Recensione di Gennaro De Falco -12/07/2006
Filosofia teoretica
Diviso in tre capitoli che affrontano le tre voci che compongono il titolo, il testo di Paolo Vernaglione offre spunti di riflessione molto interessanti ed originali partendo da un profondo studio della letteratura scientifica in merito agli argomenti trattati.
Il primo capitolo affronta il problema dominante della nostra contemporaneità che è quello della globalizzazione in rapporto alla sovranità. L’autore passa in rassegna le teorie che diversi studiosi hanno elaborato in merito, partendo dall’assunto che “le tradizionali categorie con cui si intendono la politica e il suo fare servono sempre meno a definire quella nuova ‹‹cosa›› del potere nata con la globalizzazione”(p. 19). Tale fenomeno è inquadrato dal nostro autore in una situazione di costanti ed improvvise crisi economiche a cui si aggiungono le guerre esportate dai paesi occidentali – in primis gli Stati Uniti – in alcune parti del mondo.
Ripercorrendo a tappe fondamentali l’evoluzione del concetto di sovranità, Vernaglione passa dall’antichità alla modernità che “muta il paradigma della sovranità, rispetto al modo in cui è intesa in epoca antica, identificandone il soggetto nello stato, sia nella forma monarchica, sia in quella della nazione” (p. 27), Hobbes e Locke essendo indicati quali massimi sostenitori della sovranità come presupposto di ogni governo legittimo (pp. 28-32). Continuando la sua analisi, la rivoluzione francese è vista come il momento di passaggio da una sovranità autoreferenziale ad una sovranità popolare: ciò nonostante, il XIX secolo non sembra concretizzare le promesse della rivoluzione in quanto “l’attribuzione di potere allo stato in nome del popolo ha alla base una menzogna” (p. 39). Interprete per eccellenza, oltre l’apparenza, del disagio della classe proletaria nel XIX secolo è Marx: “L’opera di demistificazione dello stato e della politica non impedisce a Marx di riferirsi al proletariato quale classe sovrana, non solo nel territorio nazionale” (p. 39).
Se l’Europa del XIX secolo è dunque attraversata da una lotta di classe e da un’esigenza di tutela sociale dei ceti più deboli, non è questa la situazione negli Stati Uniti d’America dominati già allora dalla ricerca e massimizzazione del profitto: ciò comportò che nel vecchio Continente le misure sociali furono frutto dello Stato e della sua sovranità, mentre in America la costruzione di tali misure “fu in larga parte frutto di un’opera affidata ai singoli cittadini” (p. 44).
E’ interessante analizzare come la situazione delineata per gli Stati Uniti più di un secolo fa si ripeta oggi in Europa: se infatti la globalizzazione comporta un passaggio di poteri ad organismi finanziari e bancari internazionali – tale fatto coincidendo, secondo Vernaglione, “con la dissoluzione invece che con l’arricchimento e l’estensione dei diritti alla molteplicità dei gruppi sociali” (p. 60) e con la sussistenza della sovranità come mera forma – gli unici soggetti che possono combattere e contrastare il progressivo svuotamento dei diritti sono i cittadini stessi; solo la società civile infatti, superando i confini delle nazioni, può unirsi in una lotta solidale contro i mali della globalizzazione tra i quali l’autore analizza quello legato ad una situazione di guerra continua (pp. 64-75) dovuto al fatto che “solo l’emergenza di un’unica potenza è in grado di garantire sicurezza nel mondo” (p. 66).
Questo stato di belligeranza può essere combattuto soltanto da una “diplomazia dal basso, praticata […] da reti sociali, associazioni e Ong”, diplomazia evidentemente costituita da quella società civile di cui sopra si è detto: è doveroso qui citare come esempio di questa diplomazia Rachel Corrie e Thom Hurndall – a cui il libro è dedicato – entrambi morti nel tentativo di opporsi alla distruzione di un’abitazione palestinese.
Il secondo capitolo affronta il problema dell’alterità alla luce della globalizzazione e quindi del mondo contemporaneo: si avverte in queste pagine l’influenza che alcuni scritti di Zygmunt Bauman (a partire dal suo Globalization. The Human Consequences) hanno avuto su Vernaglione il quale infatti avverte che “non i barbari, bensì i clandestini occupano il territorio post-moderno” (p. 93), aggiungendo tra l’altro che “nei cosiddetti paesi di accoglienza i migranti di rado cambiano statuto e condizione sociale e non entrando nello spazio della cittadinanza sono già considerati pericolosi” ( pp. 93-94).
Dato il quadro di fondo, l’autore passa ad analizzare tale problema alla luce di quattro punti: 1) l’Altro e l’Unicità; 2) l’Altro e la relazione sociale; 3) la relazione Io-Tu; 4) la molteplicità dell’altro. Non mancano in queste pagine (pp. 97-117) spunti di riflessione molto interessanti e facilmente calabili nella realtà in cui attualmente si trova l’uomo globale, diffidente e impaurito nei confronti di tutto ciò che da lui è diverso: “Nell’accentuata separazione tra l’io e l’universo posta dalle tecnologie, il resto del mondo è considerato quale rimanenza, scarto” (p. 98).
La paura del singolo individuo purtroppo si riflette nella politica odierna: “In questi anni di crescente e indotto interesse per la sicurezza da parte dei governi, la difficoltà si è velocemente trasformata in paura, che si traduce in bisogno legale di confini, politiche di recinzione e espropriazione dei beni comuni” (p. 111).
Quello che sostiene l’autore e che fa parte di teorie proprie di una folta schiera di sociologi è facilmente verificabile: basta camminare nelle periferie delle grandi città italiane per capire in quale isolamento vivono gli immigrati ed in generale le persone più disagiate, quasi si trattasse di un mondo a sé nel quale si ha paura di entrare perché la sola presenza massiccia di persone di colore, magari vestite in modo diverso dal nostro, disturba. E questo ovviamente non succede solo in Italia: un viaggio a Parigi ed un giro nelle periferie di questa città mi ha fatto capire quanto siano emarginate certe fasce della popolazione che, proprio come dice l’autore del presente testo, sono rassegnate all’impossibilità di migliorare socialmente; l’osservatore attento nota tale rassegnazione già nei modi di fare, nell’abbandonarsi su una panchina o al tavolino di un bar (dove un qualsiasi occidentale bianco inorridirebbe a sedersi) aspettando e subendo il tempo, quasi che rivivessero certi quadri di degrado della Parigi del primo ‘900 che solo la genialità di un grande scrittore come Céline ha saputo rendere nel suo capolavoro Voyage au bout de la nuit.
Non poteva mancare quella che si potrebbe definire la cornice entro cui prende forma lo schizzo abbozzato dall’autore, vale a dire “la storia” – e le filosofie ad essa legate – che occupa infatti il terzo ed ultimo capitolo del libro. Partendo dal periodo in cui “la storia non era prerogativa umana, ed era considerata il modo con cui la natura componeva l’universo disfacendolo” (p. 129), Vernaglione analizza le tappe fondamentali della sua evoluzione nonché i filosofi e gli studiosi che hanno contribuito a tale evoluzione: così essa già cambia prospettiva nel momento in cui diventa una prerogativa dell’uomo quasi egli ne fosse l’artefice senza dunque essere più costretto a subirla (pp. 129-133).
Proseguendo, l’autore si ferma sul periodo dell’Umanesimo durante il quale la storia acquista – anche grazie a Machiavelli – un valore didascalico in quanto è “un modello predittivo” (p. 137) capace di prevedere il futuro valutando gli eventi del passato.
Vernaglione, non esimendosi dall’affrontare filosofi come Vico (pp. 139 sg.) ed Hegel (pp. 145 sg.), ritiene le due guerre mondiali una sorta di frattura irrimediabile nella concezione della storia. Egli infatti scrive: “ciò che si scopre dopo le due guerre mondiali è che la storia non è progressiva, né lineare, né surdeterminata da una struttura […]. Il piano della storia è fatto di eventualità e interpretazione, possibilità e autocoscienza […]” (p. 152). Queste ultime parole usate dall’autore si addicono bene all’attuale globalizzazione le cui origini, per molti studiosi tra cui Danilo Zolo, Antonio Baldassarre, Anthony Giddens, il già citato Zygmunt Bauman, sono da ricondurre appunto alla fine della seconda guerra mondiale.
Se quindi la storia ha perso la sua carica di progressismo e speranza nel miglioramento del futuro in concomitanza con l’indebolimento degli Stati e delle azioni sociali, l’autore offre come contraltare quella che lui definisce una proposta interpretativa (pp. 155-164) che si fonda sulla concezione messianica di Cristo, precisando però che tale figura messianica “non riguarda solo la storia del popolo eletto ma di qualsiasi popolo, che una volta ‹‹chiamato›› entra in una storia differente da quella secolare” (p. 157).
Questo soggetto messianico acquista dunque una funzione ed un ruolo capace di dare un corso diverso agli eventi in un periodo in cui “l’attesa di giustizia è ineludibile” (p. 163). Si profila dunque all’orizzonte l’azione e la forza di un soggetto mondiale il cui cómpito “riguarda la richiesta di diritti fondamentali: alla salute, al cibo, all’ambiente, al reddito, alla pace, alla cosa pubblica […]” (p. 163).
In questa trasformazione dove passato e futuro si annullano a favore di “un tempo ora”, il soggetto mondiale di cui parla Vernaglione dovrebbe avere la capacità e la forza di autorganizzarsi per far valere le proprie ragioni: in questo senso si ritornerebbe a quanto detto nel primo capitolo sul ruolo fondamentale dei cittadini e della società civile in generale – organizzata anche in ONG – per combattere le degenerazioni della globalizzazione, una volta accertata l’incapacità delle istituzioni e della legge a provvedere a tali incombenti bisogni (cfr. p. 164).
Indice
Introduzione
I. PERCHÈ LA SOVRANITÀ?
Sovranità e globalizzazione
La sovranità tramandata
Il futuro della sovranità senza futuro
Nessuno può battere Poliremo
Note
II. L’INESISTENZA DELL’ALTRO
Quale altro?
Trascendenza: primitivi e automi
Un altro al posto mio
Note
III. FILOSOFIE DELLA STORIA
Dalla natura alla storia
Dal passato al futuro
Messianesimo e filosofia della storia. Waltre Benjamin e Jacob Taubes. Una proposta
Note
BIBLIOGRAFIA
L'autore
Paolo Vernaglione, insegnante, ha pubblicato tra l’altro Il lavoro in epoca post-fordista, Kafka e la modernità, Europa e globalizzazione. Collabora al quotidiano ‹‹il manifesto››, al settimanale ‹‹Carta›› e al sito web italiano di filosofia (SWIF).
Bibliografia
Baldassarre, Antonio, Globalizzazione contro democrazia. Roma, editori Laterza, 2002.
Bauman, Zygmunt, Globalization. The Human Consequences. Cambridge, Polity press, 1998. Traduzione di Oliviero Pesce: Dentro la globalizzazione: le conseguenze sulle persone. Roma, Editori Laterza, 2001.
Céline, Louis-Ferdinand, Voyage au bout de la nuit, Paris, Editions Denoel et Steele, 1932. Traduzione italiana di Ernesto Ferrero: Viaggio al termine della notte. Roma, La Biblioteca di Repubblica, 2002.
Giddens, Anthony, Runaway World: How Globalization is Reshaping our Lives, New York, Routledge, 1999. Traduzione di Rinaldo Falcioni: Il mondo che cambia : come la globalizzazione ridisegna la nostra vita. Bologna, il Mulino, 2000.
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