche menzioni, accidentali, di interiorità (certo avrei preferito quel primo invio già riuscito).
MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Reinviato messaggio di precisazioni con espressione più chiara in ultimo e senza parentesi chiuse non precedute da aperte (queste sole, si posson usare per chiose aggiunte, non si trattava di veri errori né mezzi errori, in fattispecie).

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Preciso che in frase:

' cronia comunque sempre inferiore a durate vitali fisiche –di gran lunga inferiori in caso di malattie mentali anche le più gravi'

((' cronia comunque sempre inferiore a durate vitali fisiche –di gran lunga inferiori [[interiori]] in caso di malattie mentali anche le più gravi'))


inferiorità è riferibile a psichicità anche non escludente fisicità.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

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È (attualmente ed alquanto diffusamente) noto scientificamente a chi applica o solo conosce psicologia medica con approccio psicosomatico che le malattie non mentali, le quali soltanto posson essere le più gravi ma neppure interessano ugualmente tutto il corpo
(solo non direttamente l'encefalo ed il sistema nervoso, solo parzialmente il cardio ed il sistema circolatorio, in entrambi i casi non cronicamente, non cronicamente il sistema osseo e neppure cronicamente tutti gli altri sistemi del corpo egualmente fondamentali, non il resto in tutto cronicamente, cronia comunque sempre inferiore a durate vitali fisiche –di gran lunga inferiori le psichiche in caso di malattie mentali anche le più gravi),
derivano da stati di malessere psichico, non consistenti in gravi malattie mentali, queste anzi tendenti ad evitare tali malesseri; i quali sono utili a prevenire anche stesse malattie mentali oltre che non mentali, qualora se ne autoannullino difficoltà; e parimenti a tutto ciò (!) non il rischio e la prospettiva di malesseri quindi malattie stesse ma solo di:
analoghe condizioni (stati di malattia) che con ugual sintomatologia annullano (!) eventualità di malattie, per cui sintomi se procedono in susseguirsi diversi anche fisici sono un potenziamento che evita rischio di malattie relative a sintomi stessi...
Sol se tal accadere parzialmente, ad autoannullamento riesce utile aggiunger annullamento: da circostanze... ...o da terapeuti, in specie psicoterapeuti.
Entro opzioni vitali e meno vitali, di non rischi, di ripari da rischi, di minor rischi, va considerata, però, la precondizione antropica, che risulta di due specie, entrambe note non solo singolarmente a studi scientifici di antropologia:
endogena, ovvero psicosomaticamente spontanea;
non endogena, ovvero psicosomaticamente elaborabile.
Se si considera solo questa ultima e come fosse unica, allora non si mostra non-atto possibile dei determinati stadi della vita (che io sintetizzo così, con linguaggio simmetrico, diverso, dato che si devon considerare sia lavori kierkegaardiani che altrui interpretazioni di essi...):

estetico, etico, mistico;

i quali infatti posson sia:
esistere in progressione distinta-separata
che
esistere in circolarità distinta-non-separata,
cioè in evenire
secondo inizio già volto a considerar lato misterioso della vita o non già volto
e dunque rispettivamente secondo
ovvietà istintiva etica o non ovvietà etica.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Ho provveduto ad ulteriore invio con mio testo ulteriormente migliorato da già emendato.

MAURO PASTORE