lunedì 7 gennaio 2008

Melica, Claudia, La comunità dello spirito in Hegel.

Trento, Pubblicazioni di Verifiche 40, 2007, pp. 311, € 25,00, ISBN 9788888286381.

Recensione di Jamila Mascat - 07/01/2008

Filosofia della religione

Dal rinnovato impulso allo studio delle Vorlesungen berlinesi di Hegel prodotto dal lavoro filologico e di ricerca degli studiosi dello Hegel-Archiv di Bochum che negli ultimi anni ha portato all’edizione dei tredici volumi delle Ausgewählte Nachschriften und Manuskripte, trae spunto il volume di Claudia Melica, dedicato, in particolare, all’approfondimento delle Lezioni sulla filosofia della religione che Hegel tenne presso l’università di Berlino tra il 1821 e il 1831. Le lezioni ricostruite nell’edizione critica curata da W. Jaeschke – la quale ha il merito di distinguere cronologicamente i diversi corsi hegeliani, separando inoltre il manoscritto originale del maestro dagli appunti delle lezioni raccolti dagli studenti – consentono di riflettere, a partire da una base filologica più accurata, sull’evoluzione del pensiero hegeliano in relazione a questa importante componente del suo sistema che è la filosofia della religione.
Le finalità della ricerca vengono sinteticamente esplicitate fin dalle prime pagine dell’introduzione: “mostrare come al concetto di religione corrisponda il concetto di Dio e come quest’ultimo, proprio in quanto spirito esista nella comunità” (p. 5), comunità religiosa che Hegel precisamente elabora nella forma di una Gemeinde des Geistes, ovvero di una comunità dello spirito.
Questa, a sua volta, secondo quanto specificato dall’autrice, è da intendersi in senso duplice, e cioè da una parte nell’accezione di comunità nella quale il contenuto della religione cristiana (Dio) colto in senso speculativo si manifesta ai credenti nella figura dello spirito e in secondo luogo nel senso di quella comunità dei fedeli entro cui Dio perviene a sapere se stesso proprio in quanto spirito.
Il concetto di comunità dello spirito che dà il titolo al volume è oggetto precipuo di tale ricerca, che nella Gemeinde perviene ad individuare l’esperienza essenziale della riconciliazione del divino e dell’umano. Dal concetto di Dio, contenuto specifico della filosofia della religione, fino al compimento di esso nella comunità dello spirito si snodano i sette capitoli del libro di Melica, ai quali fa seguito una lunga appendice dedicata alla ricezione della filosofia hegeliana della religione nell’opera di C. F. Göschel.
Nel primo capitolo su La ‘logica’ della filosofia della religione viene approfondito il problema del cominciamento della filosofia della religione alla luce del rapporto che quest’ultima intrattiene con le altre discipline filosofiche che compongono il sistema, in particolare con la logica. Il cominciamento filosofico di questa materia esige in realtà la prova speculativa della sua necessità; tale prova si ricava dal fatto che, all’interno dell’hegeliano ‘circolo dei circoli’, premessa e risultato si rivelano dialetticamente coincidenti. In altre parole il concetto della religione, corrispondente al concetto di Dio – “il concetto della religione [è] il fatto che Dio è la verità assoluta, la verità del tutto [..] risultato dell’intera filosofia” (p. 36) –, rappresenta da un lato il primo elemento, l’incipit della filosofia della religione e dall’altro, contemporaneamente, il risultato dell’intera filosofia precedente. Proprio il “concetto di religione” che costituisce la prima delle tre sezioni che compongono la struttura delle Lezioni sulla filosofia della religione, assume una funzione fondante rispetto alla seconda (“La religione determinata”) e alla terza parte (“La religione compiuta”) poiché in esso Hegel tenta di definire –in maniera non identica in ciascuno dei vari corsi – il rapporto che la filosofia intrattiene con la religione e il rapporto di entrambe queste ultime con la filosofia della religione.
Nel corso del 1827, il penultimo e il più accreditato nella ricostruzione dei contenuti hegeliani, all’interno del “concetto di religione” Hegel distingue tre momenti: il concetto di Dio, il sapere di Dio, e il culto, secondo un’articolazione che ricalca la triplice struttura della terza parte della Scienza della logica in cui si tratta della dottrina del concetto attraverso le sezioni dedicate a concetto, giudizio e sillogismo. Tuttavia l’autrice non si limita a constatare il valore della corrispondenza esistente tra logica del concetto e “concetto di religione”, la quale corrispondenza d’altra parte si rivela essere non immediata né esaustiva (per altri versi, infatti, si osserva come un analogo paragone potrebbe essere istituito tra il “concetto di religione” e la logica dell’essere e altrettanto con la logica dell’essenza), ma si sofferma piuttosto ad analizzare la funzione assunta nell’elaborazione hegeliana dall’elemento del culto, che stante la sua natura prettamente pratica, dimostra di essere solo impropriamente riducibile alla tripartizione teoretica del sapere propria della logica.
Nell’elemento del culto vengono rinvenuti i tratti di maggiore originalità della filosofia hegeliana della religione. In primo luogo in conseguenza del fatto che, in materia di religione, conoscenza di Dio ed esperienza cultuale, ovvero teoria e prassi, divengono fattori significativamente non separabili: “il sapere – leggiamo – si acquisisce, paradossalmente attraverso l’agire, in quanto solo attraverso atti di culto [..] l’uomo può giungere a conoscere Dio come spirito” (p. 65). In secondo luogo poiché proprio attraverso il culto Hegel perviene a intendere la natura di Dio, saputa e appresa all’interno della comunità dello spirito, in senso prettamente relazionale.
Nel secondo capitolo – Nessi tra prova teleologica e ontologica – ancora dedicato al tema del cominciamento della filosofia della religione viene approfondito l’argomento delle prove sull’esistenza di Dio, attraverso i testi delle lezioni del 1829 (le Vorlesungen über die Beweise vom Dasein Gottes) e sullo sfondo degli altri corsi di filosofia della religione. Le prove si collocano lungo un processo ascendente dal finito all’infinito, nell’ambito del quale la prova ontologica supera, per così dire, la prova teleologica, la quale, facendo appello alla nozione di “vivente” implicante il riconoscimento di una finalità razionale interna dell’essere, sopravanza a sua volta l’essere accidentale della prova cosmologica. Proprio l’analisi del finalismo implicito nella struttura della prova teleologica, così come viene configurata all’interno dell’esposizione hegeliana, consente di riflettere sulla fondamentale questione del rapporto finito-infinito. Il concetto di fine presuppone la conformità della realtà al concetto e in tale corrispondenza prende forma anche la mutua compresenza del finito e dell’infinito: Dio infinito si realizza infatti solo laddove il credente si elevi al di sopra del proprio essere finito per giungere a sapersi uno con l’infinità dell’elemento divino; al tempo stesso il concetto puro del divino trascende e conserva la finitezza della condizione umana.
La critica che Hegel muove tanto alla prova cosmologica quanto a quella teleologica si rivolge all’impostazione di fondo per cui entrambe partono dalla sfera del finito per dimostrare la realtà di Dio in quanto essere infinito; mentre la superiorità che in pari tempo il filosofo accorda alla prova ontologica nasce precisamente dal fatto che quest’ultima non assume come punto di partenza la condizione della finitezza bensì il concetto infinito di Dio.
Dalla disamina delle tre prove si passa nel terzo capitolo –Tra pensiero e azione: l’Andacht- ad approfondire la concezione hegeliana dell’Andacht, quale forma specifica del culto che delle prove del Dasein Gottes costituisce il superamento. La devozione così come la intende Hegel non designa l’esperienza esteriore della pratica religiosa, né l’atteggiamento della fede passiva con cui il credente si abbandona a Dio, ma, come si evince dall’etimo della parola tedesca che racchiude in sé la dimensione del Denken, l’Andacht individua quell’operazione di elevazione (Ehrebung) dell’uomo a Dio che giunge a realizzarsi per mezzo del momento conoscitivo, ovvero attraverso l’esercizio di un’attività pensante. Condizione essenziale di tale procedimento che realizza l’Aufhebung della finitezza individuale e insieme pone le premesse per il ricongiungimento dell’umano e del divino è che l’uomo pervenga a rinunciare alla propria privata soggettività, in vista del conseguimento di un risultato universale. L’Andacht rivela la sua centralità nell’economia della filosofia hegeliana della religione qualora venga intesa la specifica valenza posizionale che essa riveste; nell’introduzione alle Lezioni sulla storia della filosofia del 1823-24 e del 1825-26, dove si discute del rapporto di filosofia e religione, come nelle Lezioni sulla filosofia della religione del 1827, dove invece essa viene ridotta a primo momento della pratica del culto, l’Andacht rappresenta lo strumento peculiare di quel conoscere religioso il quale in comune con la filosofia ha proprio l’oggetto del suo conoscere, ovvero Dio in quanto Spirito, che la filosofia invece coglie per mezzo del pensiero suo proprio. Se questo è vero – nota Melica – “la funzione della filosofia sarebbe, così, quella di esplicitare un contenuto universale pensante già implicito nella religione” (p. 111) e il legame tra le due discipline ne risulterebbe ulteriormente rinsaldato.
Precisare il ruolo dell’Andacht in relazione alla riflessione hegeliana sulle prove sull’esistenza di Dio consente di argomentare a favore degli elementi di originalità dell’impostazione della sua filosofia della religione. Il superamento delle prove, a cui veniva concesso ampio credito entro l’orizzonte della teologia naturale, nella dimensione dell’Andacht, testimonia da parte di Hegel un significativo slittamento di prospettiva rispetto all’impostazione wolffiana. Non si tratta più per Hegel di dimostrare l’esistenza di Dio come il risultato di un processo sillogistico, perché l’esistenza di Dio e insieme l’intima unione dell’uomo con Dio, vengono già sapute ed esperite dai fedeli nell’Andacht. Anello di congiunzione tra la sfera teoretica e il mondo pratico dell’eticità l’Andacht presuppone la figura di un Dio infinito originariamente pensato in relazione alla finitezza del mondo umano, ovvero la figura di Dio in quanto spirito inteso in senso eminentemente relazionale.
L’elemento della relazione, su cui ampiamente insiste l’autrice, costituisce l’asse portante del discorso hegeliano: da un lato infatti la relazione intersoggettiva istituisce il tessuto della Gemeinde edificata sul legame tra i credenti membri della comunità e sul rapporto della comunità medesima dei fedeli con Dio; dall’altro la religione stessa si caratterizza all’insegna della relazione: essa infatti “è così sia spirito che si sa, sia sapere da parte del soggetto umano, dell’oggetto divino” (p. 13) – ovvero relazione dello spirito con se stesso e relazione dell’uomo con Dio in quanto spirito.
Il tema dell’intersoggettività – di cui si tratta specificamente nel quarto capitolo, Intersoggettività e religione – fa da spunto ad un’attenta disamina del rapporto che Hegel instaura tra filosofia della religione e filosofia dell’arte – e in particolare tra arte romantica e religione cristiana- rapporto nell’ambito del quale ancora una volta essenziale è la funzione di raccordo svolta dall’Andacht, indagata qui nel suo legame con l’Empfindung. Ma è nel capitolo successivo, il quinto – Il luogo di Dio, in cui si affronta il problema di determinare in che modo Dio si offra al conoscere dell’uomo, che si torna a fare i conti con il concetto di comunità, quale ‘luogo’ privilegiato, poiché ad un tempo interiore ed esteriore, della manifestazione del divino. “Solamente nella comunità – scrive Melica – è possibile, per Hegel, apprendere la storia divina nel suo complesso e comprenderla come trinitaria sotto un particolare rispetto” (p. 184). E ancora “la comunità è pertanto il ‘luogo’ in cui il culto assume, con l’Andacht, la forma del pensiero (primo luogo) e anche il ‘luogo’ d’incontro per antonomasia del mondano (secondo luogo) e del religioso (terzo luogo)” (p. 185). Appare chiaro allora che l’interesse precipuo della filosofia hegeliana della religione, a differenza della teologia tradizionale indirizzata a produrre un conoscere di Dio in quanto tale, si rivolge primariamente a comprendere Dio in quanto Spirito, ovvero in quanto riflesso nella comunità. Come viene sottolineato all’interno del penultimo capitolo del volume su La dialettica cristologica, la natura spirituale di Dio, in virtù della quale Dio giunge alla conciliazione con il suo altro, con l’uomo e con la realtà mondana, è ciò che permette ad Hegel di salvaguardare l’elemento negativo della scissione finanche dentro i confini del divino, e l’incarnazione e la morte di Cristo sono la manifestazione più evidente di questa operazione. Proprio la morte del Figlio del resto rappresenta il momento della mediazione tra il divino e l’umano e si rivela funzionale alla costituzione della comunità in cui Dio perviene alla propria autocoscienza.
L’esistenza della comunità esplorata nel corso del VII e ultimo capitolo del libro attraverso l’esperienza del culto e delle pratiche liturgiche, tra cui in particolare il sacramento dell’eucaristia, risponde alla funzione di esibire concretamente l’unità degli uomini con Dio e di mostrare – utilizzando le parole dell’autrice – che “non può esservi […] un rapporto esclusivo del singolo con Dio, ma quell’unica essenza divina (lo Spirito) deve essere presente in tutti” (p. 220). In conclusione, Melica discute la questione dell’impostazione data da Hegel al rapporto tra uomo e Dio, dibattendo la tesi del presunto ateismo della concezione hegeliana. E’ possibile sostenere alla luce del fatto che Hegel attribuisce all’uomo la facoltà di elevarsi fino al conoscere di Dio, che il filosofo pervenga in questa sancita corrispondenza della condizione divina e umana, ad una deriva atea e panteista? Nel rispondere a questo interrogativo ancora una volta si rivela fondamentale la componente intersoggettiva della Gemeinde. Il conoscere di Dio, infatti, non rinvia ad un’immediata quanto confusa identificazione dell’uomo con Dio, né tanto meno corrisponde alla realizzazione immediata e astratta di una conoscenza individuale del divino da parte del singolo, ma si produce per Hegel solo all’interno di quell’universale vivente che è la comunità e all’interno della quale la finitezza e la naturalità della dimensione umana individuale sono già in origine trascese. L’operazione di negazione e superamento della singolarità, in seguito alla quale Dio si rivela conoscibile nel culto alla comunità dei fedeli, è ciò che in pari tempo porta al compimento della soggettività dell’individuo che, nella dimensione dello spirito, dove essa prende coscienza del proprio valore infinito, incontra la sua vera e autentica realizzazione: nella rinuncia al proprio sé, l’uomo giunge a sapere di sé in Dio.
In ultimo quanto al “difficile equilibrio tra storico e speculativo e tra rappresentativo e concettuale” (p. 254) che Melica rileva nelle pagine conclusive del suo volume a proposito della filosofia hegeliana della religione, osserviamo come tale caratteristica costituisca la prerogativa fondamentale dell’intento che contraddistingue l’intero sistema della filosofia di Hegel, consistente in quel tentativo di concepire una sintesi razionale del pratico e del teoretico, di storia e pensiero, universale e individuale, nella forma di una totalità concreta, risultato che, nelle Lezioni sulla filosofia della religione, si esprime appunto attraverso la figura della comunità dello spirito.

Indice

Capitolo I La ‘logica’ della filosofia della religione
Capitolo II Nessi tra prova teleologica e ontologica
Capitolo III Tra pensiero e azione: l’Andacht
Capitolo IV Intersoggettività e religione
Capitolo V Il “luogo” di Dio
Capitolo VI La dialettica cristologica
Capitolo VII L’esistenza della comunità
Conclusioni
Appendice. Un esempio della ricezione del pensiero religioso di Hegel: C. F. Göschel
Nota bibliografica
Indice dei nomi


L'autrice

Claudia Melica, studiosa di Hegel e della filosofia classica tedesca, è autrice di numerosi saggi sull’argomento, pubblicati in varie riviste italiane e internazionali. Si è occupata a lungo del pensiero di Frans Hemsterhuis di cui ha curato le Opere, Vivarium, Napoli, 2001 e il volume Hemsterhuis: a European Philosopher Rediscovered, Vivarium, Napoli 2005.

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