venerdì 20 aprile 2007

Susman, Margarete, Il senso dell’Amore, a cura di Anna Czajka.

Reggio Emilia, Diabasis, 2007, pp. 128, € 14,00 ISBN 9788881034529.

Recensione di Gennaro De Falco – 20/04/2007

Sociologia

Il saggio di Margarete Susman porta la data del 1912, ma la sua attualità e la profondità nell’affrontare l’argomento dell’amore sono oltremodo degni dei nostri giorni. Anzi, il lettore troverà questo libro, che è di dimensioni anche abbastanza contenute, molto più interessante di altri saggi contemporanei sullo stesso argomento, che hanno solo il pregio di dispensare, con un linguaggio molto comprensibile che talvolta rischia di essere inadeguato, perle di saggezza per tutte le stagioni.
Lo scritto introduttivo di Anna Czajka, curatrice dell’edizione italiana, aiuta a far luce sulla personalità dell’autrice, oltre a fornire qualche preziosa chiave di lettura: il testo si presenta infatti molto denso e talvolta non immediatamente accessibile, a causa della difficoltà e della complessità dell’argomento trattato.
Benché il saggio risalga a quasi un secolo fa, l’attualità di alcune domande che si pone l’autrice, partendo dalla decadenza delle religioni che già imperava nella sua epoca, risulta subito evidente: “La brevità della vita individuale, avvertibile e dura solo in questo anelito individuale alla totalità, aggrava la richiesta dell’amore reciproco, la rende più urgente e più disperata” (p. 50). La fugacità della vita umana, il torpore e la confusione in cui quotidianamente l’uomo si perde, ha bisogno di qualcosa che lo eterni, qualcosa che gli faccia sentire palpiti ed emozioni che lo rendano speciale: “Nell’amore l’individuo dà sempre più che se stesso, attingendo al tutto della vita di cui fa parte, e dimentica insieme col suo Sé anche i propri limiti” (p. 58). Ciò nonostante, l’uomo non riesce a perdere definitivamente il suo senso di solitudine, che è anche la sua condizione primordiale. Da questa riflessione, il lettore odierno potrebbe trarre conclusioni simili sulla condizione dell’uomo contemporaneo: l’essere narcotizzato dalle meraviglie della tecnologia, da un imperante capitalismo che lo porta a desiderare oggetti e cose, anche le più inutili, non lo può realmente distogliere dalla condizione di profonda solitudine di cui egli è tatuato, oggi più di ieri. L’uomo, infatti, si muove tra singolarità, alterità e totalità. Queste condizioni gli fanno avvertire l’amore come altamente desiderabile e, al contempo, quando prevale il desiderio di singolarità, allo stesso modo inopportuno e persino odioso.
Accanto a questa condizione di amore umano - quella che brucia e dà passione e dolore - ve ne è un’altra più pura: la caritas, la forma impersonale dell’amore del prossimo. Una forma d’amore che, già nel 1912, Susman vedeva diradarsi: il lettore può leggere della contrapposizione che l’autrice propone tra l’amore dei martiri e l’amore che un uomo prova verso un suo simile, un amore certo più impuro. Un’altra contrapposizione che emerge dall’analisi è quella tra amore antico e amore moderno: il primo, grande nella sua tragicità e singolarità, amore che riesce a eternizzare i singoli uomini, e di cui, secondo Susman, resta il più fulgido esempio in Tristano e Isotta; il secondo è un amore che ha abbandonato il senso di eterno tutto concentrato su Dio, per caricarsi di una forza diversa, che si esaurisce tra uomo e donna, dove anche il sesso, evanescente nell’amore antico, trova un ruolo fondamentale. Dalla morte dell’amore antico, in concomitanza con la scomparsa delle forme imposte dalla religione cristiana, nasce una nuova anima: si perde la ricerca di Dio, dell’infinito, di ciò che è al di sopra e per sempre: “Questa singola anima determinata, che ha cominciato lentamente, nella sua determinatezza individuale, a confondere e a dissolvere l’immagine dell’infinito”(p. 88).
Ritornando a parlare del sesso, e del baratro che esso apre tra fugacità ed eternità, Susman affida all’arte il compito di colmare questo stesso baratro, e di provvedere a una reductio ad unum in cui il sesso non sarà più un semplice fenomeno fisico. Tra tutte le arti, “solo la poesia ha raffigurato l’essere umano nella sua integrità […]. Solo la poesia ha cercato di cogliere proprio in questa relazione tra esseri individuali, rifiutata da ogni altra concezione della totalità della vita, un elemento essenziale per la via verso l’irraggiungibile stesso” (p. 103). Susman affida alla poesia un ruolo che trascende la sua epoca: citando personaggi quali Tristano, Don Giovanni e Faust, fa comprendere come soltanto la poesia abbia saputo creare figure immortali, divorate allo stesso tempo da un amore bruciante e devastante e dalla malinconica e dolorosa consapevolezza che esso, come tutto ciò che riguarda l’uomo, è destinato a morire. I personaggi citati vivono in questo atroce dilemma, sospinti in avanti dall’amore e desiderosi di fermarsi, perché consapevoli che anch’esso si perde nella vanità.
Le ultime pagine del saggio sono dedicate al modo in cui uomo e donna vivono la trasformazione della vita: essa “avviene nell’uomo secondo la legge della metamorfosi naturale a cui egli è legato” (p. 107), mentre nella donna la trasformazione è molto più incisiva, in quanto “la sua via verso ogni nuova vita, verso tutti i valori e i mondi, è infatti il partorire” (p. 107). Questa differenza tra uomo e donna, differenza che la natura ha voluto, è stata una delle fonti di quella supremazia che per lungo tempo lo spirito maschile ha esercitato su quello femminile: “Fin dai tempi più antichi il simbolo dell’uomo era il chiaro giorno svelante ogni cosa, il simbolo della donna era l’oscura, feconda notte che custodisce ogni cosa dentro di sé”(p. 117). La sacralità che vela questo dono a cui la donna si dedica, il valore di questo sacrificio più o meno condivisibile e comprensibile – di cui l’autrice ricorda una delle massime espressioni nel personaggio di Margherita in Faust – sfociante in un “donarsi metafisico della donna” (p. 118), il ruolo fondamentale che la donna riveste nel sostenere l’uomo e i suoi progetti: Susman vede tutto ciò scomparire e si augura che la donna possa trovare un suo spazio, avulso da condizionamenti oscillanti fra tradizione e ignoranza, per non essere più annientata, nella sua personalità, da una forma distorta dell’amore.
Le pagine che Susman dedica alla poesia possono essere reinterpretate come un invito rivolto all’uomo contemporaneo, affinché possa riscoprire l’amore vissuto nella sua totalità di passione e carnalità, di idealizzazione e sogno. Il poeta Paul Celan, in una meravigliosa poesia, Ritratto di un’ombra, scrive: “I tuoi seni, amici delle mie serpi; / […] il tuo sesso, legge dell’incendio boschivo; / […] la tua orma, occhio del nostro addio”. Le sue parole richiamano quel ruolo che Susman affidava alla poesia, un ruolo in cui l’essere umano vive tutti i sentimenti, e in cui si riscopre la sua natura di essere complesso e mai definito.

Indice

Anna Czajka, La donna, la decisione dell’amore e il desiderio metafisico

I. La potenza dell’amore
II. L’amore tra uomo e donna
III. La trasformazione dell’amore


L'autrice

Margarete Susman (Amburgo 1872 - Zurigo1966) poetessa, filosofa della cultura e delle religioni, teorica del pensiero ebraico, pacifista. Amica e ispiratrice di Erns Bloch, Hans-Georg Gadamer, Franz Rosenzweig e Paul Celan. La sua opera più conosciuta è Il libro di Giobbe e il destino del popolo ebraico (Firenze 1999).

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