venerdì 2 giugno 2006

Rodeschini, Silvia, Costituzione e popolo. Lo Stato moderno nella filosofia della storia di Hegel (1818-1831).

Macerata, Quodlibet, 2006, pp. 299, € 19,50.

Recensione di Carla Maria Fabiani – 02/06/2006

Storia della filosofia (idealismo), Filosofia politica, Filosofia della storia

Weltgeschichte in Hegel: una questione di merito e una di metodo: così potrebbe intitolarsi questa breve recensione al testo di Rodeschini. E tuttavia sarebbe assai riduttivo, poiché l’autrice interseca virtuosamente i due piani, facendoli continuamente interagire. Restituendo un’originale e complessa reinterpretazione e riattualizzazione della filosofia politica del Nostro.

Il nodo teoretico di fondo che viene indagato è non tanto e non solo il ruolo che l’istituzione statuale ricopre nel quadro della moderna ‘mondialità’, ma piuttosto la capacità propria dello Stato-nazione di fare sé stesso, cioè la propria storia, intesa hegelianamente come Gegenwart, storia effettualmente presente; come un risultato che è razionale perché portato, hic et nunc, a effetto. E, in questo preciso senso, conoscibile nella sua interezza. Da cui, la storia del mondo hegeliana non avrebbe una linearità  imposta come dall’alto da qualcuno (il filosofo) o da qualcosa (la logica), ma sarebbe il risultato sempre in fieri dei rapporti fra gli Stati, i veri individui storico-mondiali. La mondialità presenterebbe tuttavia, proprio nel solco della sua razionalità-effettualità garantita dalla politica degli Stati, caratteristiche di essenziale irrazionalità: il Naturzustand, la violenza dello stato-di-natura, assume volto reale – dice Hegel – proprio nello scacchiere internazionale del mondo. Finanche all’interno dello Stato, mette bene in luce Rodeschini, non abbiamo una forzatura di razionalizzazione o di autofondazione scevra da contraddizioni e aporie – addirittura l’origine stessa dello Stato è dichiarata violenta da Hegel. E, sebbene egli si emancipi da tutte le difficoltà insite nell’origine contrattualistica dello Stato (che quella originaria violenza misconosce e dissimula), muovendo – Riedel ci insegna – una decisa critica al modello giusnaturalistico moderno, tuttavia è da considerarsi problematicamente la presenza dell’individuo nello Stato hegeliano. Sebbene cioè il rapporto fra individuo e Stato non sussista come tale nella architettonica politica di Hegel – ricordiamo la funzione mediatrice degli Stände –agli individui è affidata l’istanza soggettiva di quell’istituzione oggettiva che è lo Stato moderno: essi non solo partecipano delle istituzioni in quanto soggetti politici a tutti gli effetti riconosciuti, ma in loro e da loro è posta quella Gesinnung politica (volgarmente il patriottismo, o meglio la disposizione d’animo al riconoscimento e alla conservazione dell’unità statuale istituita) che fa dello Stato una nazione e/o un Volk. Tutto questo si presenta come problema di ordine squisitamente politico, ovvero come problema che il politico cova entro di sé. Ciò che l’autrice mette in risalto sono i termini hegeliani di autolegittimazione del potere politico, di autogiustificazione; e questo non vuol dire giustificazionismo del presente o del governo prussiano. Viceversa, qui si intende la dinamica di autofondazione dell’istituto statuale moderno – il potere dello Stato – nella storia presente: una storia che continua a protrarsi fino a noi. 

Ricordiamo l’incipit della Rechtsphilosophie del 1821, dove Hegel ci tiene e a precisare che: “Questo trattato, in quanto contiene la scienza dello stato, dev’essere nient’altro che il tentativo di comprendere e di esporre lo stato come un qualcosa entro di sé razionale. Come scritto filosofico esso non può far altro che essere lontanissimo dal dover costituire uno stato come dev’essere; l’insegnamento che in tale scritto può risiedere, non può tendere ad insegnare allo stato com’esso dev’essere, bensì piuttosto com’esso, l’universo etico, deve venir conosciuto”. E questo per dire che – almeno nelle intenzioni – la filosofia politica hegeliana e soprattutto lo Stato hegeliano non si presenta come un modello da seguire, ovvero un modello teorico da applicare al corso della storia; viceversa esso è un fatto di ragione, un dato di fatto sul quale siamo chiamati a riflettere, proprio in quanto è, innanzitutto, opera nostra.

Il testo di Rodeschini ha il merito di sganciare definitivamente, se mai ve ne fosse ancora bisogno, lo Stato hegeliano da espressioni quali ‘Stato etico’, totalitario o totalizzante, e via dicendo. È questo un lavoro di definitivo svecchiamento della letteratura critica secondaria sul pensiero etico-politico hegeliano. In nota, l’autrice restituisce via via, con completezza d’indagine, i testi necessari per una approfondita rilettura del tema da lei proposto. 

Il rigore d’analisi si accompagna a una proposta interpretativa forte. Qui, in effetti, non abbiamo a che fare altro che con noi stessi: la riflessività del prodotto politico-istituzionale principale della storia moderna, la capacità autoriflessiva attribuita da Hegel allo Stato, fa capire che abbiamo a che fare con un soggetto, prima che con un oggetto. E così, proprio come un soggetto storico e quindi razionale, lo Stato va trattato, nel bene e nel male. Razionalità, è il caso di ripeterlo, è effettualità, sulla quale non valgono giudizi di valore (buono e cattivo, giusto e ingiusto), ma riflessioni disposte a comprendere la contraddizione insita in essa e cioè la presenza o persistenza del contingente nel necessario: è questo il vasto campo in cui si esercita la prassi politica moderna, costantemente impegnata in movenze autoriflessive, le quali possono assumere forme ragionevoli e soddisfacenti ma anche povere di spirito ed essenzialmente finite. 

In questo senso, la filosofia politica di stampo hegeliano, che viene tra le righe ridefinita dall’autrice, assume una valenza altamente teoretica e, diremmo, liberatoria: “Il motivo conduttore di questa ricerca sul materiale ancora inedito della filosofia della storia, muove dall’intento di studiare come Hegel metta a punto, sulla scorta di un’impostazione sistematica generale che rimane costante negli anni berlinesi, la sua analisi della modernità politica e la natura dei conflitti del mondo presente, a partire non dal punto di vista speculativo della scienza dello Stato, bensì attraverso l’occhio di chi cerca di trovare una razionalità nei conflitti reali. L’idea è qui che seguire la linea di sviluppo della riflessione hegeliana sulla storia sia essenziale, oltre che ad evitare fraintendimenti dovuti alla penna del curatore, anche a far emergere alcune tensioni interne del sistema e della nozione hegeliana di politica” (p. 30). Tali tensioni sono essenzialmente riconducibili da una parte alla nozione ambigua, eppure storicamente fondata (sulla Riforma protestante) e fondante (della legittimità del potere politico), di religiöse und politische Gesinnung, e d’altra parte al ruolo aporetico-conflittuale assunto dal mondo dell’economia in età moderna: “La soglia alla quale Hegel conduce il problema della legittimità politica si caratterizza per il vincolo di oggettività reale che lega gli elementi chiamati a fondare la razionalità delle istituzioni. La filosofia pratica di Hegel giunge così a riconoscere che una politica fondata sulla semplice relazione tra il cittadino-elettore e lo Stato è di fronte ad un problema che il modello contrattualistico non riesce a risolvere: il conflitto politico e quello sociale sono determinati da quell’interesse di natura contingente che è l’interesse economico” (p. 271).

La tematica è nota – almeno agli hegelisti: non esiste una Filosofia della storia hegeliana; cioè non esiste un testo a stampa o almeno un manoscritto redatto da Hegel che esponga dall’inizio alla fine, una volta per tutte, svelandone eventuali chiusure o inaspettate aperture, la storia del mondo o la cosmostoria hegeliana. “In questa operazione interpretativa, quindi, ci si trova inevitabilmente nella dubbia situazione di avere valutato la nozione hegeliana di storia in base a manoscritti della cui autenticità non ci sono prove evidenti” (p. 27).

Indice

Introduzione. La filosofia della storia di Hegel e la funzione dell’idea di nazione
I. Spirito del popolo e costituzione: storicità e conflittualità nello Stato hegeliano tra il 1818 e il 1823.
II. Considerazioni sulla razionalità storica: premesse alla filosofia della storia.
III. Modernità politica: L’autocoscienza della libertà e i conflitti storici dell’età moderna.
Conclusioni. La natura dei conflitti sociali e l’unità del processo storico.
Appendice. Lo stato delle fonti.

L'autrice

Silvia Rodeschini ha conseguito il dottorato di ricerca in Filosofia politica presso l’Università di Pisa. Ha soggiornato a lungo presso l’Università di Hagen in Germania partecipando alle ricerche sui manoscritti dello Hegel berlinese. Attualmente collabora con il Dipartimento di Filosofia dell’Università di Bologna.

Links

Bibliografia hegeliana, University of Sussex: 

Bibliografia a cura di Fabrizio Sciacca, Società italiana di filosofia politica: 

7 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Soltanto la prima fase del pensiero filosofico, prepolitico di Hegel era rimasto fuori programmi politici prussiani; e primi hegeliani da poi erano entro quei programmi.

Ai tempi di Hegel il "Volk" era alternativa possibile di "Nationen" - ovvero "Nation" ma unicità era già oltre possibile alternativa.

La storia degli Stati Nazione non è una continua fondazione ma una continuità di fondamenti che non sono (filosoficamente) inquadrabili in schemi razionali né razionali-emotivi ma in sequenze emotive - razionali. La Statualità moderna è tale in forza della presenza della Nazione anche perché popoli e popolazioni non hanno necessità di costruire spazi entro poteri di aristocrazia ma solo di trovarne entro facoltà democratiche.


È evidente che recensore trae affermazioni inutili - mi riferisco a fine di secondo capoverso di recensione - e dato che esse sono concernenti dialettica storica, inutilità di esse è nullità di esse - anche quali interne e provvisorie.



MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Forza politica rappresenta una necessità etica possibile o reale ed etica non politica ne trova o proprio rafforzamento o proprio indebolimento, sino a nullificarsi; ma etica non politica può esser sovraordinata o non sovraordinata a politica;
non espressione non ne è non esprimibilità; e poiché la Modernità statuale è espressione di sé stessa, non solo in comunicazioni anche in forme comunicative ed in contenuti di comunicazione, non espressione del 'fondo' -da cui la dialettica tra Stato e non-Stato - è fine di sovrastare e di sottostare da parte di extrastatalità della quale è anche non trasformativo termine e divenir-altro cioè ex statalità;
giacché abbandono di espressività di assolutismi, eventuali o possibili, in solo astratto o concreto pure, è regressione dialettica ad incognita, non per assenza di necessità etica ma per rifiutare di fatto essa, da cui affermazione di dato di fatto che in realtà è soggettivo ma non senza oggettività: più che eticamente determinata; non indeterminata; e non: determinata eticamente — e ciò non essendo distacco da assolutismi o indifferenza di assoluti cui stessi assolutismi ma - al contrario - essendone appunto presenza ma non essenza per procedere dialettico essenziale quindi ignaro, cioè secondo logica di incognite doppie cui etica sarebbe dovuta esser stessa dialettica non abbandono etico né identità vuota di etica né eticamente vòlta né avulsa;
ed è proprio suddetto procedere, obsoleto già dopo studi etici di Fichte e fichtiani, che odiernamente è... 'troppo anacronistico'; e di cui proposta in anni di Dopo Guerra Freddo italiano poteva esser usufruibile a causa e non per restanti rischi di disunione tedesca con effetti anche in resto di Europa e di inapplicabilità etiche, ma solo qual ipotesi astratta e non di riferimento e con tutt'altro concreto riferirsi, a conservazione etica - corrispondente a continuazioni nazionali, o altrimenti doppie incognite diventando duplici danni a volontà nazionali oltre che legittime naturali cioè da difendere con massima necessità ed eticamente, cui perciò procedere ignaro disastroso tranne che per astratta ipotesi cui far seguire non conforme tesi...
Questa non conformità cioè tesi, essendo cui antitesi non esente da dubitabilità non solo logiche anche morali; e se ciò mostrando tautologiche glossolalie e cioè:
–ragione non è torto ma male non è solo torto-
–male non è solo torto e da ragione non ne è escluso altro torto-
–ragione è sempre buona solo se a sé stante non da sé stante-
ciò non mostra mancanza di conclusioni anzi ne introduce:

Per necessità politiche presenti Stato ridotto da Stato Etico non è vero Stato;
Stato Etico fu condizione logica di passaggio aristocratico-democratico, non dialettica perché se tale, dunque stessa condizione sarebbe stata di ignorare e disastroso per passaggio o per suo futuro;
continuare a proporre non considerazione di fondamento statuale significa ignorare disastrosamente ciò che si starebbe facendo; invece bisogna unire conoscenza ad azione secondo inerenza logica fondamentale anche politica, anche dunque col riferimento non solo astratto a Costituzione e non verbalmente basato ma assentivamente basato in filosofia politica non solo politica filosofica, non usando la inerenza dialettica per base.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Quanto recensore riporta da penultimo capoverso di recensione attesta una ricerca altramente ordinata da parte di autrice rispetto a premesse storico-culturali da lei adottate.
Senza dubbio tale ricerca si mostra interessante, oltre però la oramai completa inutilità o controproducenza del resto di quanto in lavoro recensito; nondimeno autrice ne indirizza solamente a porre in dubbio originalità di lavoro di Hegel; ciò però ne pone al riparo impiego di restante validità di suo lavoro perché alterità ordinativa in esso così non riceve nullificazione da quei dubbi che rendono incerte datità culturali di stesse premesse, altrimenti annichilenti; e ciò dimostra anche concretezza di quei dubbi...
Di fatto di vero c'è, a prescindere da episodi e date e periodi cioè anche e soprattutto traendone fatti restanti poi, sùbito poi fine di attività filosofica di Hegel, che egli stesso soleva farsi scrivere suoi pensieri anche a causa di differenze di verbalità non ancora risolte in lingua tedesca; ma di vero c'è pure che Estetica da lui insegnata era compendio di quanto pensiero universitario-accademico tedesco aveva potuto trarre filosoficamente ad argomento; e tale risultanza collettiva, fatta valere ad Hegel da esigenze direttamente manifestate da Rettorato di sua Università (anche perché erano Lezioni ed erano tali definite e con argomento esplicito; ciò dialetticamente indicando sola esposizione filosofica dialettica), non fu mai presa in considerazione da marxiani e marxisti che ne odiavano sola menzione ipotetica perché poneva in dubbio apparenti ovvietà circa non pertinenza di filosofia tradizionale a tradizioni collettive tedesche. Autrice anche a questo volgendo a pensare, cita (né riporta recensore) alcune circostanze storiche senza dubbio rilevanti oltre convenzionalità:

Riforma Protestante;
Economia politica organizzata;

tuttavia tematiche di indice (riportato in recensione), sia cronologicamente che non, costituiscono una rete semantica ed un prospetto di significati cui esito ancora attuale ridotto ad ultimo elemento di indice stesso, cui làscito filologicamente ma non univocamente determinato in lavoro perché gnoseologia-epistemologia di Hegel posta infine in dubbio dopo che asseveratane vanamente da autrice il dialettizzarsi.
Tal sequenza filosofica rivela non completo accesso storico da parte di autrice alle due menzioni (da me estrinsecate) perché sequenza stessa è interna e concomitante ad affermazioni di segno non solo opposto anche contrario:

Autrice fa constare sapere filosofico hegeliano ed anche oltre realtà nazionale tedesca;
ma ciò che consta, sia ridotto a Germania che non, di tal sapere, si fonda su scala di valori che antepongono libertà religiosa ad arbitrio economico ed ideale politico a espressione del dogma;
autrice invece non avvalora parimenti la storia comune, dacché afferma implicitamente protohegelismo col non tematizzare ed argomentare iimiti cui Hegel ed Hegeliani poi si specificarono, quindi ella stessa restando entro dialettica di tipo materialista e non gnoseologico-epistemologico, in contrarietà a valori della Storia da ultime riflessioni di Hegel premessi a futuro di sue Opere.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In messaggio precedente :

'né riporta recensore'

sta per:

ne riporta (esattamente non fedelmente) recensore .

'dopo che asseveratane vanamente da autrice il dialettizzarsi

sta nel senso di:

dopo che asseveratane vanamente da autrice sol quanto a il dialettizzarsi in essa .

'iimiti'

sta per:

lìmiti .

'Hegel ed Hegeliani '

sta anche o meglio per:

Hegel ed hegeliani .


Reinverò.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

+

Quanto recensore riporta da penultimo capoverso di recensione attesta una ricerca altramente ordinata da parte di autrice rispetto a premesse storico-culturali da lei adottate.
Senza dubbio tale ricerca si mostra interessante, oltre però la oramai completa inutilità o controproducenza del resto di quanto in lavoro recensito; nondimeno autrice ne indirizza solamente a porre in dubbio originalità di lavoro di Hegel; ciò però ne pone al riparo impiego di restante validità di suo lavoro perché alterità ordinativa in esso così non riceve nullificazione da quei dubbi che rendono incerte datità culturali di stesse premesse, altrimenti annichilenti; e ciò dimostra anche concretezza di quei dubbi...
Di fatto di vero c'è, a prescindere da episodi e date e periodi cioè anche e soprattutto traendone fatti restanti poi, sùbito poi fine di attività filosofica di Hegel, che egli stesso soleva farsi scrivere suoi pensieri anche a causa di differenze di verbalità non ancora risolte in lingua tedesca; ma di vero c'è pure che Estetica da lui insegnata era compendio di quanto pensiero universitario-accademico tedesco aveva potuto trarre filosoficamente ad argomento; e tale risultanza collettiva, fatta valere ad Hegel da esigenze direttamente manifestate da Rettorato di sua Università (anche perché erano Lezioni ed erano tali definite e con argomento esplicito; ciò dialetticamente indicando sola esposizione filosofica dialettica), non fu mai presa in considerazione da marxiani e marxisti che ne odiavano sola menzione ipotetica perché poneva in dubbio apparenti ovvietà circa non pertinenza di filosofia tradizionale a tradizioni collettive tedesche. Autrice anche a questo volgendo a pensare, cita (ne riporta ... non fedelmente recensore) alcune circostanze storiche senza dubbio rilevanti oltre convenzionalità:

Riforma Protestante;
Economia politica organizzata;

tuttavia tematiche di indice (riportato in recensione), sia cronologicamente che non, costituiscono una rete semantica ed un prospetto di significati cui esito ancora attuale ridotto ad ultimo elemento di indice stesso, cui làscito filologicamente ma non univocamente determinato in lavoro perché gnoseologia-epistemologia di Hegel posta infine in dubbio dopo che asseveratane vanamente da autrice il dialettizzarsi.
Tal sequenza filosofica rivela non completo accesso storico da parte di autrice alle due menzioni (da me estrinsecate) perché sequenza stessa è interna e concomitante ad affermazioni di segno non solo opposto anche contrario:

Autrice fa constare sapere filosofico hegeliano ed anche oltre realtà nazionale tedesca;
ma ciò che consta, sia ridotto a Germania che non, di tal sapere, si fonda su scala di valori che antepongono libertà religiosa ad arbitrio economico ed ideale politico a espressione del dogma;
autrice invece non avvalora parimenti la storia comune, dacché afferma implicitamente protohegelismo col non tematizzare ed argomentare limiti (per quanto, recensore ne imiti col dire "cosmostoria" non Storia del Mondo) cui Hegel ed hegeliani poi si specificarono, quindi ella stessa restando entro dialettica di tipo materialista e non gnoseologico-epistemologico, in contrarietà a valori della Storia da ultime riflessioni di Hegel premessi a futuro di sue Opere.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Affermazione che irrazionalità di autoritarismo internazionalista sia catalogabile non è logicamente invertitibile perché catalogare stesso basato su schema categoriale non sempre non vuoto.
Ne spiego:
dialettiche culturali se conchiusamente allora nazionalmente determinate, però logica nazionale non sempre evidente dialetticamente, sia in astratta continuità sia in concreta discontinuità.

(...)


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...) Storia del mondo dedotta da dialettica cui speculare mondo stesso non fu hegelista ma marxiana a causa delle coincidenze tra finanze più vuote ed ambientalità euroasiatica più vasta e veti criminali alla indagine intellettuale e ricorsi delittuosi alla ignoranza da parte di popolazioni stesse; da circostanze limitate entro cui Marx ed anche Engels si trovavano. Del loro considerare luogo e cultura tedeschi, non colsero, i due stessi consideranti, opportunità di riformulare ciascun proprio pubblicismo, in quanto non già devoluto a partecipazioni politiche di masse: essa era occasione di trasformare intellettualità di loro studi sottoponendone non sovraimponendone a pensiero etnico, nazionale di Germania. Entrambi non ne colsero; e ciò non era logicamente ineccepibile solo razionale; e logicamente aporetico; ciò per post ex hegelismo un... "risultato interessante da valutare"(!); ma in marxismo, ovvero un post hegelismo, esso non solo non denotava ma era oblio di premesse assolutiste, di non materialismo hegelista e di materialismo post hegelista; e questo... per le partecipazioni di massa "bastava" — perché tali movimenti erano antifilosofici o subculturali, antioccidentali.

Hegel aveva instaurato un rapporto tra storia e cultura, non inversamente, da cui sua dialettica filosofica, superata dai tempi storici prima che egli stesso ne intuisse.
Intanto, materialismo dialettico cui funzione validata da coincidenze poi finite ad insaputa di suoi esponenti, Marx ed Engels. Materialismo storico se ne dipartiva e con eccessi su eccessi di assolutismi ad acontestualismi, da altre coincidenze poi corroborati non confermati. Questa vicenda, dopo d'essa, Stalin e stalinisti fittiziamente replicarono contro progressi sovietici e uniformando varietà sociali a schema marxista e precipitando società in indigenza per farne parere uguale al "credo" comunista-marxiano-marxista. Tal immane crimine era in specie ai danni di Occidente e ai danni di Oriente qual origine di Occidente.
Precedente intuizione di Hegel, postuma a quegli inizi, egli stesso aveva usato neodialetticamente; ciò, poi, rifiutato da marxismo.
Nel frattempo era nato internazionalismo autoritarismo, poi di esso anche marxismo tutto; da cui totalitarismo per estremismo ed intolleranza protratta; ed era una intolleranza assolutista e mondialista; avversata dai bolscevichi ed in particolare da Lenin — sindacalismo era stato sfondo ideologico di comunismo sovietico russo e Lenin si era introdotto in marxismo per estinguer proprio il marxismo in Russia e gli era riuscito già prima di Unione Sovietica Russa (questa ufficializzata dopo Regime autarchico dello Zar Nicola II e quindi dopo Autarchia di Stato e Cittadini ch'era scopo di stesso Regime e confermata perché Monarchia già da prima (e durante; e dopo) in vigore, resasi itinerante poi assente, dichiaratasi altrove non provvisoriamente, per pieni poteri a Sindacati di Stato)... Totalitarismo mai del tutto dominante in internazionalità; assai più prepotente ma meno violento autoritarismo, anche durante totalitarismi e anche dopo... e con abusi polizieschi tutt'altro che trascurabili tuttoggi!
Ma storia del mondo hegeliana era nata da autolimitarsi di scopi, per contestualizzazione e realizzazioni relative; da prima ingenuamente critica contro regimi polizieschi eppoi decisamente contro regimi polizieschi internazionalmente spurii, che esistevano senza vere forze di polizie internazionali, attualmente non più possibili indisturbatamente poiché polizie internazionali stabilite.
Vero pensiero hegeliano afferma ricorso a Principio di Autorità tramite dialettica tra parti anche solo in astratto; cioè agisce tra vuoti per ricostruire pienezza non da stessi vuoti; in fattispecie trattandosi di vuoti di potere, se costituito ma senza svolgimento o se occupato da altro svolgere.


MAURO PASTORE