venerdì 17 dicembre 2010

Marzano, Michela, La filosofia del corpo,

Genova, Il Melangolo, pp. 106, € 13, ISBN 9788870187694 2010
[ed. or.: Le philosophie du corps, Paris, Presses Universitaires de France, 2007]

Recensione di Maria Giulia Bernardini – 17/12/2010

Filosofia del corpo

Prosegue, in questo libro snello e scorrevole, l’itinerario di ricerca di Marzano, inaugurato con la tesi dottorale (revisionata) Norme e Natura: una genealogia del corpo umano (2001) e continuato, tra gli altri, con titoli quali Straniero nel corpo (2004), Dictionnaire du corps (2007), Estensione del dominio della manipolazione (2009). Il punto focale della sua indagine è il corpo incarnato e vulnerabile, quel corpo che storicamente i filosofi hanno spesso messo tra parentesi, svilito e umiliato nel confronto con coscienza ed anima, il corpo che per talune concezioni filosofiche è un oggetto di proprietà degli individui, e pertanto è nella loro più completa disponibilità.

Marzano, al contrario, sottolinea negli esseri umani elementi quali carnalità, finitudine, vulnerabilità, nonché quell’ambivalenza che permette di affermare, senza essere contraddittori, che noi siamo un corpo ed abbiamo un corpo; l’Autrice ribadisce anche insistentemente l’importanza della corporeità quale medium tramite il quale incontrare gli altri e svolge un’accurata analisi tesa a dimostrare come nella società contemporanea il corpo sia ormai oggetto di un vero e proprio culto, anche se ciò di cui si parla è più un’immagine ideale verso cui tendere che non la realtà, con la conseguenza che oggi sembra potersi parlare di un nuovo tipo di dualismo, che passa per un’opposizione/contrapposizione tra volontà e materialità ed alimenta l’illusione che ognuno di noi, in quanto agente razionale, possa imporsi sul proprio corpo e fare come se quest’ultimo in quanto tale non esista. Completamente asservito alle nostre costruzioni culturali e sociali, il corpo sembra pertanto essere una materia totalmente plasmabile a seconda dei nostri desideri.

Dopo avere percorso le diverse fasi del dualismo, da Pitagora a Socrate, da Platone a Cartesio, nel primo capitolo dell’opera Marzano rileva come l’unico corpo che oggi sembra essere bene accetto sia quello controllato, assoggettato al proprio dominio, bello e perfetto, e propone così al lettore di riflettere su immagine ed apparenza, tematica ad ampio raggio che può essere indagata attraverso chiavi di lettura più tradizionali, quali bellezza e perfezione in relazione alla pubblicità ed al successo personale (e tuttavia anche in questi campi si pongono nuovi piani di riflessione, ad esempio in ordine a regime alimentare, chirurgia estetica ed esercizio fisico), o innovative, come cyberspazio, blog e siti d’incontro, o la “scultura di sé”, quel filone dell’arte contemporanea che contribuisce – appunto attraverso la “scultura di sé” – a fare a pezzi il corpo, e che trova in Orlan un’artista di spicco.

Nel secondo capitolo l’Autrice dà conto del passaggio dal monismo alla fenomenologia, attraverso un itinerario che da Cartesio passa per Spinoza, conduce al riduzionismo materialista dell’uomo-macchina di La Mettrie, accenna all’importanza della frenologia nel XIX secolo, alla liberazione nitzscheana del corpo per approdare infine alla rivoluzione fenomenologica dell’ultimo scorcio del XIX secolo. “Parola d’ordine della scuola fenomenologica è il ritorno alle cose stesse e quindi anche al corpo, forse perché la prima esperienza compiuta dall’uomo è quella dell’essere presenti al mondo tramite il corpo” (p. 40). Se Husserl è stato il primo filosofo a delineare una vera e propria filosofia della carne, si deve a Merleau-Ponty il passaggio per il quale è il corpo stesso a “possedere” la propria intenzionalità: per l’Autore l’anima esiste tramite il corpo. A questo contesto, per Marzano, va ricondotta anche la riflessione di Levinas, che concepisce il corpo come ciò che si sottrae al dominio ed al possesso della conoscenza, esibendo pertanto la fragilità e vulnerabilità dell’essere umano. Quest’ultimo Autore risulta centrale anche perché, in Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, esprime un pensiero di rottura – caro all’Autrice – sia con la categoria dell’avere, sia con quella dell’essere: Levinas afferma infatti che noi siamo il nostro corpo e che tale essenza è strettamente correlata all’interdipendenza, giacché, scrive, “sono annodato agli altri prima di essere annodato al mio corpo” (p.43). Per quanto riguarda l’ambivalenza avere-essere, Marzano ritiene che “[o]gni persona intrattiene con il proprio corpo una relazione che è assieme strumentale e costitutiva. Viviamo in tensione continua rispetto alla nostra esistenza fisica. […] Noi siamo esattamente ciò che siamo, poiché siamo il corpo che possediamo. […] Assieme prossimo e lontano, il corpo offre a ciascuno di noi l’esperienza dell’intimità più profonda e dell’alterità più radicale” (p. 45). Tale ambiguità si ritrova anche nella malattia e nella complicata pratica dei trapianti, che investe la cruciale questione dell’identità, soprattutto per quanto concerne il trapianto del viso, poiché il possesso dello stesso contribuisce a creare il senso che si ha di sé e rappresenta uno dei fondamenti dell’intersoggettività; il volto, insomma, identifica una persona, la manifesta, la rende contemporaneamente estranea e prossima, poiché è anche grazie al volto che un essere umano esplicita la propria irripetibilità, ma al contempo è sempre grazie al viso che due individui condividono la propria umanità.

Il terzo capitolo indaga il rapporto tra natura e cultura: “Da sempre quest’ultima interviene sul corpo al fine di modellarlo e renderlo conforme alla società ed al rispetto delle sue regole e delle sue norme: in ogni società e in tutte le epoche, il corpo viene “addestrato” sin dall’infanzia affinché si trasformi in un complesso di valori e credenze socialmente accettate” (p. 55). Marzano riflette pertanto sul ruolo che storicamente ha assunto la cultura, permettendo agli uomini di elevarsi al di sopra dello stato di natura, e dà conto dei tentativi di spiegare il comportamento umano riconducendolo ad anatomia, biologia e chimica: è l’esperienza del riduzionismo del XIX e XX secolo, che ha tra i suoi principali esponenti Lombroso. Se l’Autrice non condivide tale impostazione, non per questo ritiene si debba cedere alle suggestive trappole del costruttivismo, orientamento sociologico che ha avuto particolare rilievo nel corso del XX secolo ed ha insistito sul fatto che ogni evento è necessariamente un fatto sociale ed ogni corpo è il risultato di una costruzione socioculturale; in questa ricostruzione il corpo è quindi una finzione debitrice della cultura. Tentando di discostarsi da tali due estremi, Marzano sostiene piuttosto che il corpo occupa una posizione intermedia tra natura e cultura, in quanto è organismo biologico che si nutre, vive, prova dolore, ed allo stesso tempo fa parte di un contesto sociale e culturale che ne influenza le dinamiche. Non manca poi di affrontare la questione di genere, nella quale il conflitto tra riduzionisti e costruttivisti si radicalizza: è grazie ai women studies che sesso e genere vengono dissociati e possono trovare spazio nella riflessione filosofica pensatrici radicali come Butler, la quale pone a fondamento del suo pensiero il sovvertimento dell’ordine sessuale e delle norme che lo regolano. Nel solco dei suoi lavori, in base ai quali il sesso stesso (e non più solo il genere, come avveniva per gli studi precedenti e più moderati) ci viene inflitto da un’opzione di potere, si collocano anche quelli di Autrici come Wittig, Preciado e Borcier, esponenti della queer theory, nata negli anni Novanta, che si presenta come una realtà in via di sempre maggiore affermazione volta a corroborare il fronte degli avversari della “repubblica straight (bianca, maschile, eterosessuale)” (p. 70). In realtà Marzano si pone in maniera critica nei confronti della queer theory; facendo sue le parole di Jeffreys, l’Autrice ritiene che tale teoria non abbia fatto altro che perpetuare la supremazia maschile ed i rapporti sessuali di potere. Relativizzando all’infinito sessualità e genere, si sarebbero piuttosto incoraggiati l’individualismo liberale e l’indifferenza politica, trasformando quell’ideologia in uno strumento di oppressione che contribuisce a perpetuare la violenza sulle donne.

Nel quarto capitolo Marzano tratta della reificazione, ponendo l’accento sulla categoria dell’abietto, elaborata dal Kristeva e ripresa anche da Butler: con abietto si indica ciò che è impuro e suscita disprezzo, disgusto e repulsione. Mentre Butler parla di abiezione in relazione alle categorie emarginate dalla società (per origine etnica, scelte sessuali e via dicendo), Marzano incentra la sua analisi ancora una volta sul corpo, “impuro per antonomasia, sia perché promesso alla morte e destinato alla decomposizione sia perché ingerisce, digerisce, assimila, espelle e secerne” (p.76), comprendendo nella sua disamina anche quella riduzione dell’uomo al suo corpo che produce un’alienazione spersonalizzante e privativa dell’identità, di cui paradigmatico esempio è l’esperienza di Levi nel campo di concentramento.

Al “dolore di esistere” è riconducibile anche la filosofia di Sade, che consente all’Autrice di trattare sotto una diversa prospettiva questioni già precedentemente affrontate, quali ad esempio l’annichilimento della femminilità, l’oggettivazione del corpo ed il suo “spezzettamento”. Sade, anello di congiunzione tra quarto e quinto capitolo, consente a Marzano di tratteggiare il tema della sessualità, dove l’Altro è oggetto di desiderio, le pulsioni giocano un ruolo chiave e virilità e femminilità si fronteggiano in quell’eterno paradosso in cui ci si aliena totalmente, pur rispettando l’altro e pretendendo rispetto per sé.

Scritto in modo fluido ed accattivante, La filosofia del corpo rappresenta una piacevole lettura per chi desidera avere una rapida panoramica dei principali approdi cui può condurre, oggi, una riflessione filosofica sul corpo che non si limiti alle tradizionali speculazioni sul dualismo, ma offra utili chiavi d’indagine dei variegati aspetti di cui si compone la quotidianità.

Indice

Introduzione
Capitolo I: Le diverse fasi del dualismo
Capitolo II: Dal monismo alla fenomenologia
Capitolo III: Il corpo tra natura e cultura
Capitolo IV: Abiezione e reificazione: l’opacità della materia
Capitolo V: Sessualità e soggettività: la realizzazione della carne
Conclusione
Bibliografia


L'autrice

MICHELA MARZANO, filosofa, è nata nel 1970 a Roma. Ha studiato filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, dove ha in seguito conseguito il dottorato di ricerca con Remo Bodei. Si trasferisce successivamente in Francia, dove diventa ricercatore del Centre National de la recherche scientifique ed a 36 anni ottiene l'abilitazione a professore universitario. Michela Marzano è attualmente professore ordinario di filosofia morale all'Università Paris René Descartes. Nel 2008 il “Nouvel Observateur” la inserisce nella lista dei 50 pensatori più influenti della Francia indicandola come una degli otto trentenni della "nuova guardia" francese. Si occupa di tematiche legate al corpo umano ed al suo statuto etico, all’etica sessuale, all’etica medica, all'identità femminile contemporanea ed alle sue rappresentazioni sui media e nella società. Per questo motivo è stata la curatrice del Dictionnaire du corps (PUF 2007). Sempre in Francia ha pubblicato numerosi libri e saggi, tra cui L'éthique appliquée (2008), La Philosophie du corps (2007), Je consens, donc je suis... Éthique de l'autonomie (2006), La Fidélité ou l'amour à vif  (2005), La Pornographie ou l'épuisement du désir (2003). In italiano ha pubblicato Straniero nel corpo (2004), Estensione del dominio della manipolazione (2009), Sii bella e stai zitta (2010), La filosofia del corpo (2010), e collabora con La Repubblica.

Link

http://cerses.shs.univ-paris5.fr/spip.php?article109

5 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Prospettiva culturale di autrice è definibile moderna-postmoderna, a differenza di post-moderna, non di per sé conservativa i retaggi storici-culturali; tanto che di opposizione antica, civile-culturale, di valori intellettuali psicologici e fisiologici ne considera attraverso riduzioni latine medievali e sintesi moderne; tuttavia pervenendo ad esatta conclusione in identificare disvalore di materialismo esasperato evidente in fantasia sociale di onnipotenza del corpo dicontro a pretesa fantasiosa di indipendenza animica da fisica: disvalori contrari ma connessi anche cronologicamente ed in patologia terapeutica segnati quali cronicità, mentalmente non tanto durabili ma somaticamente assai durabili, in interesse innanzitutto di cura dei deboli infermi solo secondariamente di medicina, cui diagnosi corrispondenti sono in psichiatria distrazione prolungata ed in fisiatria disposizione stabile a trascuranza, entrambe in medicina generale non consistendo in alcunché perché se problemi generalizzati bastando autoevidenza di sintomo anche a soggetti del tutto bisognosi di medicina... Di questi esiti di studio, prospettiva di autrice, desumibile da prospetto di recensore, può rappresentare prologo, filosoficamente incentrato su due critiche: a -dialetticamente chiuso- dualismo anima/corpo; a -dialetticamente conchiusa- binarità corpo/anima; quali aporie in combinazioni intellettuali cui non esenti alcuni discorsi indiretti di filosofia, fondati su metafisica ipostatizzata e su materialismo assolutizzato; ma critiche stesse, kantianamente o non differentemente cioè entro contemporaneità filosofiche, sono rivolgibili ad analogie non logie di volontarismo e sensismo ed a rielaborazioni non elaborazioni di spiritualismo e psichicismo, invece sono effettuabili direttamente a ipermaterialismo e a esclusivismo materialista; in ciò prospetto recensivo non contiene tutto quanto indice può indicare o indicherebbe perché elencativa recensiva non esplicita quanto elenco autorale esplica; forse ciò in ragione di prudenze comunicative concernenti tematiche criminologicamente rilevanti, in forza di tempi accademici ancora in contrasto attivo ad intrusioni subculturali di civilizzazione sovietista-sovietistica, durante Dopoguerra Freddo profittando codeste intrusioni di ambiguità e incertezze di Dopo Guerra Fredda americano-occidentale.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Lavoro recensito offre prospettiva di dialettica critica cui non contenibili ma non alieni principi di filosofia perenne, cioè interrogativi ricerche e soluzioni che ritornano sempre in umano pensiero cui umana possibilità non potenzialità di filosofia (animali non razionali non esclusi da eventi filosofici non bisognano di tal eterni ritorni). Tali principi sono stati oggettivati in comunicabilità filosofica da pensiero contemporaneo, ad Est sofiologicamente per affermazione, ad Ovest criticamente per esclusione. Prospettiva di autrice ne inerisce avendo preso in esame bivalenza di intellettualizzazione dualistica anima/corpo, da cui spiritualismi senza saggezza e dissennati materialismi però che non sono stati e non sono accadimenti filosofici ma che ne coinvolsero alcuni eventi, culminati in Conflitto di Guerra Fredda economica militare tra Blocchi mondiali, Est-Ovest.

Opposizione accaduta in antichità tra fautori di spiritualismo e fautori di materialismo era altro evento da diverbio moderno contemporaneo da essa non discendente solo ad essa relativo.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

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Era accaduto che saggezza filosofica di Platone risultasse in Magna Grecia inadeguata o per banalità inutile e verbalmente attardante o per modi espressivi indecifrabili da chi interessato anche solo eventuale. A proposte culturali di Platone in una Italia futurabile nonché futura, ove già itali ormai non solo greci, tiranno di Siracusa Dionisio chiedeva riformulazione e ritiro e non ottenendone faceva bandire Platone da intera cittadinanza greca, poi da stesso filosofo ottenuta realizzando richiesta stessa del Tiranno, dal quale seguì invito a riproporre... Poiché non aveva senso per grecità essa sola, la saggezza discesa da conoscenze orfiche, significanti in ambienti di confine elleno-ellenista non ellenico - non-ellenico; datoché Platone era stato inavveduto su differenze, di Colonie ed ex Colonie e non Colonie, greche ed itale greche; e aveva quindi dovuto occuparsi di aspetto comunicativo di sua saggezza, ciò realizzato con dialoghi sull'amore universale naturale - poi scritti - eminentemente filologici nonché uguali ad altri anonimi di anonimi "platoni". Terrore del filosofo ateniese Platone scaturiva da preoccupazione che propria ignoranza su alterità di Grecia Occidentale potesse essere rovinosa per coniugio di stessa sposa di Dionisio e stesso suo sposo nonché per tanti siracusani ed altri pure; paura di incorrere in morte Platone ne provava per non distinzione tra grecità e non grecità occidentali e ne riprovava perché indistinzione medesima lo esponeva ad inavvedutezze maggiori; perciò rischio di finire schiavo era evenienza secondaria a fronte di rischio di finir direttamente ucciso a causa di suo creare e ricreare incomprensioni cui effetti potevan essere destini amorosi sessuali interrotti. Dionisio, anche per suggerimento di sua consorte, intuendo tutta la gravità sociale e vitale di casi futuri di Platone, ne aveva voluto redarguire di persona e notando valore ma estraneo di sua saggezza recava ordine culturale di sopravvivenza che era anche di sopravvivenza culturale ma che era rivolto a mondo di Platone ed a Platone, per evitar sciagure, a tal mondo e non solo a Platone ed anche a chi in pericolo di fraintenderne.
Inverosimilità di decifrare tal passato, potrebbe esser ostacolo intellettuale insormontabile senza riferirsi a stesso lessico italiano greco attuale e senza previi riferimenti ellenici elleni; ma ciò si attua non passivamente ed è attuabile direttamente solo in non diversa appartenenza etnica, cioè storicamente italo-greca italiana greca; difatti patrimonio classico ne serbava senza poterne manifestare più, venuta meno partecipazione forte italo-italiana-greca a medesimo patrimonio. (A facilitare ipotesi decifrativa corretta, sta decifrazione o perlomeno ipotesi storico-interpretativa di morte solo apparente di Socrate.)
Sicuramente ai tempi di Dionisio e Platone psicologia e fisiologia non erano esprimibili terminologicamente né linguisticamente la filologia; tuttavia qual espressioni indirette ovviamente le prime due esistevano con esistere di umanità e terza, la filologia, era attività spontanea per grecità impegnata in costrutti culturali, più quella latina-italica che ellenica. In tempi moderni di divulgazioni culturali e di scienze empiriche ciò illuse che pensieri antichi fosser anche moderni e da ciò l'inganno culturale che si potesse ragionar, su materia e spirito e su anima e corpo, egualmente ad antichi greci senza averne eredità in qualche modo; etnofobia comunista totalitaria ne profittò per far dubitare intero mondo di validità culturale occidentale. ...


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

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Dopo i fatti di Platone a Siracusa, allora centro del massimo potere della Grecità politica, mondo greco alessandrino conobbe anche e proprio tutt'altra mondanità, cui confronti culturali civili greci a civili culturali non greci, mediati da politiche civili e culturali orientali persiane e culturali civili arabe-africane, rispettivamente garanti di sacralità giudaiche e assicuratrici di ellenistiche numinosità, in merito a dialogo interreligioso, cui traduzione al greco di Filone era operazione culturale necessaria. Da conseguenze a civiltà ellenista di tali fatti, derivò pensabilità anche greca di erranza dualistica di naturale monismo; la quale durò assai poco e della quale possibilità di nuova pensabilità fu offerta solo da (biblico) Libro, greco, Dell'Apocalisse, ma codesto dandone di fatto veto; quindi fu non etica umanitaria ma etica politica la rapportabilità di pensabilità greca a non greca erranza dualista; ma ciò durò fino ad ulteriore definitivo veto, bizantino, cui erranza stessa in pensabile odio ma cui non oggetto di diretto odio possibile: diretta era preoccupazione a Bisanzio a favore di chi ne odiasse direttamente. Bizantini dapprima evitarono che erranza diretta potesse essere 'antropologica-etnologica', poi ne cancellarono, con azione di causa storica, umana possibilità, restandone in Medio Evo - Modernità solo possibilità dualisticamente non 'dualistamente', ma da parallelo evento e cui provvide filosofare metafisico-etico ebraico; ...già in Antichità Aristotele ed Alessandro Magno avevano causato antropizzazione aliena da siffatta erranza, cui restata in scontri etnici poi. Ad erranza dualistica non dualista, furono opposti grecismi teutonici (decisivi quelli di Nietzsche) durante Modernità - Postmodernità, che ottennero di renderne anacronistica realtà, qual sol virtuale non reale possibile erranza; che in mondo postmoderno non consiste veramente neanche solo virtualmente. Tal esito fu conseguito non per retaggi bizantini, questi dati però ostilmente a risolvere tutta la questione ma non ostilmente per lasciarne ad altrui aiuto. Non tuttoggi, questione concernerebbe volontario errare, non vera erranza; cioè trattasi di altra erranza effettiva, di non distinzione tra necessarie individuazioni di non-culturalità / subculturalità // culturalità, ma che sta terminando in altro.
Ellenismo di Estremo Oriente e parimenti Pensiero Altro filosofico globale orientale già evidenziarono necessità non solo etica ma inerente tempi vitali: di un superamento storico non ulteriormente civile e culturale civile non viceversa; il quale anche, produsse fine di storicità in divenire manifesto di intera umanità storica ed infine valendo odiernamente un altro inizio, cui reinizi o non termini storici tutti interni, proprio ad esso; ciò non accaduto ancora in tempi di lavoro recensito; tantoché in non perennità di suo filosofare coinvolti tragici eventi di storia delle concezioni positive del mondo, cui esito letale disconoscimento di destini di impossibilità di somatici psichici connubi cosmoantropologici. Problematica che autrice affrontava ancora concretamente non in tutto risolutivamente ne concerneva da ultima estrema prospettiva storica positiva, restata senza alcunché da porre e cui osmosi cosmoantropologiche ora non più basilarità di differenze ma difficoltà in differire e cui espressioni sono ormai ostacoli ex culturali non più istruttivi ed attivi in non termini storici tradizionali non in reinizi. Per questi ultimi, vale ri-conduzione di preistorie ad astoricità relative, mentre entro concezioni storiche non positive nulla è mutato ma tutto cambiato, tra centralità e non centralità storiche.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

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...Notando cotal cambiamento, tra centralità e non centralità storiche - di cui ho illustrato tramite precedente sommario storico -- e di cui recensione più o meno aliena dunque d'essa non potendosene avvalere e meno che mai odiernamente a tal fine necessarissimo - si può constatare di pubblicazione recensita non realista utilità non esistentiva bensì esistenziale argomentativa e tematica, quale ingenuo raffronto di accadimenti tragici di cui in prospettiva stessa di autrice non si intende la estrema relatività e non più storica rilevanza -

- cui l'Altra Storia (da sempre anche mia, di me che scrivo), appunto totalmente estranea e non senza un presente e un futuro (e un passato) ed anche per altri.


MAURO PASTORE