lunedì 9 gennaio 2017

Longo, Anna, Rigotti, Francesca, «Una donna per amico». Dell’amicizia in generale e dell’amicizia delle donne

Napoli-Salerno, Orthotes, 2016, pp. 69, euro 10, ISBN 978-88-9314-026-3.

Recensione di Alessandra Granito - 14/07/2016

Il bisogno sociale di un uso critico e dialettico del pensiero, la necessità di una filosofia non addomesticata come antidoto contro la sempre più impersonale e corrosiva comunicazione mediatica, è la cifra che segna l’impegno appassionato del festival “Filosofia al mare” di Francavilla-Ortona (Abruzzo), un evento che annualmente si ripete in serate estive, in piazza, al mare, animato da conversazioni d’occasione in cui eminenti filosofi e storici della filosofia divulgano, con chiarezza argomentativa e ampio respiro problematico,


questioni elevate e dibattute che però contrassegnano la vita quotidiana. 
L’eco meditata di tali incontri anima i volumetti pubblicati dalla casa editrice Orthotes. Di tali volumetti fa parte «Una donna per amico». Dell’amicizia in generale e dell’amicizia delle donne di Anna Longo e Francesca Rigotti, una sensibile incarnazione nel segno scritto della parola che, tra l’altro, ha dato corpo alla VI Edizione del festival 2015 dal titolo “Conversazioni sull’amicizia”. 
Longo e Rigotti articolano una riflessione stimolante e originale sull’amicizia attraverso la compenetrazione di due procedimenti: 1) l’individuazione di sette elementi (‘ingredienti’) che compongono l’amicizia e che la connotano come “il bene più grande che il nostro sapere ci offre per la felicità di tutta una vita” (Epicuro); 2) la contaminazione di generi, la mescolanza di discorsi elevati (filosofia classica da Aristotele a Platone, da Epicuro a Cicerone) con gli elementi sapidi e leggeri delle canzonette, al fine di delineare i lati prismatici dell’amicizia.
Ricompresi nell’orizzonte di un sentimento reciproco di tensione e sincerità, gli ‘ingredienti’ specificati dalle autrici, e supportati da riferimenti storico-filosofici, si delineano come sentieri intellettuali ed emotivi tracciati con l’intento di indicare percorsi. Tra tali componenti considerate, particolare rilievo rivestono ad esempio quella idealistico-umana ed etico-sociale (Cicerone); la condivisione di interessi e ideali ulteriori rispetto al mero piacere reciproco (Nietzsche), fino a farne, in senso più rigoroso, un sentimento indivisibile (Montaigne); l’interesse, l’utile, che taluni filosofi sottolineano in termini individualistici ed egoistici (Baroncelli, Rochefoucauld, Helvetius), per cui l’amicizia non sarebbe altro che «un’alleanza, una reciproca cura di interessi e uno scambio di servigi, ovvero, una relazione in cui l’egoismo si prefigge sempre qualcosa di utile» (p. 15); la consistenza ‘puramente morale’ dell’amicizia (Kant); la libertà di scelta che l’amicizia offre rispetto a rapporti obbligati dal legame parentale (Montaigne), e che, scrive Vilém Flusser, come la «la libertà del migrante, non conosce vincoli né di sangue né di patria» (p. 20), ma solo affinità elettive; la natura dell’amicizia come uno dei pochi legami forti e stabili rimasti in una società che, invece, ne è priva perché fluida, mutevole, instabile (Baumann), accelerata e alienata (Hartmut Rosa), in cui i legami sono flessibili, le relazioni sono funzionali all’immediato, superficiali e fragili come ragnatele, non vincolanti, ancorate a scelte continuamente rivedibili (Emerson); l’amicizia come occasione di fioritura individuale, non come legame che soffoca la libertà, ma come “tensione tra responsabilità individuale e solidarietà nei confronti dell’altro” (p. 23); l’amore, quale ingrediente portante del sentimento d’amicizia, e i contorni estremamente sfumati tra philia ed eros, tra amicizia e amore sensuale, come attestato non solo nella letteratura classica  (Achille e Patroclo, Virginia Woolf e Vita Sackville West), ma anche nei testi di alcune canzoni italiane (Battiato, Sgalambro, E ti vengo a cercare).
Sulla scia di quest’ultima contaminazione, nella seconda parte del volumetto Longo e Rigotti completano e consolidano il precedente piano teorico della discussione con un livello pratico che rende dialettica e ancor più pregnante la riflessione fin qui condotta. Una riflessione che si arricchisce di considerazioni storico-critiche tra cui, in particolare, quella per cui il sentimento sublime dell’amicizia è stato precluso per secoli alla natura femminile, ritenuta incapace, o comunque non degna di farne parte (De André, Ronsard, Il rimpianto dell’amore maschile), dato che la convinzione culturale più diffusa era – ed è – che la vita delle donne sia vissuta attraverso i loro uomini, fino a stigmatizzare pateticamente l’amicizia tra donne come un «sostituto per quello che gli uomini non possono o non sanno dare: un ascolto attento, simpatia per problemi comuni» (Thelma e Louise). (p. 49) 
E rispetto all’amicizia tra uomo e donna, come stanno le cose? Essa è relegata nella marginalità di un legame che vede la donna «nella funzione di assistenza, aiuto, stimolo al pensiero e all’attività maschile, insomma, una ‘musa ispiratrice’ della creatività altrui» (p. 51), e dunque, sempre in maniera funzionale piuttosto che complementare. Avere chiaro lo status quo culturale di tale questione, come sottolineano opportunamente le autrici, di certo consente di andare avanti nella costruzione di una società più giusta: riappropriarsi degli ‘ingredienti’ dell’amicizia così come ce li presenta il pensiero filosofico, servirebbe a «ripristinare il senso civico e la sensazione di appartenere a una comunità che richiede doveri, consente diritti, crea vincoli equi, dà senso alla nostra vicenda individuale e, soprattutto, è in grado di moltiplicare le occasioni di gioia, una gioia che è più profonda quando è condivisa». (p. 61)   


Indice 

p. 5 Prologo con storia, dediche e ringraziamenti
p. 7 Introduzione

Parte prima

p. 11 Primo ingrediente: La voglia e il bisogno di raccontarsi all’amico e il piacere di stare insieme (Cicerone)
p. 13 Secondo ingrediente: La condivisione di interessi e ideali (Nietzsche, Montaigne)
p. 15 Terzo ingrediente: La gratuità (Baroncelli, Helvétius e Kant)
p. 19 Quarto ingrediente: La libera scelta (Marco Aurelio, Flusser)
p. 21 Quinto ingrediente: Il vincolo e il legame (Bauman, Rosa, Emerson e altri)
p. 28 Sesto ingrediente: L’eguaglianza (Aristotele)
p. 31 Settimo ingrediente: L’amore (Platone, Battiato, Sgalambro, Sorrenti)

Parte seconda

p. 39 Una donna per amico (Mogol, Battista)
p. 42 Il rimpianto dell’amore maschile (De André, Ronsard)
p. 45 Le donne possono essere amiche degli uomini? (Montaigne)
p. 52 Amicizia e complementarietà (Stein, Seiwald)
p. 56 Un’amicizia tra donne: Thelma e Louise (Khouri, Scott)
p. 58 Altre amicizie
p. 63 Profilo delle autrici

2 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Di fatto esiste una omertà che impedisce ad entrambi i sessi di avere informazioni. La filosofia che mantiene coscienza di varietà di ambienti e relatività e limitatezze conseguenti non incorre in linguaggi ambigui né in esiti fuorvianti.

La letteratura di ispirazione femminista in Italia spesso si affida a controesempi occultanti.

Esiste un femminismo violento che riconosce le forme sociali della sessualità ma ne rifiuta le forme etniche ed etnologiche, avversandone le forme culturali fino alla afasia antiitaliana. Questo femminismo vuole convincere o costringere a chiudere negozi quando è l'otto marzo, non rispettando la Costituzione dello Stato unitario italiano per la quale le celebrazioni ufficiali devono essere particolari o generali oppure se sono entrambe le cose e non sono per tutti allora devono aver completamento. Non esiste la festa degli uomini ma gli ipocriti fingono che sia il giorno dedicato dal cattolicesimo a "San Giuseppe". In verità le feste dei santi patroni non sono realmente ufficiali, neanche la festa della donna lo è e chiuder negozi o bloccare strade a motivo di feste così è non consentito ed in casi ordinari sempre vietato dalle vere leggi italiane.

Esiste altresì un femminismo che non riconosce appieno distinzioni tra pubblico e privato e costruisce una storia falsa perché non sa o non vuol sapere della volontaria maggiore privatezza di cui si avvalsero maggioranze femminili. In certi ambienti culturali e politici tutti o quasi dicono la storia inventata del diritto ad uccidere le adultere ma non raccontano del diritto a salvarsi dalle calunnie delle adultere oppure di chi ad esse soggetto è senza esser tormentati da inutili processi giudiziari; non raccontano che v'era una precisazione giudiziaria dovuta ad emergenza criminologica e non era una discriminazione perché in realtà se ne riconosceva ugualmente per i casi di persecuzione contro mogli non solo contro mariti ma si faceva presente che era in atto un crimine di sopraffazione da parte di moltitudini femminili e non viceversa. Tali crimini attestano etnofobia. Accadono entro contrasti etnici. Essendoci state tante false italiane, se ne deve dire chiaramente ed ugualmente dei maschi, che pure vi furono anche se non tanti; invece da parte di troppi si tace sulle violenze femminili e si continua a tacere e troppo.
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE: ...

C'è letteratura che si presenta per consapevole senza esserlo, ma la letteratura filosofica in quanto tale ha minima consapevolezza e se perpetuasse l'odio contro passata, presente e futura comunità maschile italiana, non sarebbe vera filosofia. A volte certe pubblicazioni si appellano alla filosofia per destabilizzazione o per trovarne consolazione in confessioni o sono interrogativi celati di chi non sa.

Tradire per la moglie, comportando possibile od effettiva gravidanza, comporta anche maggiore astinenza sessuale per il suo marito che volesse ancora stare con lei. Le leggi attuali non negano queste specificazioni ma ne prescindono senza negarle e le leggi passate non erano maschiliste. Le donne non avevano obblighi di servizi militari che gli uomini invece avevano e per questo le donne avevano obblighi sociali che gli uomini non avevano ma per tali ultimi obblighi mancavano normative concrete ed infatti a tal riguardo il compimento democratico non è stato maschilista ma antifemminista per difendere le uguali opportunità. Si sa bene che anche a maschi capitava vita grama, fatica ed umiliazione. Ancora adesso i maschi devono affrontare difficoltà maggiori per denunciare di aver subito stupri ed in moltissime famiglie le madri si avvalgono di omertà ed arbitri assai peggiori di quelle dei padri e lo stato è invaso da soggetti che si rendono incapaci di ammettere uguaglianze fondamentali, fingendo per esempio che per uguali lesioni commesse colpevolmente da uomo a donna si debba dare assai maggiori sanzioni ad uomo (e un poco anche senza colpevolezza!...) di quante sanzioni si debbano alla donna che ha colpevolmente commesso uguali lesioni ad uomo (ed altrimenti se ella innocente si finge di doverle dare sempre un premio per le botte da ella stessa date) e si fingono le capacità diverse dei sessi incapacità...

Non esiste vera filosofia che nell'occuparsi di condizioni dei sessi ed avendo scopi umanitari e di vita possa ignorare tutto questo disgraziato o sventurato labirinto anche intellettuale.

MAURO PASTORE