mercoledì 15 agosto 2007

Chatterjee, Partha, Oltre la cittadinanza.

Tr. it. M. Bortoloni, Meltemi, Roma, 2006, pp.192, € 17,00, ISBN 8883535030.
[Ed. or.: The politics of the Governed, Columbia University Press, New York 2004.]

Recensione di Filomena Castaldo - 15/08/2007

Filosofia politica

Il volume raccoglie le Leonard Hastings Schoff Memorial Lectures che Chatterjee ha tenuto tra il 2001 e il 2003. In apertura, lo studioso indiano, appartenente al collettivo dei Subaltern Studies, definisce immediatamente la “politica popolare”, vale a dire quella politica condizionata dalle funzioni e dalle attività governamentali che si trovano all’interno di ogni paese, in particolare in quelle parti del mondo che non hanno partecipato direttamente alla storia delle istituzioni della moderna democrazia capitalistica. La politica popolare riguarda più di tre quarti dell’umanità e impone un ripensamento delle categorie politiche come società civile e Stato, cittadinanza e diritti, affiliazioni universali e identità particolari. La sua attenzione è rivolta perciò agli elementi di conflitto che si aprono e alle contraddizioni che si acuiscono sullo sfondo delle relazioni globali e nel tempo «vuoto ed omogeneo» di una modernità che non è reale ma solo immaginata, come lo è, negli ambienti liberal, la nozione di cittadinanza.
In India, ad esempio, è problematica la «contrapposizione tra l’ideale universale del nazionalismo civico, basato sulle libertà individuali e sul riconoscimento di uguali diritti al di là della razza, religione, lingua o cultura, e le esigenze particolari dell’identità culturale, che possono concretizzarsi nella richiesta di un trattamento differenziale a favore di gruppi resi particolari da vulnerabilità, arretratezza o ingiustizie storiche, o da altre ragioni».(p. 20) E’ il caso degli intoccabili, la cui richiesta di riconoscimento nel momento fondativo della nazionalità democratica in India ha seguito un percorso faticoso ma luminoso nei risultati perché essi «si erano mobilitati politicamente come comunità e cominciavano a stringere alleanze strategiche con altri gruppi oppressi al fine di partecipare al potere politico» (p. 41).
Per Chatterjee «i cittadini abitano la teoria, le popolazioni il campo delle politiche» (p. 50).
Così può spiegarsi perché in Asia e in Africa lo sviluppo dello Stato moderno è stato abbreviato e sintetizzato, nel senso che non ha seguito quelle linee evolutive che possono essere rintracciate in Occidente, anzi esso mostra le sue contraddizioni più evidenti perché da un lato prende corpo la struttura formale dello Stato – che si fonda su due cardini: proprietà e comunità -insieme a quella società civile – chiunque è cittadino latore di uguali diritti – che per lo studioso è società delle élite: dall’altro si sostanziano le pratiche governamentali che riguardano i subalterni e gruppi specifici di popolazione, definendo quindi una distinzione netta tra società civile e società politica, nel cui ambito sono presenti anche pratiche illegali e violente. Il punto è che occorre mettere al centro dell’attenzione le pratiche dei governati, che spesso si raccolgono intorno a comunità costruite dal nulla, spesso con modalità costitutive anomale, come ad esempio l’occupazione collettiva e abusiva del suolo, che rivendicano la sussistenza e la residenza come diritti e che usano le associazioni come strumento collettivo per avanzare le rivendicazioni. «Rifugiati, senza terra, lavoratori alla giornata, residenza, sotto la linea della povertà –sono tutte categorie demografiche della governamentalità» (p. 75).
Come fare allora a mantenere insieme e in modo coerente le rivendicazioni particolari di gruppi di popolazioni marginali che spesso operano illegalmente e ma che chiedono un’uguale cittadinanza?
Nel Bengala occidentale, negli anni Ottanta, la Sinistra al potere individuò i maestri elementari come mediatori del conflitto nelle aree rurali. Oggi tale funzione potrebbe essere ricoperta dalle ONG, che incarnano il nuovo dogma liberale della partecipazione. Chatterjee ritiene utile una distinzione tra diritti e pretese: «i diritti appartengono a chi possiede il regolare titolo legale su un terreno o i fabbricati che le autorità acquisiscono. […] Chi non ha alcun diritto può altresì avanzare titolarità di pretese: non gli spetta alcun compensazione, quanto piuttosto l’assistenza necessaria a ricostruire la casa o a trovarsi un’altra fonte di sostentamento» (p. 85).
Dal suo punto di vista, tuttavia, la governamentalità può essere anche fonte di sviluppo della partecipazione politica democratica, come sembra dimostrare l’esempio dell’India, «l’unica grande democrazia al mondo in cui la partecipazione elettorale è cresciuta negli anni» (p. 92). Un incremento particolarmente forte tra i poveri, le minoranze e i gruppi svantaggiati della popolazione. Certo, l’analisi dello sviluppo ipertrofico delle città indiane, l’acuirsi delle contraddizioni sociali e d economiche, ciò che è accaduto dopo l’11 settembre impongono una riflessione a tutto tondo che non sia prevalentemente eurocentrica e che superi le categorie della modernità per una presa diretta sul reale.
La provocazione di Chatterjee e la possibilità di una cartografia dello spazio della “società politica” in India ci offrono strumenti con cui cercare di spiegare anche eventi frequenti nel vecchio Occidente, come la situazione delle periferie, i diritti negati ai migranti, la stessa categoria di welfare.

Indice

Prefazione all’edizione italiana 
Prefazione 
Parte prima: Leonard Hastings Schoff Memorial Lectures, 2001 
Capitolo primo: La nazione nel tempo eterogeneo 
Capitolo secondo: Popolazioni e società politica 
Capitolo terzo: Le politiche dei governati 
Parte seconda: Globale/locale. Prima e dopo l’11 settembre 
Capitolo quarto: Il mondo dopo la Grande Pace 
Capitolo quinto: Canto di battaglia 
Capitolo sesto: Le contraddizioni del secolarismo 
Capitolo settimo: Le città indiane stanno finalmente diventando borghesi? 
Epilogo: Le Idi di marzo 
Postfazione: Sandro Mezzadra 
Bibliografia.


L'autore

Partha Chatterjee, membro fondatore del Subaltern Studies Editorial Collective, è direttore del Centre for Studies in Social Sciences di Calcutta e Visiting Professor di Antropologia alla Columbia University. Tra i suoi libri: Nationalist Thought and the Colonial World (1986), The Nation and Its Fragments (1993).

Links

Home page dell’autore, attualmente Assistant Professor NUS Business School National University of Singapore.

Sito in cui trovare una descrizione degli studi postcoloniali e riferimenti di letteratura.

Intervista a Chatterjee di Nermeen Shaikh

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