martedì 19 aprile 2016

De Simone, Antonio, L’arte del conflitto. Politica e potere da Machiavelli a Canetti - Una storia filosofica

Milano, Mimesis, 2014, pp. 634, euro 29, ISBN 978-88-5752-706-2.

Recensione di Francesco Giacomantonio - 11/05/2015

La riflessione filosofico politica e la ricostruzione della storia del pensiero politico hanno da sempre costituito degli ambiti di ricerca ricchi di spunti e contributi e le recenti evoluzioni socio-economiche dell’età globale hanno probabilmente rinfocolato ulteriormente questi settori di studi. In tale contesto va, quindi, a collocarsi questo volume di De Simone, dedicato alle questioni della politica e del potere dalla modernità ai giorni nostri, che si configura, come afferma programmaticamente il suo stesso autore, come una storia


della filosofia politica e, al contempo, come una storia filosofica della politica, sviluppata attraverso una serie di tappe che toccano le teorie di figure emblematiche che vanno da Machiavelli a Canetti, e comprendendo, in particolare, Hobbes, Vico, Rousseau, Hegel, Marx, Weber, Simmel, Schmitt, Habermas, Derrida. Tutta questa ricostruzione è declinata attorno all’idea di conflitto, come categoria sottesa al discorso politico sul potere e come destino ineludibile della natura umana, nella consapevolezza che  “lo scandalo del pensiero e la tragicità del reale, tra conflitto e potere, tra realtà e interpretazione, rendono aporetico ogni sapere assoluto”(p. 29). 
Come anticipato, punto di partenza di questa ricostruzione del pensiero politico moderno è Machiavelli che, come è ampiamente noto, per primo inaugura l’indagine effettuale della realtà politica, cogliendone l’aspetto intrinsecamente conflittuale che da essa non può essere mai espunto e determinando, quindi, la filosofia politica nel senso più vero e doloroso. De Simone rimarca in Machiavelli il rapporto profondo e indissolubile fra vita e politica e, nella sua riflessione, individua “un plus rispetto alla mera tecnica di conservazione del potere”(p. 69). L’indagine di questo delicato rapporto è proseguita nella lettura di Hobbes, che qui viene sviluppata in modo interessante, anche attraverso il recente contributo critico fornito al riguardo dal pensiero politico di Derrida, mostrando così la connotazione “bestiale” della sovranità umana, dal momento che sia la bestia che il sovrano sono “fuori, senza o al di sopra della legge”(p. 87). 
Dopo aver delineato come Machiavelli e Hobbes inquadrano la dimensione del conflitto politico nel problema dell’insicurezza della vita, ancora  tipico della prima fase della modernità, il testo esamina una evoluzione successiva di questa contingenza dell’umano, attraverso il riferimento a Rousseau e a Vico. Ci spostiamo, attraverso la loro riflessione, in una fase più avanzata della modernità politica. In Rousseau si presenta una antropologia politica tragica, perché egli, come Hobbes, ha colto l’idea che la vita sia prevalentemente segnata dal conflitto, ma ha altresì sottolineato che l’ostilità che oppone gli individui, non è determinata da cause necessarie, ma si radica nel movente gratuito dell’amor proprio dell’uomo. Rousseau pone, cioè, drammaticamente il problema morale del rapporto tra male e potere. La centralità dell’aspetto morale caratterizza anche il pensiero di Vico, il quale opponendosi al razionalismo cartesiano, difende l’idea che, per comprendere il significato più profondo dei fenomeni storici, sociali e politici, si deve rispettare la complessità dell’esperienza umana e l’imprevedibilità delle circostanze, condizioni che vanno al di là della prospettiva rigidamente scientifica, individuata da Cartesio. Dunque, “la cultura, il tatto, il senso comune, il giudizio e il gusto non sono solo modi di conoscenza ma anche modi di essere e di fare: figure della coscienza interpretante e forme di ragionevolezza vissute, spontanee ed educate, coltivate e socializzate”(p. 169).  
Un ulteriore balzo nella filosofia politica moderna, successiva a Rousseau e Vico, è costituito dalla riflessione di Hegel e Marx. Entriamo, evidentemente, in quella che si può considerare la modernità politica piena e compiuta. Il concetto chiave diventa quello della dialettica; Hegel - le cui teorie vengono analizzate da De Simone anche attraverso il riferimento critico a uno dei suoi maggiori interpreti, Kojève - fornisce “una complessa dialettica della vita e della lotta, del desiderio, della morte e del riconoscimento”(p. 177). Hegel appare il filosofo che, nel Moderno, ha spinto il pensiero politico a fare i conti con la società, l’alienazione e la libertà dell’uomo, perché egli ha cercato di comprendere razionalmente il reale proprio a partire dalla realtà stessa. La dialettica, come è noto, caratterizza anche il pensiero di Marx, in cui il conflitto per eccellenza è costituito dalla lotta di classe tra borghesia e proletariato, la cui crucialità non sta tanto nella questione della materialità dei processi produttivi ad essa legati, ma piuttosto nella “partita filosofica”(p. 242) che si gioca, dinanzi agli occhi di Marx,  sui concetti di soggetto, libertà e alienazione. 
Hegel e Marx anticipano la comprensione di quel conflitto della modernità che sarà esplicito a Simmel e Weber, il pensiero dei quali costituisce la quarta tappa della ricostruzione teorica di De Simone. Simmel, infatti, ha acutamente sottolineato come l’individuo moderno, nel processo di differenziazione individualizzante, si è progressivamente emancipato dalle cerchie sociali ristrette, ma “dall’estendersi dei contatti e dei rapporti economici e culturali e dal loro progressivo complicarsi deriva necessariamente la differenziazione oggettiva”(p. 259). Ciò determina importanti implicazioni etiche e politiche:  la problematicità consiste nel fatto che la separazione dell’uomo come essere sociale dall’uomo come individuo è utile, ma con essa non si esauriscono affatto la realtà e le sue esigenze; questo dilemma relazionale, che in politica si riflette nel rapporto tra maggioranza e minoranza nei sistemi democratici, costituisce per Simmel un tragico dissidio. E la tragedia del soggetto politico e sociale del Moderno è ravvisata anche da Weber, la cui riflessione costituisce una ermeneutica storico sociologica della modernità, alternativa a quella di Marx: lo sviluppo della razionalizzazione capitalistica, rappresenta infatti, per Weber, un destino tragicamente inevitabile, poiché per lui la razionalità “è l’espressione problematica del mondo moderno”(p. 320), e determina una manipolazione tecnica della totalità dell’essente in funzione dei bisogni dell’uomo.  Il pensiero politico weberiano viene sondato da De Simone anche attraverso un ampio confronto critico con Habermas (in particolare pp. 358-381), che sottolinea come la diagnosi weberiana consideri la modernità come una prosecuzione del processo storico-universale del “disincantamento” e che si traduce nella tesi di perdita di senso e nella tesi di perdita della libertà. In tale ottica, trovano dovuto rilievo anche le celebri riflessioni weberiane sull’etica dell’intenzione e sull’etica della  responsabilità che ci ricordano sempre il problema della complessità dell’agire politico, che appunto non può basarsi, per Weber, sull’etica rigida dell’intenzione, ma necessita dell’etica della responsabilità,  ossia un’etica che vede la finitudine come l’unica dimensione in cui si riconosce il successo o il fallimento dell’esistenza.
La tappa conclusiva del discorso sul conflitto nella modernità, è posta nel pensiero di Canetti e segnatamente nella sua opera Massa e potere, che si può ritenere fitta di intuizioni filosofico politiche. Sebbene Canetti non sia generalmente inserito nei percorsi più istituzionali della filosofia politica, e costituisca da questo punto di vista un “originalissimo unicum”(p. 442), è indubbio che il suo approccio ci fa cogliere l’importanza del ruolo svolto dal sistema parlamentare nella trasformazione dell’antagonismo e nella costruzione del pluralismo democratico: se accettiamo con Canetti  che il richiamo della massa sarà sempre presente, allora dobbiamo impostare la politica democratica in una maniera differente, chiedendoci come, nelle attuali società complesse, la massa possa essere mobilitata, in modi che non rappresentino una minaccia per le istituzioni democratiche.
Alla luce di tutti i contributi teorici esaminati, De Simone può pervenire all’epilogo della sua lunga trattazione, dedicato alla condizione della democrazia e dell’agire politico nella società contemporanea. L’insegnamento dei grandi maestri del pensiero politico riguardo al potere non può non portare a percepire e guardare criticamente le tante aporie della sfera politica attuale, aporie legate alla crisi dei partiti, all’affermazione dell’antipolitica e dei populismi, ai problemi della personalizzazione della politica e dell’eccessiva mediatizzazione della società di massa, che sbriciola la partecipazione dei cittadini, sino alla perdita di generali orizzonti di senso. In ultima analisi, la questione cruciale è capire se la pratica della democrazia saprà rispondere alla crisi che determina la dissociazione sistemica tra potere della comunicazione e potere rappresentativo.
Il libro di De Simone è completato da un intervento di approfondimento di Alfieri, incentrato su Hobbes, Rousseau, Schmitt e Canetti e sulle relative questioni della sovranità in chiave di teologia politica, che costituisce un ulteriore supplemento teorico di confronto e riflessione di temi trattati in parti precedenti del volume, sostenendo in definitiva che “o la politica è religione, anche solo religione civile, o non è”(p. 587), poiché essa non può fare a meno delle allusioni simboliche e delle “aperture di senso mai interamente concettualizzabili”(ibidem).
Nell’insieme, il contributo di De Simone si configura come un istruttivo e utile strumento di consultazione critica per filosofi politici, storici della filosofia, storici delle dottrine politiche, filosofi morali e filosofi del diritto, nonché sociologi teorici e sociologi politici e scienziati politici, interessati alla declinazione della politica in chiave di conflitto e potere. Il testo, infatti, si caratterizza per una trattazione dettagliata, bibliograficamente aggiornata e referenziata, dei temi classici dei protagonisti del pensiero politico qui selezionati, guidando con profitto il lettore in molti luoghi davvero cruciali della riflessione politica e stimolando confronti e prospettive di ricerca. Si deve rilevare che vista la complessità di autori e temi presentati, forse, per alcuni capitoli, si sarebbe potuto pensare a una maggiore suddivisione in più paragrafi, ma questo è un aspetto in definitiva legato allo stile dell’autore, che non riguarda i contenuti di un discorso che è evidentemente la somma matura di un percorso di studio lungo e appassionato e derivante anche da numerosi libri precedenti, che De Simone ha dedicato a temi storico-filosofici, filosofico-politici e filosofico-sociali. 


Indice

Nota al testo e ringraziamenti

In limine. Pensabilità del conflitto

Parte Prima. L’arte del conflitto tra insecuritas e potere
I. Vita conflitto e potere. La scandalo della “realtà effettuale” : Machiavelli tra filosofia e politica
II. Zoologia politica, politica, potere e sovranità-Hobbes: L’uomo, il lupo e il Leviatano

Parte seconda. La contingenza dell’umano
III. La vita disuguale. Il conflitto tragico della socialità moderna: Rousseau tra antropologia, morale e filosofia politica
IV. Soggettività, politica e sensus communis-Condiderazioni intempestive su Vico

Parte terza. Conflitto, potere riconoscimento
V. Dialettica della discrepanza. Desiderio di riconoscimento e potere: attraverso Hegel
VI. Dialettica e conflitto. Ancora Hegel e passaggio per Marx: tra moderno e contemporaneo

Parte quarta. Il conflitto della modernità
VII. «Il conflitto è la scuola dove l’io si forma». A lezione da Simmel
VIII. Weber & Marx: l’uomo e il conflitto nel mondo del capitale. Sulle antropologie della modernità
IX. L’Uno scabroso. Dominio, comando, ubbidienza-L’uomo di Weber: razionalità, carisma, potere, etica e politica 

Parte quinta. Archeologie dell’umano e morfogenesi del potere
X. L’enigma della metamorfosi, la massa e il potere- Canetti politico

In forma di epilogo. Conflitto, democrazie, comunicazione. Cartografie dell’agire politico contemporaneo

Parte sesta. Politica, potere, filosofia, Un percorso di storia filosofica
XI. Tra Hobbes e Canetti e ritorno. Ascesa e caduta della sovranità
di Luigi Alfieri

Bibliografia

Indice dei nomi

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