lunedì 9 aprile 2007

Giorgetti, Pier Fernando, Tra Goethe e Nietzsche: la frontiera tra l’uomo e Dio.

Pisa, ETS, 2006, pp. 318, ISBN-13: 978-884671610-1, Euro 20,00.

Recensione di Davide Sisto - 09/04/07

Filosofia tedesca del XVIII e XIX secolo, Estetica, Storia tedesca

È un fascinoso viaggio a ritroso nel tempo quello che ci attende durante la lettura di Tra Goethe e Nietzsche: la frontiera tra l’uomo e Dio, corposo ed estraniante saggio che ripercorre con esuberanza le tappe principali del percorso poetico, speculativo e spirituale di due delle più rappresentative figure della storia dell’umanità occidentale: Goethe e Nietzsche. Sembra quasi che Giorgetti abbia intenzione di prendere per mano il lettore e di condurlo lentamente nel cuore delle conturbanti vicende storico-filosofiche tedesche del XVIII e XIX secolo, volendo mostrargli il temperamento titanico di due pensatori al di fuori di ogni schema precostituito e, al tempo stesso, convincerlo di come l’epoca contemporanea non sia più riuscita a partorire personalità di tale portata. Il tronfio e sterile pavoneggiarsi di certi presunti capostipiti della postmodernità filosofica odierna viene, infatti, impietosamente ridimensionato dinanzi alla sincera dirompenza intellettuale di Goethe e Nietzsche, le cui esperienze di vita – apparentemente contrapponibili e inconciliabili – paiono, invece, correre su due vie parallele, in costante procinto di lambirsi e di sfiorarsi, annullando quasi per magia l’insopprimibile distanza temporale che le separa.

Pur rispettoso di quella consolidata tradizione storica che oppone all’apollinea poeticità luminosa di Goethe il dionisiaco e tenebroso divampare filosofico di Nietzsche, Giorgetti, attraverso ventuno capitoli concisi ma pregni di spessore speculativo, allenta le rigide convenzioni storiografiche e, una volta mossosi con la dovuta meticolosità tra le intercapedini esistenziali dei due eroi tedeschi, esalta la natura provocatoria e rivoluzionaria tanto di colui che ha imposto con ridondante regalità la sfrenatezza prorompente dello Sturm und Drang, quanto di colui che ha sfidato le ipocrite consuetudini borghesi con il suo piglio provocatoriamente inattuale: “il Goethe strasburghese del 1770 ed il Nietzsche basileiano del 1869 sono accomunati da una totalizzante capacità e volontà di contrapposizione e di rifiuto nei confronti del dominante spirito del tempo – e di tutto il corteo di sentimenti, valori, valutazioni, che esso sembrava aver scritto, con lettere dure come il granito, nella coscienza e nella sensibilità delle due epoche rispettive –.” (p. 27).

Per quanto concerne Goethe, l’attenzione di Giorgetti si concentra ovviamente sul periodo che antecede la cosiddetta resipiscenza poetica dell’età weimariana, in cui il graduale superamento dell’ipertrofia soggettiva giovanile si accompagna ad un approfondimento scientifico e letterario del problema della natura in termini più ponderati e pacati, intenti a cogliere nella fertilità naturale l’armonia di leggi costanti e la produzione di forme organiche, rivelatrici del persistente movimento centripeto presente in natura. Ecco, pertanto, che lo studioso italiano analizza, soprattutto, gli anni di Strasburgo e di Lipsia, anni in cui Goethe plasma a poco a poco la sua imperiosa personalità e dona luce ad alcune delle sue opere più significative e prestigiose. Da una parte, s’impone la tellurica e antiilluministica Weltanschauung di Goetz von Berlichingen, da cui emerge “il germanesimo primitivo, essenzialmente antiromano e antistatuale, intriso di spirito e di psicologia di subordinazione gerarchica ai vertici della società, tetragono nel rifiuto di concepire il significato dello Stato, ammettendo qualcosa al di là e al di fuori del vincolo di sottomissione e di fedeltà personale al principe” (p. 38); la sua natura colma di vitalità, il suo pulsare stürmeriano introducono il cocente fastidio per una cultura dell’Illuminismo che banalizza l’esplosione organica della natura e che soffoca la vita nelle rigidi regole del Sollen di matrice kantiana. Il Goethe stürmisch apre, pertanto, la strada all’intuizione del caos dionisiaco, “da lui avvertito come traboccante sorgente della ricchezza della vita, come vera cifra del reale e, al tempo stesso, come suprema e fascinosa forza attrattiva pur nel segno della sua assurdità e tragicità, danzando sulle orme di un senso di ridicolo delle cose tutte, dal quale trasudava un infinito cinismo” (p. 45). Da qui prende le mosse l’inno del Prometheus, in cui la superiorità dell’uomo-titano sulla stirpe degli dei raggiunge la sua apoteosi nella proposta che Prometeo sottopone provocatoriamente a Zeus: “quel che ho io, non me lo possono rapire, e quel che hanno essi, lo difendano loro. Ecco qui, mio e tuo: e ognuno per la sua strada” (J.W. Goethe, Prometeo, in Opere, a cura di L. Mazzucchetti, Firenze, Sansoni, 1961, vol. I, p. 399). Sempre da qui si dipana lo spirito bohemien ante litteram del Werther, di cui Giorgetti sottolinea il carattere superbamente individualistico ed egoisticamente estetico, che s’abbevera alla fonte dell’eccitazione solipsistica per un amore volutamente impossibile, il cui possibile compimento è visto da Werther come una terribile minaccia al suo prediletto isolamento sociale: “nella realtà delle cose Werther nulla tanto fuggiva come il matrimonio: egli si sentiva sempre e comunque altrettanto estraneo, quanto insofferente, di fronte a qualsivoglia impegno, vincolo od individuazione di scelta definita e stabilmente coinvolgente” (p. 89).

A partire dalla comune esperienza esistenziale che Goethe e Nietzsche hanno vissuto a Lipsia a distanza di cent’anni esatti, Giorgetti introduce la controversa personalità di Nietzsche che, nonostante la sua timidezza e la sua insicurezza post-adolescenziale, già a vent’anni “rinnovò l’audace esperienza goethiana di porsi, a suo inconfondibile modo, come occhio del mondo al centro della realtà e della storia” (p. 54). Antitesi radicale dell’immagine quieta della grecità di tradizione winckelmanniana e della rigorosa razionalità concettuale di matrice socratica, il soliloquio nietzschiano tenta di eludere le trappole classicistiche del primato teoretico e del sobrio moralismo cristiano, lasciando campo libero all’istinto e al genio e, quindi, rivendicando “una filosofia come a-concettualità radicale e come percezione immediata ed emozionale di una visione dell’uomo e della realtà ab origine completa in ogni suo aspetto e da sempre presente nella più profonda intimità del soggetto ispirato ed agitato dallo spirito dionisiaco” (p. 57). Pertanto, Giorgetti affronta l’inattualità spirituale di Nietzsche, non solo ripercorrendo per l’ennesima volta i sentieri speculativi del suo filosofare, ma anche e soprattutto tenendo in considerazione la situazione politica contemporanea al suddetto pensatore. Soltanto attraverso un’attenta ricostruzione storico-psicologica dell’astuta Realpolitik bismarckiana, emerge veramente la natura controversa dell’inattualità perpetrata da Nietzsche, avverso a qualsivoglia forma di massificazione sociale e di imbrigliamento dell’istinto. Scampoli di esperienze biografiche, di amicizie drammaticamente tradite (si veda il ben noto rapporto con Wagner), di malesseri fisici progressivamente destabilizzanti donano trasparenza a quel Wille zur Macht che, in parallelo alla tracotanza ostentata dal Superuomo e dall’Anticristo, rende intramontabile la figura del filosofo di Röcken.

In definitiva, Tra Goethe e Nietzsche: la frontiera tra l’uomo e Dio è un’opera che va letta e apprezzata così com’è, intrigante nel suo riuscito tentativo di ridipingere con colori accecanti le “affinità elettive” che accostano Goethe a Nietzsche.

Indice

1.La poesia della luce e la filosofia delle tenebre
2.Nietzsche e l’avvicinamento a Wagner: l’inizio della gigantomachia dionisiaca e della polemica antisocratica
3.Cosima, Nietzsche e Wagner: l’originario “mondo tipico” senza uscita
4.Goethe e Nietzsche: un’esemplarità di esperienze parallele per un “mondo tipico” di radicale rifiuto
5.Lipsia come culla originaria del “genio” in Goethe e Nietzsche. L’esperienza goethiana
6.Lipsia come culla originaria del “genio” in Goethe e Nietzsche. L’esperienza nietzscheana
7.Lipsia ed il frutto proibito dell’esperienza “geniale”: l’ontologia dell’insignificanza e la psicologia del terrore
8.Dialetticità ed ambivalenza del “genio”: cifra poetica ed esistenziale della sintesi degli opposti
9.Il Werther goethiano: l’”educazione sentimentale” dell’anima tedesca al culto dell’ambivalenza e della convivenza degli opposti
10.Il Faust goethiano: l’epifania del demoniaco come alter ego dell’anima geniale e della sua terrestrità radicale
11. Metamorfosi e nemesi del demoniaco nell’esperienza faustiana dell’anima “geniale”: la tragedia del mago e la tragedia dell’amore
12.La cultura dell’inattualità e lo spirito dell’età bismarckiana
13.L’incarnazione politica e la cifra parallela della nietzscheana “cultura inattuale”: la Realpolitik bismarckiana
14.Tra Bismarck e Nietzsche: la svolta della cultura tedesca dal liberalismo al culto della potenza
15.Il Nietzsche “illuministico” dello spirito libero e l’apogeo dell’età bismarckiana
16.Dioniso alla prova dell’idillio di Tautenburg: l’insostenibile leggerezza della grazia di Apollo
17.Il centro del centro: la volontà di potenza
18.L’anello degli anelli: l’eterno ritorno
19.Il superuomo: realtà e mito
20.Dalla gloria di Dio alla voce del demone
21.Dio e …Dio: riflessioni su “demitizzazione” e “valori”


L'autore

Pier Fernando Giorgetti. Nato a Livorno (1941) e laureatosi alla “Cattolica” di Milano con una tesi sulla storiografia cartesiana, ha analizzato l’influenza della fisica matematico-quantitativa sulla filosofia successiva e sulla tradizione cristiana della cultura europea in Società religiosa e società civile nell’Europa contemporanea (Livorno, 1984). Ha trattato delicate questioni sulla religione come cultura su “La Voce Repubblicana” di Giovanni Spadolini. Ha verificato la “presa” reale delle dottrine del marxismo e del liberismo sul divenire concreto dell’economia in Moneta, società, economia – 1694/1987 (Livorno 1985; 1987). Ha rintracciato l’origine delle figure della dialettica hegeliana nelle mittneriane “ambivalenze romantiche”, squisita tipicità dell’anima tedesca sul sentiero della “poesia come verità della filosofia”: L’epifania dell’anima romantica. Poesia e religione alle radici della cultura dell’Europa moderna (ETS, Pisa, 2005).

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