lunedì 24 aprile 2006

Viano, Carlo Augusto, Laici in ginocchio.

Roma-Bari, Laterza (Saggi Tascabili), 2006, pp. viii+128, € 10,00, ISBN 88-420-7852-2.
Recensione di Stefano Goina – 24/04/2006

Filosofia politica

Come possiamo collocare questo pamphlet di Carlo Augusto Viano? Possiamo intenderlo senz’altro come una prosecuzione della riflessione personale dell’autore, che lo ha portato a scrivere un saggio su Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni (2005), ma anche – ampliando l’orizzonte – come un ulteriore prodotto di una lotta tra “laici” e “cattolici” che si sta consumando nel nostro Paese da decenni, anzi da secoli.
Partiamo da quest’ultimo aspetto. È Viano stesso a mostrare come il conflitto tra i due schieramenti sia di vecchia data, attraverso la memoria di un fatto che in certa misura lo ha segnato personalmente. In occasione della morte di un suo trisavolo, avvenuta dopo il 1870 in un villaggio piemontese, al bisnonno dell’autore fu prospettata la seguente scelta: “Il parroco gli disse che al funerale o andava il prete o andava la bandiera italiana”. Il bisnonno scelse la bandiera e così il parroco non si fece vedere al funerale, ma in compenso vi andò tutta la gente del villaggio. E dalla gente della sua famiglia e del proprio villaggio, che ricordava ancora il fatto della “sepoltura scandalosa”, il giovane Carlo Augusto (nato nel 1929) imparò a non inchinarsi ai duci, “a non amare le uniformi, le braccia alzate in qualsiasi saluto, i baveri macchiati di insegne e distintivi di qualsiasi tipo, le camicie colorate da qualche ideologia, le tonache, le posture compunte, le voci nasali e le piazze, tutte le piazze, gremite sotto un balcone o una finestra, con un uomo affacciato a parlare in nome di qualche potenza: Dio, il popolo, la storia o il destino” (p. vi).
Consideriamo ora gli ultimi episodi di questa lotta culturale, in cui Viano si situa dalla parte dei “laici” più combattivi. Le discussioni sull’inserimento o meno nel Preambolo della Costituzione Europea (approntata nell’ottobre del 2004) del riferimento alle “radici cristiane dell’Europa” e le accesissime polemiche sulle tematiche bioetiche, specialmente in riferimento alla legge 40 del 2004 sulla fecondazione assistita, e sul conseguente referendum abrogativo del giugno 2005, hanno indubbiamente alzato i toni del confronto, irrigidendo gli schieramenti.
Tenendo conto di questi avvenimenti laceranti per la società italiana, si può forse comprendere meglio la carica polemica e la rabbia espressa in questo pamphlet, che è più vicino al Piergiorgio Odifreddi dalle invettive quasi blasfeme contro la religione cristiana che al pacato Giulio Giorello del libretto Di nessuna chiesa (2005). Ma ha in comune con entrambi il richiamo alla riscossa dei “laici” contro una Chiesa cattolica che, soprattutto in Italia, soffoca la libertà sia della ricerca scientifica che dei comportamenti individuali. Viano afferma infatti che oggi, essendo le ideologie in crisi, “le religioni sono le principali minacce per la vita degli uomini” (p. vii). Allarme che Viano aveva già lanciato nel suo precedente saggio dove, indagando storicamente i miracoli, affermava la loro inesistenza e l’uso strumentale che le religioni ne avevano fatto al fine di imporre il proprio dominio.
L’obiettivo polemico di Laici in ginocchio è quindi la religione e soprattutto la Chiesa cattolica, che in Italia interviene con indebite ingerenze nelle questioni politiche ed etico-legislative. Ma ciò che più preoccupa Viano è l’accettazione, da parte dei laici, “dei modi di pensare tributari delle credenze religiose”, dovuta alla “mancanza di attrezzature mentali adatte a resistere alle pretese delle Chiese. La cagionevolezza di quella che pretende di presentarsi come ‘cultura laica’ […] è la ragione profonda dell’incapacità di resistere alle minacce rappresentate dalle fedi religiose” (ivi). A questa cagionevolezza Viano vuol porre rimedio e trova nella cronaca recente la prova della sua tesi. Il 24 giugno 2005 Benedetto XVI, restituendo la visita che il Presidente Ciampi gli aveva reso in Vaticano un mese prima, in occasione della sua elezione al soglio pontificio, pronuncia un discorso che rivela “un papa altezzoso, che veniva a fare l’inventario dei beni sottratti ai pontefici romani e che, forte del bene che i cattolici avevano fatto all’Italia, presentava il conto. Poche chiacchiere: radici cristiane di buon legno solido e senza tante commistioni, pugno duro contro i comportamenti sessuali e procreativi che i preti disapprovano, e soldi alle scuole confessionali”. Secondo Viano, Benedetto XVI (all’indomani della vittoria dell’astensione al referendum del 12 e 13 giugno sulla legge 40) si era presentato al Quirinale “con la calma del generale vincitore, che visita il campo di battaglia il giorno dopo, mentre Ciampi aveva l’orgoglio misurato dei vinti” (p. 5). La gerarchia cattolica aveva già ottenuto un’altra vittoria nel 1947 con l’approvazione dell’articolo 7 della Costituzione, il quale, dopo aver affermato che “lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani”, stabiliva la legittimità del regime concordatario regolato dai Patti Lateranensi. Quell’articolo è “un obbrobrio giuridico”, una scelta strategica che veniva a sancire “il pieno accoglimento della politica della Chiesa nella nostra storia, da cui espungeva il laicismo radicale, la difesa strenua delle libertà individuali, l’eredità dell’illuminismo, l’apporto del positivismo”. Riconoscendo i Patti Lateranensi, la Costituzione dimenticava che essi “erano stati uno strumento potente di legittimazione del fascismo” (pp. 13-14).
Ma perché in Italia non si riesce a contrastare questo rinnovato cesaro-papismo? La colpa è dei laici stessi. Viano non ha riguardo per nessuno e le sue invettive raggiungono molti personaggi della storia italiana, passati e presenti: il repubblicano Giovanni Spadolini, colpevole per convenienza politica di aver sostenuto che la Chiesa cattolica ha sempre svolto una funzione positiva per l’Italia; i neoilluministi Abbagnano e Bobbio, che invece di criticare le credenze religiose, come aveva fatto l’Illuminismo, mettevano la scienza accanto alla religione, sostenendo la legittimità di entrambe nella propria sfera; il direttore de “La Repubblica” Scalfari, che nel 2001, rievocando e ripensando l’Illuminismo, si dimenticava di presentarne la faccia anticlericale, atea e materialistica; il socialista Giuliano Amato, che nel 1988 aveva affermato che, “per mettere un freno ai ruggenti anni ottanta, con la loro voglia di libertà” erano necessari i valori dei credenti cattolici (p. 28); Marcello Pera, il quale, mentre nel 1993 aveva affermato che “il laico è addirittura anticlericale e non si fa certamente intimidire dall’autorità della Chiesa”, arrivando a sostenere che “bisognava rifiutare i concordati tra Stato e Chiesa”, nel 2004 da Presidente del Senato si preoccupava invece delle radici cristiane dell’Europa (pp. 32-33).
Dopo aver indicato le debolezze dei laici, Viano riassume quella che egli considera la secolare e spregiudicata politica della gerarchia cattolica, che persegue l’unico scopo di tenere sottomesse le masse. Da Pio IX a Giovanni Paolo II sono cambiati volta a volta gli alleati (usati a proprio comodo), le strategie, ma non l’obiettivo della Chiesa. Anche il pontificato di Giovanni XXIII, con il Concilio Vaticano II, che pur sono ricordati come simboli positivi, portarono poche novità nei rapporti tra la gerarchia ecclesiastica e i fedeli laici; Paolo VI, che concluse il Concilio, “alzò una pesante barriera nei confronti del mondo laico, anche di quello interno alla Chiesa cattolica” (p. 40). Attraverso un rapido sguardo agli avvenimenti della storia d’Italia dall’unità ad oggi, scopriamo come la Chiesa si sia adoperata per revisionare la storia nazionale, riducendo “l’importanza dell’illuminismo e di tutti i movimenti che avevano cercato di liberare la cultura occidentale dalle ipoteche religiose” (p. 59).
La Chiesa presenta sé stessa sempre come portatrice di positività, trovando anche all’estero intellettuali laici (come Ronald Dworkin e Jürgen Habermas) che affermano la necessità di “riportare in pubblico le religioni” dopo che “la società liberale, laica, borghese, capitalista, dominata dalla mentalità scientifica” le aveva confinate nella dimensione privata del singolo (p. 60). Il riconoscimento pubblico delle religioni è un segno di come il nuovo laicismo pretenda di distinguersi da quello vecchio; da qui prende corpo l’idea che “debba essere accolta la pretesa del papa di includere un riferimento alle radici cristiane nella Costituzione europea”, trasformando quello che è senz’altro “un fatto storico in qualcosa in cui tutti dovrebbero riconoscersi, senza tener conto di coloro che nelle società europee non solo non sono cristiani, ma danno del cristianesimo una valutazione negativa” (pp. 68-69).
È il laicismo stesso, quindi, che propugna la necessità della religione. Ma occorre davvero una religione, magari solo civile? La risposta di Viano è naturalmente negativa. Egli indica i modi attraverso cui la religione vuol mostrare la propria necessità, ritrovandoli in un uso strumentale della separazione tra Stato e Chiesa. Il modello comunitaristico, che ha contagiato anche una parte della cultura laica, ha suggerito che “la convivenza civile abbia bisogno di valori forti e condivisi, capaci di contrastare le spinte individualistiche”, valori che solo la fede religiosa potrebbe garantire (p. 101). Legittimare l’esistenza pubblica della religione in nome della necessità di tenere insieme la società attraverso scopi, credenze comuni e valori condivisi è un errore: la Chiesa, infatti, pretende privilegi politici ed economici, e propugna credenze che non sono più ragionevoli di quelle proposte da altre religioni, di fronte alle quali assistiamo a forme di “dissociazione religiosa” (p. 121). Questa concezione – secondo Viano – è ingannevole, in quanto basata su una “concezione piramidale della società”, derivata dalla visione religiosa; a questa concezione si deve opporre una “concezione a rete […] della società”, che è veramente laica, nella quale “la morale è costituita da un intreccio di impegni e obblighi che le persone assumono e si impongono”, di pretese, controlli e giudizi che non dipendono da autorità spirituali (pp. 102-103). È questa la proposta positiva di Viano per la società, che lui vorrebbe retta da “una salutare anarchia” (p. 117).

La rabbia che si può scorgere nel volume è forse dovuta al fatto che si tratta di un attacco rivolto soprattutto a coloro che dovrebbero essere gli alleati dell’autore, cioè i laici. E la rabbia può anche giocare brutti scherzi, perché porta a demonizzare il “nemico”, come quando Viano afferma che – in occasione della visita di Ciampi al neoeletto Benedetto XVI il 3 maggio 2005 – “il presidente aveva dovuto fare anticamera”, sottintendendo quasi un dispetto del papa nei suoi confronti (p. 3). Ma dei giornali nazionali usciti il 4 maggio è solo il quotidiano “Liberazione” a ricordare l’attesa di Ciampi, affermando: “Ciampi arriva in Vaticano in anticipo […]. Giunto nella Sala del Tronetto, insieme alla signora Franca e al ministro degli esteri Fini, il Presidente deve attendere qualche minuto: papa Ratzinger, infatti, si presenta alle 11 in punto, con precisione teutonica”. Viano ha scelto quindi lo stile “arrabbiato”, di moda oggigiorno nel nostro Paese, basti pensare ai libri e agli articoli di Oriana Fallaci, che ha come obiettivo polemico un’altra religione, l’islam, ma anche la stupidità del “suo” occidente, accondiscendente e tollerante verso il mondo integralista musulmano. Questo stile però non aiuta alla reciproca comprensione e al necessario rispetto reciproco di laici e cattolici, che pure Viano invoca in alcuni passaggi del suo libro.
Più oculata – e senz’altro più difficile da condurre a termine – la scelta di un altro autore che, come Viano, è stato allievo di Nicola Abbagnano. Giovanni Fornero, nel suo recente studio sulle differenze tra Bioetica cattolica e bioetica laica (2005), ha contribuito alla reciproca comprensione dei fondamenti delle due visioni che si fronteggiano sui temi scottanti della bioetica. Ha potuto farlo perché ha rinunciato a qualsiasi intento polemico, avendo come primo obiettivo la comprensione delle singole posizioni. Ci auguriamo che anche Viano, sotterrata l’ascia di guerra, possa contribuire alla soluzione degli indubbi problemi che sorgono nel cercare di far convivere nelle dimensioni sociale, etica e politica la visione cattolica e quella laica.

Indice

Dedica
Una visita di Stato
Un esercito di assenti
Un arrendevole laicismo
La cosa e le parole
Restauri e conversioni
Un mondo da riconquistare
La Chiesa in piazza
Il papa va alla guerra fredda
La crisi delle ideologie
Da che pulpito
Un’altra storia
La fine della patria
Il ritorno del sacro
S’ode a destra uno squillo di tromba
A sinistra risponde uno squillo
Un supplemento morale
Alla fonte dei valori
L’agenzia Chiesa
Preti e briganti
La religione civile
Pubblico e privato
Talvolta ritornano
La piramide e la rete
Un laicismo difensivo
Istruzione e liberazione
Un prezioso contributo
Una salutare anarchia

L'autore

Carlo Augusto Viano è nato ad Aosta nel 1929 ed è stato allievo e assistente di Nicola Abbagnano. Ha insegnato Storia della filosofia nelle Università di Milano, Cagliari e Torino. È stato membro del Comitato nazionale di Bioetica e fa parte del Comitato direttivo della “Rivista di filosofia”, dell’Accademia europea e dell’Accademia delle Scienze di Torino. Tra le sue ultime pubblicazioni, Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni (Torino 2005).

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