giovedì 14 settembre 2006

Cassinari, Flavio, Tempo e identità. La dinamica di legittimazione nella storia e nel mito.

Franco Angeli, Milano, 2005, pp. 640, € 45, ISBN 88-464-6884-8.

Recensione di Stefano Monetti - 14/09/2006

Filosofia teoretica (tempo, identità), Filosofia politica, Filosofia della storia, Antropologia, Storia della filosofia (contemporanea)

Non è difficile motivare la lettura di un libro come Tempo e identità: il volume di Cassinari, come sostiene Remo Bodei nell’introduzione, offre un ricchissimo campo di riferimenti, assunti sempre in modo originale e perciò interessante, riuscendo nel contempo a seguire una propria linea interpretativa e portando avanti un lucido, autorevole e appassionato percorso filosofico. Si potrebbe dire che quest’opera articola le possibili declinazioni di una tetratomia concettuale (tempo e identità, storia e mito) al fine di verificarne gli esiti. Gli autori messi in gioco attraverso queste categorie, a volte con pochi o nessun precedente in tale ottica, sono moltissimi: è coinvolta buona parte del pensiero filosofico e antropologico, ma anche storico e politico, contemporaneo. 

Tento di ricostruire molto sommariamente la struttura teoretica del libro. La ragione storica si autocomprende e si legittima mediante una petizione di principio: si pone come superamento di un’origine, di un passato mitico che essa stessa individua. Allora è necessario pensare se esistono modalità alternative a quelle della ragione storica per pensare l’esperienza temporale: è la temporalità mitica, della quale l’antropologia può fornire numerosi esempi. Di conseguenza, la comprensione storica del tempo si dimostra relativa, e il suo carattere assoluto è frutto di un’operazione ideologica effettuata dalla volontà politica. Ciò che sembra necessario (l’accesso alla comprensione del tempo come storia) è in realtà un particolare divenuto arbitrariamente universale, è il prodotto di un meccanismo interpretativo selettivo che occulta la propria genealogia e funzione. Il filosofo che intenda lasciare intatta questa risoluzione del tempo nella storia rivelerebbe quale limite del proprio pensiero tale presupposto indiscusso. Per fare un esempio, tale risoluzione è alla base dell’esigenza heideggeriana di oltrepassamento della metafisica, esigenza che prevede proprio un modello di tempo irreversibile e ordinato in passato, presente e futuro. L’impostazione heideggeriana, che pone l’uomo come fenomeno originario per fondarne il legame con la storia, è ripresa da Hyppolite e Bataille, che pensano la storicità attraverso la finitezza del soggetto. Merleau-Ponty, invece, sostituisce il concetto di singolo uomo con quello di comunità: facendo intervenire l’intersoggettività anch’egli prova a ovviare alla questione lasciata aperta da Heidegger. Resta il fatto che tutti questi filosofi non riescono a pensare, e dunque a eludere, il fondamento heideggeriano del tempo inteso come storia: essi pensano dall’interno di tale nozione. 

L’elemento filosofico critico cui ricorre Cassinari è esplicitamente nietzscheano: il filosofo tende a estendere arbitrariamente l’ambito di competenza delle proprie categorie, facendone le uniche categorie possibili, perdendo di vista i loro corretti limiti di applicazione e non potendo così mettere in questione la loro origine. In questo caso rimane impensato il reale rapporto tra tempo e identità, così come esso viene a costituirsi effettivamente. L’eccezione antropologica, allora, svolge una funzione de-ideologizzante, perché presenta una realtà, quella della comprensione non storica, ovvero mitica, del tempo. Ma d’altra parte, come si è detto, la comprensione mitica del tempo non è che l’altra faccia della comprensione storica, perché la storia si origina in modo dialettico, trovando la propria ragione d’essere rispetto a un’alterità individuata, ricondotta a sé ed esclusa, resa non valida. La storia è storia in quanto non è mito, non è fantasticheria: in Tucidide questo proposito è dichiarato. La prospettiva storica è dunque inaggirabile, come il contraddittorio epilogo del pensiero storico di Nietzsche farebbe supporre? Invece, ed è questo il contributo di Cassinari al problema, va pensato ciò che sta all’origine della dicotomia storia-mito: si tratta della “dinamica di legittimazione”, vale a dire la connessione tra il configurarsi dell’identità e la percezione del tempo. Un’identità nasce e si realizza in rapporto a una peculiare forma di temporalità, storica o mitica, che le è necessaria e che contribuisce ad attivare. Si può dunque affermare il primato dell’identità sul tempo: è l’istanza identitaria a plasmare la temporalità. Dunque la dinamica di legittimazione, “condizione trascendentale di possibilità dell’esperienza storica”, permette di pensare l’origine della temporalità storica e di metterla finalmente in questione, evitando i fraintendimenti nei quali sono incorsi i filosofi menzionati. 

Flavio Cassinari, memore della lezione heideggeriana, utilizza un metodo esegetico serrato, tramite il quale riesce a mettere in luce le dinamiche di funzionamento dei vari approcci teorici svelandone il tratto dogmatico, il punto cieco che ne decide l’economia. Ogni autore preso in considerazione nel corso del libro fornisce strategie di pensiero per valutare e portare avanti le questioni poste dall’autore che lo precede, promuovendo un’indispensabile integrazione tra filosofia teoretica e storia della filosofia. Risulta evidente come il legame tra tempo e identità possa concernere le teorie filosofiche: un filosofo deve situare il proprio pensiero, trovargli una collocazione opportuna nella storia della filosofia, e perciò deve fornire una propria interpretazione di quest’ultima.

Più che individuare l’“impensato” del libro di Cassinari, opera straordinariamente esauriente, si può suggerire una possibile direzione di sviluppo del rapporto tra tempo e identità, che potrebbe riguardare la temporalità dell’inconscio. 

Indice

Prefazione di Remo Bodei 

Premessa

Introduzione: La storia come modalità di esperienza del tempo
I - La storia e il suo altro 
II - Storia e mito come prassi
III - L’antinomia del soggetto
IV – Soggetto e soggetti: individuale e collettivo nell’esperienza storica
V – L’eredità del passato: umano contra storico?
VI – Oltrepassare: l’ideologia storica
VII – La struttura della realtà storica
VIII – Il tempo mitico
IX – L’identità mitica
X - Dall’identità mitica a quella storica (e viceversa)
XI - La dinamica di legittimazione come configurazione temporale dell’identità 
XII - La dinamica di legittimazione come forma trascendentale di storia e mito
Conclusioni: La temporalità come fenomeno identitario
Appendice: Identità, tempo, libertà

Riferimenti bibliografici

Indice analitico 

Indice degli autori

L'autore

Flavio Cassinari è ricercatore di Filosofia Teoretica presso l’Università di Pavia, dove insegna Ermeneutica Filosofica. Tra le sue opere, oltre a numerosi saggi in riviste e opere collettive, ricordiamo: Definizione e rappresentazione. Antropologia e metafisica nell’interpretazione heideggeriana di Kant (Milano 1994); Martin Heidegger: il pensiero poetante. La produzione lirica heideggeriana 1910-1976 (Milano 2000); Dalla differenza al soggetto. Note per un’antropologia metafisica della storia (Milano 2000); Passato e presente. La comprensione ermeneutica della storia come paradigma per la fondazione delle scienze umane (Perugia 2000); Mondo, esistenza, verità. Ontologia fondamentale e cosmologia fenomenologia nella riflessione di Martin Heidegger (1927-1930) (Napoli 2001). Ha tradotto e curato l’edizione italiana di H. Ott, Martin Heidegger: sentieri biografici (Milano 1990) e di H.P. Duerr, Tempo di sogno. Sui limiti fra dimensione della natura selvaggia e processo di civilizzazione (Milano 1992).

2 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

La ragione storica supera il mito emergendone e la storia della filosofia è storia non solo di ragione filosofica e comunque la ragione filosofica ha per antecedente il mito della Sapienza personificata: però senza antagonismo. Dunque, chi tenta di concepire una ragione in antagonismo col mito, che essa formandosi quale ragione indipendente supera, ne è, in qualche modo, estraneo.
Differente il caso di altro mito sovrapposto a proprio; ed ovviamente il mito è più che la favola del mito e la favola del mito non è la indicazione del mito.
Inoltre la filosofia non è soltanto ragione ma soprattutto decisione e dunque la origine irrazionale ultima è della decisione filosofica che deriva non dal mito (che peraltro è tramite intuitivo psichico solo in seconda istanza cultura), ma da un assenso che si conferisce secondo necessità fondamentali che nessuna ragione potrebbe soddisfare e che costituiscono necessità di decisione non creativa ma pur sempre inventiva; ed in ciò non c'è dipendenza neppure da destini particolari; poiché si tratta di credito da concedere vitalmente ad una opportunità di saggezza e conoscenze o altrimenti mancare di vitalità; e tal concessione vitale dicesi: "fede filosofica", che è analoga a religiosa ma non stessa.

Nella vera identità filosofica non c'è alcun dissidio tra fede filosofica e miti del filosofare ma contrasti posson esser tra eventi filosofici distinti, secondo varie configurazioni: fede-fede; fede-mito; mito-fede; mito-mito.
Esempi rispettivi: aristotelisti/averroisti; tomisti/platonisti; platonisti/neoplatonici; platonisti medioevali / platonisti moderni.
In recensione si trovan proprio tali tipici esempi, quali inavvedutezze del recensore e quali sconsideratezze dell'autore recensito, che unisce sistema situazionista a contestualizzazioni e applica metodo di contestualismo a situazionalità: infatti autore riesce a riferire di sola ipotetica legittimazione, dato che per legittimare evento di riscatto sta rapporto corretto con originarietà ultima (da mito, a fede antecedente) e quindi c'è rapporto non scorretto con ulteriori alterità; ma appunto in mancanza di tali garanzie esiste falsa oppure falsificante legittimazione; e dunque è a sua volta proprio la considerazione priva di queste garanzie a doversi scoprire in suoi nessi irrisolti ed occulti ma se invece se ne trova dedicata essa potrebbe applicarsi solo a casi di privazioni maggiori ma le vere conclusioni proprie anche in tal caso mancherebbero e nei restanti casi non solo mancherebbero vere conclusioni ma si troverebbero veri e gravi fraintendimenti.
Non si ottiene niente dal pensiero contemporaneo passandolo a vaglio parziale ed azzardato cioè con sistema e metodo disordinatamente associati a circostanze varie di situazioni e contesti; perché nella contemporaneità filosofica, direttamente o indirettamente, è vano ricercare isolamenti totali da annullare; e se uno studio non si compie con risultato, ciò evidentemente dovevasi premetterlo con chiarezza e senza fuorviante titolo; infatti il titolo di lavoro recensito è fuorviante.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Nella fattispecie cui purtroppo fuorviante titolo di opera recensita parzialmente non adduce ma inoltra, il contestualismo contemporaneo ha due forme: relativizzazione; assolutizzazione;
e se ne trovano pure tentativi confusi e conflittuali non solo misti.
Di fatto tanta intellettualità non solo occidentale, europea, italiana, si è dedicata a far nessi a scopo forse emancipativo ma senza chiarezza intellettuale oppure senza successo o finanche con effetti opposti, talora disgraziatamente consegnando o rassegnando filosofie psicologiche a psicologismi antifilosofici; e di analogo situazionismo filosofico se ne trova ugual funesta dedicazione e tra i fallimentari termini anche la disastrosa consegna di umanesimi filosofici ad antropologismi antiumanitari: difatti chi spinge — e ciò accade solo da fuori di mondo della filosofia — a tali erranze, inverte anche proprie azioni, violentemente subculturali — tra cui in Italia assai funeste quelle basate sul profitto della opinione, filosofica od extrafilosofica o non filosofica comunque sbagliata ma solo opinione, che vi fosse anche diretto decisivo antiplatonismo oltre che antiplatonisti in Evo di Mezzo (e i profittatori danneggiano anche non opinabilità oltre che offendere opinabilità).

Inoltre non ha senso in una recensione filosofica (ed ancor meno in opera) citar intenzione di storiografia non mitografia per rimediare a spontaneo senso di confusione non filosofica od antifilosofica; neppure a citar Tucidide se ne rimedia in tali circostanze...
Ed affermar primato di identità su tempo ha significato solo se si esplicita a sufficienza quale identità e quale tempo e definendo anche quale primato si starebbe affermando, altrimenti c'è solo pessimo psicologismo perché si istituisce inetta concezione identitaria (stessa di aspiranti e falliti neurologi offensivamente ignari dell'antichissimo simbolo mitico di "Flora" per non ammettersene debitori... Ci si rifletta e con prudenza).

MAURO PASTORE