venerdì 6 marzo 2015

Bertinetto, Alessandro, Il pensiero dei suoni. Temi di filosofia della musica

Milano, Bruno Mondadori, 2012, pp. 169, euro 16, ISBN 978-88-6159-658-0

Recensione di Davide Sisto – 10/09/2013

Talking about music is like dancing about architecture: non può che essere questa celebre sentenza di Frank Zappa, risalente a un’intervista del 1985, ad aprire il testo di Alessandro Bertinetto dedicato al rapporto tra filosofia e musica. Se forse il grande genio della sperimentazione rock anni ’60-’70 esagera nel ritener superflua ogni discussione sulla musica, è indubbio il carattere fortemente problematico insito in ogni indagine volta a spiegare  secondo schemi razionali – il significato intrinseco di una forma d’arte che, più di ogni altra, è stata protagonista – nel corso del XX secolo –


di evoluzioni e cambiamenti, i quali hanno reso opaco il confine tra ciò che rientra nel territorio musicale e ciò che, invece, va lasciato fuori.
Contaminazione è la parola d’ordine di un universo sonoro profondamente composito, in cui le molteplici vie, intraprese tanto dalle espressioni popolari quanto da quelle della musica colta, tendono a destrutturarne i contorni e ad ampliare le prospettive sia della composizione sia della fruizione. Basti pensare alla popolarità ottenuta da forme musicali che pongono in primo piano il rumore tout court (per esempio, il noise o la glitch music) o che privilegiano il carattere impetuoso del caos e della violenza acustica (le espressioni più estreme dell’heavy metal, l’ambient metropolitano o, ancora, l’elettronica post-industriale). Avendo coniugato per diversi anni lo studio filosofico con il giornalismo musicale relativo a generi considerati poco convenzionali, mi sono avvicinato al testo di Bertinetto con curiosità e precauzione, tenuto conto delle notevoli difficoltà, nonostante i numerosi studi a riguardo, che seguono il tentativo di delucidare razionalmente i meccanismi artistici a fondamento della composizione della musica e della sua fruizione.
E, infatti, il presente libro manifesta un’indubbia complessità strutturale a cui, però, si contrappone una limpidezza teorica e linguistica che fa onore all’autore. Innanzitutto, il pensiero dei suoni: il titolo non rimanda semplicemente all’idea che la musica debba essere intesa in termini filosofici, poiché in grado di creare visioni del mondo alternative a quelle normalmente esperite o di esprimere concetti. Piuttosto, al fatto che essa debba essere oggetto di riflessione filosofica. Piaccia o no allo spirito di Zappa, aleggiante eccentrico nell’aria, la musica – secondo l’autore – impegna la filosofia in uno sforzo interpretativo in grado di sviscerarne le molteplici questioni che la contraddistinguono, stabilendo un connubio di cui non si può fare meno. Per affrontare tale compito, Bertinetto mette subito in chiaro che il suo obiettivo non è di natura prettamente storica, ma di natura teoretica ed estetica. Le evoluzioni del pensiero filosofico relativo alla concezione della musica occupano, infatti, poche pagine del testo, lasciando il palcoscenico alla teoresi. Il metodo espositivo adottato dall’autore consiste nell’integrazione di due strategie differenti: da una parte abbiamo il serrato confronto tra posizioni teoriche radicalmente contrapposte in merito a un determinato tema musicale, dalla cui puntuale contestualizzazione sia possibile trarre una specifica base filosofica; a partire da questa Bertinetto elabora un proprio personale punto di vista, a tratti sintetico rispetto alle posizioni confrontate e a tratti, invece, aporetico là dove le questioni risultano più complesse del dovuto. Dall’altra parte abbiamo la rielaborazione del metodo socratico all’interno di un contesto non dialogico, per cui l’autore definisce, per esempio, che cos’è la musica, sonda la validità di tale definizione estrapolandone tutti gli aspetti controversi in rapporto all’esperienza diretta della fruizione, quindi la supera in una nuova definizione, maggiormente ragionevole, con un minor numero di contraddizioni interne e aderente alla situazione culturale entro cui è inserito il fenomeno musicale contemporaneo.
Tale metodologia argomentativa viene applicata: al già menzionato tentativo di definire cosa sia “musica”, cercando di fissare un confine tra ciò che va incluso e ciò che va escluso dal contenitore musicale quale esperienza di per sé artistica; al rapporto estetico tra la composizione e la fruizione, con il ruolo dell’improvvisazione a complicare la linearità del ragionamento; al problema del contenuto musicale e al significato che assumono le emozioni nell’ascoltatore e, infine, all’interazione tra la musica e etica. Ogni tematica ha, a suo fondamento, due riferimenti teorici imprescindibili. Il primo, di natura prevalentemente storica, riguarda il passaggio della musica da una concezione platonico-pitagorica che l’accosta al pensiero e alla matematica, mettendo in secondo piano la dimensione acustica, a una moderna che la include nel novero delle cosiddette “belle arti”, esaltando soprattutto la creatività e l’immaginazione. Il secondo, invece, di natura più speculativa, concerne i due paradigmi filosofici da sempre dominanti, mediante cui viene interpretata la musica: quello romantico, in cui «il valore estetico del suono e dei rapporti strutturali tra le forme sonore risiede nella capacità di travalicare il segno acustico per alludere a ciò che va oltre i significati esprimibili dalle parole e dalle rappresentazioni» (p. 10), e quello formalista, sostenuto – per esempio – da Peter Kivy, per cui la musica è esclusivamente arte decorativa, imponendo «la chiusura autoreferenziale della musica strumentale, priva di riferimenti al mondo e al soggetto, come realizzazione dell’autentico ideale estetico» (p. 11). In altre parole, i formalisti ritengono che la musica non abbia a che fare con la narrazione, la descrizione e la raffigurazione, ma vada considerata come un’arte priva di contenuto o di significato (p. 49). Ora, nel corso del Novecento, tali posizioni contrapposte si ritrovano ad affrontare problemi inediti. Come già sottolineato inizialmente, la contemporaneità è testimone dell’ingresso prepotente del rumore, nonché di qualsiasi altro suono di origine non intenzionale, all’interno della musica, mettendo in crisi il cristallino principio di distinzione tra la musica e gli altri tipi di suono ambientali o i rumori. Bertinetto, pertanto, alla luce di tali cambiamenti, cerca di fissare la definizione e il carattere significante della musica, muovendosi con prudenza tra l’idea di non assumere un atteggiamento eccessivamente conservatore, tale da escludere radicalmente dall’alveo musicale il rumore e i suoni ambientali, e l’idea che si debba comunque trovare un discrimine in base al quale sia possibile considerare un determinato suono come musicale. Si tratta, cioè, di trovare un parametro secondo cui si possa distinguere ciò che è musica da ciò che non lo è: tale parametro è dato dalla presenza o dall’assenza dell’intenzionalità volta a realizzare un’esperienza artistica ed estetica. Dalla consapevolezza di tale intenzionalità risulta chiaro che la musica non è l’unica arte dei suoni. Esemplificativo, a riguardo, è il caso dei “4'33"” di John Cage, una composizione del 1952 in tre movimenti, il cui inizio e la cui fine sono indicati dal pianista alzando e abbassando il coperchio del pianoforte. Un cronometro segna la durata di ogni movimento, durante cui l’esecutore non deve suonare alcuna nota, raggiungendo complessivamente i quattro minuti e trentatré secondi menzionati nel titolo della performance. In questo lasso temporale il pubblico ascolta rumori e suoni ambientali non intenzionali, come un colpo di tosse, clacson, ronzii svariati, ecc. (pp. 37 ss). Bertinetto interpreta l’esperimento di Cage come art performance e non come musica. Il performer, infatti, non ha alcuna connessione causale con i suoni ambientali fruiti dagli spettatori. 
«Organizzazione temporale di suoni […] che ha il proposito di arricchire o intensificare l’esperienza impegnandoci in un’attività (l’ascolto, la danza o l’esecuzione di un’azione) e in cui i suoni sono considerati primariamente, o in misura rilevante, come suoni» (J. Levinson, Music, Art and Metaphysics, Cornell University Press, Ithaca and London 1990, p. 272; cit. da A. Bertinetto, p. 31). La definizione data alla musica da Levinson permette, accanto alla problematica relativa alla distinzione tra un’arte dei suoni musicale e una non musicale, lo svolgimento di un altro tema cruciale della presente monografia: la questione del ruolo delle emozioni e dei sentimenti nell’esperienza acustica e la riflessione sui meccanismi mentali che caratterizzano la fruizione della musica da parte dell’ascoltatore. Ponendosi sul sentiero speculativo di Levinson e attraverso l’analisi di molteplici posizioni teoriche, sia interne al dibattito estetologico angloamericano, sia proprie della cultura continentale (dal modello percettivo-cognitivista a quello dell’espressivismo, passando attraverso l’ermeneutica estetica di matrice pareysoniana), Bertinetto stabilisce una relazione tra le emozioni ordinarie e quelle musicali, attraverso il rimando all’immaginazione, fortemente protagonista nella fruizione delle composizioni sonore o delle canzoni, la cui attività è costantemente sottoposta alle varianti che l’improvvisazione e le nuove forme di popular music offrono all’universo musicale.
Senza dar vita a una meticolosa analisi di ogni passaggio argomentativo del testo, analisi che di fatto risulta fuori luogo per la mole di teorie confrontate e di problematizzazioni teoretiche incluse in questo libro, possiamo evidenziare come Il pensiero dei suoni sia un lavoro particolarmente prezioso per introdursi nelle questioni che attualmente contraddistinguono lo studio filosofico della musica. L’agilità con cui Bertinetto si muove tra un tema e l’altro, favorita da una forma linguistica chiara e accessibile anche ai non specialisti, permette la ricostruzione di un quadro teorico cristallino, che può rappresentare un importante punto di partenza per altri studi similari nel settore. Con buona pace dello scetticismo di Frank Zappa.  


Indice

Preludio
Che cos’è la musica?
Forma insignificante? Il problema del riferimento e del contenuto musicale
Una scienza emozionale?
Coda

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