martedì 6 maggio 2008

Morin, Edgar, Il Metodo 3. La conoscenza della conoscenza, trad. it. di Alessandro Serra.

Milano, Raffaello Cortina, 2007, pp. 273, € 25,00, ISBN 9788860301079.
[Ed. or.: La Méthode 3. La Connaissance de la Connaissance, Editions du Seuil, Paris 1986]

Recensione di Federica Magnani - 06 /05/2008

Scienze cognitive, Filosofia della scienza (epistemologia)

I sei volumi de Il Metodo, scritti fra il 1977 e il 2004, raccontano il suggestivo e articolato itinerario di Edgar Morin attraverso le molte forme del pensiero complesso. Alimentata da approfondite incursioni nei contesti teorici della politica, dell’epistemologia, delle scienze fisico- biologiche, della cibernetica, la vocazione antropologica di Morin si rigenera attorno al confine della società-mondo.
Nel terzo volume de Il Metodo Morin affronta alla luce di un’ottica multidisciplinare il problema ultimo, e il primo, delle scienze cognitive e delle scienze umane in generale, mosso dagli interrogativi emersi alla conclusione dei due volumi precedenti: Che cos’è la conoscenza? Chi la genera? Chi la indaga e la concepisce? A quale porzione del cervello attengono le attività della mente e della coscienza? In quali termini si può parlare di realtà?
Il paradigma della complessità investe tutti i campi del sapere, avverte Morin, anche i più tradizionalmente immuni dal dubbio e dall’incertezza, ed esige nuove chiavi di lettura di fronte all’inadeguatezza delle scienze logiche ed empiriche indisponibili al dialogo poiché arroccate su posizioni immobili . Il pensiero complesso non disprezza la semplicità ma la semplificazione e opera una radicale critica al riduzionismo che mutila la realtà pretendendo di renderla unidimensionale.
La verifica empirica e le logiche deduttive hanno mostrato la loro insufficienza a fondare una base certa per le conoscenze. A partire dai progressi della micro- fisica, lo stesso oggetto dell’osservazione e dell’esperimento ha rivelato la sua indisponibilità a riprodursi identico a sé.
Scrive Morin: “contemporaneamente, è entrato in crisi lo stesso reale. La sostanza che gli è propria si è disgregata nelle equazioni della fisica quantistica. La particella ha cessato di essere l’unità elementare dell’universo per divenire una nozione limite tra il concepibile (l’onda, il corpuscolo, il quark) e l’inconcepibile, mentre lo stesso concepibile viene a esser sottoposto a un’inevitabile contraddizione fra i termini oramai complementari di onda e di corpuscolo, di unità elementare e di inseparabilità” (p.12).
È il tempo di dilatare la legittimità delle pertinenze cognitive ai fallimenti e agli errori prefigurando una epistemologia complessa e priva di centro (come l’universo di Hubble), che ruoti dinamicamente attorno al problema della verità.
L’incompiutezza antropologica di Bolk e l’incompiutezza cosmica di Hubble si traducono per Morin nella coscienza dell’incompiutezza di ogni vita e di ogni opera: “Ci sembra così auspicabile che ogni opera sia travagliata dalla coscienza dell’incompiutezza. Che ogni opera non mascheri la breccia aperta ma la approfondisca” (p. 29).
Per indagare la biologia e l’animalità della conoscenza, e reintegrare nei rispettivi apparati il dinamismo ricorsivo del computo e del cogito occorre analizzare sia le operazioni del pensiero che la biologia del cervello, nell’orizzonte complesso delle loro reciproche, insuperabili, contraddizioni e interdipendenze; come spiega Morin “può così instaurarsi la dialogica fra l’apparato conoscente, portatore del già conosciuto (gli schemi innati, le acquisizioni memorizzate) e l’ambiente conoscibile, brulicante di incognite. La conoscenza cerebrale ha evidentemente bisogno degli stimoli dell’ambiente circostante per divenire operante e per svilupparsi” (p. 63).

La biologia della conoscenza riabilita così il numero come codice di accesso al linguaggio: l’uno e il molteplice-multiforme sostengono una dialettica radicale e permanente, che è insieme riflessione del soggetto sul soggetto e sull’oggetto della ricerca, sugli strumenti, sul linguaggio, sulle necessarie operazioni di revisione, sintesi e traduzione dei dati. Una rete di relazioni fra le discipline del pensiero, un gioco incrociato di angolazioni, riflessioni, conclusioni e nuove aperture, sullo sfondo dell’umanità e con lo sguardo rivolto al mondo.

Alla mente appartiene la sfera logica, che attiene al pensiero e al linguaggio e che attraverso la coscienza alimenta la psiche e fa della conoscenza una questione esistenziale. Il cervello è la macchina iper-complessa che pur funzionando da “centro di comando dell’essere, non dispone, per parte sua, di alcun centro di comando, e che questo centro quindi è a un tempo acentrico e policentrico” (p. 106) .

L’anello percettivo che produce una rappresentazione a partire dalla rappresentazione che egli stesso è, funziona secondo princìpi (ricorsivo, dialogico, oloscopico), è reciproco anche se non simmetrico, è quindi, per dirla con Morin, un “movimento spiraliforme che ci permette di comprendere la possibilità di apprendere. Apprendere non è soltanto riconoscere ciò che, in modo virtuale, era già noto. Non è soltanto trasformare l’incognito in conoscenza. È piuttosto il congiungersi del riconoscimento e della scoperta. Apprendere comporta l’unione del conosciuto e dello sconosciuto” (p. 64).

Se la conoscenza coincide con le istanze della vita, non può essere cristallizzata in una cultura precettistica che tende a sistematizzarla e ad organizzarla .Non può essere imposta dell’esterno, ma va aiutata a scaturire dall’interno come il frutto prezioso di una generazione.

Occorre, tuttavia, rifondare di volta in volta la dialettica fra problematizzazione e soluzione, poiché, scrive Morin: “le nostre attitudini a risolvere problemi possono finire con l’essere sterilizzate dai loro stessi successi: così, una strategia riuscita si trasforma in una ricetta programmata di conoscenza e la mente perde l’attitudine ad affrontare il nuovo e a inventarlo” (p. 123).

Le relazioni di incertezza sono diverse presentandosi, di volta in volta, in funzione di meccanismi distinti: possono riguardare la relazione cognitiva; derivare dall’ambiente; essere legate alla natura cerebrale della conoscenza, all’iper-complessità della macchina cerebrale umana, all’egocentrismo e al sociocentrismo inerente a ogni conoscenza.

Parallelamente all’investigazione della relazione fra mente, cervello e coscienza, Morin rivisita l’eterno conflitto fra pensiero razionale e pensiero simbolico-mitologico-magico riconoscendone la comune origine . Mythos e Logos si configurano insieme come declinazioni inafferrabili del pensiero che partecipano del soggetto oltrepassando i confini delle due polarità della conoscenza. Come scrive Morin: “la mitologia è umana […] a lungo si è creduto che il mito fosse un’illusione primitiva, nata da un uso ingenuo del linguaggio. E invece occorre capire che il mito appartiene non tanto a un pensiero arcaico superato quanto a un Archi-Pensiero sempre vivo. Esso deriva da quella che potremmo definire un’Archi-Mente, che non vuol dire una mente arretrata bensì una Retro-Mente la quale, conformemente al senso forte del termine Arché, corrisponde alle forze e alle forme originali, iniziali e fondamentali dell’attività cerebro-spirituale, là dove i due pensieri non sono ancora separati” (p. 187).

Nel quadro d’incertezza che caratterizza la storia, le scienze e il concetto stesso di realtà, Morin delinea la natura umana e fallibile della conoscenza: sottrarsi ai vincoli della realtà o banalmente accettarli adattandosi all’immediato può impedirci di accedere al possibile che non è ancora sotto i nostri occhi.

Oltre a ricordarci, come diceva Nietzsche, che il “Metodo” arriva solo alla fine, Morin attualizza il messaggio di Euripide: “Gli dèi ci creano tante sorprese: l’atteso non si compie, e all’inatteso un dio apre la via”.

Impariamo, quindi, che la possibilità è figlia dell’incertezza.

Indice

Introduzione generale
LIBRO PRIMO. ANTROPOLOGIA DELLA CONOSCENZA
Prefazione al Libro primo
1. Biologia della conoscenza
2. L’animalità della conoscenza
3. La mente e il cervello
4. La macchina iper-complessa
5. Computare e cogitare
6. L’esistenzialità della conoscenza
7. Doppi giochi della conoscenza
8. Il doppio pensiero (Mythos e Logos)
9. Intelligenza - Pensiero - Coscienza
Conclusioni del Libro primo
Possibilità e limiti della conoscenza umana
Bibliografia


L'autore

Edgar Morin è nato a Parigi nel 1921. Sociologo, filosofo, scienziato e maestro di pensiero del nostro secolo, ha interrogato attraverso la ricerca le grandi contraddizioni e gli inevitabili rischi dell’”era planetaria”. Rivendicando la centralità dell’uomo all’interno della crescente frammentazione degli approcci disciplinari, ha restituito alla filosofia la responsabilità di riallacciare il dialogo con le scienze e di fondare nuove basi per l’interdipendenza dei saperi . Padre del pensiero complesso e saggista di straordinaria e feconda lucidità , Morin è attualmente Direttore emerito di ricerca al CNRS di Parigi e Presidente dell’Agenzia europea per la Cultura dell’UNESCO. Fra le sue opere ricordiamo Il Metodo:La natura della natura (1977), La vita della vita (1980), La conoscenza della conoscenza (1986), Le idee (1991), L’identità umana (2001), L’etica (2004); La testa ben fatta (1999); Relier les connaissances (1999); I sette saperi necessari all’educazione del futuro (2000).

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