lunedì 28 aprile 2014

Martinelli, Riccardo, I filosofi e la musica

Bologna, Il Mulino, 2012, pp. 212, euro 13, ISBN 978-88-15-23724-8.

Recensione di Giovanni Damele - 28/12/2012

1. La musica attraversa la storia della filosofia con una presenza tanto pervasiva quanto discreta, al punto da essere spesso ignorata dalla storiografia filosofica. Tanto più utile appare quindi una esauriente rassegna storico-filosofica, che affronta la riflessione teorica sulla musica non limitandosi all'estetica musicale o alla filosofia “della” musica, ma affrontando anche la storia della fisica acustica, della psicologia e della fisiologia e, in parte, della prassi compositiva.

La scelta di ordinare il materiale teorico secondo una sequenza cronologica risponde senza dubbio al carattere storiografico del testo, ma non impedisce di seguire alcuni temi ricorrenti, come il dibattito sulla dimensione aerea o corporea del suono o quelli sul rapporto tra melodia, armonia e ritmo e sulla natura dei suoni armonici. Temi talvolta inseriti in un più ampio sistema metafisico, talaltra affrontati come questioni tecnico-scientifiche o intimamente legate alla pratica musicale, talaltra ancora come questioni di natura, lato sensu, psicologica. 
2. In particolare, la riflessione di origine pitagorica sul carattere “fondamentale” dell'armonia, che oltrepassa di molto l'ambito strettamente musicale, influenzerà fortemente la riflessione filosofica successiva, inaugurando il dibattito sulla relazione mutua tra melodia e armonia (con l'ulteriore variabile del ritmo) e sul loro status. Al tema metafisico della harmonia mundi, farà da contrappunto la più specifica discussione sulla prassi musicale, in particolare dall'età moderna, quando all'approccio metafisico si accompagnerà, quando non si sostituirà, un orientamento sperimentalistico e un rinnovato interesse “scientifico”. Sarà poi Rameau a marcare, con il suo Traité de l'harmonie del 1722 (ma anche con la sua prassi compositiva), una netta presa di posizione a favore dell'armonia: un aspetto genuinamente teorico che contrappose Rameau a Rousseau, suo avversario nella celebre querelle des buffons e difensore del primato della melodia sull'armonia. L'influenza di Rousseau si farà sentire, sotto questo aspetto, sul primo Herder, per il quale, nota Martinelli, “il semplice tono può eccitare una sensazione più profonda e toccante dell'armonia” [p. 102]. Ma quando Herder procederà a una successiva riabilitazione del ruolo dell'armonia, non lo farà recuperando le posizioni di Rameau, ma partendo dall'osservazione che ogni tono porta con sé tutti gli altri, come nella luce bianca sono contenuti tutti i colori. All'alternativa tra armonia e melodia, Schelling opporrà poi la triade di “modulazione” (l'elemento “pittorico”), melodia (l'elemento “plastico”) e ritmo, attribuendo la preminenza a quest'ultimo, in quanto elemento genuinamente “musicale”. La triade di ritmo, melodia e armonia sarà infine ripresa da Hegel e inserita nello schema dialettico, all'interno del quale la melodia riacquista il suo carattere privilegiato di “anima della musica”, ma in quanto sintesi dialettica di ritmo e armonia.
I lavori di Rameau e le speculazioni herderiane sulla preminenza dell'armonia sulla melodia si connettono poi alla disputa sulla natura e le caratteristiche dei suoni armonici, che imposta il cosiddetto “problema dei martelli” di Pitagora e costituisce oggetto di ricerca sperimentale per gli umanisti, come Vincenzo Galilei, giungendo alle soglie della fisica moderna con i lavori di Daniel Bernoulli. Anche in questo caso, sarà Rameau a riconnettere la teoria musicale al dibattito sugli armonici, fenomeno attraverso il quale, secondo il compositore e teorico francese, ciascun suono è analogo al rispettivo accordo perfetto maggiore. Una posizione, come abbiamo visto, in parte diversa da quella sostenuta da Herder, che nella Kalligone istituisce un più profondo parallelismo tra gli armonici e i colori dello spettro. Un parallelismo legato alle sperimentazioni del fisico tedesco E.F. Chladni, cui spetta il merito di aver “reso visibile la struttura interna del materiale tonale” grazie alle sue Klangfiguren, “figure di suono” ottenute suonando con un archetto da violino delle piastre di vetro cosparse di polvere. Per quanto oggi ampiamente ridimensionate, le considerazioni di Chladni sulle proprietà del suono hanno esercitato una notevole influenza, che Martinelli giustamente riporta alla luce: oltre allo stesso Herder, autori come Ritter, Goethe o Novalis rimasero impressionati dalle figure di Chladni, e ne trassero ispirazione diretta per le loro riflessioni in ambito musicale.
3. Più in generale, il distico “musica e filosofia” può intendersi tanto come una considerazione filosofica della musica, quanto come una tendenziale convergenza di musica e filosofia. L'opposizione tra “filosofia come musica” e “musica come filosofia” è ben rappresentata da Platone, il quale fa dire a Socrate, nel Fedone, che la filosofia è la “musica più grande”, istituendo così una relazione asimmetrica, poiché se la filosofia è “musica somma”, la musica, nella speculazione platonica, non è affatto filosofia. Ma il connubio tra musica e filosofia può presentarsi in ben altre forme. Basti pensare allo stretto rapporto che, con lo sviluppo della prassi contrappuntistica dell'Ars nova (XIV sec.) e delle coeve ricerche logiche, si istituisce tra la polifonia e la dialettica [p. 48]. Un accostamento che, anche a partire dal rapporto tra musica e arte combinatoria attestato tra Sei e Settecento, sarà destinato a fruttuosi sviluppi futuri.
Sarà comunque il pensiero romantico a dare nuovo impulso alla riflessione sulla “filosofia come musica” o sulla “musica come filosofia”. Per Schlegel la musica è un esercizio simile alla filosofia, mentre per Schopenhauer, nota Martinelli, “nella musica siamo filosofi senza accorgercene, in quanto cogliamo dietro la superficie dei fenomeni la realtà ultima, la volontà”. Il pensiero di Nietzsche, attraverso il nesso problematico istituito tra la musica tedesca e la filosofia tedesca, segnerà la sintesi e, insieme, il punto di frattura di questa riflessione, dal momento che Nietzsche, seguendo in questo Rousseau, finirà per contrapporre apertamente musica e filosofia.
Tracce della riflessione sulla “musica come filosofia” riaffioreranno in Ernst Bloch che, nello Spirito dell'utopia, intende la musica come un arte “intimamente utopica” e sviluppa una storia e una teoria filosofiche della musica che si completeranno, con qualche revisione, nel Principio speranza [p. 153]. Ma sarà soprattutto la “filosofia della musica” di Adorno, al netto di alcune rigidità (come la duplice opposizione Schoenberg e Stravinskij e tra “progresso” e “restaurazione”, giustificata, per Martinelli, dalla necessità di inserire nella sua riflessione la dimensione dialettica), a segnare probabilmente l'ultimo grande pensiero sistematico sul tema. Il confronto è, necessariamente, con Nietzsche, a partire dal rovesciamento del “primato della musica tedesca”. Per Adorno infatti, nota Martinelli, l'elemento tedesco non è dionisiaco-irrazionale, ma premoderno e medievale, ed è destinato a fondersi (e non a confliggere, come in Nietzsche la musica di Wagner e Bizet) con l'elemento latino. Fusione rappresentata dalla musica di Mozart, che tuttavia non è ancora capace di liberarsi da un “carattere di mera piacevolezza”. Sarà soltanto con Beethoven che si giungerà alla coincidenza tra musica e filosofia, da Adorno sottolineata attraverso la ripetuta comparazione con il sistema speculativo hegeliano [p.155]. Tuttavia, e qui Adorno si distacca nettamente dalla tradizione anteriore, il primato spetta ora al musicista, non al filosofo. Per quanto la musica di Beethoven e la dialettica di Hegel abbiano “precisi corrispettivi formali”,  il primo supera il secondo “in quanto esprime già un potenziale critico che scavalca quello del pensiero” [p. 156]. Adorno opera, insomma, un completo cambiamento di prospettiva rispetto a Platone: non è la filosofia ad essere musica suprema, ma è la musica a diventare suprema filosofia.
4. Uno degli elementi più interessanti del testo di Martinelli è l'analisi degli approcci teorici riconducibili alla “psicologia scientifica” (autori come Herbart, Lotze, Wundt o Stumpf, al quale Martinelli dedica largo spazio), strettamente connessi ai coevi sviluppi della scienza acustica, e dell'influenza delle ricerche fisiologiche sulla speculazione filosofica. Centrale è, in questo caso, l'opera di Helmoltz, che elabora una dottrina delle sensazioni del suono, intesa come base fisiologica per la teoria musicale. Si tratta di posizioni che influenzeranno anche Nietzsche. Si pensi all'accusa rivolta a Wagner di esasperare i nervi soprattutto grazie al dozzinale ricorso alla “passione”. Martinelli sottolinea qui come il riferimento di Nietzsche alle funzioni animali e alla loro “accelerazione” si situi proprio in questa tradizione che da Kant conduce a Helmoltz e alla fisiologia scientifica ottocentesca [pp. 139, 141].
Nel contesto di un opera di questo tipo, tuttavia, appare naturale che largo spazio sia dedicato soprattutto al romanticismo, poiché è “il momento in cui l'estetica musicale raggiunge la propria autonomia disciplinare, affrancandosi tanto dalla filosofia della natura quanto dall'estetica generale” [p. 110]. Un punto fermo nella formazione della sensibilità romantica in ambito musicale è segnato dalla recensione alla Quinta sinfonia di Beethoven di E.T.A. Hoffmann. Qui si trovano due temi che saranno fondamentali nella successiva riflessione romantica: quello della priorità teoretica della musica strumentale e quello di una superiore fusione e sublimazione delle passioni della musica. Per Schopenhauer, tuttavia, la musica non esprime una data passione, ma le passioni nella loro universalità in abstracto: è un esercizio non di aritmetica, ma di metafisica, dello spirito inconsapevole di filosofare. Temi, anche questi, che confluiranno, insieme alla riflessione scientifica legata alle ricerche di ambito fisiologico e psicologico, nel pensiero di Nietszsche che, ancora una volta, può essere indicato come una summa della riflessione filosofica ottocentesca sulla musica, pur nella frammentarietà e nell'esiguità dei riferimenti musicali nietzscheani.
La storia successiva, narrata negli ultimi paragrafi del libro di Martinelli, significativamente intitolato “dissonanze”, è, al di là delle speculazioni di Bloch e Adorno, una storia legata anche alla riflessione di taglio logico-positivista e analitico. Il passaggio dall'una all'altra tradizione è icasticamente rappresentato dal salotto dei Wittgenstein, frequentato da musicisti del calibro di Brahms e Mahler. Della riflessione musicale di Wittgenstein, Martinelli delinea due momenti: mentre il “primo Wittgenstein” offre “un abbozzo di spiegazione della musica a partire dal linguaggio”, il secondo intraprende la strada opposta, testimoniando comunque la continuità e la persistenza del problema musicale nella sua riflessione teorica [p. 174].
5. Concludendo, il testo costituisce un utile e completa rassegna storico-filosofica, capace di aprire spazi di approfondimento, di illuminare tendenze teoriche talvolta lasciate nell'ombra e di suscitare la curiosità intellettuale e il desiderio di ulteriori approfondimenti. Ad esempio sulla speculare influenza della filosofia sulla musica. Un tema che è qui accennato a proposito della mutua influenza tra contrappunto medievale e speculazione logico-dialettica e che, richiamando anche i rapporti tra arte combinatoria e speculazione filosofico-musicale del sei-settecento, suggerisce un riferimento immediato alle “opere speculative” di Bach (soprattutto, alle variazioni canoniche per organo sul tema di Vom Himmel hoch da Komm ich Her). Sullo stesso piano, quello dell'influenza della speculazione filosofica sulla musica, è poi possibile cercare esempi che esulino dall'ambiente romantico tedesco, e dall'automatico riferimento a Wagner. Basti pensare a Charles Ives e al suo rapporto con il trascendentalismo di Ralph Waldo Emerson. Ma questa è, appunto, una vicenda diversa da quella esposta, con chiarezza e precisione, in questo libro.


Indice

I L'arte delle Muse
1. I martelli di Pitagora
2. Platone e la musica suprema
3. La voce di Aristotele
4. Aristosseno: la scienza armonica
5. Il tramonto del mondo antico: Agostino
6. L'età medievale

II. Armonia e disincanto
1. Umanisti e scienziati
2. Da Cartesio a Leibniz
3. Suoni e Lumi: Rousseau
4. Musica e gioco in Kant

III. Il secolo della musica
1. Acustica romantica
2. Dai romantici a Schopenhauer
3. Hegel e il tremore
4. Scienza ed estetica musicale
5. Il caso Nietzsche

IV. Dissonanze
1. Bloch e l'arte dell'utopia
2. Adorno: filosofia della musica
3. Fenomenologie dell'ascolto
4. Logica e simbolo: Wittgenstein e Susanne Langer
5. Musica e filosofia analitica

Letture consigliate

Indice dei nomi

7 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Il titolo del libro e l'indice mostrano una non trascurabile eterogeneità nella inclusione di musici, musicisti, musicologi che per la filosofia non dalla filosofia furono luminari e datori di senso: Aristosseno; i musici e poi i musicisti dell'Umanesimo e della Rinascenza; Nietzsche; Adorno.
Il titolo introducendo a tematica inversa ne preannuncia una trattazione parziale e tuttavia non parzializzante perché culminante nelle citazioni di idee-guida musicali e filosofiche atte a relativizzare le premesse filosofiche-musicali, queste basate su una ricezione indiretta del pensiero antico ma attraverso un diretto riferimento storico.
Mi spiegherò procedendo ad introdurre altre conoscenze della antichità, non convenzionali né scolastiche ed extra accademiche.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Il pensiero pitagorico non era esteticamente idilliaco, ne fu il pitagorismo tardo-antico-medioevale che, tralasciando le premesse pitagoriche della filosofia non teologica di Agostino di Ippona, ignorava sia la militanza intellettuale dei pitagorici stessi sia la necessità della ricerca loro della armonia universale effettiva non ideale basata sulle discipline marziali impartite da Pitagora stesso. Costui era misterico provvisorio riferimento ma non referente diretto per Agostino, il quale non ne conosceva gli insegnamenti marziali.

Platone aveva dimostrato un àmbito musicale della filosofia oltre che averne dato analogia di senso metaforico e di significato parallelo. Senza identificarne del tutto la dimostrazione non si può accedere al suo pensiero diretto ma solo alle eredità, tra cui la aristotelica, non potendosi però così intendere neppure figura storica reale di Aristotele ma solo personaggio storico convenzionale oltretutto non senza incontrarne sorta di alter ego non storico, anti-idealizzazione occultante nota in Medio Evo e nemica giurata per le attività di Avicenna ed Averroè ma pure di quelle di Tommaso d'Aquino. Mancando anche pensiero scolastico, risulta quindi necessario anche riconsiderare le opere di Platone dell'amore in quanto susseguenti non postume delle altre sue opere della ascesi (il Fedone), di politica (Il Sofista, La Repubblica) e per tale via recuperare il particolare aspetto ex-orfico e dionisiaco delle meditazioni filosofiche-musicali di Platone dopo lo scontro-incontro col Tiranno di Siracusa non a caso dal nome di "Dionisio" o, per chi ne sapeva potere della personalità, dal solo appellativo di "Dioniso". Tal aspetto culturale si recupera per mezzo di letture comparate simultanee o si ottiene da lettura culturale non ellena ma ellenica dei testi di Platone la quale è ignota alla istruzione classica impartita in Italia ma che discende da stessa cultura greca ed italiana non esclusa da riferimenti accademici possibili. Questa operazione culturale non conduce a trasvalutazioni nietzschiane di valori ma a riformulazione differente di questioni che si svelano drammatiche solo in inizio non sèguito storici.

Aristosseno "figlio di Mnesias ovvero Spintharos", fu pensatore etnico. Per tal motivo ciò che di sua eredità intellettuale ellenamente si mostra non si manifesta ed ellenicamente si manifesta quale mnemotecnica musicale non fu mai una astrazione teorica ma un insegnamento concreto di teorie del ritmo e della armonia secondo fisicità e mentalità greche ed elleniche. Di tale insegnamento potevasi e si può per il non greco solo ottenerne informazione neppure nozione (io che scrivo invece sono greco d'Italia). Secondo sola informazione non è possibile valutarne separatezza di concezioni ritmiche ed armoniche, d'altronde per la cultura ellenista comprese entro altra unità di concezione melodica. Dunque la informazione mediata da ellenismo non aliena da utilizzarne riferimento ma allora il riferimento stesso non essendo solo citazione se non attuato con diretta consapevolezza può o potrebbe esserne ricondotto, avendo cura di individuarlo con precisione: infatti si deduce da testimonianze che vi fosse anche altro Aristosseno non figlio di "Spintharos" e non legato al mondo ellenico di Taranto ma al mondo greco-esperio (ovvero più occidentale) che basava appartenenza etnica direttamente dalla pratica musicale (per il quale il vocabolo "Spintharos" di fatto resta privo di funzioni patronimiche, non essendo in tale grecità esperia la musica avviata da patrimoni civili ma da consuetidini, anche selvagge). Ma avendo avuto solo questa cura, resta impossibile saperne delle teorie musicali (di entrambi), le quali erano appunto basate su una dimostrazione di memoria etnica sovraordinata a intelligenza musicale...
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Non l'Evo di Mezzo dei greci, il Medio Evo greco non ebbe mai nell'Umanesimo e Rinascimento un evento con senso interno, per ciò che riguarda il mondo bizantino ufficiale accadendovi senso esterno, a causa di ruolo di introduzione da parte di ufficialità bizantine ed al solo Rinascimento. Dunque va praticato accorgimento di contestualizzazione-riduzione-ricontestualizzazione per le opere moderne che rielaborano eredità non retaggi greco-ellenici senza diretti non parziali confronti.
Ricontestualizzando, si evita di smarrirsi nelle privazioni di dirette conoscenze della antichità che recensore (G. Damele) e autore (R. Martinelli) rivelano da indice, trattazione, sintetizzazione e si può evitare di sopravvalutarne o sottovalutarne conclusioni.

Centrale nell'indice appare la menzione di un "caso", il caso Nietzsche, perché il caso mostrando indeterminatezza delle concezioni, dell'indice e del libro di cui recensore offre sintetizzazioni comunque rilevanti e non ambigue. È evidente da quanto io ho esposto che tale caso è musicologicamente affatto relativo, ma nella trattazione del libro evidentemente la musicologia si espone attraverso una gnoseologia filosofica che non inquadra di quel caso assoluta rilevanza. Difatti il senso del discorso filosofico affronta il dilemma: del dualismo estetico di elementarità filologica di apollineo e dionisiaco; i rilievi critici nietzschiani ai drammi ovvero non melodrammi di Wagner; gli apprezzamenti critici nietzschiani alle opere non solo melodrammatiche di Bizet; in una indubitabile o indubbia relativizzazione storica e cronachistica entro cui se ne presenta assolutizzazione soggettiva, non di Nietzsche stesso, la quale non ha consistenza di necessarietà qualora si volesse intender di più del caso stesso: l'opere di composizione di stesso F. W. Nietzsche, di cui una orchestrazione su intuizione di tema antico ed antichissimo etnico e religioso (persiano) e sua ricostruzione verbale poetica in tedesco (arcaico se per la musica) non deve illudere circa la importanza ed eccezionalità artistica autonoma del resto, cioè spartiti per pianoforte che hanno fatto la storia della musica classica postmoderna (assieme alle "songs" di Tchaikovsky ed ai concerti di Debussy ed alle lezioni di interpretazioni di Ravel, con le rielaborazioni classiche ed eventuali degli originali di A. Piazzolla o con gli esempi etnici diversi di De Falla o di H. Villa Lobos...) . Certo non si tratta di paradigmi estetici, ma pur sempre di eredità di arte non solo artistiche e non affidate alle sole intuizioni né il postmodernismo fu tutto o qualcosa neppure molto per tali artisti, cui opere musicali e non solo erano pure altro ed oltre, anche appunto in realizzazioni (non ho qui fatto elenchi completi neppure indicativamente sufficienti per ciascuno dei compositori citati).
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Conduce invece ad un esito postmoderno il discorso (del libro stesso), che approda alla negazione analitica attuata da Wittgenstein, il quale rilevò il termine interno delle ragioni filosofico-analitiche nel ruolo di inizio-fine della materia-tematica musicale per la analisi filosofica dell'accadere vitale; e che assume valore critico negativo senza contesti o critico positivo se non ne è privo, le attività musicali filosofiche in esso citate e descritte essendovi rispettivamente ostacoli ineludibili oppure àditi per cambi di intellettuali registri. Ciò risulta indiziato oppure indicato dallo includere principalmente alcune scienze particolari in quel (non mio) discorso stesso: fisica, fisiologia, psicologia; con evidente aggiramento di quelle più direttamente inerenti l'argomento (del libro): acustica e fonologia; elusione resa possibile dalle particolari inerenze, riferite nelle sintetizzazioni del recensore le quali... non a caso sono irrelate nella trattazione entro filosofema nietzscianamente: recupero del retaggio non di eredità di quei filosofi antichi detti "fisici". Tale irrelato costituisce un linguaggio scientifico di eredità medioevale-enciclopedica, esistente sin ai primordi della stessa scienza acustica, che non è una fisica scienza ma che era filosoficamente appellata fisica da stesso Tartini l'iniziatore primo ufficiale della nuova scienza acustica. Per tale storicamente determinata limitazione linguistica la stessa scienza della fonologia nata da scopi non di conoscenza dei suoni ma di pratica di effetti sonori, con applicazioni da sùbito valide in medicina ed essendo nata in inerenza con formulazioni di discipline teoriche acustiche, è nella trattazione indicizzata del medesimo libro e di stessa recensione quanto meno emarginata da attenzioni ad applicazioni musicologiche di psicologia e fisiologia che ivi si aggiungono ad attenzioni alle rilevazioni acustiche di scienza fisica, queste che non sono mai la scienza acustica e concernenti effetti primari di vibrati non delle vibrazioni. Tutto ciò... non a caso convergendo sul recupero nietzschiano delle filosofie non scienze fisiche e non a caso risolvendosi in una riflessione non ugualmente musicologica ovvero gnoseologica sul pensiero musicologico di Adorno, perché il discorso del libro in evidenza indiretta si limita a conclusioni di margine eppure se opportunamente vagliate non marginali.

Dunque nonostante inversione dei parametri musicali-filosofici entro stessi registri semantici filosofici-musicali, quanto reso da indicizzazione-sintesi di autore e recensore appresta opportunamente quadri argomentativi di vivo interesse per cultura filosofica, estetica e scientifica intorno all'argomento della musica occidentale.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Tali da me suddetti quadri includono:

Il ruolo preminente dei musicisti-filosofi, tra i quali notevolissimo quello assunto per intera cultura musicale europea da L. W. Beethoven, dico io e per parte mia preciso in principio esso illuminato dalla filosofia personale di Goethe, poi fattosene Egli una sua tutta propria, che era saggezza di rappresentazione drammatica-tragica della esistenza ed estetica filosofica della tragicità del dramma non dell'esistere ma di ciò che è 'esistendo' e 'non nell'inesistendo' (nel libro correlato maggiore alla riforma dialettica-idealista hegeliana non dialettica hegeliana);
quindi la evoluzione, vitalista e pragmatista, di tali vicende intellettuali, nelle altrettanto sublimi opere del beethoveniano teutonico Gustav Mahler, codeste però essendo intellegibili solo da approccio positivo, storicamente cosciente...

Il ruolo decisivo degli studi filosofici estetico-musicali: prima razionalisti, poi idealisti...

La (relativa) non estraneità della storia della filosofia alla storia della musica, di cui esplicativo il preromanticismo filosofico-culturale di Rousseau...

Dunque sicuramente vagliando gli eventi della fine del romanticismo nell'arte wagneriana e nella critica musicale e musicologia nietzschiane, notasi che la esposizione dei quadri in evidenza da medesimo libro si arresta col "caso Nietzsche" per cedere il posto alla descrizione di condizioni della filosofia post-nietzschiana, entro cui collocata la riflessione sul pensiero di Adorno circa:

il germanesimo musicale;
la decadenza dei gusti con la ossessione del parossismo dionisiaco;
l'alto valore artistico della estetica del Decadentismo, nella nuova arte musicale tedesca e francese in felice connubio con l'esotismo rispettivamente latino e latineggiante.

Proprio la suddetta (da me indicata) premessa unificante, derivata all'autore del libro senza riscontro di consapevolezza dalle sintesi elleniste tardoantiche, inclusiva della estetica musicale ellenica intorno a ritmo ed armonia, ipostatizzando dunque relativizzando la identica ipostasi fittizia di determinante origine in realtà medioevale della cosiddetta Armonia delle Sfere Mondane ovvero de-sostanzializzandola, evita che il fisicismo dei riferimenti scientifici di fatto prevalenti nel contenuto filosofico si autosostenga positivisticamente ed impedisce allo studio di autore stesso e di medesimo libro Martinelli di precludere formale filosofico risultato a chi se ne avvalga o avvalesse (recensore medesimo ovvero Damele nella fattispecie incluso), poiché la musicologia greco-antica priva di effettualità ivi conservando non integrate le nozioni fisico-filosofiche ne espone a disintegrazione la disorganizzazione cagionata dalla datità scientifico-moderna, dando pure implicita intuizione di correlativa scaturigine coincidenziale della sopravvalutazione dei dati scientifici prevalente nella società moderna-postmoderna, ciò ivi stesso col solo definirne la marginalità e senza esposizioni ideologiche non neutrali.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :...

Tale (da me suddetta) non neutralità, ha curioso effetto (e tralasciando anche del tutto la gemellarità greca ed esperia, non civile non incivile, della estetica musicale rinvenibile anche non grecamente in quanto rimasto del pensiero anche di solo stesso Aristosseno di Taranto, che scienziato di armonie mai fu, ma di numeri e cifre musicali matematico, scienziato) di attuare una duplice e rovesciata apertura / chiusura , per cui la severità "bachiana" più estrema balenando, in mente del recensore anche, conduce alla soglia della fatalità più spinta, in mente altrui ed in mente mia pure, delle 'bachiane' analogie selvagge di cui il brasiliano Villa-Lobos (stesso da me prima citato) fu compositore-tramite... E per stessa via dietro le immaginazioni dei vertici delle visioni mitologiche wagneriane pare quasi manifestarsi e non solamente il fantasma di Minerva nuda ma anche di Poseidone nudo!... Ma questa mitografia però potendo ed in altra eventualità essere designata-disegnata e non segnata e solamente da danzare stesso (quello ma non solo quello variamente evocato nel ballo detto non sinonimicamente 'Taranto' del cosiddetto flamenco, greco-ispanico...), senza concreta espressione scritturale, perché a volerne approfondire sapienza questa non sarebbe una guida e neanche per ricerche né di esempi di concrete deità, diventandone espressiva una ri-evocazione occulta o indecifrabile (tranne che in consapevole denudarsi - attuarsi non simbolico non semiotico); e tutto il resto rimane precluso alle culture ove natura non è preminente su civiltà, unicamente permanendo possibilità di comprensione dal significato obbligato e greco-esoterico, non altro.

Insomma senza ricorso alla semplicità greca, di tal ultimo esito aggiunto pur essenziale ma nel senso di quintessenziale, neppure qualora vi fosse il ricordo stesso della musica antica a Taranto se ne potrebbe trarre qualcosa; e per altre facoltà il trarne implicherebbe non scientifica od altra storica continuità... fisico-erotico mondanamente altro atto filosofico, precluso a chi odia delle testimonianze antiche greche fisicità ed eroticità. D'altronde essendo quella non altra continuità rapportabile proprio a tale odio, ci si domanderebbe come mai allora la trattazione, contenuta in tutta evidenza nella stessa pubblicazione del Martinelli, sia tale, non una elencazione di negazioni!
A prescinder pure che la stessa italianità di lingua scritta ne reca risposta con allusione fatale alla speculare realtà apolide, non metropolitana, precedente alla fondazione della ellenica Taranto, distinta umanità ma uguale, di cui totale sorpresa appare la convivenza anche in stessi luoghi non luogo italiani e non in luoghi sperduti del Nuovo o Nuovissimo Mondo, a parte che codesto recarne non è l'offrirne ed è meno il suggerirne... Sta di fatto che in forza di orizzonte di esso, intellettualmente non chiuso ma conoscitivamente precluso e sensibilmente non sensitivamente aperto però percettivamente e mentalmente disperso, l'argomento, la trattazione, il recensire soltanto, di tal libro "I filosofi e la musica", sono esperienza non come di sporgersi su abisso ma come di trovarsi a porta chiusa di posto ignoto e senza chiave; e ciò, a parte che è buffo o arcano, diventa utile pur non recando utilità ed a patto di far ricerca filosofica su quanto non oltre il risultante ma pure di quale sia ulteriore o restante interesse correlato non entro il risultato stesso.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In un mio messaggio inviato precedentemente qui, il termine 'nietzscianamente' è parziale italianizzazione che sta per: nietzschianamente o dirsivoglia niccianamente (italianizzazione).

MAURO PASTORE