martedì 25 gennaio 2011

Berti, Anna, Neuropsicologia della coscienza.

Torino, Bollati Boringhieri (Scienze), 2010, pp. 164, € 19,50, ISBN 97888833919201.

Recensione di: Brigida Bonghi - 25/01/2011

Filosofia, Neuropsicologia

«Mi sembra che si renda evidente la necessità di costruire un discorso comune tra filosofia e neuroscienze affinché l’apporto di più sistemi di conoscenza possa arrivare a offrire un modello interpretativo della mente, e delle complesse relazioni tra menti e ambiente, che tenga conto, al di là dei pregiudizi epistemologici, dei vincoli biologici imprescindibili insiti nel sistema neurale che caratterizza l’essere umano» (p. 149). È con tale auspicio che si chiude l’apprezzabile lavoro di Anna Berti, nel quale il reportage dei casi neuropsicologici e le ipotesi teoriche ad essi conseguenti s’intrecciano, non certo allo scopo di determinare risultati concettuali incontrovertibili ma, piuttosto, perché possa essere con forza rilevata l’importanza, a livello scientifico, della domanda sul ruolo della coscienza, della consapevolezza, dell’innegabile inside dei processi cognitivi.
La prima parte del volume si occupa, in particolare, della tradizione filosofica che, in origine, e nelle sue variegate traduzioni più recenti, ha affrontato il problema del rapporto tra la mente ed il corpo, tra i motivi biologici e le istanze del pensiero. Da René Descartes a Wilhelm Wundt, da William James a Franz Brentano, l’esplicazione del problema della coscienza ha assunto differenti posizioni e ospitato nel suo seno molteplici paradigmi teorici, tali da escludere i contenuti della coscienza dal campo della ricerca scientifica (Descartes) o dal considerarli, in certe condizioni, degni di osservazione (Wundt). Non è mancato, inoltre, il punto di vista che, premendo sul carattere adattativo della coscienza (James), considerasse quest’ultima nella costante e mutevole relazione con gli oggetti del mondo esterno, pur diffidando del valore di una ricerca scientifica che si servisse del metodo introspettivo (Brentano).
Paradossalmente, con l’avanzare del progresso scientifico e tecnologico, il metodo introspettivo e le interpretazioni soggettive relative al sistema di analisi della coscienza, hanno ostracizzato per un lungo intervallo il ricorso al vocabolario stesso della coscienza, recuperato infine, ma in modo eterogeneo e discontinuo, proprio nell’ambito neurologico.
Sarebbe sufficiente individuare nei numerosi dizionari filosofici della nostra tradizione il lemma coscienza per scorgere in esso un patrimonio teorico di infinita ricchezza e di altrettanto illimitata complessità. Nel campo della neuropsicologia (la disciplina che definisce le basi neurali dei processi cognitivi) è stata ritenuta inevitabile l'accoglienza di una x di tale portata, considerando la coscienza in una significazione del tipo seguente: «costrutto psicologico che si riferisce allo studio, e alla eventuale spiegazione dei meccanismi di elaborazione della consapevolezza del sé e delle proprie sensazioni» (p. 15).
Già nella prima parte del libro, l’Autrice affronta la particolare sindrome dello split-brain, il cui ruolo, nella storia della ricerca neuropsicologica, si è rivelata innovativa per la disamina della natura e della funzione della coscienza. La sindrome in oggetto è caratterizzata da una disconnessione tra i due emisferi, provocata dalla lesione del corpo calloso in seguito ad eventi patologici o interventi chirurgici. La sintomatologia osservabile nel caso dello split-brain varia a seconda della modalità sensoriale e del sistema cognitivo analizzato. In linea di massima, si rileva un problema di comunicazione tra i due emisferi ed una segregazione delle informazioni all’interno di un solo emisfero. Gli studi della sindrome – ancora campo di battaglie fra scuole – hanno raffinato la conoscenza delle funzionalità particolari di ciascun emisfero, oltre ad aver compiuto il primo passo verso la consapevolezza della natura della coscienza come «una struttura eterogenea dei processi coscienti, opposta all’idea di una struttura unitaria e indicano come la coscienza non sia una funzione sovraimposta in modo gerarchico alle altre attività cognitive, con una struttura monolitica e inscindibile, ma piuttosto una proprietà distribuita nel cervello, inestricabilmente implementata nei circuiti dedicati alle varie funzioni cognitive, somatosensoriali e motorie» (p. 145).
Dal punto di vista filosofico, i risultati e le ipotesi teoriche restituite dal reportage sulle sindromi (contenute nella seconda e terza parte del volume) rafforzano il punto di vista e la conclusione contenuti nella precedente citazione. Nei capitoli contenenti i casi neuropsicologici caratterizzati da elaborazione senza consapevolezza, l’Autrice prende in considerazione le sindromi del blindsight (visione cieca), della prosopoagnosia (incapacità di riconoscimento dei volti), del neglect (negligenza spaziale unilaterale). Nella terza parte del volume, inoltre, Anna Berti si concentra sui casi che interessano, in particolare, la consapevolezza motoria, raccogliendo le osservazioni sull’anosognosia (non conoscenza della malattia) per emiplegia e sull’anosognosia somatosensoriale.
Il panorama di ricerca delineato nel volume di Anna Berti, che si avvale di un valoroso gruppo di giovani, apre ad una prospettiva di smisurato valore scientifico. La sfida dell’esperienza cosciente, affrontata dal punto di vista epistemologico già dalla fine degli anni ’70 da Francisco Varela e da Humberto Maturana, potrà manifestare, tramite l’apporto della neuropsicologia, come descritta dall’Autrice del nostro volume, la parte ancora inesplorata del suo vasto bagaglio di potenzialità. Scienza e filosofia, in un intreccio non viziato da pregiudizi ideologici, potranno concatenare fruttuosamente le descrizioni in terza e in prima persona, i paradigmi scientifici e la soggettività.

Indice

Prefazione
Parte prima – Dagli approcci filosofici alla neuropsicologia della coscienza
Parte seconda – Dalla coscienza sensoriale alla consapevolezza spaziale
Parte terza – Consapevolezza motoria e intenzione cosciente
Conclusioni
Bibliografia


 L'autrice

Anna Berti (Milano, 1957) è docente di Neuropsicologia presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Torino. Oltre a numerose pubblicazioni inerenti al dominio della cognizione spaziale, della cognizione motoria e della neurobiologia della coscienza, ha scritto: Neuropsicologia (con Elisabetta Làdavas, Il Mulino, Bologna 1995) ed Elementi di neuroscienze cognitive (con Gabriella Bottini e Marco Neppi-Modona, Carocci, Roma 2007).

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