mercoledì 2 settembre 2009

Onfray, Michel, L’arte di gioire. Per un materialismo edonista.

Roma, Fazi, 2009, pp. 335, € 18,50, ISBN 9788864110141.
[Ed. or.: L’Art de jouir. Pour un matérialisme hédoniste, Grasset & Fasquelle, Paris 1991,  trad. it. di Gregorio da Paola]

Recensione di Matteo Sozzi – 02/09/2009

Storia della filosofia, Filosofia teoretica, Etica

Questo testo di Onfray riproduce significativamente il titolo di uno scritto di La Mettrie con l’intento, dichiarato nell’Ouverture, di collocarsi nella medesima tradizione del libertino francese, segnata da un fine materialismo edonista e da uno stile all’insegna dell’ironia e del cinismo. Il volume si articola in quattro parti seguite da una Coda, nelle quali viene rivisitata la storia della filosofia e alcuni episodi della vita dei filosofi, con l’obiettivo di mettere in risalto l’importanza del corpo anche per la tradizione del pensiero occidentale, nonostante la prevalente corrente di pensiero che da Platone in avanti svaluti di fatto la corporeità. Al contempo l’autore sostiene, con ironia e non senza una onesta considerazione della tragicità dell’esistenza, una morale gioiosa e priva di dogmatismi e moralismi.

Il testo si apre con la breve Algodicea, della quale il punto di partenza è il racconto di un episodio dell’esistenza dell’autore: un infarto che lascia vivo il sentimento della precarietà della vita e il desiderio di riconciliare corpo e intelligenza nella prospettiva tragica dell’ineluttabilità della morte, interpretata come l’avversario della vita da disprezzare attraverso la pratica di un saggio edonismo.

Nella seconda parte, ben più impegnativa, Metodo, è sostenuta la tesi della paternità di Dioniso nei confronti di Apollo: il pensiero è prodotto del corpo, da esperienze corporee uniche in cui la carne dei filosofi è stata abitata da forze dionisiache, come la follia, il disordine, la trasgressione, la possessione. Sono quindi portati, a riprova di tale tesi, episodi spesso taciuti o comunque non posti in sufficiente rilievo, della vita e del corpo di alcuni filosofi. Si tratta di riportare la filosofia ad esperienze corporee decisive capaci di generare il pensiero dei filosofi. Dapprima è esaminato il corpo eccezionale di Socrate, quindi sono rivisitati e interpretati gli stati d’estasi di Sant’Agostino all’origine del suo pensiero e della sua conversione, per poi passare alla tensione del corpo di Descartes e di quello di Pascal, per giungere alle narrazioni delle esperienze vissute dai corpi di La Mettrie e di Rousseau. La conclusione è lasciata all’analisi degli entusiasmi e delle crisi radicali vissute nella carne da Nietzsche, fonti di ispirazione per la filosofia dell’autore tedesco. Per Onfray, il corpo percorso da una vitalità e da dinamiche prorompenti, peraltro spesso imperscrutabili, si afferma come origine di quelle tensioni che hanno generato il pensiero, a riprova della necessità di una riaffermazione di un materialismo raffinato che ponga al centro della filosofia le indicazioni vitali della materia e del corpo.

Nella terza parte, Corpo, vengono illustrate con brillante ironia le vicende e gli eventi maggiormente significativi che hanno costellato il tradizionale rifiuto del corpo lungo i secoli della storia della filosofia occidentale. In particolare, l’attenzione dell’autore si sofferma sul disprezzo dell’olfatto nel paragrafo “I dispregiatori del naso” e dell’organo genitale maschile nel paragrafo “La macchina per fare angeli”. Innanzitutto, quindi, si procede ad una disanima di curiosi e simpatici episodi in cui viene stigmatizzato l’odorato, per il suo essere considerato il senso maggiormente a contatto con la materia e la corporeità. Emerge così una tradizione che da Democrito, Socrate e Platone fino a Kant rende l’olfatto concorrente dell’intelligenza: dove prevale il primo soccombe la seconda e viceversa. L’odore resterà inoltre un segno distintivo dei gruppi sociali emarginati: dal puzzo dei Neri, sostenuto tra gli altri da Kant, Buffon e Gobineau, al foetor judaicus avvertito da Marco Aurelio, Schopenhauer e addirittura dall’ebreo Marx. Successivamente, l’autore riporta emblematici aneddoti ed episodi paradigmatici della diffidenza verso l’attività sessuale in genere e in particolare verso il fallo. La narrazione si sofferma in particolare sulla tradizione del cristianesimo, senza peraltro tralasciare il platonismo, l’epicureismo e altri autori come Marsilio Ficino, Kant e Schopenhauer. Il pensiero occidentale ha così voluto mortificare la vitalità del corpo, proponendo un ideale ascetico di disprezzo della carne o meccanismi sociali di controllo della sfera della sessualità, come il matrimonio borghese. Pochi pensatori fanno compagnia a Feuerbach nel sostenere un’antropologia immanente, che consideri unitariamente la sfera intellettiva e quella corporea; solo da una tale visione è possibile partire, per l’autore, per affermare un’etica che abbia il piacere e la consapevolezza del piacere come proprio filo conduttore in una prospettiva di riconciliazione dell’uomo con se stesso, della mente con i cinque sensi, del pensiero con la carne.

Nella quarta parte, Virtù, Onfray si dedica alla ricerca di quei pensatori che lungo i secoli della storia del pensiero furono avversari delle morali repressive e sostenitori di un’etica edonista. Il padre di costoro è individuato in Aristippo di Cirene, che con i suoi discepoli propone una morale edonista accompagnata da riflessioni singolari sul piacere: il godimento dei cirenaici è dinamico, vitale, esclude gerarchie, a differenza degli epicurei inclini ad un piacere negativo e reattivo. Continuatori di questa tradizione edonista saranno quindi alcuni gnostici del II e III secolo, tra cui emerge Simon Mago, che afferma la vitalità del corpo quale strumento ludico e potenzialmente utilizzabile anche a fini soteriologici. Anche il Medioevo, apparentemente costruito intorno al Cristianesimo, ha diversi paladini del libertinismo: sono i Fratelli e le Sorelle del Libero Spirito e i goliardi. Sempre più si afferma l’inevitabilità dell’ateismo per l’edonismo, poiché l’esistenza di Dio di fatto priva l’uomo di quella libertà necessaria per godere dei piaceri della vita. Nel secolo dei Lumi sono due i pensatori di cui viene illustrato l’apporto per una visione edonista della morale: La Mettrie e de Sade. Il primo fonda la sua prospettiva su un materialismo immanente in grado di condurre l’uomo ad una adesione totale al mondo e alla vita; il secondo appare legato ad un edonismo, troppo spesso identificato a torto con l’erotismo, il cui filo conduttore è l’eccesso e l’abbandono alle forze potenti del corpo. In realtà, nota l’autore, benché superficialmente si possa ritenere il contrario, tuttavia sono poche le personalità che sostengono una prospettiva edonista nel Secolo dei Lumi, a motivo dell’escatologia futurista che gli Illuministi propongono: essa mina l’atteggiamento libertino di preoccupazione pragmatica rispetto al qui ed ora, aliena da utopie non legate all’istante. La disamina dell’autore si sposta quindi sul secolo scorso all’interno del quale la figura più significativa, in questa prospettiva, è Marcuse, che interpreta in modo originale la critica sociale di Marx, l’analisi dell’individuo di Freud e l’invito nietzscheano ad una radicale trasmutazione dei valori.

Alla luce di questi contributi, l’autore propone per il tempo presente una traduzione contemporanea dell’edonismo libertino attraverso la fusione del genere etico ed estetico: etica è l’azione bella, espressione di una soggettività autentica, estranea all’atteso, capace di godere e far godere l’altro. Questa concezione è ritenuta feconda per una nuova delineazione del concetto di virtù, a cui l’autore dichiara di voler dedicare il suo prossimo scritto.

Il volume si conclude con una “Coda”, nella quale è ripreso l’episodio autobiografico con il quale il testo si è aperto. Onfray ritorna infatti, dopo questo viaggio nella storia della filosofia e dopo le consapevolezze e le riflessioni maturate, all’ospedale dove è stato soccorso per l’infarto; esamina un cadavere oggetto di esame autoptico e conferma la propria volontà di godere fino in fondo dei piaceri della vita che trovano la loro sede ed origine in una corporeità abitata dal pensiero.

Questo libro appare di agevole e spesso simpatica lettura per lo stile brioso, accattivante e ironico con il quale è scritto; non necessita di particolari conoscenze filosofiche previe e sa catturare il lettore anche esperto della materia per la ricchezza di episodi ed aneddoti poco noti che riporta. La proposta filosofica in esso contenuta - la delineazione di un materialismo capace di fondare un’etica edonista, scevra da moralismi e ipocrisie, dai forti tratti immanenti e libertini - resta sullo sfondo in tutta la sua originale attualità e risulta più accennata che delineata con esaustività, probabilmente proprio per essere trattata successivamente e invitare il lettore ad un approfondimento del pensiero dell’autore.

Indice

Ouverture. Tombeau per La Mettrie
Genealogia della morale
Dell’anteriorità del melone sulla ragione
I dispregiatori del naso
La macchina per fare angeli
La gaia scienza edonista
Disjecta membra
Note


L'autore

Michel Onfray ha insegnato nei licei per oltre vent’anni e successivamente ha fondato l’Università Popolare di Caen, che propone corsi di filosofia a persone di ogni età e ceto sociale. Ha pubblicato diversi testi, tra cui: Trattato di ateologia, Teoria del corpo amoroso, La cultura di sé, Atei o credenti? (in collaborazione con Paolo Flores d’Arcais e Gianni Vattimo), La politica del ribelle, Le saggezze antiche, Il cristianesimo edonista, e L’età dei libertini.

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