domenica 30 gennaio 2011

Coltelluccio, Adalberto, Dialettica aporetica. Il Parmenide di Platone nella dialettica hegeliana

Il Prato, Padova 2010, pp. 284, 18,00 €, ISBN 978-88-6336-098-1

Recensione di Giacomo Borbone

Dialettica, Principio di non-contraddizione, l’Uno, l’Essere.

Il libro di Adalberto Coltelluccio, insegnante di filosofia e scienze umane nella scuola secondaria, affronta un problema logico-filosofico oramai più che millenario, cioè il problema del rapporto fra dialettica e contraddizione. Tuttavia l’Autore reinterpreta questo problema (tutt’altro che obsoleto) in termini originali, grazie anche alla sua capacità speculativa decisamente forte, unita ad una solida preparazione storica. Coltelluccio analizza il problema della dialettica (e con esso, ovviamente, quello della contraddizione) ingaggiando un confronto serrato fra Platone ed Hegel, o meglio fra il Parmenide di Platone ed il ruolo che esso ha giocato nella dialettica hegeliana; ciò per un motivo storico-filosofico molto semplice, infatti, afferma l’Autore, “(…) il primo filosofo che abbia teorizzato in forma compiuta la funzione e la natura della dialettica è stato, come si sa, Platone. Tale merito gli è riconosciuto soprattutto da Hegel, il quale afferma che, nonostante Platone non avesse una “piena consapevolezza” dell’essenza speculativa della dialettica, quale soltanto il filosofo tedesco avrebbe poi individuato, questa è però presente nella filosofia platonica” (p. 11). Nel primo capitolo del libro, Coltelluccio analizza la dialettica platonica nell’interpretazione di Hegel alla luce dei due momenti logici del procedimento del sapere, cioè synagoghé (sinossi) e diairesis (divisione); procedimenti questi che trovano il loro principale alloggio nel Fedro. Il primo procedimento consiste nel ricondurre ciò che è molteplice e diverso ad un’unica idea; mentre il secondo consiste nella suddivisione del molteplice sulla base di un processo dicotomico. Hegel intende questo aspetto della dialettica platonica in senso speculativo, cioè “un muoversi e un dividersi che trova, però, in se stesso il proprio telos, cioè essendo un processo che coincide con il porsi del concetto” (p. 15), il cui risultato è sempre una “sintesi di determinazioni opposte: l’essere in sé e il proprio essere altro da sé (da cui, tuttavia, il concetto sempre si riprende” (ibidem). Sempre secondo il filosofo di Stoccarda, il concetto deve comunque “passare necessariamente nel suo esser-altro, affinché possa svolgere pienamente tutte le sue determinazioni (…) L’alterità è, quindi, necessaria, al concetto come sua auto-alienazione, ma questa deve necessariamente risolversi, invertendo la propria alterità, attraverso la cosiddetta “negazione della negazione” (pp. 15-16). Nel secondo capitolo Coltelluccio tratta il legame fra dialettica platonica ed hegeliana alla luce delle ipotesi interpretative sull’Uno derivanti dalla lettura del Parmenide. In questo capitolo l’Autore prende in esame il cosiddetto “nuovo paradigma”, cioè quello basato sull’interpretazione della filosofia platonica alla luce delle dottrine non scritte. Mentre questo nuovo paradigma ermeneutico afferma la non violazione, da parte del Parmenide, del principio di non-contraddizione, Coltelluccio sostiene invece che “almeno in qualche punto, se non proprio in tutti, ammetta la contraddizione” (p. 29). Più avanti Coltelluccio arriva a conclusioni meno pacate a proposito dell’Uno: “dire che l’Uno, se è se stesso, allora non è se stesso, è enunciare esattamente un paradosso del tipo: se p, allora non-p. Da ciò è derivabile che l’Uno è se stesso perché non è se stesso, e che non è se stesso perché è se stesso, ossia una vera e propria contraddizione in atto. La contraddittorietà di questi passaggi è radicale” (p. 78). L’Autore, a conclusione di questo suo capitolo, afferma, riallacciandosi all’interpretazione hegeliana del Parmenide, che in questo dialogo platonico è presente una dialettica speculativa altissima la quale non deve ostinarsi ad escludere la contraddizione, quanto invece ad includerla “nella sua più intima essenza” (p. 80). 
Ed è proprio nel capitolo successivo, cioè il terzo, che Coltelluccio analizza la lettura hegeliana del Parmenide di Platone. Hegel riconosce al dialogo platonico alcuni pregi, primo fra tutti “il suo carattere altamente speculativo e concettuale; a questo, va aggiunta la capacità dialettica in esso contenuta di andare oltre le apparenze sensibili, per fondare col pensiero puro la verità nel suo significato autentico, come idea” (p. 82). Oltre ai pregi Hegel rileva alcuni difetti presenti nella dialettica del Parmenide, infatti “l’unità viene pensata come risultato di un nesso ancora estrinseco delle determinazioni opposte, le quali sono già date indipendentemente l’una dall’altra. (…) L’unità dialettica così come deve essere pensata, a giudizio di Hegel, risulta sempre da un processo di auto-movimento del concetto stesso, in cui è lui stesso che pone l’articolazione di sé nelle sue determinazioni, ed è se stesso solo come ritorno dal suo esser-altro” (pp. 85-86). Nella dialettica del Parmenide manca quindi “il ricongiungimento degli opposti nell’unità, che pone il ritorno della negazione della negazione come una nuova affermazione, però non più immediata, bensì mediata e quindi più ricca” (p. 86); cosa che invece Platone raggiungerà, a detta di Coltelluccio, nel Sofista e nel Filebo: “Nel Sofista, Platone sarebbe andato effettivamente oltre la rigida posizione parmenidea dell’essere astratto che esclude il non essere. Egli dimostra, inoltre, sia che il non essere è, sia che l’essere è anche non essere” (Ibidem). L’Autore prosegue nell’analisi dell’interpretazione hegeliana della dialettica platonica la quale, secondo Hegel stesso, finisce per ammettere l’esistenza reale della contraddizione, rinvenibile a suo dire sia nel Filebo come anche nel Parmenide. Coltelluccio, nel corso di questo capitolo, prende anche in considerazione le varie interpretazioni della lettura hegeliana del Parmenide e del Sofista (ad es. quelle di Berti, Duso, Chiereghin, Gadamer, ecc.). Nel quarto capitolo del suo libro, Coltelluccio si sofferma principalmente sulle interpretazioni della dialettica hegeliana e del suo rapporto col Parmenide forniteci dal già citato Chiereghin e da Nicolao Merker. Nel capitolo quinto viene invece analizzato l’uso speculativo della dialettica alla luce della hegeliana Scienza della logica, in cui l’Autore si sofferma principalmente su quelle pagine in cui “è particolarmente vivo il senso articolato e complesso di quella unità di identità e non-identità, che appare includere in sé la contraddizione” (p. 149.); infatti, come afferma Coltelluccio nelle prime pagine del sesto capitolo, “ciò che sembra certo è il fatto che Hegel, nell’esporre quelle che corrispondono alle cosiddette “leggi del pensiero” (principi di: identità, non-contraddizione e terzo escluso), ribadisce ancora (…) la sua fondamentale acquisizione (…): una concezione della dialettica che non escluda la contraddizione” (pp. 188-189). Ma qual è in fin dei conti la differenza fra la dialettica hegeliana e quella platonica? Nella conclusione del suo libro, Coltelluccio afferma che è possibile sintetizzare le idee di fondo che lo hanno guidato in due tesi: “1) la dialettica hegeliana è basata su un concetto di contraddizione che ci è parso autentico, nel senso che questa può considerarsi in senso proprio, e non metaforico, sebbene si sia presentata in più occasioni ambigua e di difficile interpretazione; 2) la contraddizione hegeliana, tuttavia, non è aporetica, come lo è invece quella riscontrata nel Parmenide, nel senso che in Hegel non è svolta fino in fondo, fino cioè alle sue estreme conseguenze, in modo da poter accettare in toto la propria insolubilità logico-ontologica (una contraddizione è tale, se l’asserzione che la esprime, è vera e falsa insieme, e se lo stato di cose che denota è e non è sotto il medesimo riguardo, e nello stesso tempo). Si tratta, dunque, in Hegel di una dialettica in cui la contraddizione, pur essendo spesso, se non sempre, presente, non giunge quasi mai al carattere paradossale, in cui sia possibile asserire e non asserire, sub eodem, la verità” (pp. 269-270).

Indice

Prefazione

Cap. I La dialettica platonica nell’interpretazione di Hegel

1. Diairesis e synagoghé - 2. I tre aspetti della dialettica platonica – 3. Anamnesi e immortalità dell’anima come principio della soggettività.

Cap. II Le ipotesi sull’Uno nel Parmenide

1. Le varie interpretazioni del dialogo – 2. La lettura del Parmenide alla luce del “nuovo paradigma ermeneutico” – 3. Le argomentazioni sull’Uno – 4. Un “nido” di contraddizioni” – 4.1. L’uno dell’indifferenza – 4.2. Sempre lo stesso soggetto – 4.3. L’auto-invertirsi dell’identico.

Cap. III Hegel interprete del Parmenide

1. Pregi e difetti del Parmenide – 2. Il nesso tra il Parmenide e il Sofista – 3. Aporia ed euporia – 4. Il metodo anipotetico e la scepsi del Parmenide – 5. I tropi scettici e il Parmenide – 6. Lo scetticismo dialettico nella Fenomenologia dello spirito.

Cap. IV Il Parmenide nella formazione della dialettica di Hegel

1. ”Il razionale non ha contrario” – 2. La dialettica tra logica e metafisica a Jena – 3. La coscienza entra in scena

Cap. V L’uso speculativo della dialettica

1. L’essere è il nulla – 2. L’alterità dell’essere in sé – 2.1. Il negativo si determina e la determinazione si nega – 2.2. L’altro di se stesso – 2.3 L’essere in-sé non è in sé – 3. L’auto-contraddizione dell’Uno nella Scienza della logica

Cap. VI La conversione positiva del negativo

1. ”Il risultato non è soltanto lo zero” – 1.1 L’identità non dice nulla – 1.2. Sparire nello zero – 1.3. La risoluzione nel Grund – 1.4. …Ma il Grund si contraddice – 2. Letture divergenti – 3. Il “parricidio” di Hegel – 3.1. Il ritorno del “rimosso” – 3.2. Un negativo “sans réserve” – 3.3 L’insostenibile …definizione dell’Assoluto

Conclusione (Ritornare al Parmenide)

Bibliografia

Nessun commento: