domenica 15 novembre 2009

Kurotschka, Vanna Gessa - de Luzenberger, Chiara (a cura di), Immaginazione etica interculturalità.

Milano, Mimesis, 2008, pp. 273, € 16,00, ISBN 9788884838551.

Recensione di Lidia Gasperoni – 15/11/2009

Etica, Estetica

L’immaginazione può svolgere un ruolo centrale nella riflessione etica? Questa è la questione fondamentale intorno alla quale si articola l’insieme dei saggi che compongono questo volume collettaneo edito da Vanna Gessa Kurotschka e Chiara de Luzenberger. Il volume presenta una serie molteplice di punti di vista che hanno tutti come filo conduttore la possibilità di concepire un paradigma immaginativo in etica che affronti innanzitutto due questioni: la prima riguarda il carattere creativo della facoltà dell’immaginazione; la seconda i vincoli del suo impiego e la comprensione delle sue produzioni.
I diversi contributi esplorano questa problematica da prospettive metodologiche e concettuali differenti definendo così tre aree tematiche che corrispondono alle tre parti del volume. Nella prima parte sono oggetto di analisi quelle filosofie che hanno posto a fondamento dei processi cognitivi, deliberativi e di significazione umana la facoltà dell’immaginazione. In particolar modo vengono indagate le radici fisiche dell’immaginazione e in che modo essa possa essere vincolata dalla memoria, alla luce di quanto sostenuto da Aristotele, Vico e Kant. Nella seconda parte del volume sono trattate invece quelle prospettive filosofiche del ’900 che hanno affermato l’autonomia dell’immaginazione nei processi cognitivi con conseguenze importanti per la riflessione etica, vale a dire Husserl, Heidegger e Bloch. Infine la terza parte del volume si occupa, in ambito contemporaneo, della relazione tra concettualità, immaginazione ed etica discutendo questioni legate alla neurologia, alla neurobiologia e all’interculturalità. Il volume si conclude con un’appendice sulle relazioni tra divinazione, estasi e immaginazione.
A partire dunque dall’importanza dell’immaginazione per la capacità di deliberare, il primo contributo di Elisabetta Cattanei (Melanconia, deliberazione e phantasia. Stati patologici e fisiologici dell’“immaginazione deliberativa” in Aristotele), indaga quegli stati patologici e fisiologici che per Aristotele rendono l’uomo incapace di deliberare in modo corretto. Questo è il caso del melanconico il quale “quando non riesca a mitigare gli eccessi del suo male, si trova privo del potere, somatico e psichico allo stesso tempo, di trattenere immagini ordinate e di collegarle in serie” (p. 52).
Il legame tra la facoltà dell’immaginazione, la comprensione e la prassi è al centro delle analisi dei due saggi successivi in cui Manuela Sanna e Vanna Gessa Kurotschka si concentrano in particolar modo sulla concezione dell’immaginazione elaborata da Vico. In primo luogo, Sanna (Manifestazione dell’apparenza e inganno della presenza nel concetto moderno di immaginazione) mostra come in Vico la razionalità si stabilisca nella relazione tra immaginare e intendere, aspetti che, invece, nella filosofia moderna vengono spesso distinti in maniera ascensionale.
In secondo luogo Vanna Gessa Kurotschka (La morale poetica: immaginazione e deliberazione) inserisce in un percorso, che ha il merito di essere storico e al contempo sistematico, la questione della morale poetica in Vico all’interno del dibattito contemporaneo della Philosophy of Mind. In essa è, infatti, possibile distinguere due prospettive epistemologiche fondamentali: la prima è quella segregativa che considera le proprietà causali e quelle sensibili in maniera esclusiva; la seconda prospettiva, detta integrativa, considera al contrario queste proprietà in modo appunto integrato. Quest’ultima concezione – che caratterizza un soggetto come capace di integrare nella scelta ragione, sensi, sentimenti e passioni – negli ultimi decenni del Novecento ha acquisito sempre più importanza sia nella teoria della conoscenza che nella riflessione morale. Vanna Gessa Kurotschka individua allora una connessione profonda tra una prospettiva integrativa e la morale poetica proposta da Vico in cui agiscono ragioni sia fisiche sia mentali: “La grande scoperta di Vico è stata che vi è un tipo di sapere, quello poetico, il cui carattere più eminente è il fatto che esso sia pratico, un tipo di sapere che si costituisce in uno stadio intermedio di un processo in cui la mente emerge dalla sua contrazione in un primo barlume di coscienza – la identità sensibile - attraverso la paura e inizia ad operare con facoltà che sono fisiche ma anche mentali”(p. 82). Attraverso la lettura dei testi di Vico si può quindi accedere a quel “compito integrativo” tra i diversi aspetti del soggetto, dagli aspetti epistemici a quelli sensibili, compito che in parte è ancora da compiere.
Sara Fortuna conclude la prima parte del volume con un saggio su Kant ponendo l’attenzione sul valore positivo dell’illusione come creazione dell’immaginazione e al contempo sulla possibilità di discernere i diversi modi dell’immaginazione e quindi le sue delimitazioni. Sara Fortuna traccia un itinerario significativo all’interno dell’opera kantiana che distingue alcuni aspetti dell’immaginazione come produzione di apparenze che hanno per Kant anche un significato positivo come illusioni confrontabili con l’esperienza percettiva del soggetto. Al riguardo Fortuna individua le analogie e le differenze tra Kant e Vico mostrando come in Kant vi sia “la propensione per un’illusione poetica in grado di trasformare il soggetto a un livello che rimane parallelo rispetto a quello dell’esperienza reale” (p. 100). Nell’ultima parte del saggio le tre massime della Denkungsart vengono indagate in riferimento a due questioni fondamentali: la prima concerne il contesto dell’esperienza estetica la cui condizione sentimentale è il giudizio riflettente descritto da Kant nella Critica della facoltà di giudizio. La seconda questione prende in considerazione il linguaggio e la diversità delle lingue, tracciata da Humboldt, come punto di connessione tra le diverse massime e più specificatamente tra la dimensione del soggetto come pensatore indipendente (caratterizzato da quella dimensione dello spettatore indagata da Hannah Arendt) e la possibilità di pensare in modo ampio e di confrontarsi con altri punti di vista in una dimensione intersoggettiva.
Nella seconda parte del volume sono oggetto di analisi alcuni aspetti della filosofia di Husserl, Heidegger e Bloch i quali hanno sostenuto l’autonomia dell’immaginazione nei processi cognitivi e deliberativi. Si indaga dunque quello “strabismo” proprio dello sguardo etico come uno sguardo che è rivolto ai valori e che nel contempo li elabora a livello soggettivo. Il rapporto allora tra valori e soggettività è trattato alla luce delle analisi fenomenologiche al fine di individuare lo spazio della performatività dei concetti e il significato dell’apertura verso nuove possibilità.
Nel primo contributo (Immaginazione e valore: tre itinerari fenomenologici) Anna Donise propone tre diversi itinerari fenomenologici: il primo riguarda la relazione tra variazioni e valori e il significato della variazione eidetica; la seconda traccia concerne l’origine fenomenologica del rapporto tra immagine e valore, tra fatti e valori in cui l’immaginazione riveste un ruolo centrale; la terza traccia riguarda la possibilità di definire l’immaginazione come uno dei linguaggi dell’etica. Donise al riguardo crea un collegamento suggestivo con il pensiero di Iris Murdoch definendo quindi quell’immaginazione narrativa che permette di “vedere e descrivere i valori” (p. 125).
Pierpaolo Ceccarelli (Immaginazione e antropologia. Heidegger e il problema dell’evento antropo-logico) approfondisce alcuni aspetti pratici dell’immaginazione prendendo in considerazione l’interpretazione sviluppata da Heidegger dello schematismo trascendentale kantiano. Egli pone quindi al centro del suo saggio la possibilità di un’esperienza antropo-logica “ossia dell’emergere del discorso sull’uomo indipendentemente da una idea dell’uomo, senza cioè che sia già presupposta una determinata concezione antropologica” (p. 127). Attraverso l’interpretazione heideggeriana dello schematismo trascendentale kantiano e la definizione della consistenza ontologica dell’immagine (Bild) si individua il significato dell’immaginazione come esibizione esemplare del concetto che ha conseguenze importanti anche per la riflessione etica. L’immaginazione dunque, anche in riferimento alla distinzione aristotelica tra poiesis e praxis, rappresenta una manifestazione pratica dell’uomo che è a fondamento anche della produzione dei concetti e in generale dell’“esserci” umano (p. 143).
Gabriella Baptist con il suo saggio (Tra ideazione e fatticità. Le possibilità della fantasia in Edmund Husserl) torna a Husserl, prendendo in analisi principalmente testi degli anni Dieci e dell’inizio degli anni Venti, per mostrare in che modo Husserl sviluppi una concezione delle possibilità della fantasia che agisce in una duplice prospettiva: al giudizio indica la possibilità di negare il dato e alla percezione la possibilità dell’alternativa, del dubbio.
Chiara De Luzenberger (Immaginazione ed esperienza nel pensiero di Ernst Bloch) conclude la seconda parte del libro con un saggio su Bloch analizzando in particolar modo il ruolo che l’immagine riveste nella visione della realtà futura. Luzenberger mostra come nel pensiero utopico di Bloch l’immaginazione rappresenti un’apertura verso altre realtà possibili e migliori la quale caratterizza l’esistenza umana. Al riguardo viene presa in analisi la possibilità di una fenomenologia della coscienza anticipante e il ruolo di mediazione che l’arte riveste “tra l’astrattezza dell’universale e l’accidentalità del singolare” (p. 172).
Nella terza parte del libro la questione delle radici fisiche e sensibili dell’immaginazione è trattata dal punto di vista contemporaneo nelle scienze cognitive. Mario Guazzelli e Claudio Gentili (Immaginazione, emozioni e cervello) indagano le diverse funzioni e attività dell’immaginazione, il suo rapporto con la percezione, con le emozioni e con processi motori da un punto di vista cerebrale, nelle scienze cognitive e nelle neuroscienze emotive. Il saggio parte dall’importanza di un default mode dell’attività cerebrale, ossia di una sorta di riposo cerebrale che in realtà rivela un’attività significativa – associabile alla fase di sonno REM. Inoltre Guazzelli e Gentili mostrano in che modo l’attività immaginativa sia legata alle emozioni, come per esempio quella del dolore. Attraverso l’indagine dei rapporti tra immaginazione, emozioni e cervello si può allora comprendere in che modo l’immaginazione svolga una funzione performativa fondante in molti processi cognitivi: “L’immaginazione non è relegata a momenti marginali ma è presente in molte occasioni della vita quotidiana e riconoscerne il ruolo contribuisce a rendere più ricca e complessa la comprensione della vita della mente” (p. 194).
Al centro del saggio di Piergiorgio Donatelli (Lo spazio dei concetti, l’immaginazione, l’etica) si trova invece la questione delle possibili relazioni tra concettualità, immaginazione ed etica. Partendo dalle analisi di Williams e dalla condizione secondo cui l’etica “si muove nello spazio costituito dai concetti di cui sono intessute le vite delle persone” (p. 195), Donatelli problematizza in un percorso molto interessante le posizioni di Murdoch, Diamond e Cavell. Attraverso la trattazione di questi autori Donatelli giunge ad affermare la necessità di uno spazio concettuale che sia esso stesso “oggetto di riflessione e di conquista morale”. (p. 212)
Giuseppe Cacciatore affronta le relazioni tra immaginazione ed etica (La logica e l’identità meticcia. Note sul nesso fra immaginazione, identità e interculturalità) da una prospettiva originale, a partire dalla quale sia possibile ripensare la problematica dell’interculturalità. A partire da alcune categorie vichiane come la centralità dell’immaginazione, della fantasia e dell’ingegno, Cacciatore propone di assumere la centralità dell’immaginazione per definire un altro tipo di razionalità. Tale “altra razionalità” è allora a fondamento del tentativo di alcuni filosofi messicani come Arriarán e Beuchot di ripensare categorie come quella del meticciato. In questa prospettiva, l’interculturalità è indagata alla luce del carattere inventivo e analogico dell’immaginazione.
Nell’ultimo saggio di questa parte del libro Vanna Gessa Kurotschka (La complessità della vita umana: neurobiologia, etica e cultura) prende in considerazione tre tipi differenti di riduzionismo i quali, in una prospettiva integrativa, definiscono quel complesso intreccio che è la vita umana. Il primo riduzionismo analizzato è quello di considerare la vita solamente come oggetto fisico ossia come un oggetto che esiste nello spazio e nel tempo indipendentemente da chi lo conosce. Il secondo tipo di riduzionismo è quello che concepisce la vita solamente come un oggetto ideale. La terza riduzione riguarda la vita considerata solamente come un oggetto sociale.
Il libro si conclude con un’appendice (Immaginazione e profezia. Riflessioni su uno strano legame) in cui Francesco Piro affronta la problematica delle relazioni tra divinazione, estasi e immaginazione. Quel che in particolar modo interessa Piro è la “profonda ambiguità presente nell’associazione tra stati visionari e immaginazione” (p. 251). Questa tematica è trattata nella filosofia antica, neoplatonica, arabo-islamica e in riferimento alla ricezione medievale della teoria avicenniana della profezia. Attraverso questo percorso, Piro mostra l’intrinseca ambiguità che caratterizza il processo dell’immaginazione sia rispetto alla profezia che alla creatività.
L’insieme dei saggi che compongono la raccolta definiscono i contorni di una riflessione etica che assume come centro epistemologico l’immaginazione rilevandone i caratteri inventivi e di apertura narrativa. In questa prospettiva il volume è segnato da molteplici richiami interni (rispetto a Vico e all’importanza dell’immaginazione narrativa per la riflessione etica) che suggeriscono diversi percorsi di approfondimento. Anche se il volume non si concentra in modo sistematico sul ruolo e il carattere processuale che l’immaginazione riveste nella teoria della conoscenza, ha comunque il merito di affermare in ambito etico il valore performativo dell’immaginazione e mostrare come i suoi procedimenti e produzioni siano distinguibili e specificabili in quel terreno ambiguo in cui rischiano di confondersi illusioni, apparenze e conoscenze.
Il volume offre dunque diversi spunti per una riflessione epistemologica sull’immaginazione e in questo senso inaugura la possibilità di un ampio e sistematico dibattito sulla sua centralità nei processi tanto cognitivi quanto deliberativi.

Indice

Prefazione 
Introduzione: La capacità di immaginare e la sua funzione etica, di Vanna Gessa Kurotschka e Chiara de Luzenberger 
PARTE PRIMA: LE RADICI FISICHE DELL’IMMAGINAZIONE E I VINCOLI DELLA MEMORIA 
Melanconia, deliberazione e phantasia. Stati patologici e fisiologici dell’“immaginazione deliberativa” in Aristotele, di Elisabetta Cattanei 
Manifestazione dell’apparenza e inganno della presenza nel concetto moderno di immaginazione, di Manuela Sanna 
La morale poetica: immaginazione e deliberazione, di Vanna Gessa Kurotschka 
Immaginazione, aspetto, illusione poetica: un percorso kantiano, di Sara Fortuna 
PARTE SECONDA: STRABISMO DELLO SGUARDO ETICO, PERFORMATIVITÀ DEL CONCETTO, POSSIBILITÀ 
Immaginazione e valore: tre itinerari fenomenologici, di Anna Donise 
Immaginazione e antropologia. Heidegger e il problema dell’evento antropo-logico, di Pierpaolo Ciccarelli 
Tra ideazione e fatticità. Le possibilità della fantasia in Edmund Husserl, di Gabriella Baptist 
Immaginazione ed esperienza nel pensiero di Ernst Bloch, di Chiara de Luzenberger 
PARTE TERZA: WANDERING MIND, SPAZIO DEI CONCETTI, INTERCULTURALITÀ 
Immaginazione, emozioni e cervello, di Mario Guazzelli e Claudio Gentili 
Lo spazio dei concetti, l’immaginazione, l’etica, di Piergiorgio Donatelli 
La logica poetica e l’identità meticcia. Note sul nesso fra immaginazione, identità e interculturalità, di Giuseppe Cacciatore 
La complessità della vita umana: neurobiologia, etica, cultura, di Vanna Gessa Kurotschka 
Appendice: Immaginazione e profezia. Riflessioni su uno strano legame, di Francesco Piro


Le curatrici

Vanna Gessa Kurotschka è professore ordinario di filosofia morale all’Università degli Studi di Cagliari. È membro del collegio dei docenti del dottorato in Teoria politica della Luiss di Roma e del Dottorato di alta formazione dell’Istituto di Scienze Umane in Etica e storia della filosofia. È, inoltre, vicedirettore del Master interuniversitario di II livello in Consulenza filosofica e membro del Beirat scientifico del gruppo di ricerca Funktionen des Bewusstseins della “Akademie der Wissenschaften” di Berlino. Fra le sue pubblicazioni: Ricostruzione della soggettività (2004), Umano e Post-umano (2004), Etica (2006), I saperi umani e la consulenza filosofica (2007).

Chiara de Luzenberger, dottore di ricerca in Filosofia, ha svolto attività di ricerca presso l’Università degli Studi di Cagliari dal 2003 al 2007. Attualmente è assegnista di ricerca presso il dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Calabria, collabora inoltre alle attività della cattedra di Filosofia morale presso l’Università di Napoli Federico II. Fra le sue pubblicazioni si ricordano il volume Narrazione e utopia. Saggio su Ernst Bloch (2002) e, tra i saggi, L’ambiguità dei “diritti umani”. Alcune considerazioni su persona e collettività (2006), L’idea di comunità tra diritto naturale e pensiero utopico (2006).

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