martedì 24 luglio 2007

Bagnoli, Carla, Dilemmi Morali.

Genova, De Ferrari, 2006, pp. 160, € 12,00, ISBN 8871727630.

Recensione di Sarin Marchetti - 24/07/2007

Etica

È un fatto comune nella nostra esperienza morale imbatterci in situazioni dilemmatiche in cui siamo costretti a scegliere tra due o più corsi d’azione tutti valevoli da perseguire ed importanti dal nostro punto di vista. Fa parte del nostro essere agenti condannati alla scelta incappare in, e dover fronteggiare dei dilemmi morali, situazioni in cui sembra impossibile soddisfare nello stesso tempo due o più doveri mutualmente esclusivi. I tipi di situazione in questione sono dilemmatici proprio in quanto ci forzano a scegliere tra valori che sono, dal nostro punto di vista, entrambi importanti e talvolta irrinunciabili. A questa prima e provvisoria presentazione dell’ontologia dei dilemmi morali, in cui i fattori in gioco sono essenzialmente un conflitto di doveri e/o un’incommensurabilità di valori – teoria che potrebbe essere descritta come l’analisi standard dei dilemmi morali –, l’autrice contrappone un’interessante alternativa: le situazioni dilemmatiche non sono tali in quanto si verifica uno scontro tra obblighi contrastanti o un’armonizzazione impossibile tra valori incommensurabili, bensì sono dilemmatiche in quanto minano l’identità pratica dell’agente nel momento in cui si trova costretto a deliberare. Questo significa orientare la discussione sui dilemmi morali tenendo ben in mente che l’analisi di tale problema non può prescindere dall’analisi di alcuni aspetti della psicologia del soggetto che si trova costretto alla scelta.

Altro nodo fondamentale è la portata di questo tipo di approccio sulla meta-morale, ossia sull’analisi dei limiti della teoria etica stessa che sistematizza ed orienta nello stesso tempo le nostre assunzioni di senso comune circa tali fenomeni: una corretta comprensione del rapporto tra l’ontologia dei dilemmi morali e la fenomenologia che di questi hanno i soggetti coinvolti ridisegnerà alcuni dei compiti e suggerirà delle nuove strade verso cui indirizzare le ricerche teoriche in filosofia morale, come ad esempio quella del recupero e re-interpretazione dell’etica kantiana (vista come un tipo particolare dell’etica delle virtù, diversa sia dal paradigma aristotelico, sia da quello humeano. Questa proposta, non priva di difficoltà, sarà sviluppata nel corso della trattazione principalmente in contrapposizione a tre diversi resoconti del fenomeno dei dilemmi morali dati da tre grandi filosofi come Richard Melvin Hare, Thomas Nagel e Sir Bernard Williams. Questo breve ma denso volume, che riprende i temi del più articolato I Dilemmi Morali ed i Limiti della Teoria Etica (LED Edizioni, Milano, 2000), è dunque uno strumento essenziale sia per la comprensione di questo fenomeno, sia per una sua collocazione all’interno del panorama della ricerca teorica su questo aspetto fondamentale della nostra vita morale.

Dilemmi Morali è diviso in cinque capitoli, di cui il primo tratta della fenomenologia del dilemma morale, il secondo della definizione di dilemma morale, il terzo del problema della deliberazione nelle situazioni dilemmatiche, il quarto dell’incommensurabilità dei valori ed il quinto dell’impatto di questo discorso sulla concezioni della teoria morale. I primi tre sono hanno carattere più introduttivo e preparatorio, mentre negli ultimi l’autrice cerca di tirare le fila di quanto esposto nella prima parte proponendo un’analisi alternativa di tale fenomeno: è solo analizzando i dilemmi morali concependoli come casi in è l’agente a dover fronteggiare una scelta dilemmatica (e non, ad esempio, come un mero problema di irrazionalità o di incommensurabilità di valori) che possiamo spiegare perché in tali situazioni la teoria morale non può aiutare il soggetto intrappolato nel dilemma. Se infatti il problema scatenante dei dilemmi morali fosse individuabile e risolvibile tramite la corretta applicazione di una procedura deliberativa scevra di errori, tali situazioni sarebbero solo prima facie, e non invece genuinamente, dilemmetiche, e dunque le difficoltà incontrate dal soggetto sarebbero dettate o da una sua fallacia di carattere cognitivo o dalla sua condizione di razionalità imperfetta. Ma dato che tali condizioni, anche essendo le condizioni in cui di fatto versiamo in quanto esseri umani, non sono le cause scatenanti per cui siamo costretti a fronteggiare situazioni dilemmatiche (dato che anche agenti razionalmente impeccabili o agenti in possesso di tutte le informazioni salienti circa una certa situazione possono incappare in dilemmi morali genuini), la spiegazione di tali fenomeni va ricercata piuttosto nell’analisi del concetto di ‘ragione per l’azione’: con le parole dell’autrice ‘l’agente che agisce in situazioni dilemmatiche è come intrappolato, condannato a violare una ragione morale qualsiasi sia l’azione da intraprendere’ (p. 61). È proprio perché il grimaldello per cogliere la drammaticità e la complessità dei dilemmi morali è presentare il soggetto come diviso dalla scelta obbligata tra più ragioni morali egualmente valevoli dal suo punto di vista che il discorso circa l’unità pratica e la deliberazione morale viene a ricoprire un ruolo centrale nella discussione filosofica su tali fenomeni. L’asse portante per la comprensione dei dilemmi morali non sarà allora quello doveri-valori, ma piuttosto quello ragioni per l’azione-identità pratica dell’agente, il che non significa tuttavia che l’analisi della logica del dovere e degli obblighi da una parte, e l’analisi sulla natura del valore morale dall’altra non giochino alcun ruolo. Queste, tuttavia, non sono le nozioni primitive in base a cui spiegare il fenomeno in questione, mentre lo sarebbero invece le ragioni per l’azione –nello specifico le buone ragioni– essendo invece un datum non ulteriormente analizzabile il cui possesso è una condizione necessaria ma non sufficiente per la tutela della integrità morale dell’agente. Troppo spesso le situazioni dilemmatiche (morali e non) sono interpretate come mere fallacie di razionalità epistemiche, mente invece la loro drammaticità risiede proprio nel mettere alla prova la stessa identità ed i valori dell’agente, ossia quando egli è costretto ad agire senza buone ragioni. Il problema di che cosa significhi avere una buona ragione per agire, nozione di per sé molto complessa, è presentato dall’autrice in connessione con la nozione di ‘agire con un ideale in mente’, nel senso che le azioni del soggetto –quando sostenute da buone ragioni– sono espressive della sua identità pratica e dunque la loro realizzazione assicura la continuità dell’integrità morale del soggetto coinvolto.

Il punto di partenza per una corretta comprensione del fenomeno dei dilemmi morali è la corretta comprensione della fenomenologia di tali dilemmi, dato che molte delle dispute circa la definizione di dilemma morale possono essere fatte risalire a una differente analisi della nostra esperienza dei dilemmi morali. Questo non significa certo che ci sia un solo modo di percepire una situazione come dilemmatica, ma il non percepire degli aspetti costitutivi della scelta dilemmatica non può che falsare la comprensione di tali dilemmi. La nostra esperienza dei dilemmi morali ci dice molto circa la loro natura, dato che una corretta interpretazione di cosa è un dilemma morale deve passare necessariamente per l’analisi dell’esperienza dilemmatica in cui un soggetto è scisso o intrappolato in una decisione di carattere morale; è solo perché percepiamo come dilemmatiche certe situazioni che possiamo parlare di dilemma morale, concetto che altrimenti rimane tanto evocativo quanto oscuro. L’autrice inizia con il definire un dilemma morale come una situazione caratterizzata da ‘un agente che, attraverso un processo deliberativo corretto, arriva a due conclusioni contrastanti su cosa deve fare’ (p. 8); questa prima definizione sarà poi arricchita, ma già a questo livello di semplicità è ben chiaro quale siano i fattori in gioco che caratterizzano una scelta moralmente saliente come dilemmatica: siamo di fronte ad un dilemma morale genuino quando il soggetto è in difficoltà –una difficoltà apparentemente insolubile– circa il da farsi, anche se tutti i passi del processo deliberativo che lo hanno portato ad una certa conclusione non sono viziati da errori logici, epistemici o cognitivi. Tuttavia, se sembra quantomeno facile riconoscere quando ci imbattiamo in una situazione dilemmatica, non è per nulla altrettanto semplice individuare e dare conto di tutti gli elementi che la caratterizzano; infatti fare appello alla nostra esperienza etica come metodo di individuazione dei dilemmi morali non sembra dirci molto circa gli ‘ingredienti’ che caratterizzano tale nozione, poiché sembra che, ad esempio, i dilemmi morali spartiscano molte caratteristiche con le situazioni tragiche o con le scelte forzate da qualche tipo di coercizione (sia interna che esterna). Per riconoscere i dilemmi morali e distinguerli da altre possibili situazioni di scelta problematica dobbiamo integrare la nostra fenomenologia dei dilemmi con l’analisi filosofica del posto che i dilemmi hanno nella nostra economia mentale e nella nostra vita pratica, e per far ciò dobbiamo andare oltre l’analisi nei termini di valori e di obblighi dato che tale analisi, anche catturando dei fattori sicuramente centrali nella comprensione di questo fenomeno, tralascia tuttavia un aspetto altrettanto fondamentale e costitutivo dei dilemmi morali: il loro minare la nostra integrità morale e pratica costringendoci a compiere una scelta drammatica che tradisce i valori e gli ideali che strutturano la nostra identità pratica. È allora chiaro che la piena comprensione di tale fenomeno va sia oltre l’analisi della razionalità e delle capacità cognitive dell’agente, sia oltre il discorso circa la natura del valore, essendo legata all’integrità deliberativa dell’agente e dunque alla sua identità pratica. Questa prospettiva è sicuramente innovativa anche sotto un altro aspetto, ossia quello riguardante il ripensamento di alcuni dei compiti e dei limiti della teoria morale proprio in rapporto a problemi quali quello della rilevanza di alcune teorizzazioni etiche: il caso dei dilemmi morali ci insegna che non sempre la costruzione di un corretto percorso deliberativo –compito peculiare, secondo alcuni, proprio della teoria morale– assicura l’agente di non doversi mai trovare in situazioni dilemmatiche. In questa direzione l’autrice scrive che ‘un compito pratico importante della teoria etica, altrettanto importante per la nostra integrità della procedura deliberativa, è quello di offrire dei criteri normativi per comprendere e guidare le reazioni e gli atteggiamenti degli agenti dopo la loro scelta morale’ (p. 149); l’analisi dei dilemmi morali nei termini dell’integrità deliberativa dell’agente sottintende dunque aspetti altrettanto importanti dei compiti che la teoria etica deve soddisfare, come quelli di una rivalutazione e un ripensamento dei nostri atteggiamenti emotivi verso certe scelte che sono talvolta dirimenti nella deliberazione e nella definizione della nostra identità pratica e morale, quegli atteggiamenti che caratterizzano la fenomenologia stessa dei dilemmi morali.

Un pregio essenziale del libro è la chiara distinzione e disamina del doppio livello d’analisi che una ricerca sui dilemmi morali deve distinguere, ossia le ricadute di tale fenomeno sulla teoria etica e quelle sulla prospettiva dell’agente. Non distinguere questi due livelli d’analisi significa o relegare il problema dei dilemmi morali ad una questione di irrazionalità, o non comprendere le ricadute sul piano meta-etico. Ridurre il problema dei dilemmi morali ad uno di questi due poli significherebbe compromettere la piena comprensione della portata di questo fenomeno sulla nostra vita morale e sulla teoria etica che cerca di renderne conto, mentre invece analizzarlo nella sua piena complessità è funzionale sia alla comprensione di alcuni nodi fondamentali della teoria etica –come quello circa natura dei valori morali– sia alla spiegazione di alcuni meccanismi legati al discorso sull’integrità pratica dei soggetti morali –come quello della deliberazione morale.

La valutazione complessiva del volume non può che essere positiva, essendo questo un libro utile e stimolante su un tema non molto battuto nella riflessione e produzione filosofica italiana (ad eccezione, naturalmente, delle numerose pubblicazione dell’autrice). L’intera trattazione segue un filo logico sempre chiaro e preciso –una linea argomentativa fertile ed originale di cui ho cercato si indicare i soli elementi portanti–, non lasciando mai nulla in sospeso, se non spunti di riflessione interessanti per il lettore specialista interessato che potrà affrontare in prima persona questo problema aiutandosi con l’ottima bibliografia che completa il volume.

Indice

Introduzione
La fenomenologia del dilemma morale
Il dilemma morale: come definirlo
I dilemmi morali e la deliberazione
I dilemmi morali e l’incommensurabilità dei valori
I limiti della deliberazione e l’importanza del teorizzare in etica


L'autrice

Carla Bagnoli, direttore dell’European Journal of Analytic Philosophical Philosophy, è Associate Professor of Philosophy alla University of Winsconsin, è Professore a contratto all’Università di Siena (per il programma ‘Rientro dei Cervelli’). Presso la Harvard University è stata Fellows al Program in ethics and the professions ed ha insegnato come Teaching assistant di Thomas Scanlon e Michael Sandel. È autrice di diversi saggi di filosofia su riviste come Dialectica, Nomos, Canadian Journal of Philosophy, Philosophical Explorations, Croatian Journal of Philosophy, Topoi. Per quest’ultima ha curato con G. Usberti il volume Meaning, Justifications and Reasons (2002). In italiano ha pubblicato Il dilemma morale ed i limiti della teoria etica (LED 2000), L’autorità della morale (Feltrinelli 2007) e diversi contributi in volumi collettanei, come la voce ‘Etica’ nella Storia della filosofia analitica (Einaudi 2002).

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