venerdì 5 gennaio 2007

Pulina, Giuseppe, Minima Animalia. Piccolo bestiario filosofico, con illustrazioni di Marco Lodola.

Sassari, Mediando, 2005, pp. 95, € 18,00, ISBN 8889502029.

Recensione di Massimo Pulpito – 05/01/2007

Storia della filosofia

In epoca moderna la riflessione sul concetto di uomo e i suoi confini ha incontrato più volte la questione dell’alterità, declinata pressoché esclusivamente nel senso della differenza tra gli uomini. Esemplare è il caso della differenza culturale, disvelata, ad esempio, dalle grandi scoperte geografiche. Tuttavia sempre più spesso l’alterità (come rapporto che non esclude affinità e analogie) si è scoperta in ambiti impensati, e negli ultimi secoli, persino nella roccaforte stessa del soggetto autocosciente. Questo movimento di graduale riconoscimento fattuale dell’alterità ha comportato un analogo processo di riconoscimento etico. È ciò che, ad esempio, è avvenuto per quell’Altro radicale dall’uomo che è l’animale: un altro che oltrepassa i confini dell’umano, ma nonostante ciò (o a causa di ciò) pone all’uomo un’inaggirabile domanda etica. Negli ultimi anni questo polo esterno è divenuto un interessante punto di osservazione sull’uomo stesso, come sembrano dimostrare recenti pubblicazioni sul tema. Tra tutte credo che vada citato il libro postumo di Jacques Derrida, L’animale che dunque sono, Jaca Book 2006.
Da questo punto di vista mi sembra degno di interesse il libro di Giuseppe Pulina, Minima Animalia, il cui eloquente sottotitolo è Piccolo bestiario filosofico (eloquente, ma per la verità un po’ equivoco giacché l’autore non disdegna incursioni nell’ambito della letteratura). Il libro intende dimostrare come i pensatori abbiano sempre fatto i conti con questo altro così ingombrante: così diverso da noi, eppure così simile a ciò che siamo. Non c’è, infatti, animale che non evochi un aspetto dell’uomo, una sua virtù o un suo vizio, un carattere o una personalità, o semplicemente che non si presti ad illustrare un argomento e non funga da cavia per un esperimento mentale.
Pulina, facendo leva su questa duttilità concettuale dell’animale, punta a ricostruire, senza pretesa di esaustività, la zoologia sotterranea della storia della filosofia, e lo fa con atteggiamento spesso divertito, non esente in alcuni casi da fughe retoriche e riflessioni improntate più all’inseguimento di una suggestione letteraria che alla prudente chiarificazione dei passi. Ma, va detto, lo fa anche con una particolare pietas verso gli stessi animali, un non celato animalismo ironico, ma non per questo meno convinto.
L’autore ci introduce, così, in questa affascinante galleria di animali, uno zoo di carta e di pensieri, che ha accompagnato la riflessione filosofica (e letteraria) come esemplificazione vivente e indicazione dei confini dell’umano. Incontriamo così, nell’ordine, i maiali di Carroll (qui in veste di logico, più che di autore del celeberrimo Alice nel paese delle meraviglie), l’acaro di Pascal, l’asino di Buridano, le numerose bestie di Giordano Bruno, il serpente di Nietzsche, i cavalli di Platone, i gatti di Cesare Pavese, il coccodrillo degli stoici, la tartaruga di Zenone, i cigni di Popper, la balena bianca di Melville, le cornacchie di Michelstaedter, il pavone di Leopardi, il tacchino induttivista di Russell. Ma i riferimenti sono molti e tra questi non mancano quelli agli esseri fantastici (come la fenice) o ai non meno fantastici ibridi uomo-animale (come il licantropo).
Ci si potrebbe chiedere che cosa leghi tra loro tutti questi esseri viventi, se non il fatto di essere stati citati da noti filosofi e scrittori del passato. Non solo, infatti, i significati che gli autori traggono dalle caratteristiche di questi animali sono radicalmente diversi, ma lo sono anche la funzione e il senso del ricorso ad essi. In non pochi casi, la reductio ad bestiam (p. 6) sembra più un pretesto immaginifico cui non dare molto peso, che una vera tematizzazione teorica, in grado di offrire una chiave di lettura forte del pensiero del filosofo. A questa galleria di quadri slegati tra loro e alla stessa irrilevanza di taluni riferimenti (entrambi fattori che impediscono un approccio sistematico al tema) avrebbe potuto offrire una risposta adeguata un sobrio enciclopedismo. Pulina ha scelto un’altra strada, che lo ha condotto (peraltro correttamente) a giocare con questi riferimenti filosofico-letterari. Una scelta che ha consentito all’autore di concedersi alcune lacune (mi vengono in mente le api di Mandeville, la colomba metafisica di Kant – filosofo di cui pure en passant egli parla nel capitolo sugli uccelli – o la morale del formicaio di Bergson) e giustifica le incursioni letterarie (laddove le lacune non si conterebbero: perché, ci si potrebbe chiedere, Moby Dick sì, e non Zanna Bianca, lo scarafaggio di Kafka o il vasto repertorio zoologico di Esopo e Fedro?). La riflessione sul filo della suggestione e il tono a tratti leggero permettono, invece, anche scelte arbitrarie (come rivela lo stesso ordine di presentazione della fauna filosofica: né cronologico, né alfabetico, insomma casuale) e nell’insieme non pregiudicano la gradevolezza della lettura e la possibilità di fare nuove scoperte in questo safari filosofico-letterario.


Indice

I. Alice nel mondo dei sillogismi
II. L’abisso di Pascal
III. Asini volant
IV. Animalandia. Le bestie trionfanti di Giordano Bruno
V. Serpinseno
VI. Elogio dell’equinità
VII. I gatti di Pavese
VIII. Logici e conigliette
IX. Mal di luna
X. Bianche balene bianche
XI. Metafore della levità
XII. Le cornacchie di Michelstaedter
XIII. Tacchini e Pavoni. Russell contra Leopardi
XIV. L’ultimo drago


L'autore

Giuseppe Pulina è giornalista, insegnante e studioso di filosofia. Ha pubblicato diversi volumi e si è occupato di Michelstaedter. 

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