lunedì 2 aprile 2007

Luhmann, Niklas, Osservazioni sul moderno.

Roma, Armando, 2006, pp. 144, € 12,00, ISBN 8860810086

Recensione di Alessandro Lattarulo – 02/04/2007

Parole chiave: Illuminismo, ambiente, sistema, modernità, potere

Rielaborazione di conferenze tenute in giro per il mondo all’alba degli anni Novanta del secolo scorso, Osservazioni sul moderno si presenta come un interessante compendio di alcuni punti salienti dell’articolato, e talvolta persino labirintico, pensiero di Niklas Luhmann.
Grande maestro della sociologia contemporanea, Luhmann, anche a causa dell’ostentata iconoclastia nei riguardi di alcuni schemi interpretativi e dell’adozione di apparati semantici collidenti con quelli egemonici per decenni, non sempre ha goduto della fama che avrebbe meritato, sebbene la sua ricca produzione accademica, pur gravata da una non agevolissima leggibilità, sia diventata faro di riferimento per gli studi sociologici. Sotto tale profilo, la coraggiosa scelta della casa editrice Armando, di includere tra i “classici” un’opera che in Germania aveva visto la luce sin dal 1992, costituisce l’atto di una strategia editoriale che ci auguriamo essere di sempre maggiore cura nelle edizioni proposte e che possa conoscere ulteriori passi in direzione della piena riscoperta di un contributo scientifico prezioso, a prescindere dal giudizio di merito.
Fiero oppositore del postmodernismo incarnato dai vari Maffesoli, Inglehart ecc., ciononostante Luhmann riconosce un merito incontestabile a questi autori, tra l’altro assimilabili solamente con atteggiamento prono a una sbrigativa tassonomia, avendo contribuito in modi divaricati a fare della corrente postmoderna una delle più frammentate e disomogenee, in virtù dell’esplicita scomposizione di ogni lettura unitaria della realtà. Alla proclamazione del “postmoderno” Luhmann riconosce infatti, sin dalle pagine della Prefazione, di aver evidenziato la crisi di introversione della società moderna, oramai disillusa in merito alla capacità di fornire una corretta descrizione di se stessa. È la crisi della razionalità europea che si trascina stancamente da anni, da quando, cioè, si è palesato in tutta evidenza l’avvitamento di ogni discorso sulla società capitalistica e di ogni ariosa discussione sulla “differenziazione” che essa implica. La torsione dell’Illuminismo che già la Scuola di Francoforte aveva denunciato dopo la seconda guerra mondiale, ammonendo circa la quasi inevitabile deriva totalitaria della razionalità connessa, in Luhmann si è trasformata nell’urgenza di reinventare secondo una logica sistemica priva di qualsiasi apriori l’apparato semantico dell’Europa, al fine di mantenere intatta la centralità storica del “vecchio continente”. Se infatti la razionalità europea si distingue da altre semantiche ad essa paragonabili proprio per la sua familiarità con le distinzioni (p. 35), si trasforma in atteggiamento inspiegabilmente abbarbicato alla tradizione quello consistente nella rinuncia ad emanciparsi risolutamente da costrizioni analitiche devote a schemi ormai sorpassati.
L’unico tentativo di una qualche apprezzabilità, secondo il funzional-strutturalismo architettato da Luhmann, è stato quello che ha avuto quale sommo protagonista Anthony Giddens, raffinato sociologo britannico, che sin dalla vigilia del crollo del bipolarismo planetario aveva incominciato a fornire della globalizzazione una descrizione fondata sulla rilevazione di una progressiva, inarrestabile nel breve periodo, “time-space distanciation”, tracciando in tal modo le scie luminose per la ricerca immediatamente successiva (p. 13).
In una società percorsa contraddittoriamente da saperi sempre più frammentati, caratterizzati dall’assenza di fondamenti assoluti, la teoria luhmanniana, anche a quasi una decade dalla morte del sociologo, rivendica un’impronta relativistica estrema, radicale che, per un verso, ha manifestato incessantemente la necessità di ridurre la complessità di una realtà altrimenti oscura; per l’altro, rifiuta qualsiasi fondazione extra-sistemica della società e delle regole che presiedono alla razionalità di questa.
A differenza dei sistemi fisici o biologici, i cui confini possono essere definiti empiricamente ed empiricamente riperimetrati con l’approfondimento delle conoscenze umane, i sistemi sociali sono definibili solamente sulla base del senso partecipato che, tuttavia, in Luhmann si innesta tra le maglie di quella degenerazione della società contemporanea che registra la scissione irrisarcibile tra individuo e società.
Accade pertanto, come ha ripetutamente sottolineato Pietro Barcellona – strenuo oppositore del Luhmann appiattito sulla contingenza, su una stabilità sociale che solamente in ipotesi è osservata dall’angolo di una evoluzione dinamica – che la svolta epistemologica di cui si rese protagonista l’intellettuale tedesco all’inizio degli anni Settanta abbia assunto sempre più definitamente i tratti di una desoggettivizzazione del sistema. Detto altrimenti, di una liberazione della teoria sociale da ogni impaccio soggettivistico e antropologico, con l’uomo non più considerato parte del sistema sociale, ma svilito ad ambiente problematico del sistema stesso. Ridotto quindi a galleggiare in un sistema capitalistico trasformato in una connessione rapsodica di funzioni equivalenti, di operazioni per rintracciare la cui razionalità bisogna dirigersi verso una stabilizzazione del sistema, disancorato dalla turbolenza delle passioni e di ogni dialettica anche solo latamente conflittuale. In un ambiente che mantiene una complessità impossibile da ridurre una volta per tutte, diviene dunque inevitabile che la totalità, palesando la propria opacità, sfugga ad ogni tentativo di presa e che le ragioni del conflitto non siano più trasparenti né rappresentabili mediante le classiche agenzie politiche e sindacali. La teoria sistemica, insomma, trasforma la democrazia in una mera procedura formale, senza risvolti contenutistici, tranciando persino quel nesso finalizzato alla loro distinzione che in Claus Offe separava la politica – funzione di produzione generale del consenso – dall’amministrazione – intesa come modalità di sviluppo e attuazione dei programmi. Secondo Luhmann, la democrazia si configura come tecnica di distribuzione del carico delle tensioni che derivano dall’ambiente turbolento dei conflitti nei vari ambiti in cui si articola il sistema sociale, fungendo praticamente da filtro a favore dello smistamento delle aporie rinvenibili nel sistema politico verso i (sub-)sistemi dell’amministrazione, della giurisdizione ecc.
La teoria sistemica si rivela di fatto una strategia di neutralizzazione della conflittualità sociale, perché affresca la frantumazione policentrica del tessuto dinamico della società, popolandola di individui depauperati della ricchezza intrinseca di soggetti dell’uguaglianza.
Blindato in un disperante privatismo che ne lascia affiorare un solipsismo senza ancoraggi stabili, l’individuo immerso nella modernità liquida descritta da Bauman vaga nomade alla ricerca di una libertà assoluta che efficacemente rappresenta l’effetto di sradicamento dall’insieme dei rapporti, delle relazioni sociali, trascinando l’esistenza verso la deriva quantitativa tempestata di desideri. Che alla necessità sovrappone quasi totalmente l’induzione al consumo, effettivo motore della società tardo-capitalistica, che nel mondo “occidentale”, in cui non mancano certo stridenti contraddizioni, sostituisce ai bisogni materiali quelli immateriali.
Dinanzi a tutto ciò gli europei corrono il serio rischio di farsi risucchiare nel gorgo di insanabili contraddizioni, la cui pericolosità si manifesta a maggior ragione osservando la lucidità premonitrice di Luhmann. Abituati a trasformare le culture straniere dall’incomprensibile al comprensibile poiché costretti a quest’opera di apertura nei confronti dell’Altro sin dall’epoca della scoperta delle Americhe, tra l’altro coincisa storicamente con l’invenzione della stampa (p. 59), gli europei sono oggi chiamati a descrivere il futuro rintracciandone nel presente verità (p. 85) che non saranno probabilmente oggettive come reputato in fondo possibile da Habermas, ma che abbisognano di un trascendente collettivo rispetto alla particolarità degli interessi da individuare nella sacralità laica della vita umana, a patto di alleggerire la retorica dei diritti umani dalla cifra occidentalizzante che attualmente li permea.

Indice

Prefazione
Il Moderno della società moderna
La razionalità europea
La contingenza come valore proprio della società moderna
La descrizione del futuro
L’ecologia del non-sapere

L'autore

Niklas LUHMANN, sociologo tedesco scomparso nel 1998, è il padre del funzional-strutturalismo. Per anni ordinario di sociologia all’Università di Bielefeld, ha sviluppato fino ad orizzonti insuperati la teoria dei sistemi. All’interno della sua vastissima produzione accademica, non ancora integralmente tradotta in italiano, ricordiamo Potere e complessità sociale, Milano, Il Saggiatore, 1979; Illuminismo sociologico, Milano, Il Saggiatore, 1983; Struttura della società e semantica, Bari, Laterza, 1983.

4 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Il recensore concordando con oppositore di autore recensito dichiara una azione privativa ai danni di soggettività che di fatto non esplicita e che implicitamente mostra senza intuirne realtà ingannevole proprio verso chi ne tralascia!
Autore N. Luhmann considera il grande corso storico della Guerra Fredda col saperne entrambe le opposte appartenenze e connotandone sociologicamente gli eventi oggettivi non soggettivamente arbitrariamente da significare, cosa che invece accade in sociologismo pervasivo ed ostinato marxista-exmarxista.
I due Blocchi, Est / Ovest, estremizzarono conflitto in principio di anni '70, secondo dinamiche rispettivamente intrasociali / extrasociali. Previsione interna economica militare di resa occidentale fu smentita dai fatti: sociologia scientifica saccheggiata da Est, tecniche sociali importate da Est, ma da Ovest si agiva determinatamente su piano diverso, non tanto etnologico ma antropologico perché si era intuito...: radicalizzarsi di condizioni di guerra fino a porre in incertezza presenze umane! Tuttavia i politologi attendevano fine rapida del conflitto e ne erano smentiti. Ciò che aveva reso preponderante Blocco Ovest era in parte decisiva l'intuizione che nemici non avessero idee forti su natura umana; ma tanta la influenza sociale non sociologica delle intellettualità militanti nemiche, che sfuggiva, ai centri di potere americani e a periferie europee a questi soggette, l'altra debolezza nemica, la sottovalutazione cioè degli eventi naturali anche non umani. Campagne ove bisognava seguir accadimenti e quindi programmazioni ridottissime, industrie preda delle variazioni climatiche, aiutavano la sopravvivenza etnica russa e le altre non ostili ed il grande meccanismo sistemico sovietico rallentava suo procedere omologante etnofobico antiumanitario, ormai anche stessa idea comunista resasi fantasma quasi; ma non tutto questo risultando ad attenzione sufficiente americana, la guerra non finiva e studiosi non allineati in Occidente ne indicavano ritardo in durate effettive di quegli anni non cronologicamente omologhe ai precedenti; e si faceva ingente il problema del consumismo, da evenienza-realtà non centrale ad eventi, a centrale, per ambo gli schieramenti. Il capitalismo più battagliero si deformava in aggressività capitalistica ed il socialismo militante in intromissione associazionista; e ciò era dai poteri soprattutto europei lasciato in balia di estremismi stessi, tanto che Guerra Fredda tale rimaneva in mezzo ad ambizioni antiecologiche di guerrafondai cui comunicatori di massa obbedivano senza che fosse guerra stessa trasformata in conflitto Sud / Nord, ma con conflittualità crescente tra Meridionalismo antipolitico e politica in Settentrione del Mondo. Sociologicamente-scientificamente inaspettatamente si scopriva sistematicità di stesso non medesimo evolversi sociale e ciò mentre teorie sociologiche liberali facevano progresso non vanificato da Est del Mondo. Sociologia per necessità doveva ecologizzarsi e ciò non sostituiva ruolo di etnologia, vincente per Blocco Ovest e non inviso a quello Est; però ecologizzazione poneva azione sociologica in incertezza totale perché rimedi sociali differivano da etnici e sembrandone soltanto stesse opposizioni. Filosofia della scienza e filosofia ecologica assieme a sociologia offrivano una etica al sociologo ed una speranza di futuro pervenendo a massima di riferimento: 'niente sapendo del futuro, nessun ostacolo al presente'. Ma indirizzo scientifico ecologico provvedeva descrizione di ambiente sociale-naturale oltremodo enigmaticamente vivida, sicché la "turbolenza" della socialità corrispondeva ad alcunché di analogo in natura; senza climatologi e meteorologi a poterne decifrare ma sociologi a non poterne...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Era nonostante tutto preziosa — prima di fatidico anno 2000 d. C. che fanatismo calendaristico paracattolico anticristiano si rendeva reale quale temuto, non quale 'incubato' dalle invettive contro l'eguale serenità della Eternità — era nonostante tutto preziosa la indicazione di una società meno affannosa se favorevolmente attiva a naturalità.
Ciò per una triste idea antieuropea e non filooccidentale ed orientalista-meridionalista, generatasi in ambienti del Settore Terziario economico internazionale - mondiale, rappresentava — e rappresenta — la voce della fine delle civiltà che in quella stessa idea contraria ne consideravano possibile alleata per una totalizzante infine totalitaria civilizzazione eterocondotta del Pianeta (stessa cui aveva già aduggiato gentilezza funebre di A. Hitler e poi stesso ottimismo economico filostalinista di massa... Ma oramai la rappresentazione della fine per giunta senza alcuna vera conquista delle iperciviltà è materisticamente specchiata in accadimenti naturali e necessità conseguenti, poiché: contrasto ai gas-serra, riduzione degli sviluppi che devon esser sostenibili... sono stati doppiati non duplicati in Europa da soli da deserti di Estremo Ovest (che troppi climatologi hanno descritto in termini di pressioni atmosferiche, non avveduti di dover altramente collaborare con diversa meteorologia) cioè torridi più degli africani, e doppiati da venti siberiani ricorrenti e canali di freddi aperti vastamente direttamente da Polo Nord ad Europa Mediterranea...
Del resto, ne dice più il lume sempre più distanziato del magma solare, che inizia a dardeggiare i raggi mentre... ironia e non della sorte!... già aure notturne hanno impedito ... gran numero determinante di scelleratissime scorribande antipolitiche o totalitarie od autoritariste televisive: i seduttori coi trucchi orrendamente a vista, i diaframmi vocali dei microfoni approntati resi filtri parziali ( gioisco a pensare e ne gioivo ad intuire tale loro disfatta mediatica! )...
cronache che raccontano i volti dei prepotenti delusi ma involontariamente visibilmente grati a un destino anche più che freddo della natura in Europa.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In mio testo precedentemente inviato manca una parentesi. Nonostante in parte i successivi puntini sospensivi ne sopperiscano, per chiarezza provvederò ad inviare testo con parentesi inclusa.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Era nonostante tutto preziosa — prima di fatidico anno 2000 d. C. che fanatismo calendaristico paracattolico anticristiano si rendeva reale quale temuto, non quale 'incubato' dalle invettive contro l'eguale serenità della Eternità — era nonostante tutto preziosa la indicazione di una società meno affannosa se favorevolmente attiva a naturalità.
Ciò per una triste idea antieuropea e non filooccidentale ed orientalista-meridionalista, generatasi in ambienti del Settore Terziario economico internazionale - mondiale, rappresentava — e rappresenta — la voce della fine delle civiltà che in quella stessa idea contraria ne consideravano possibile alleata per una totalizzante infine totalitaria civilizzazione eterocondotta del Pianeta (stessa cui aveva già aduggiato gentilezza funebre di A. Hitler e poi stesso ottimismo economico filostalinista di massa) ... Ma oramai la rappresentazione della fine per giunta senza alcuna vera conquista delle iperciviltà è materisticamente specchiata in accadimenti naturali e necessità conseguenti, poiché: contrasto ai gas-serra, riduzione degli sviluppi che devon esser sostenibili... sono stati doppiati non duplicati in Europa da soli da deserti di Estremo Ovest (che troppi climatologi hanno descritto in termini di pressioni atmosferiche, non avveduti di dover altramente collaborare con diversa meteorologia) cioè torridi più degli africani, e doppiati da venti siberiani ricorrenti e canali di freddi aperti vastamente direttamente da Polo Nord ad Europa Mediterranea...
Del resto, ne dice più il lume sempre più distanziato del magma solare, che inizia a dardeggiare i raggi mentre... ironia e non della sorte!... già aure notturne hanno impedito ... gran numero determinante di scelleratissime scorribande antipolitiche o totalitarie od autoritariste televisive: i seduttori coi trucchi orrendamente a vista, i diaframmi vocali dei microfoni approntati resi filtri parziali ( gioisco a pensare e ne gioivo ad intuire tale loro disfatta mediatica! )...
cronache che raccontano i volti dei prepotenti delusi ma involontariamente visibilmente grati a un destino anche più che freddo della natura in Europa.

MAURO PASTORE