mercoledì 7 gennaio 2009

Medaglia, Rony, (a cura di), I confini della sfera pubblica (Orizzonti ed emergenze).

Napoli, Liguori editore, 2008, pp. 167  € 14,50, ISBN 978-88-207-4382-6.

Recensione di Enrico Biale, 07/01/2009

Sfera pubblica, pubblico/privato, nuove tecnologie, Filosofia politica, Sociologia

Il testo curato da Medaglia tenta di “chiarire come ripensare la sfera pubblica nel momento in cui l'affermazione di un nuovo paradigma di interazione introdotto dalle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione ne mette radicalmente in discussione gli assunti centrali” (p. 4). Come giustamente messo in luce dallo stesso curatore nel suo intervento, una simile analisi parte da due presupposti fondamentali: 1) la necessità, proprio per l'importanza che un tale elemento ricopre all'interno della cultura democratica, di non dare per scontato il concetto di sfera pubblica; 2) l'attenzione che, anche da una prospettiva filosofica, si dovrebbe prestare nei confronti di un fenomeno sociale complesso come quello delle nuove forme di comunicazione legate allo sviluppo del Web.
Da un lato, infatti, sembrerebbe che la proliferazione di spazi virtuali all'interno dei quali le persone discutono senza lasciare la propria casa, rappresenti la massima realizzazione di quello scioglimento della sfera pubblica, e della libertà ad essa connessa, in una sfera sociale che Hannah Arendt considerava preludio ad una qualche forma di amministrazione totale. D'altro canto però, almeno questa è la tesi di molti degli articoli presenti nel volume, queste arene virtuali, concedendo spazi a istanze altrimenti marginali, rappresentano proprio uno degli ultimi baluardi contro una simile forma di controllo.
Secondo Tursi, per esempio, “l’innovazione rappresentata dal ciberspazio non è quella di trasformarci tutti in alfabeti [ma] quella di includere quelli che precedentemente erano definiti come analfabeti, non esperti, barbari. La sfera pubblica si allarga […] perché cambia il principio qualitativo di inclusione e ciò grazie ad una piattaforma espressiva che offre una base comune per il superamento della stessa dicotomia inclusi/esclusi” (p. 28). L’idea che internet possa dare voce a chi normalmente è ai margini del dibattito pubblico viene ripresa più volte nel volume e sistematizzata da Scatizza il quale sostiene come ciò sia, almeno parzialmente, dovuto alla capacità da parte del Web di superare la tradizionale dicotomia locale/globale collocandosi in una dimensione ibrida, quella del glocale. Grazie al medium dei nuovi mezzi di comunicazione, infatti, temi di portata globale vengono reinterpretati a livello locale, come è avvenuto per esempio con le mobilitazioni organizzate contro la guerra in Iraq in ogni parte del mondo. D’altra parte, discussioni molto radicate nel territorio assumono una portata più ampia, come nel caso delle rivolte nelle banlieues che, secondo Susca, si sono trasformate, a torto o a ragione, in ‘no’ indirizzati non tanto al governo francese quanto al sistema democratico occidentale.
Internet quindi, come sottolinea Profumi nel suo articolo, realizzerebbe le idee di chi come Capitini e Castoriadis ha sempre immaginato la sfera pubblica democratica come uno spazio aperto, non strutturato gerarchicamente e fondato sulla partecipazione attiva di ogni cittadino. Una struttura sociale costruita dal basso fondata su tre elementi: “1) l’educazione al potere (il potere di tutti e la paideia democratica); 2) la libera eguaglianza (il movimento di costruzione di collettività libere sorrette dal principio dell’eguaglianza politica radicale); 3) il potere di essere altro (il potere democratico come possibilità di sapere, di giudicare […]” (p. 78).
Una simile sfera pubblica, chiarisce giustamente Rosito, è essenziale affinché gli individui, soprattutto quelli più deboli, abbiano gli strumenti per criticare la società che tende ad imporre dei valori unici, spesso stigmatizzanti proprio nei confronti di chi non può far sentire la propria voce.
Per evitare un’accusa di irragionevole ottimismo, credo sia giusto sottolineare come in più di un intervento si evidenzi la possibilità che la stessa ‘rete’ rappresenti un elemento di forte chiusura, se non addirittura di dominio. A tale proposito mi sembra opportuno ricordare il contributo di Ilardi che, dopo aver analizzato come l’idea della frontiera (uno dei temi centrali della cultura sociale e politica americana) si contrapponga ad un sfera pubblica aperta e abbia permesso agli Stati Uniti di non sviluppare un forte stato sociale, mette in luce come internet possa rappresentare una nuova frontiera essendo utilizzato per creare spazi privati in cui individui con le stesse idee si rifugiano per evitare il confronto con gli altri (una sorta di autoghettizzazione dorata).
Lo stesso Medaglia poi non dimentica di sottolineare come la rete, interpretata come un semplice mezzo per fornire servizi e non come uno spazio per affermare una più ampia condivisione di idee, possa diventare un efficace strumento per realizzare quella forma di amministrazione totale che Arendt considerava la vera cifra della società contemporanea.
Facendo leva proprio sull’alto livello di chiusura che i nuovi mezzi di comunicazione possono generare, gli autori auspicano più volte un ritorno della politica e del suo primato, affermando come ciò sia necessario affinché le nuove tecnologie realizzino davvero quel modello di sfera pubblica aperta e democratica e non siano invece regolate unicamente secondo i valori di mercato.
Proprio quest’ultimo aspetto è, a mio avviso, centrale all’interno del volume, ma ne indica allo stesso tempo alcuni limiti, dal momento che, come messo in luce dall’articolo di Castrucci, questa richiesta di una politica nuova e capace di raccogliere le sfide lanciate dalla ‘rete’ sembra destinata a non trovare una risposta a causa dei limiti strutturali della ‘classe creativa’ che di tale sistema è il motore; un gruppo troppo individualista e incapace, almeno per ora, di organizzarsi e di percepirsi come una classe con simili esigenze e valori.
Sembra quindi, o almeno questa è l’impressione che si trae dalla lettura di molti degli articoli che compongono questo interessante volume, che i nuovi mezzi di comunicazione che si sono sviluppati intorno alla rete abbiano messo in luce i limiti delle tradizionali concezioni della sfera pubblica ma ancora non siano in grado di formarne una nuova, complessa ed eterogenea. A conferma di ciò credo si possa fare riferimento proprio alle manifestazioni antimilitariste organizzate in seguito alla dichiarazione da parte degli USA dell’invasione dell’Iraq. Simili proteste non solo non hanno avuto un grande impatto sulla politica reale, ma soprattutto non sono servite a creare un gruppo coeso che condividesse valori comuni e fosse in grado di proporre politiche alternative rispetto al sistema sociale dominante. A una grande mobilitazione, comunque non così significativa soprattutto se messa in relazione al numero di chi ha accesso ad internet, non è corrisposta la formazione di una coscienza collettiva; questo per ora credo sia il grande limite delle rete come modello di sfera pubblica.
Il testo curato da Medaglia ha il pregio di analizzare con attenzione tale fenomeno, mettendone in luce tutta la complessità e problematicità, e per questo risulta un contributo originale e interessante, anche se qualche volta sembra sottostimare i limiti del Web come spazio di discussione pubblica, preferendone sottolineare la portata critica e le potenzialità come modello di sfera pubblica aperta e democratica.

Indice

Orizzonti
Tra linguaggi e corpi: una sfera pubblica nell’epoca delle reti?
di Rony Medaglia
La parola e la mano. I new media per una politica inclusiva
di Antonio Tursi
Soggettività e individuo nello spazio pubblico
di Vincenzo Rosito
Collettività e prassi democratica
di Emanuele Profumi
Emergenze
La frontiera americana contro la sfera pubblica
di Emiliano Ilardi
La pubblicità dei barbari
di Vincenzo Susca
Il paradosso della classe creativa
di Robert Castrucci
Lo spazio nella rete tra globale e locale
di Alessandro Scatizza


Il curatore

Rony Medaglia è ricercatore presso la Copenhagen Business School. Ha conseguito il dottorato di ricerca presso l’Università “La Sapienza” di Roma e ha svolto attività di ricerca presso la University of Sussex. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste nazionali e internazionali sui temi della sfera pubblica, del governo elettronico e dell’e-democracy.

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