Jedlowski, Paolo, Il racconto come dimora. Heimat e le memorie d'Europa,
Torino, Bollati Boringhieri, 2009, pp. 124, ISBN 978-88-339-1961-4.
Merlini, Fabio, L'efficienza insignificante. Saggio sul disorientamento,
Bari, Dedalo, 2009, pp. 155, ISBN 978-88-220-5377-0
Recensione di: Francesca Rigotti 28-04-2009
sociologia della narrazione, spaesamento, memoria, vissuto, esperienza, tempo, globalizzazione, informazione, disorientamento.
Unifico in un'unica recensione due testi diversi e simili: di impostazione sociologica il primo, Il racconto come dimora, di Paolo Jedlowski; filosofica il secondo, L'efficienza insignificante, di Fabio Merlini. Centrato sulla perdita di senso e sullo smarrimento il secondo; sullo spaesamento ma poi anche sulla narrazione come recupero di senso, il primo, se proprio vogliamo andare a caccia di differenze. Eppure è come se fossero stati scritti uno per l'altro, uno dietro l'altro, uno di fianco all'altro; è come se la fune che li tiene insieme, non saldamente però, ma in maniera molle, slabbrata, fosse per entrambi un certo richiamo ai francofortesi, soprattutto a Walter Benjamin e soprattutto al Benjamin non citato dell'infanzia berlinese, dove il movimento di estraneità emerge nella certezza della presenza. Certo, di Benjamin ci sono anche gli scritti Sul concetto di storia e su Parigi capitale, poi ci sono i Minima moralia di Adorno, c'è Simmel e ci sono gli altri, ma è il Benjamin delle mele al forno e del cestino da lavoro che aleggia sulle pagine che leggiamo.
Nel decostruire e ricostruire il loro programma, gli autori si distribuiscono le parti del tutto inconsapevolmente. La pars destruens al più giovane, come è giusto che sia; a Fabio Merlini dunque, svizzero ticinese, filosofo della storia; la pars construens a chi gode di maggior esperienza, a Paolo Jedlowski dunque, sociologo della vita quotidiana e della narrazione, che con l'Università della Svizzera italiana a Lugano porta avanti una significativa collaborazione.
Merlini sottolinea la condizione esistenziale di orfani che affligge noi abitanti del mondo della tecnica e della scienza, delle macchine, degli automi. Orfani o quantunque persone che vivono una vita, se non offesa, sicuramente disorientata, in cui i modelli ereditati dalla tradizione confliggono con le nuove configurazioni identitarie –a rischio, liquide, flessibili, nella terminologia dei nuovi santoni del pensiero – con le nuove pratiche lavorative, le nuove forme di consumo, le nuove – attenzione – narrazioni di sé. Orfani e disorientati viviamo l'emergere e l'imporsi di nuove modalità che danno corso al mondo e allo stesso tempo da questo mondo percepiamo l'estraneità. Da cui il titolo del saggio, L'efficienza insignificante, che definisce «il paradosso di una situazione dove la performanza dei mezzi induce comportamenti...che non comunicano al soggetto alcuna prospettiva destinale» (p. 11). Se la società di ieri poteva ancora articolare narrativamente – ancora questo termine – progetti di vita e modalità relazionali, oggi questo non sembra più possibile. Le cifre della nostra epoca, assevera Merlini, sono quelle della contingenza, del decentramento e della provvisorietà, che ci impediscono il riconoscimento di una ragion d'essere duratura delle cose nonché la coesione del vissuto in un racconto, a causa del carattere incompiuto e disperso di quello.
Con la sua pars destruens Merlini ci lascia insomma sulle macerie di vissuti incapaci di farsi ricapitolare e poi svolgere in una narrazione lineare e cumulativa, spiegandoci insieme che oggi l'idea di racconto è divenuta estremamente problematica, dal momento che la capacità delle società moderne di raccontare le proprie storie è stata largamente erosa dal tempo dell'istantaneità che ha sostituito il tempo della successione, proiettandoci sulla rete che comprime il tempo in un eterno presente.
Su una scena di spaesamenti, se non proprio di disorientamento, ci conduce anche Jedlowski, con la sua prosa ricca e accattivante quanto quella di Merlini è asciutta e dal gusto un po' amaro. Una scena dove si svolge il suo esercizio di filosofia della narrativa che parla di noi, del nostro mondo di persone che a vario titolo conoscono l'esperienza dello spaesamento: migranti, emigranti e immigranti, rifugiati, esuli, espatriati, nomadi, pendolari fra città e mondi diversi. E lo fa ispirandosi a un film tedesco, Heimat, serie di undici episodi che racconta la storia di una famiglia in Germania tra il 1919 e il 1982, pur senza fare di questo film, e dei molti altri citati, il protagonista indiscusso della vicenda. Protagonista ne è piuttosto un soggetto molto più astratto ovvero il rapporto tra esperienza e narrazione, così centrale alla teoria di Benjamin, il cui pensiero emerge qui a tutto tondo. Jedlowski non si limita a registrare frammentazione, disorientamento o estraneità del nostro vissuto, bensì presenta la possibilità di riconsiderare l'esperienza attraverso il racconto, ed è per questo che quella di Jedlowski rappresenta la pars construens della coppia da me formata mettendo insieme i due libri. La modernità è caratterizzata da mutamento incessante, ci ripete Jedlowski aggiungendo la sua voce al coretto che già ben conosciamo: il soggetto moderno è nomade e spaesato, le sue identità sono fluide e incerte. E allora?
E allora, siamo sicuri che si tratti di una condizione avvertita soltanto dall'uomo globalizzato? Come spiegare allora quel sentimento di incessante mutamento e di perenne trasformazione delle cose che avvertiva, a me sembra ben più profondamente di noi, il mondo antico, e che sta alla base di una mentalità espressa in tante opere dell'antichità? Si pensi a uno dei libri più letti e citati della letteratura occidentale, le Metamorfosi di Ovidio: che cos'è quell'esercizio di narrazione in versi che racconta ogni trasformazione – tra l'altro in modo ossessivo e senza soluzione di continuità, come se interrompere la storia fosse un atto gravissimo che impedirebbe l'attacco consecutivo – se non il tentativo estremo di controllare e contenere le trasformazioni e i cambiamenti dando loro senso, senso inteso spazialmente in quanto direzione, senso di marcia? Si pensi all'idea del moto non come mero cambiamento di posizione bensì come trasformazione in generale, come metamorfosi vera e propria, sottesa alla fisica aristotelica ispiratrice di Ovidio. Che ci sia forse, oggi, da parte nostra, un ritorno, una riscoperta, un riconoscimento della condizione che la fisica moderna ci aveva fatto dimenticare con l'espulsione da essa compiuta della dimensione del mutamento dal movimento dei corpi? Un punto è un punto in qualunque posizione dello spazio e del tempo esso si trovi, ma le persone non sono punti, né lo sono le piante e gli animali. Le persone si trasformano muovendosi nel tempo e nello spazio, si spaesano, si disorientano, si spaurano, come ci spiegano Merlini e Jedlowski. E allora la narrazione esorcizza in qualche modo, o almeno si prova a farlo, dalla trasformazione e dal mutamento incessanti, dalla polverizzazione sconnessa, dalla frantumazione scoordinata, in un processo in cui modernità e antichità si ritrovano e si abbracciano per trovare conforto.
Indice
Il racconto come dimora. Heimat e le memorie d'Europa
Prefazione
Il racconto come dimora
Spaesamenti
La narrazione è un'interazione
Comunità narrative
Heimat: un'esperienza mediata
Una storia del quotidiano
Sfera pubblica, esperienza e comunità narrative
Il cinema e l'Olocausto
Memorie d'Europa
Intrecci
Inesperienza?
Il paese natale
La narrativa come dimora
Altrove, verso casa
Note
Elenco dei film citati
L'efficienza insignificante. Saggio sul disorientamento
Introduzione
Estranei a se stessi
Capitolo primo
Avere, non avere tempo.
Una lettura della cultura della comunicazione
e dell'informazione
Tempi della cultura
Post-moderno disincantato
Nietzsche capovolto
La vita offesa
Identità
Per una cultura
Capitolo secondo
Smemorata
Motivi di un
Discontinuità e smemoratezza
Cura temporale di sé e
Per una storia
La storia
Crisi della memoria
Capitolo terzo
Dell'utopia
Spazio e tempo
Utopia versus storia, utopia come storia
Critica e accelerazione della storia
Il tempo come spazio dell'utopia
Capitolo quarto
Il divenire spaziale del tempo.
Imposture dell'innovazione
La Storia della rivoluzione
L'epoca dell'emancipazione
Rivoluzione e detemporalizzazione della Storia
Progresso/regresso. Le velocità della Storia
Presentificazione del tempo
Capitolo quinto
Attendere invano.
Una rilettura delle Tesi di Walter Benjamin
Il presente e l'indifferenza temporale
Il presente e l'appuntamento con la storia
Abbandonati dal tempo
Capitolo sesto
Mercificazione della vita e vitalità delle merci.
Su un'inversione di ruoli
Il disincanto incantato
La sospensione del presente
Merce e moda
L'incessante «renovatio»
Mezzi come fini, individui come mezzi
Capitolo settimo
Equivoci della mondializzazione
La fine del cosmopolitismo
La domanda
Scena del mondo e poteri
Alterità e altrove sotto il regime della produzione
Pareti sottili, porte a tenuta stagna
Kant dismesso
Gli autori
Paolo Jedlowski, dopo aver insegnato all'Università «L'Orientale» di Napoli, è attualmente professore ordinario di Sociologia presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università della Calabria. Tra i suoi libri più recenti: Storie comuni. La narrazione nella vita quotidiana, Bruno Mondadori, Milano 2000; Memoria, esperienza e diversità, Franco Angeli, Milano 2002; Fogli nella valigia. Sociologia e cultura, il Mulino, Bologna 2003; Sociologia della vita quotidiana, con Carmen Leccardi, il Mulino, Bologna 2003; Un giorno dopo l'altro. La vita quotidiana fra esperienza e routine, il Mulino, Bologna 2005. Per il teatro ha scritto Smemoraz, messo in scena dal teatro dell'Angolo di Torino.
Fabio Merlini è direttore responsabile dell'Istituto Universitario Federale per la Formazione professionale nella Svizzera italiana e insegna Filosofia della morale all'Università dell'Insubria a Varese. Dal 1996 al 2000 ha co-diretto, presso gli Archivi Husserl dell'Ecole Normale Supérieure, il Groupe de Recherche sur l'Ontologie de l'Histoire, i cui lavori seminariali sono stati pubblicati in tre volumi a Parigi. Tra le sue pubblicazioni recenti: Mercificazione della vita e vitalità delle merci (Roma 2006); Tecnologie, identità, tempo (Milano 2006); Un immaginario reinventato (Milano 2005) La comunicazione interrotta. Etica e politica nel tempo della rete (Bari 2004).
Links
http://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Jedlowski
http://de.wikipedia.org/wiki/Heimat_(Reitz)
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