mercoledì 23 marzo 2016

Ratti, Giovanni Battista, Diritto, indeterminatezza, indecidibilità / Studi sulla logica del diritto e della scienza giuridica

Diritto, indeterminatezza, indecidibilità: Madrid, Marcial Pons, 2012, pp. 204, ISBN 978-84-15664-06-2

Studi sulla logica del diritto e della scienza giuridica: Madrid, Marcial Pons, 2013, pp. 183, ISBN 978-84-15948-29-2 

Recensione di Adriano Zambon - 23/01/2015

I due volumi qui in esame raccolgono i risultati di una serie di ricerche portate avanti dal filosofo del diritto Giovanni Battista Ratti: il primo, Diritto, indeterminatezza, indecidibilità, viene presentato come l’ultima parte di una trilogia dedicata all’analisi dei sistemi giuridici, di cui fanno parte Sistema giuridico e sistemazione del diritto (2008) - dedicato al tema della sistemazione del diritto e al ruolo che la dottrina assume in quest’ambito - e Norme, principi e logica (2009) - dedicato principalmente al tema della defettibilità; il secondo, Studi sulla logica del diritto e della scienza giuridica, riunisce invece il frutto delle ricerche compiute da Ratti fra il 2011 e il 2013. 
Il primo dei due volumi, Diritto, indeterminatezza, indecidibilità, è suddiviso in due parti, ciascuna delle quali è costituita da quattro diversi saggi. In quelli che compongono


la prima parte, l'autore affronta alcune tematiche in vario modo connesse alla questione dell'identificazione del diritto, mentre nei saggi della seconda parte, a fare da filo conduttore, sono i temi dell'indeterminatezza e dell'indecidibilità dei sistemi giuridici. La molteplicità delle problematiche trattate rende quindi il libro sicuramente variegato e molto denso; tuttavia, se si volesse provare ad individuare un elemento minimo comune a tutte le sue componenti, si potrebbe riconoscere, come afferma l'autore nella premessa, che esso costituisce la “conclusione di un percorso di ricerca sulla nozione di 'sistema giuridico'” (p. 15), conclusione che però non tralascia il tentativo di aprire nuovi orizzonti alla ricerca filosofico-giuridica.
È quello che accade nel primo scritto, in cui, dopo una breve esposizione della teoria degli insiemi, l'autore si focalizza sulla possibilità di identificare (estensionalmente o intensionalmente) il sistema giuridico, nel caso in cui esso venga trattato come un insieme. Questa soluzione al problema dell'identificazione viene discussa in relazione a tre diverse varianti della concezione del diritto come insieme: il diritto come insieme di enunciati; il diritto come insieme di significati di enunciati (ossia norme); il diritto come insieme di significati di enunciati e delle conseguenze logicamente ricavabili da tali significati. La teoria degli insiemi viene in seguito applicata anche per elaborare una lettura estensionale e una lettura intensionale delle due tesi sui rapporti tra diritto e morale (la tesi della separazione e la tesi della connessione). 
Il secondo saggio invece, riguarda il cosiddetto puzzle della determinazione del giuridico, elaborato dai giuristi Caffera e Mariño e generato a partire dalle posizioni assunte in Normative Systems da Alchourrón e Bulygin. Questi ultimi hanno sostenuto che una 'norma giuridica' va intesa come qualsiasi enunciato appartenente a un 'sistema giuridico' e che l'espressione 'sistema giuridico' “denota un insieme di enunciati che contiene tutte le loro conseguenze logiche, tra le quali si trova almeno una norma che dispone il dovere di applicare una sanzione coercitiva” (p. 50). Accettando queste definizioni, si finisce però per considerare la classe universale delle norme come un 'sistema giuridico' (visto che tale classe comprende norme coercitive) e quindi per dire che tutte le norme sono 'norme giuridiche'. Dopo aver criticato alcune proposte di soluzione di questo puzzle, l'autore tenta di scioglierlo sostenendo che, in realtà, per identificare un sistema giuridico, Alchourrón e Bulygin individuano un altro criterio, cioè “l'uso, da parte dei giuristi, di certi criteri di identificazione delle norme giuridiche” (p. 60), che è essenziale per affermare che un insieme costituisce un sistema giuridico; questo requisito non viene però soddisfatto dal sistema universo e dunque il puzzle di Caffera e Mariño viene disciolto. 
Il terzo e il quarto saggio sono accomunati dal tema della regola di riconoscimento. In particolare, nel terzo capitolo, l'autore riprende le analisi di Riccardo Caracciolo in tema di regola di riconoscimento e defettibilità, per poi mettere a confronto queste due nozioni, esaminando il problema della defettibilità della regola di riconoscimento e quello della defettibilità di norme in base alla regola di riconoscimento. Nel quarto capitolo invece, vengono affrontate tre differenti questioni. La prima, ossia lo statuto teorico della regola di riconoscimento, porta l'autore a esaminare le ricostruzioni di tale regola offerte dalla teoria giuridica anglosassone e da quella continentale; in seguito, egli considera la tenuta di ciascuna di queste ricostruzioni di fronte alle critiche di Dworkin alla nozione stessa di regola di riconoscimento (critiche che, argomenta l'autore, si rivelano in entrambi i casi inefficaci). Partendo proprio dalle critiche dworkiniane basate sull'argomento dei disaccordi, viene poi analizzato un altro problema, cioè se “i canoni interpretativi fanno parte dei criteri contenuti nella RR [regola di riconoscimento]” (p. 82), quesito a cui l'autore risponde negativamente, argomentando contro l'esistenza di una connessione concettuale tra regola di riconoscimento e canoni interpretativi. 
Conclude il quarto saggio un'analisi della concezione della regola di riconoscimento nel realismo giuridico ed un suo confronto con la concezione della medesima regola nel positivismo convenzionalista.
La seconda parte del volume si apre con un saggio ricognitivo (il più corposo fra tutti quelli presenti), in cui sono passati in rassegna cinque limiti concettuali all'ideale di completezza del diritto. In primo luogo, viene discussa la possibilità di costruzione di un sistema giuridico completo, attraverso l'introduzione di una norma di chiusura: qui l'autore mette in evidenza come, per ragioni di logica, le diverse tipologie di norme di chiusura utilizzabili comportino la creazione di antinomie interne al sistema giuridico stesso. Il secondo limite considerato è quello della indeterminatezza logica dei sistemi giuridici. In questo caso l'autore, dopo aver descritto due diverse posizioni teoriche relative ai rapporti tra la logica deduttiva ed il diritto (la teoria secondo cui la logica deduttiva sarebbe necessariamente incorporata nel diritto e quella secondo cui la logica giuridica dipenderebbe dal diritto), mostra e analizza le diverse concezioni del ruolo delle conseguenze logiche delle norme in un sistema giuridico; la conclusione a cui giunge è che si rivelano non autosufficienti non solo i sistemi normativi privi di regole di inferenza ben determinate, ma anche quelli dotati di tali regole, per l'impossibilità di determinare le regole di manipolazione logica dei criteri di riconoscimento dell'ordinamento giuridico. Il terzo problema per la completezza del diritto, è quello della vaghezza, di cui l'autore esamina le associazioni e le relazioni con l'incompletezza e la defettibilità. Nella quarta parte del saggio, si prende invece in considerazione il dilemma della revisione costituzionale: “la procedura giuridica per la revisione della costituzione può essere usata per modificare la norma che dispone tale procedura?” (p. 112). Entrambe le risposte al quesito, sostiene l'autore, portano a esiti problematici: se infatti la risposta è negativa, ogni modifica della norma di revisione dovrà essere concepita come una rottura illegittima dell'ordinamento; se invece è positiva, si riconoscerà che l'autorità suprema dell'ordinamento non è tale, perché la norma di revisione consentirà ad un'altra autorità di modificare l'ordinamento giuridico. Ultimo tema affrontato dal saggio è il paradosso della defettibilità globale. Esso riguarda le teorie che sostengono che i sistemi giuridici siano completi, ma che non possano essere identificati attraverso la determinazione dei loro singoli elementi; questo porta ad affermare la necessaria presenza nel sistema di uno standard normativo, che impone di trattare come defettibili tutte le norme del sistema. Se però tale standard non viene applicato a se stesso, allora uno standard normativo del sistema non dovrà essere trattato come defettibile, se invece viene applicato a se stesso, allora non tutte le norme del sistema dovranno essere trattate come defettibili. Il diritto allora si rivela, anche in questo caso, non autosufficiente e l'autore dimostra come la stessa conclusione non possa essere evitata anche nelle possibili soluzioni del paradosso. Tutte le considerazioni del quinto saggio portano quindi l'autore a concludere a favore della “necessaria incompletezza del diritto” (p. 120). 
Il sesto capitolo contiene una difesa della logica deontica standard da due critiche portate avanti nei suoi confronti da parte dei sostenitori delle logiche deontiche defettibili. La prima critica, secondo cui la logica deontica standard non sarebbe in grado di spiegare i conflitti normativi, viene respinta perché non tiene conto che gli enunciati normativi possono essere trattati, da parte di tale logica, sia come norme sia come proposizioni descrittive vertenti su norme. La seconda critica, secondo cui la logica deontica standard non sarebbe in grado di risolvere i conflitti normativi, viene invece respinta perché non si può attribuire a tale logica questo compito. In seguito, l'autore passa a criticare il defettibilismo in entrambe le sue versioni (quella estrema e quella moderata): esse, nel caso in cui vengano lette come un discorso descrittivo, falliscono nel dare conto delle antinomie; mentre, nel caso in cui vengano lette come un discorso prescrittivo, non riescono a fornirne una soluzione alle antinomie. 
Il settimo capitolo si concentra nuovamente su alcune considerazioni di logica deontica sviluppate da Alchourrón e Bulygin in Normative Systems: dopo aver approfondito la distinzione adottata da questi studiosi fra norme (che non possono dirsi vere o false) e proposizioni normative (che, essendo enunciati di carattere descrittivo su norme, sono apofantiche), l'autore esamina le due nozioni di coerenza ricavabili dall'opera e le conseguenze della loro applicazione ai sistemi normativi: accanto a quella che chiama α-coerenza, ossia la nozione classica di coerenza (“un certo insieme di proposizioni è coerente se, e solo se, non contiene la congiunzione di una certa proposizione φ e della sua negazione ~φ”, p. 143), ne individua un'altra, che chiama β-coerenza, la quale costituisce il fondamento di una logica non classica. Quest'ultimo aspetto diviene particolarmente rilevante, perché consente di limitare la portata del principio ex falso quodlibet e quindi di ridimensionare le conseguenze, derivanti dalla sua applicazione, dell'incoerenza normativa. In seguito, viene affrontata la questione “se le proposizioni normative (e in particolare quelle giuridiche) siano sempre determinabili rispetto ai loro valori di verità o vi siano invece dei casi nei quali risultano, per così dire, 'indecidibili'” (p. 157). Al riguardo, ricollegandosi nuovamente alla teoria di Alchourrón e Bulygin, l'autore dimostra come l'indecidibilità di tali proposizioni, all'interno di sistemi costituiti da norme condizionali, derivi dalla scelta di applicare uno o l'altro dei tipi di coerenza descritti in precedenza. Nella parte finale del capitolo, queste due nozioni di coerenza vengono ricollegate ai due differenti atteggiamenti che i logici da un lato e i giuristi dall'altro assumono nei confronti delle contraddizioni: mentre i primi avvertono come tragiche le conseguenze del principio  ex falso quodlibet, esse non sono percepite come tali dai secondi. Così, nota l'autore, è stato proprio il tentativo di ridimensionare la portata di tale principio che ha portato gli studiosi a cambiare “(la portata di) alcune leggi fondamentali della logica proposizionale” (p. 164), il cha ha condotto ad una revisione della logica normativa “intesa come logica proposizionale” (ibidem).
Infine, l'ottavo e ultimo saggio riguarda i condizionali controfattuali. Dopo una descrizione di questi ultimi e delle problematiche che essi hanno generato in logica, l'autore esamina il ruolo che tali condizionali assumono in ambito giuridico. Fra le diverse questioni analizzate, lo spazio maggiore viene dedicato a due temi: l'utilizzo, in sede interpretativa, dell'argomento dell'intenzione del legislatore, rispetto al quale i controfattuali hanno ovviamente un ruolo decisivo (visto che tale intenzione viene spesso ricercata in assenza di una sua espressa formulazione); il ruolo dei controfattuali nei giudizi di causalità ed i connessi problemi logici, legati al test but-for e al test NESS.

Il secondo volume, Studi sulla logica del diritto e della scienza giuridica (una raccolta di nove saggi), si apre con un'analisi delle proposte teoriche di Brian Leiter. Inizialmente, l'autore descrive le tesi principali sostenute da Leiter in Naturalizing Jurisprudence, evidenziando come, in base ad esse, il realismo giuridico venga profondamente rinnovato, in quanto concepito non più come una teoria generale del diritto, ma come “una teoria delle decisioni giurisdizionali” (p. 24), che presuppone una teoria generale del diritto (nello specifico, una variante del positivismo giuridico esclusivo). In seguito, dopo aver messo in luce la potenza delle critiche mosse da Leiter nei confronti dell'oggettivismo morale dworkiniano, l'autore passa a descrivere ed a criticare l'idea, avanzata in tempi più recenti da questo studioso, secondo cui è inutile cercare di risolvere il problema della demarcazione fra diritto e morale, un'idea che provoca ovviamente un indebolimento del progetto naturalistico di Leiter stesso. La soluzione al problema della demarcazione proposta da Ratti consiste allora nel mantenere una prospettiva epistemica, distinguendo fra discorsi prescrittivi e discorsi descrittivi: anche se gli interpreti del diritto elaborano spesso dei discorsi valutativi sul diritto medesimo, questo non impedisce di “prendere atto di tali valutazioni come semplici fatti costitutivi del diritto” (p. 43) e perciò di elaborare un discorso descrittivo su ciò che si verifica nell'ordinamento giuridico. 
Il secondo saggio descrive invece il modello di scienza giuridica elaborato da Harold Berman per poi metterlo a confronto prima con il modello normativistico di Alchourrón e Bulygin e in seguito con il già richiamato modello naturalistico di Leiter. 
Nel terzo scritto, l'autore sviluppa una difesa di alcune sue tesi relative ai disaccordi giuridici: nello specifico, si tratta di una risposta articolata a una serie di critiche, avanzate da due studiosi (Diego Papayannis e Lorena Ramirez) nei confronti di alcune idee sviluppate dallo stesso Ratti. 
Il quarto saggio contiene invece un'analisi della negazione delle norme condizionali. Il primo aspetto qui esaminato è il rapporto fra una norma condizionale della forma 'p⊃Oq' e una norma condizionale della forma '~(p⊃Oq)': apparentemente si tratta di una contraddizione, ma l'autore mostra che questa conclusione può essere messa in dubbio, in base alle diverse letture che possono essere date di '~(p⊃Oq)'. Tuttavia, rileva l'autore, non è questa la negazione che determina le contraddizioni rilevate dai destinatari delle norme o dai filosofi pratici: infatti questi ultimi “chiamano 'contraddizione normativa' […] la congiunzione di un condizionale normativo e di una norma-negazione condizionale” (p. 89), ad esempio “(p⊃Oq)&(p⊃~Oq)” (ibidem). Questo non consente però di evitare una conseguenza di trivializzazione: per effetto dell'arricchimento infatti, da 'p⊃~K' (dove 'K' sta per 'coerenza') si arriva a 'p&s⊃~K' ed in seguito a 's⊃~K', il che significa che l'antecedente 'p' “non solo […] è connesso a qualsiasi conseguenza, ma anche che è connesso a qualsiasi norma condizionale” (ibidem). Per risolvere il problema, l'autore cerca di sviluppare un concetto di incoerenza più ristretto rispetto al concetto classico, proponendo di applicare l'arricchimento solo alle proprietà rilevanti presenti negli antecedenti (così da limitare gli effetti dell'incoerenza), senza comunque evitare di mettere in luce le difficoltà connesse a tale proposta. 
Il quinto saggio passa in esame e critica alcune tesi del già menzionato Caracciolo, stavolta relative all'identificazione dei conflitti fra norme e alla coerenza dei sistemi giuridici; riguardo a quest'ultimo aspetto in particolare, l'autore critica gli argomenti tradizionalmente utilizzati per sostenere la tesi della necessaria coerenza del diritto. 
Il tema della coerenza torna ad essere trattato, insieme a quello della completezza, nel sesto saggio contenuto nel volume. Qui l'autore esamina questi due concetti dal punto di vista della logica proposizionale e poi da quello della filosofia del diritto, richiamando nuovamente le analisi contenute in Normative Systems di Alchourrón e Bulygin. La parte più interessante del saggio è però quella finale, in cui, tenendo presenti le considerazioni fatte in precedenza, l'autore si sofferma su un altro concetto, quello di coesione, di cui esistono molte diverse concezioni, ma di cui egli individua un elemento comune, in modo da arrivare alla seguente definizione: “Un sistema normativo può essere considerato coeso se tutte (o la maggior parte de) le regole che lo compongono possono essere concepite come altrettante applicazioni di un certo insieme di principi soggiacenti” (p. 116). L'analisi prosegue con la descrizione delle funzioni della coesione ed infine delle sue conseguenze logiche; la conclusione cui perviene l'autore è che “la coesione, da un punto di vista logico, può essere concepita come una mescolanza […] di completezza in senso debole, assenza di completezza in senso forte, e la possibile assenza della coerenza relativa alla negazione” (p. 118). 
Il settimo saggio si occupa di un recente volume di Jordi Ferrer e Jorge Rodríguez, Jerarquías normativas y dinámica de los sistemas jurídicos. Vengono nello specifico discussi tre dilemmi teorici ricavabili dall'opera. In primo luogo, si considera la questione “se le relazioni tra sistemi giuridici e ordinamenti giuridici siano da ricostruire come rapporti d'inclusione o, invece, di appartenenza” (p.120): mentre Ferrer e Rodríguez sostengono la prima delle due possibilità, Ratti critica questa soluzione, rilevando che i due modelli non debbano essere concepiti come alternativi, ma come aventi ad oggetto due fenomeni diversi. Per quanto riguarda invece il secondo dilemma, cioè “se sia meglio concepire gli ordinamenti giuridici come depurati o non depurati dalle norme invalide” (ibidem), l'autore espone una serie di argomenti per mostrare che esso va considerato ingannevole o formulato male da parte di Ferrer e Rodríguez. Infine, il terzo dilemma è “se sia maggiormente proficuo rappresentare i sistemi giuridici momentanei come insiemi che contengono tutte le loro conseguenze logiche o no” (ibidem); la prima soluzione, sostenuta da  Alchourrón e Bulygin, è messa in dubbio da Ferrer e Rodríguez, che adottano la seconda tesi. L'autore qui sostiene che il dilemma in esame è un falso dilemma, argomentando a favore del fatto che “non esista una risposta univoca alla questione in esame, e che tale risposta dipenda dalle 'pratiche inferenziali' sincronicamente molteplici e diacronicamente mutevoli dei giuristi” (p. 133). 
Il volume si chiude con un appendice (Disaccordi giuridici e interpretazione) costituito dagli ultimi due saggi. 
L'ottavo saggio, scritto da Ratti insieme ad Andrea Dolcetti, si concentra sulla tematica dei disaccordi. Partendo dalla descrizione dell'argomento dei disaccordi, usato da Dworkin per attaccare il positivismo giuridico hartiano, gli autori giungono a delineare una tassonomia dei disaccordi giuridici, individuandone quattro tipi diversi; in base a tale tassonomia, ridiscutono l'argomento dworkiniano e difendono la teoria di Hart, dimostrando come essa sia in realtà in grado di spiegare adeguatamente i disaccordi. Nella parte finale del saggio, vengono precisate le nozioni, proposte dagli autori, di accordo sulle fonti del diritto e di disaccordo sull'interpretazioni di tali fonti. 
Anche il nono ed ultimo saggio del volume, scritto da Ratti insieme a Jordi Ferrer Beltrán, si occupa del tema dei disaccordi giuridici: stavolta, ad essere analizzato, è però il modo in cui questo tema è trattato da Scott Shapiro in Legality. A questo fine, viene inizialmente ricostruito il dibattito anglo-americano fra positivismo giuridico inclusivo e positivismo giuridico esclusivo (visto che è quest'ultimo ad essere sostenuto da Shapiro). In seguito, gli autori forniscono la propria versione del positivismo giuridico, basata in particolare su due elementi, spesso confusi nel dibattito anglo-americano sul positivismo giuridico: da una prospettiva metodologica, “la lettura epistemica della tesi della separazione” (p. 169); da una prospettiva teorica, la concezione del positivismo giuridico come “un resoconto (o meglio, una ricostruzione) dei fatti sociali di cui è costituito il diritto” (p. 172). A questo punto, vengono analizzate le considerazioni avanzate da Shapiro per rispondere all'argomento dei disaccordi di Dworkin: nello specifico, gli autori dimostrano come, in virtù della distinzione fra i due aspetti indicati in precedenza, la teoria dell'interpretazione giuridica di Shapiro non sia necessaria per rispondere alla sfida dworkiniana. 

In conclusione, un evidente pregio dei due scritti è costituito dal fatto che essi offrono un’ampia e utile panoramica di alcuni importanti studi di filosofia del diritto di area spagnola; infatti le tesi di vari autori spagnoli, come si è visto, vengono spesso richiamate nel dettaglio ed esaminate criticamente da parte di Ratti. In secondo luogo, i due volumi mettono bene in evidenza la fecondità dell’approccio analitico, integrato anche dall’impiego degli strumenti messi a disposizione dalla logica deontica, nello studio di tematiche e problemi di filosofia del diritto spesso molto diversi fra loro. 

Indice di Diritto, Indeterminatezza, indecidibilità

Premessa
Parte prima. L'identificazione dei sistemi giuridici.
Capitolo 1. Teoria degli insiemi e analisi del diritto. Un saggio esplorativo
Capitolo 2. Il puzzle della determinazione del giuridico 
Capitolo 3. Regola di riconoscimento e defettibilità
Capitolo 4. Regola di riconoscimento, canoni interpretativi, e realismo giuridico
Parte seconda. Indeterminatezza e indecidibilità dei sistemi giuridici
Capitolo 5. Cinque aspetti della incompletezza del diritto
Capitolo 6. Conflitti normativi e teorie logiche. Primi argomenti per una critica del defettibilismo 
Capitolo 7. Sistemi normativi e proposizioni normative indecidibili
Capitolo 8. I controfattuali nel diritto. Un inventario di problemi
Riferimenti bibliografici

Indice di Studi sulla logica del diritto e della scienza giuridica

Introduzione
Fonti
I. Naturalismo e demarcazione
II. La scienza giuridica secondo Harold Berman
III. Disaccordi e realismo giuridico
IV. Osservazioni sulla negazione delle norme condizionali
V. Norme giuridiche e contraddizioni
VI. Coerenza, completezza, coesione. Una mappa concettuale
VII. Tre dilemmi teorici nella ricostruzione degli ordinamenti giuridici
Appendice. Disaccordi giuridici e interpretazione
VIII. I disaccordi giuridici rivisitati
IX. Disaccordi teorici e planning theory of law

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