lunedì 24 maggio 2010

Sissa, Stefano, Pensare la politica controcorrente. Alain de Benoist oltre l'opposizione destra-sinistra

Bologna, Ebooks, Arianna  Editrice, 2010, pagg. 434, €. 5,90

Recensione di Antonella Ferraris - 24 maggio 2010

Filosofia, scienza della politica

Il libro oggetto di questa recensione è un e-book, ossia un libro elettronico, che si può leggere sul monitor di un computer, sia da tavolo sia portatile, il che nel panorama editoriale italiano costituisce una novità; questa, inoltre, un’opera originale e non la trasposizione di un volume già pubblicato in formato cartaceo.

Il tema principale del libro di Stefano Sissa è la figura del controverso filosofo francese Alain de Benoist, esponente di spicco della Nouvelle Droite, nel suo percorso dalla “Destra politica” alla “Destra antropologica”. Con “Destra politica” Stefano Sissa si riferisce al percorso del pensiero antimoderno e antirivoluzionario di de Maistre, De Bonald, e poi di Barrés e di Maurras (poi “destra”, semplicemente) mentre con “Destra antropologica” definisce un modo di comprendere il mondo non come contrapposizione a qualche forma di “sinistra”, ma una propria Weltanschauung che si coagula intorno alla figura e alla filosofia di Julius Evola. Il percorso compiuto dall’autore è dunque molto ampio e consiste nel mettere a confronto i temi principali di questo pensiero di destra (natura, identità, gerarchia, autorità, ordine) con i saggi e gli interventi critici di de Benoist dagli anni Settanta sino al 2007, ricostruendo la rete di relazioni con il pensiero della destra tradizionale e non (in verità troppo ramificata per poter essere efficacemente riassunta nello spazio di una recensione).
Una delle caratteristiche del pensiero di de Benoist è quello di superare i limiti della tradizionale contrapposizione tra destra e sinistra, una contrapposizione ormai oltrepassata dalla crisi delle ideologie, in modo da creare una nuova positiva antitesi, non contrapposizione, tra le due. In effetti, la prospettiva tracciata da de Benoist i paletti posti da Norberto Bobbio nel suo noto Destra e Sinistra.
Le sue idee sono sempre state radicali, ma non unidirezionali. Sotto questo profilo la sua evoluzione è molto interessante: partito in età giovanile da stereotipi e da ambienti politicamente molto connotati a destra, anche con risvolti inquietanti, ha poi compiuto un lungo cammino che lo ha portato ad approdare alla cosiddetta Nouvelle Droite, una destra appunto antropologica, ma non politicamente collocata e anzi sovente in polemica con i partiti tradizionalmente di destra del suo paese, in particolare con il Fronte Nazionale.
Il primo concetto esaminato è quello di natura: un aspetto presente in molti autori tradizionalisti (il ritorno alla natura è uno degli aspetti del rifiuto della modernità). Per de Benoist, dopo una giovanile adesione a modelli di razzismo biologico (aveva simpatizzato con l’ Organisatione de l’Armée Secrète) la natura è un dato storico (secondo il detto di Nietzsche); in lui la tradizionale concezione dell’altro come nemico, secondo la diffusa visione di Carl Schmitt si concretizza via via in una pluralità di figure senza mai legarsi troppo all’effettiva appartenenza biologica, sino a trasformarsi in un nazionalismo etico in cui compaiono elementi della socialdarwiniana struggle for life, per distanziarsi poi anche da quella. Insomma, la sua è una parabola che lo porta dall’occidentalismo al terzomondismo degli anni Ottanta sino alle attuali forme di vicinanza all’antiglobalismo e ai miti della decrescita: né di destra, né di sinistra, appunto, ma sia di destra sia di sinistra.
Altrettanto tradizionale mi sembra l’approccio al tema della rappresentazione dell’identità, e del suo concetto contrario, la differenza. I due si determinano sulla base di una costruzione culturale, la quale a sua volta determina l’identità, sulla quale non si costruisce un ordine politico - de Benoist è sempre attento a distinguersi dagli aspetti politici della destra - ma morale. Questo non è bastato a salvarlo dalle accuse di razzismo, non biologico appunto, ma culturale: in effetti, per quanto come ho già detto non più legato a particolari movimenti politici e anzi “disgustato” dalle posizioni di Le Pen e compagni, si è sempre dichiarato contrario all’immigrazione non regolamentata, proprio in nome del riconoscimento della diversità. Il tema della gerarchia non è distante da quanto detto: in una società le gerarchie sociali sono definite dal ruolo e dallo status, ossia dalle funzioni sociali e dalle posizioni connesse a ciascuna di esse. Come ricorda il sociologo Alain Touraine dalla rivoluzione francese in poi le gerarchie sociali intese come stratificazione sociale si affiancano all’egualitarismo dei diritti civili e politici (giusnaturalismo). A questo tipo di egualitarismo si è opposto il ritorno all’ethos aristocratico (anche nella forma del solipsismo eroico di Nietzsche). Lo stesso de Benoist si colloca in una sorta di no-man’s land aristocratica. I giovani di destra degli anni ‘70, come lui era (e anche ‘80) manifestavano spesso contro l’egualitarismo in tutte le sue forme, spesso rifugiandosi in una sorta di ethos cavalleresco dove è permesso il combattimento fra eguali che rende ancora possibile un rapporto gerarchico anche quando la guerra moderna spersonalizza l’avversario.
Uno degli aspetti più noti del pensiero di de Benoist, affrontato anche da Francesco Germinario è l’adesione alla mitopoietica indoeuropea in tutte le sue forme, quale si ricava dal pensiero di Dumezil. Questa mitologia, legata alla cultura indoeuropea e in particolare induista, diffusa in Europa a partire dalla fine dell’Ottocento, è stata adottata da molti movimenti reazionari europei e in particolare dal nazismo. Il risultato non è razzismo biologico ora, anche se non lo si può giurare per il passato, ed è anche difficile pensare a come questo tipo di cultura possa essere legata al mondo contemporaneo. Sissa, in effetti, mostra le contraddizioni di una simile visione del mondo. L’unico aspetto compatibile sta nell’esaltazione eroica dell’azione, che nella logica delle élites e del loro ricambio (cfr. Pareto) può servire da sistema assiologico - le élites di de Benoist lo sono non de facto ma come valore dell’azione, rifiuto del prevalere dell’economia sulla politica e del diritto sul sentimento naturale. A questo farebbe riferimento l’adesione al movimento anti - utilitaristico e anti - economicistico M.A.U.S.S (che al contrario considera alquanto imbarazzante questo patronage). Il contrario di “gerarchia”, per de Benoist, non è “eguaglianza”, come tradizionalmente viene inteso, ma “esclusione”. La versione più recente del suo pensiero comunitaristico ci presenta la gerarchia sotto forma di olismo (la società è un tutto, è una comunità, non un organismo, perché l’identità cui de Benoist fa riferimento, come si è detto è di tipo culturale non biologico: la stratificazione sociale viene attuata un criterio uniformante); è la nostra società attuale a fare eccezione. Il tema dell’ identità dell’occidente imperfetta e confusa nel suo individualismo riecheggia i motivi decostruttivi del pensiero di Heidegger e dei Francofortesi in relazione al Cristianesimo. In una comunità di questo tipo il potere legittimo è quello che permette a tutti i membri di identificarsi nel corpo sociale. Solo le élites possono governare, secondo il tradizionale motivo del pensiero di destra, ma esse provengono dall’interno, dallo stesso corpo sociale: questo si esprime nella democrazia diretta, plebiscitaria, a forte connotato identitario, espressa nella pratica referendaria (che non tutti cfr. Bovero, Contro il governo dei peggiori. Una grammatica della democrazia, Bari, Laterza, 2000, pag. 32 considerano di sinistra). Questo potere legittimo ha anche l’autorità, ossia l’ autorevolezza nell’incarnare la coscienza collettiva. In questo senso va letta la riabilitazione di Rousseau (cfr. Relire Rousseau, 1988) e il ripensare alcuni filosofi tradizionalisti come Evola e Guénon, che sono gli autori, con Nietzsche, in cui maggiormente si radica il suo pensiero.
Nel capitolo finale, Sissa individua un principio di ordine che è appunto non economico, non capitalistico, un altro nomos quello del dono nel senso di uno scambio reciproco e trasversale. Il trasversalismo è proprio la chiave finale del testo: destra e sinistra hanno un nemico comune nel liberalismo. Tutti i guasti del postmodernismo vengono da lì.
La mia conoscenza del pensiero de de Benoist, sino ad ora, era legata al libro di Francesco Germinario La destra degli dei. Alain de Benoist e la cultura della Nouvelle Droite (2002), citato da Sissa nell’introduzione e nella bibliografia, ma abbandonato perché portatore di un punto di vista a suo dire parziale. Confrontando i due testi non mi sembra che il contrasto sia così evidente; Germinario, è vero, approfondisce la questione della mitopoietica indoeuropea e l’elemento di critica all’ individualismo giudaico cristiano, che in effetti non deriva solo da lì, ma anche dal pensiero di Evola. Tuttavia, vi si trovano quasi tutti gli elementi presenti nella seconda parte del libro di Sissa, in particolare il comunitarismo, il rifiuto del liberalismo e del mondo postmoderno e globalizzato, la visione olistica della società. Ciò che a mio parere appesantisce il libro di Sissa è il metodo scelto per analizzare il pensiero di de Benoist, ovvero partire dai concetti fondamentali del pensiero di destra e tradizionalisti e adattarli alle diverse visioni che l’autore francese ha espresso nel tempo. Spesso così l’analisi risulta inutilmente lunga e dettagliata, quando un approccio più sintetico e che partisse proprio da de Benoist, magari proprio dall’ultimo de Benoist, forse il meno conosciuto in Italia, sarebbe stato più proficuo.

Indice

Premessa, con precisazioni metodologiche;
Introduzione. Attualità e inattualità della destra come categoria. Perché è interessante il caso de Benoist;
Cap.1: Natura
Cap.2: Identità
Cap.3 Gerarchia
Cap. 4 Autorità
Cap.5: Ordine
Conclusioni Alain de Benoist tra la destra e la sinistra
Bibliografia.


L'autore

Stefano Sissa (Carpi 1971) si è laureato in filosofia e ha successivamente conseguito il dottorato in Storia e antropologia del mondo contemporaneo, di cui questo libro costituisce la tesi. Attualmente insegna Scienze sociali nelle scuole superiori.

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