mercoledì 21 settembre 2011

Natorp, Paul (a cura di M. Ferrari e G. Gigliotti), Tra Kant e Husserl. Scritti 1887-1914

Firenze, Le Lettere, 2011, pp. 194, euro 30, ISBN 978-88-6087-311-8

Recensione di Daniele Petrella – 27/6/2011

La preziosa silloge di testi di Paul Natorp, tradotta e curata da Massimo Ferrari e Gianna Gigliotti, offre al lettore italiano un fulgido spaccato del pensiero del grande filosofo neokantiano, preso in considerazione nel suo momento di confronto con la fenomenologia di Husserl, così come questi l’aveva messa a punto nelle Ricerche logiche (1900-1901) e nel primo volume delle Ideen (1913).
Un punto sul quale si registra una convergenza tra i due pensatori risiede nella polemica antipsicologista che entrambi conducono dai rispettivi fronti teorici ed esplicitata da Natorp stesso nella nota conferenza Kant e la scuola di Marburgo tenuta a Halle nel 1912 presso la Società kantiana: «A questo riguardo, non ci resta perciò molto altro da imparare neanche dallebelle esposizioni di Husserl (nel primo volume delle Ricerche logiche), che non possiamo che salutare con gioia» (p. 118). Il riferimento da parte di Natorp al primo volume delle Ricerche logiche diHusserl implica, sì, un franco apprezzamento delle ricche e puntuali argomentazioni dispiegate da Husserl contro il tentativo di edificare qualsivoglia sistema di logica su fondamenta psicologistiche, ma anche una presa d’atto in virtù di cui per Natorp la battaglia antipsicologista non era da considerare come una esclusiva di Husserl. Infatti, nel saggio Sulla fondazione oggettiva e soggettiva della conoscenza (1887)Natorp aveva chiaramente affermato che «(…) l’intero significato della logica come teoria generale che fonda la verità della conoscenza viene annullato se si fa dipendere la logica, per quanto attiene al suo principio, da una scienza particolare, ossia dalla psicologia» (p. 77). E non a caso Husserl nei capitoli terzo e ottavo dei Prolegomeni ad una logica pura (primo volume delle Ricerche logiche) esprime il proprio accordo nei confronti del saggio appena menzionato e dell’Introduzione alla psicologia secondo il metodo critico (1888) di Natorp, sicché sarebbe davvero di grande interesse – come suggerisce opportunamente Ferrari nella sua pregevole introduzione all’opera – indagare nella sua complessità l’influenza, non tanto di Frege, quanto quella di Natorp sulla presa di congedo da parte di Husserl dall’impostazione psicologistica della Filosofia dell’aritmetica (1891). Se sulla pars destruens compiuta da Natorp e Husserl rispetto alla fondazione psicologistica della logica c’è una comunanza di vedute, le divergenze tra i due filosofi si mostra allorché Natorp nella recensione Sul problema del metodo logico. Con riferimento ai Prolegomeni a una logica pura di Edmund Husserl (1901) dissente non solo dal tentativo da parte di Husserl di schiacciare la teoria critica della conoscenza di Kant su una teoria della conoscenza di impianto psicologistico, ma anche dal tentativo di annoverare in generale gli studiosi neokantiani, riconducibili a Friedrich Albert Lange, tra gli esponenti di una teoria psicologistica della conoscenza. Inequivocabili risultano a tal proposito le parole di Natorp:«Purtroppo egli ne [sc. di neokantiani] cita però solo uno – e cioè Lange – la cui riconduzione dell’apriori all’“organizzazione” è stata già da tempo riconosciuta come un errore ed è stata decisamente rifiutata da Cohen e da coloro che hanno imparato da Cohen» (p. 107). Tra questi studiosi va annoverato chiaramente anche Natorp. Ed è proprio su questo presupposto teorico che è possibile apprezzare le differenze prospettiche tra Natorp e Husserl in relazione allo statuto concettuale da accordare al dato sensibile. Già nella prima edizione della Teoria kantiana dell’esperienza (1871) Cohen, infatti, avanzava l’esigenza di superare il dualismo tra pensiero ed intuizione del dato sensibile in direzione di un primato della spontaneità sintetica dell’intelletto, tale da configurarsi quale la vera condizione di possibilità dell’Estetica trascendentale. Se in un simile quadro teorico diviene altresì fondamentale la mediazione della matematica quale strumento teorico nel definire lo statuto scientifico-concettuale dell’oggetto in genere, allora si comprende come Natorp nella conferenza del 1912 possa affermare che l’intuizione del dato «(…) è pensiero, non solo puro pensiero legale, ma pieno pensare oggettivo (…) La datità diventa così un postulato della realtà, acquista un significato modale»(p. 123). Per Husserl, al contrario, la datità sensibile manterrà sempre un profilo di autonomia teorica, non del tutto esauribile e solvibile da parte del momento sintetico dell’intelletto, tanto che nella lettera del 18 Marzo 1909 indirizzata da Husserl a Natorp –in questa parte centrale riportata da Ferrari nella sua introduzione (p. 47) – si può leggere che «noi di Gottinga [sc. Husserl a quel tempo insegnava nella locale Università] (…) riteniamo che ci sia non soltanto un “basso” empiristico o psicologistico, bensì anche un autentico “basso” idealistico, dal quale si possa risalire passo a passo fino all’alto». Su questo fondamento la fenomenologia di Husserl e la psicologia critica di Natorp divergono nei propri esiti teorici, allorché essi delineano a parte subiecti il rispettivo profilo teorico capace di corrispondere, da un lato, alla salvaguardia del dato e, dall’altro lato, alla risoluzione del datonel pensiero. Infatti, al dato inteso come produzione del pensiero corrispondeva nell’Introduzione alla psicologia una concezione della coscienza qua «nesso costitutivo logico-universale» di tutti i contenuti di coscienza, e dunque di per sé inoggettivabile. Alla psicologia non restava altro compito che indagare ciò che si dà alla coscienza come contenuto soggettivamente dato alla coscienza e ricostruibile, pertanto, non nella sua immediatezza, ma solamente apartire dall’oggettività già costituita. Per Husserl, al contrario, le colorazioni di senso (percezione, immaginazione,ricordo, etc.) mediante cui il dato si offre alla coscienza si riverberano in analisi tese a delimitare le peculiarità dei rispettivi atti di coscienza, che diventa così oggetto di esame da parte di Husserl nella sua complessa e articolata stratificazione disignificato. A conferma di questa differenza tra psicologia critica e fenomenologia vale la pena citare un altro passaggio dalla lettera di Husserl a Natorp del Marzo 1909: «Si mostra in maniera molto caratteristica la differenza che intercorre tra la Sua psicologia e la mia fenomenologia dal punto di vista della loro collocazione gerarchica nei confronti della filosofia trascendentale (…) la fenomenologia non necessita in alcun modo di una filosofia trascendentale che la preceda, mentre la Sua psicologia deve venire dopo la filosofia trascendentale, come Lei stesso ha del resto notato» (p. 47). Al di là delle differenze teoriche che intercorrono tra l’Introduzione alla psicologia e la successiva Psicologia generale (1912) di Natorp, la centralità dell’oggettività costituita nel piano della ricostruzione è tale da circoscrivere il nodo concettuale che non consentirà a Natorp, e più in generale al neokantismo marburghese, di accordare credito alla concezione husserliana del dato delimitato nel suo statuto teorico già sul piano preteoretico dell’esperienza. Per questo nella recensione Le Idee per una fenomenologia pura di Husserl (1914) Natorp può scrivere che «nulla è allora dato, ma diviene “dato”»a partire dalla ricostruzione (p. 145). E in relazione al noto paragrafo 24 delle Idee, secondo cui «tutto ciò che si offre originariamente nell’“intuizione”, (per così dire nella sua realtà in carne ed ossa), è da assumere semplicemente come ciò che si dà, ma anche soltanto nei limiti in cui si dà», si comprende come Natorp possa sostenere, in virtù del primato del momento sintetico del pensiero, che «anche l’“intuitus”, la visione intellettuale o interiore, non può significare se non la visione penetrante, nella continuità del pensiero, di ciò che è posto come discreto, con una delimitazione scelta liberamente, e che sorge solo a partire dal e nel pensiero che pone» (p. 146). Se questo è il nodo concettuale che sancisce la differenza fondamentale tra la fenomenologia di Husserl e la psicologia di Natorp, non sono mancati altresì tentativi da parte dei due pensatori – soprattutto nel loro carteggio privato – di porre in evidenza anche le analogie tra le due prospettive filosofiche professate. A questo riguardo, infatti, la svolta costitutivo-trascendentale che impronta di sé la fenomenologia husserliana, così come consegnata alle Idee, sottopone a revisione la critica che Husserl nelle Ricerche logiche aveva sollevato nei confronti della concezione natorpiana dell’io puro. In quest’ottica il tentativo da parte di Husserl di attingere l’io puro si configurava agli occhi di Natorp come una ricostruzione mediata e, a tal proposito, risultano illuminanti le parole spese da Ferrari e dalla Gigliotti sulle affinità che contraddistinguono le due opzioni filosofiche sull’io puro. Il merito di questo volume curato da Ferrari e dalla Gigliotti risiede dunque non solo nell’aver reso disponibile per la prima volta in lingua italiana questi contributi di Natorp, ma soprattutto nell’aver illuminato il quadro delle convergenze e divergenze tra Husserl e Natorp.

Indice:

Introduzione. Natorp tra Kant e Husserl. Il neokantismo di Marburgo di fronte allafenomenologia, di Massimo Ferrari

I. Sulla fondazione oggettiva e soggettiva della conoscenza (1887)

II. Sul problema del metodo logico. Con riferimento ai Prolegomeni a una logica pura di EdmundHusserl (1901)

III. Kant e la scuola di Marburgo (1912)

IV. Le Idee per una fenomenologia pura diHusserl (1914)

Postfazione. Ricostruzione o riduzione. L’eredità kantiana della sintesi nel neokantismo e nella fenomenologia, di Gianna Gigliotti

16 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Io provvedo a comporre un prospetto storico perché urge definire qualcosa di preciso e di chiaro attorno al dibattito su Kant, kantismo filosofia contemporanea.

La fenomenologia quale consapevolezza di linguaggio scientifico senza dubbio si fondava sull'intellettualità non sull'intelletto stesso e quale organizzazione mentale non recava alcunché di spontaneamente mentale, restando un prodotto categoriale e tra fine '800 ed inizio '900 non tutta la cultura tedesca accoglieva medesima concezione categoriale mentre era necessario uso critico delle categorie per realizzare una cultura scientifica, filosofica, in arti ed anche con le religioni, che fosse non ingenua e che non fosse una negazione della modernità; e questa necessità non era risentita per tale dall'antioccidentalismo della politica di estrema sinistra, di cui la fazione marxista era esponente in un solo senso solamente perché celava dietro l'antioccidentalismo una prassi totalitaristicamente antioccidentale. Eppure i destini politici della Germania erano riferibili a statalità, pur sempre nonostante le crisi e istituzionalmente fino ad avvento del nazismo, allorché lo Stato fu da far sopravvivere sottraendone i resti proprio agli stessi distruttori nazisti; infine la divisione Est-Ovest inibiva le spinte politiche antioccidentali perché il marxismo-comunista da Est era obbligato a confronto con Occidente da stessa Guerra Fredda e non poteva aggirare le premesse culturali occidentali a causa della continuità culturale del riferimento all'Occidente, per cui la stessa lingua tedesca in riforma ideologica non poteva liberarsi della nozione di Occidente; e ciò corrispondeva a mancato oblio in stesso stare ed al fallimento della eurasiatizzazione forzata, promossa anche con antipsicologia sin dai tempi di Karl Marx ed in pratica da Marx stesso.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :

... Era in tale gigantesco dissidio ed astio ed abbandono anche condizionamento esterno a Germania e ad Europa se v'era assolutismo, altrimenti si trattava di divergenza per provvisorietà euroasiatica o era solo parziale dissidio; però di fatto v'era assolutismo in una frangia cospicua e facoltosa di dissidenti. Codesta aveva avuto vasti poteri e relativi ed era stata degradata nonostante sue ambizioni distruttive e subitanee ad un rango, consistente in statuto non solo condizione di dissidenza, ma durante divisione Est-Ovest del dopoguerra quasi vincente. La minaccia di tal dissidenza non era accolta evidentemente da Paul Natorp, impegnato anche a fondazione di cultura psicologica libera (con la critica dello psicologismo) e di cultura scientifica psicologica adeguata (con una psicologia generale). Questo impegno non era politicamente autoconservativo né limitato a politica conservatrice ma era politicamente conservativo, non solo a scopo di preservazione di beni culturali ma per evitare la distruzione della unità della lingua tedesca e per salvare la cultura tedesca dalla distruzione e quindi per conservare una identità etnica tedesca, attraverso la continuità del comunicare tra menti secondo identità mentale non diversa; e non bastava la fenomenologia per questo, benché essa ne fosse alleata ideale o reale. Parallelamente a tutto questo, v'era un'altra divergenza che derivava dal filoellenismo, di fatto corrente di politica culturale prevalente, poi vincente, poi influente, dalla poesia romantica alla decadente e dalla filosofia critica, quindi idealistica, infine realista; di contro al sionismo cui la politica tedesca rifiutò di assentire e di contro al filosionismo, che dovette rinunciare a poteri internazionali - nazionali tedeschi, terminando sue vaste facoltà in Germania dopo la costituzione dello Stato di Israele in Asia attorno a Gerusalemme.
Dalle Comuni tedesche il marxismo-comunismo aveva solo potuto ottenere una postuma ma in certo senso non solo postuma esclusione dal divenire democratico; a ciò determinante era stato impegno politico attivo di R. Wagner, antisionista ed ecologista e per armonia di intenti filoellenico fino a tanto che il passato ancestrale tedesco emergesse di nuovo tra la civilizzazione orientaleggiante ignara o poco conoscente della vita europea naturale; cito Wagner perché nonostante tutto non si può capir tutto dei fatti in questione restando in concettualità categoriale e culturale e allora bisogna allargare orizzonti culturali fino a idealità e oltre sola conformità di idee!
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :

... Kant stesso era antisionista ma senza sufficiente autorità non avendo tutte le nozioni sufficienti intorno alla spiritualità del giudaismo, nondimeno era filoellenico e ne è dimostrazione soggettività culturale-linguistica prominente delle sue maggiori pubblicazioni di filosofia; la stessa Critica kantiana era un passo verso la liberazione della naturalità originaria e non c'era nulla di cui rifiuto o 'penitenza' perché si stava costruendo la Unità della cultura della Germania.
Purtroppo questo dato storico non risulta chiaro a tutti a causa di pregiudizio antiluterano di non trascurabile parte della cultura della filosofia europea, non disposta ad accogliere il testamento spirituale, religioso, culturale di Martin Lutero, che aveva potuto 'disastrare' le istituzioni religiose-penitenziali in Germania dopo averne fatto decadere le conventuali, definendo nuova realtà ecclesiastica basata su ritualità soltanto duplice di iniziazione/condivisione e ponendo al bando gli offici delle penitenze; e ciò era stato destinato da medesimo Lutero in stesso futiro linguistico tedesco, dopo propri ripensamenti avendo negato ulteriore àdito alla opposizione violenta contro le pretese dei contadi e dopo aver tolto occasioni preponderanti alle astiose opposizioni antireligiose-antiebraiche e dopo aver fondato il dialogo con i poteri religiosi ottomani per via di autonegazione e negazione. Lutero in ciò pubblicano poi in certo senso repubblicano, manifestando gli odi senza occultarli, anche i propri, quindi estinguendone i reali poteri per la futura politica istituzionale tedesca; la rivolta democratica dei contadini fallita in partenza per economicismo antiecologico, la crociata contro ebraizzazione-giudaizzazione riuscita ma per la simpatia iniziale e quindi l'antiumanesimo "della dannazione" “della umanità“ da prima rimproverato ad ambienti culturali ebraici poi confessato anche di non ebraici e accantonato per esaurirsi dei conflitti fondamentali, infine interrotto l'inconsapevole rifiuto culturale del Rito Greco-Orientale di cui difesa e dimora in stesso Impero Ottomano, rifiuto interrotto da necessità diplomatiche susseguenti a stesse affermazioni di diffida... Lutero in ciò scrivano e confessore, più di masse rozze, incolte, insopportabili anche a se stesse che di propri errori, ovvero la sconsideratezza verbale ma pure scorrettezza tattica poi strategica... Tutto questo lo stesso Lutero aveva cancellato dagli stessi destini dei discorsi tedeschi futuri, che lui seppe capire dover essere altra e più alta cosa e di saggezza di fondo; eppure questo contrasto di tempi e valori quasi inconcepibile non rientra nei pensamenti di tutti gli ambienti della filosofia, non tutti abbastanza inclini a meditare sulla mutabilità realizzata dal cristianesimo in Europa Settentrionale; eppure bisogna pensarne anche per capire gli scopi del kantismo, anche e non soltanto perché Kant stesso proveniva da cultura religiosa evangelica-protestante mai rinnegata né aveva fatto filosofia atea.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :

... Pensando tali destini della Germania, si deve accettare anche da parte di chi alieno da esso il verbo puro a se stesso, il linguaggio adamitico e dunque precedente alla lingua codificata che invece biblicamente sta sotto la menzione di Eva non Adamo, tutto ciò rientrando anche nella discussione filosofica o tuttalpiù extrafilosofica su categorie culturali e culture, esistendo innegabili provenienze di cultura religiosa, sia pure per sola convivenza linguistica o sia per altro; lo si deve per capire anche le ragioni del ricorso da parte del kantismo a psicologizzare e a psicologia.
Con i Supplementi a Il Mondo come volontà e rappresentazione Arthur Schopenhauer aveva predisposto fino agli estremi le polemiche kantiane e kantiste tra sionismo e filoellenismo, ottenendone, anche con volontaria interruzione di revisioni e rifacimenti, esito fatale ed obbligato per i codici civili-culturali in Germania, da allora intrinsecamente incapaci di offrire in se stessi riferimento separato da stato di natura pur non includendone riferimenti unificanti; né altro futuro poteva esserci se non la distruzione, per antropizzazione ed antropologizzazione ostili, della natura europea in Germania e quindi la fine della natura della Germania e forse di tutta la natura della Europa non extracontinentale; e tanto forti ed in certo senso audaci ma anche davvero vili gli odi esterni a Germania e ad Europa, che la cultura e la politica tedesca avevano dovuto approfondire la conoscenza dell'Oriente e degli Occidenti primitivi e trovando nelle antichità persiane poi nelle culture iraniche una ragione in più da opporre agli odi, ovviamente di incerta indefinibile provenienza ultima! Parte di giudaismo in Germania costituendo nuovo primitivo Occidente, sottraeva forza a quei vili odi; e queste erano idealità politiche e culturali di ambienti di convivenza di Edmund Husserl, che esistevano grazie anche al pensiero greco, cosmopolita, sostenuto dalle fazioni filoelleniche della politica tedesca in stessa Germania, ovviamente incontrando ostilità di chi negava provvisorietà a movimenti religiosi giudaici in Europa. Questi negatori erano anche antielleni, disconoscendo diritto greco e cittadinanza in Ellade ad origini giudaiche, mentre i filoellenici erano antisionisti perché non tributavano favorevole continuità al giudaismo considerandolo evento provvisorio od extraeuropeo od antieuropeo. Gli antielleni in Europa perdevano, poi restavano del tutto sconfitti ma solo dalla istituzione militare-democratica per l'attuale Stato Greco in Ellade; i filoellenici vincevano, il Pensiero Greco in Germania era esentato anche dalle maledizioni dell'Anticristo cui Nietzsche costruiva credito ma non personalmente, a scopo ed anche riuscito di porre fine a tutto ciò che fosse civile e religiosamente ostile a idea libera di natura e forza naturale. E. Husserl quindi agiva per filoellenismo fornendo sfondo linguistico-filosofico ai dati scientifici; altrimenti con la saggezza filosofica e senza intera filosofia avrebbero prevalso filosionismo e sionismo, ma una forza fatale spingeva al potere della filosofia, la forza dei bisogni, le necessità di usare scienze e tecniche per vivere e per sopravvivere; e questa fatalità era disconosciuta dalla intrusione politica del nazismo.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE :

... Per il destino della cultura in Germania la fenomenologia era una salvezza e per il destino etnico tedesco la psicologia era salvifica e P. Natorp si curò di unire filosofia e psicologia e scienza psicologica, avendo cura di ottenere sostegni ed appoggi da stesso movimento filosofico della fenomenologia, del quale fu anche se con poco pure partecipe.
La discussione postuma su Kant e kantismo verteva intorno al concetto di Categorie; ma quale ricerca di esito alternativo era inconsistente perché l'interrogativo assoluto che ne generava adduceva negazione di stesso principio di discussione, nondimeno c'era chi discuteva con scopo di togliere senso futuro a discutere stesso ed a stessa materia di discussione; ed il rifiuto aprioristico di principio di discussione e discussione a volte era parallelo altre volte divergeva in tutto; ed i paralleli atti filosofici negavano fine infruttuosa di discussione, d'altronde a volte negata per quelle divergenze, culturali, politiche, soprattutto... ostili! Infatti i negatori estremi non proponevano parametri storici alternativi alla filosofia occidentale universitaria ed accademica ma agivano per distruggerla e sostituirla con altro dapprima di eurasiatico-asiatico poi di ignoto purché altro fosse e non amico! A dare tanto potere alle tendenze, in certo senso culturali, ostili, nonostante pur sempre filosofici eventi o solo accadimenti, era l'avversione contro il pietismo evangelico cristiano, nutrita da subcultura o da ignoranza più radicale circa l'esistere in sicurezza della umanità nel mondo e specialmente in Europa.
Il pietismo aveva notato in condizioni-limite di parte della umanità situazioni poco definibili e minacciose per benessere ed anche vita di molti altri eppure non di tutti, muovendo tale affermazione da tradizioni storico-etniche del tutto distinte da quelle dell'ebraismo, in particolare in Germania da marziali eredità ancestrali oscure per i più, per le quali la sopravvivenza della umanità era costante pensiero o memoria. Da ciò quella 'pietà', dal non essere in rischio di chi aiutato per stessa pietà, in verità proprio stessa ma (si badi!) non medesima della antica cultura latina, non degenerabile, nelle imitazioni pietistiche non pietiste dunque sostituita, con compassionevole sentimento senza intuizione. La serenità che nuoveva Kant nel considerare le tristi costrizioni omosessuali per alcuni che aveva in sua vita di società incontrato proveniva da sentimento austero di lotta ad oltranza e sopravvivenza, lo stesso che si manifesta implicitamente-esplicitamente nelle Opere di Wagner, non aliene o intrise di monoteismo, esoterico-pagano o iniziatico-cristiano.
La domanda sul senso e sulla funzione delle Categorie nella Critica filosofica aveva senso interpretativo e riflessivo, non esclusivamente meditativo, ma la avversione contro tal domanda ne ritardava risposte e conoscenze di risposte; attraverso i totalitarismi sopravvivendo domanda e risposte, fino ai nostri giorni, dopo la fine del totalitarismo comunista e in regime di sopravvivenza etnica europea, questa essendo cronaca odierna e vicenda presente e futura.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

MAURO PASTORE:

... Le risposte davano conto su: identità etnico-culturali, relativisticamente occidentali, europee, tedesche; su identità etno-culturali, non relativisticamente secondo differenze di soggetti filosofici e conseguenti oggetti; nel pensiero del postmoderno e con la cultura del postmodernismo le risposte erano e sono comprensibili in significato distaccato, neutrale; per cui è possibile formularle senza incertezza perché si tratta di questione che ineriva considerazioni filosofiche non riferimenti filosofici:

Le categorie delle Critiche kantiane sono espressioni mentali e linguistiche universali contenute in inevitabili lingue ed espressioni particolari; dunque restano nozioni eminentemente logiche, ma che la riduzione del kantismo a critica di ragion pura non ha facoltà di accertarsi per tali.

La cultura filosofica, in gran parte atea o cattolica, che ha praticato tal riduzione, ha protratto proprio agire limitato in forza dei totalitarismi, del nazismo che era anticristiano senza eccezioni, del comunismo antioccidentale senza appello, del fascismo che in quanto tale fu, era, resta e resterà degenerazione del corporativismo originario e sua appropriazione simbolica illecita, essendo e restando, fascismo e neofascismi, tutti quanti movimenti antiumanitari, vòlti ad antireligiose, antioccidentali, antiumanitarie negazioni, senza universalità per evitare autonegazioni e con obiettivi piuttosto particolari dunque, tra cui le particolari 'espressività e linguistica' di Kant e del kantismo originario secondo pietismo e germanesimo. Ma esistendo anche un kantismo non originario, le realtà culturali impedite o soggette o complici dei totalitarismi, sia pur di quello mai in tutto attuato cioè del fascista, non hanno, per non volere o non potere, evitato kantiani confronti od acquisizioni e restando la filosofia occidentale contemporanea in apertura od appartenenza al patametro storico delle Critiche kantiane, nonostante in alcuni ambienti occidentali le Critiche della ragion pratica e del giudizio non fossero accettate poi accolte indirettamente. Si tratta di coesistenza storica a volte senza tanta convivenza.
Per tale ragione tutti i lavori che contribuiscono a colmare le lacune storiche, culturali, filosofiche, su Kant, kantiani, kantismi, offrono contributo al potere di parte importante ed irrinunciabile per interezza di filosofia non per identità diverse filosofiche. Molti dei lavori hanno positivo effetto per sola ripetizione esaustiva di stesse insignificanti obiezioni presentate in forma esteriore di argomentazioni esteriori.
Dunque dicendo di rapporti Husserl-Natorp in termini di sola ragion pura non se ne viene a capo di nulla di decisivo oramai, perché non basta dar spazio alla autoabdicazione di generica generale ostilità anticritica; per questo la recensione ormai risulta ancora utile ma non più da se stessa, perché è improntata a sola ragion pura, d'altronde questa risultando una condizione imposta da intolletanze atee e fanatismi religiosi esterni a mondo stesso della filosofia, non così recensione stessa.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In ultimo mio messaggio: 'patametro' sta per: parametro.
In terzo mio messaggio: 'futiro' sta per: futuro.

Sono spiacente degli inconvenienti di scrittura ma scrivo in circostanze di gravissimo odio antietnico ai miei e non solo miei danni e anche perpetrato da chi in Stato talché non è convenuto del tutto alla vita ed alle cose della vita maggiore previa attenzione e d'altronde su Internet basta acquisizione dati; comunque reinvierò per agio di lettura sequenza completa di questi miei messaggi.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Io provvedo a comporre un prospetto storico perché urge definire qualcosa di preciso e di chiaro attorno al dibattito su Kant, kantismo filosofia contemporanea.

La fenomenologia quale consapevolezza di linguaggio scientifico senza dubbio si fondava sull'intellettualità non sull'intelletto stesso e quale organizzazione mentale non recava alcunché di spontaneamente mentale, restando un prodotto categoriale e tra fine '800 ed inizio '900 non tutta la cultura tedesca accoglieva medesima concezione categoriale mentre era necessario uso critico delle categorie per realizzare una cultura scientifica, filosofica, in arti ed anche con le religioni, che fosse non ingenua e che non fosse una negazione della modernità; e questa necessità non era risentita per tale dall'antioccidentalismo della politica di estrema sinistra, di cui la fazione marxista era esponente in un solo senso solamente perché celava dietro l'antioccidentalismo una prassi totalitaristicamente antioccidentale. Eppure i destini politici della Germania erano riferibili a statalità, pur sempre nonostante le crisi e istituzionalmente fino ad avvento del nazismo, allorché lo Stato fu da far sopravvivere sottraendone i resti proprio agli stessi distruttori nazisti; infine la divisione Est-Ovest inibiva le spinte politiche antioccidentali perché il marxismo-comunista da Est era obbligato a confronto con Occidente da stessa Guerra Fredda e non poteva aggirare le premesse culturali occidentali a causa della continuità culturale del riferimento all'Occidente, per cui la stessa lingua tedesca in riforma ideologica non poteva liberarsi della nozione di Occidente; e ciò corrispondeva a mancato oblio in stesso stare ed al fallimento della eurasiatizzazione forzata, promossa anche con antipsicologia sin dai tempi di Karl Marx ed in pratica da Marx stesso.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Era in tale gigantesco dissidio ed astio ed abbandono anche condizionamento esterno a Germania e ad Europa se v'era assolutismo, altrimenti si trattava di divergenza per provvisorietà euroasiatica o era solo parziale dissidio; però di fatto v'era assolutismo in una frangia cospicua e facoltosa di dissidenti. Codesta aveva avuto vasti poteri e relativi ed era stata degradata nonostante sue ambizioni distruttive e subitanee ad un rango, consistente in statuto non solo condizione di dissidenza, ma durante divisione Est-Ovest del dopoguerra quasi vincente. La minaccia di tal dissidenza non era accolta evidentemente da Paul Natorp, impegnato anche a fondazione di cultura psicologica libera (con la critica dello psicologismo) e di cultura scientifica psicologica adeguata (con una psicologia generale). Questo impegno non era politicamente autoconservativo né limitato a politica conservatrice ma era politicamente conservativo, non solo a scopo di preservazione di beni culturali ma per evitare la distruzione della unità della lingua tedesca e per salvare la cultura tedesca dalla distruzione e quindi per conservare una identità etnica tedesca, attraverso la continuità del comunicare tra menti secondo identità mentale non diversa; e non bastava la fenomenologia per questo, benché essa ne fosse alleata ideale o reale. Parallelamente a tutto questo, v'era un'altra divergenza che derivava dal filoellenismo, di fatto corrente di politica culturale prevalente, poi vincente, poi influente, dalla poesia romantica alla decadente e dalla filosofia critica, quindi idealistica, infine realista; di contro al sionismo cui la politica tedesca rifiutò di assentire e di contro al filosionismo, che dovette rinunciare a poteri internazionali - nazionali tedeschi, terminando sue vaste facoltà in Germania dopo la costituzione dello Stato di Israele in Asia attorno a Gerusalemme.
Dalle Comuni tedesche il marxismo-comunismo aveva solo potuto ottenere una postuma ma in certo senso non solo postuma esclusione dal divenire democratico; a ciò determinante era stato impegno politico attivo di R. Wagner, antisionista ed ecologista e per armonia di intenti filoellenico fino a tanto che il passato ancestrale tedesco emergesse di nuovo tra la civilizzazione orientaleggiante ignara o poco conoscente della vita europea naturale; cito Wagner perché nonostante tutto non si può capir tutto dei fatti in questione restando in concettualità categoriale e culturale e allora bisogna allargare orizzonti culturali fino a idealità e oltre sola conformità di idee!
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Kant stesso era antisionista ma senza sufficiente autorità non avendo tutte le nozioni sufficienti intorno alla spiritualità del giudaismo, nondimeno era filoellenico e ne è dimostrazione soggettività culturale-linguistica prominente delle sue maggiori pubblicazioni di filosofia; la stessa Critica kantiana era un passo verso la liberazione della naturalità originaria e non c'era nulla di cui rifiuto o 'penitenza' perché si stava costruendo la Unità della cultura della Germania.
Purtroppo questo dato storico non risulta chiaro a tutti a causa di pregiudizio antiluterano di non trascurabile parte della cultura della filosofia europea, non disposta ad accogliere il testamento spirituale, religioso, culturale di Martin Lutero, che aveva potuto 'disastrare' le istituzioni religiose-penitenziali in Germania dopo averne fatto decadere le conventuali, definendo nuova realtà ecclesiastica basata su ritualità soltanto duplice di iniziazione/condivisione e ponendo al bando gli offici delle penitenze; e ciò era stato destinato da medesimo Lutero in stesso futuro linguistico tedesco, dopo propri ripensamenti avendo negato ulteriore àdito alla opposizione violenta contro le pretese dei contadi e dopo aver tolto occasioni preponderanti alle astiose opposizioni antireligiose-antiebraiche e dopo aver fondato il dialogo con i poteri religiosi ottomani per via di autonegazione e negazione. Lutero in ciò pubblicano poi in certo senso repubblicano, manifestando gli odi senza occultarli, anche i propri, quindi estinguendone i reali poteri per la futura politica istituzionale tedesca; la rivolta democratica dei contadini fallita in partenza per economicismo antiecologico, la crociata contro ebraizzazione-giudaizzazione riuscita ma per la simpatia iniziale e quindi l'antiumanesimo "della dannazione" “della umanità“ da prima rimproverato ad ambienti culturali ebraici poi confessato anche di non ebraici e accantonato per esaurirsi dei conflitti fondamentali, infine interrotto l'inconsapevole rifiuto culturale del Rito Greco-Orientale di cui difesa e dimora in stesso Impero Ottomano, rifiuto interrotto da necessità diplomatiche susseguenti a stesse affermazioni di diffida... Lutero in ciò scrivano e confessore, più di masse rozze, incolte, insopportabili anche a se stesse che di propri errori, ovvero la sconsideratezza verbale ma pure scorrettezza tattica poi strategica... Tutto questo lo stesso Lutero aveva cancellato dagli stessi destini dei discorsi tedeschi futuri, che lui seppe capire dover essere altra e più alta cosa e di saggezza di fondo; eppure questo contrasto di tempi e valori quasi inconcepibile non rientra nei pensamenti di tutti gli ambienti della filosofia, non tutti abbastanza inclini a meditare sulla mutabilità realizzata dal cristianesimo in Europa Settentrionale; eppure bisogna pensarne anche per capire gli scopi del kantismo, anche e non soltanto perché Kant stesso proveniva da cultura religiosa evangelica-protestante mai rinnegata né aveva fatto filosofia atea.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Pensando tali destini della Germania, si deve accettare anche da parte di chi alieno da esso il verbo puro a se stesso, il linguaggio adamitico e dunque precedente alla lingua codificata che invece biblicamente sta sotto la menzione di Eva non Adamo, tutto ciò rientrando anche nella discussione filosofica o tuttalpiù extrafilosofica su categorie culturali e culture, esistendo innegabili provenienze di cultura religiosa, sia pure per sola convivenza linguistica o sia per altro; lo si deve per capire anche le ragioni del ricorso da parte del kantismo a psicologizzare e a psicologia.
Con i Supplementi a Il Mondo come volontà e rappresentazione Arthur Schopenhauer aveva predisposto fino agli estremi le polemiche kantiane e kantiste tra sionismo e filoellenismo, ottenendone, anche con volontaria interruzione di revisioni e rifacimenti, esito fatale ed obbligato per i codici civili-culturali in Germania, da allora intrinsecamente incapaci di offrire in se stessi riferimento separato da stato di natura pur non includendone riferimenti unificanti; né altro futuro poteva esserci se non la distruzione, per antropizzazione ed antropologizzazione ostili, della natura europea in Germania e quindi la fine della natura della Germania e forse di tutta la natura della Europa non extracontinentale; e tanto forti ed in certo senso audaci ma anche davvero vili gli odi esterni a Germania e ad Europa, che la cultura e la politica tedesca avevano dovuto approfondire la conoscenza dell'Oriente e degli Occidenti primitivi e trovando nelle antichità persiane poi nelle culture iraniche una ragione in più da opporre agli odi, ovviamente di incerta indefinibile provenienza ultima! Parte di giudaismo in Germania costituendo nuovo primitivo Occidente, sottraeva forza a quei vili odi; e queste erano idealità politiche e culturali di ambienti di convivenza di Edmund Husserl, che esistevano grazie anche al pensiero greco, cosmopolita, sostenuto dalle fazioni filoelleniche della politica tedesca in stessa Germania, ovviamente incontrando ostilità di chi negava provvisorietà a movimenti religiosi giudaici in Europa. Questi negatori erano anche antielleni, disconoscendo diritto greco e cittadinanza in Ellade ad origini giudaiche, mentre i filoellenici erano antisionisti perché non tributavano favorevole continuità al giudaismo considerandolo evento provvisorio od extraeuropeo od antieuropeo. Gli antielleni in Europa perdevano, poi restavano del tutto sconfitti ma solo dalla istituzione militare-democratica per l'attuale Stato Greco in Ellade; i filoellenici vincevano, il Pensiero Greco in Germania era esentato anche dalle maledizioni dell'Anticristo cui Nietzsche costruiva credito ma non personalmente, a scopo ed anche riuscito di porre fine a tutto ciò che fosse civile e religiosamente ostile a idea libera di natura e forza naturale. E. Husserl quindi agiva per filoellenismo fornendo sfondo linguistico-filosofico ai dati scientifici; altrimenti con la saggezza filosofica e senza intera filosofia avrebbero prevalso filosionismo e sionismo, ma una forza fatale spingeva al potere della filosofia, la forza dei bisogni, le necessità di usare scienze e tecniche per vivere e per sopravvivere; e questa fatalità era disconosciuta dalla intrusione politica del nazismo.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Per il destino della cultura in Germania la fenomenologia era una salvezza e per il destino etnico tedesco la psicologia era salvifica e P. Natorp si curò di unire filosofia e psicologia e scienza psicologica, avendo cura di ottenere sostegni ed appoggi da stesso movimento filosofico della fenomenologia, del quale fu anche se con poco pure partecipe.
La discussione postuma su Kant e kantismo verteva intorno al concetto di Categorie; ma quale ricerca di esito alternativo era inconsistente perché l'interrogativo assoluto che ne generava adduceva negazione di stesso principio di discussione, nondimeno c'era chi discuteva con scopo di togliere senso futuro a discutere stesso ed a stessa materia di discussione; ed il rifiuto aprioristico di principio di discussione e discussione a volte era parallelo altre volte divergeva in tutto; ed i paralleli atti filosofici negavano fine infruttuosa di discussione, d'altronde a volte negata per quelle divergenze, culturali, politiche, soprattutto... ostili! Infatti i negatori estremi non proponevano parametri storici alternativi alla filosofia occidentale universitaria ed accademica ma agivano per distruggerla e sostituirla con altro dapprima di eurasiatico-asiatico poi di ignoto purché altro fosse e non amico! A dare tanto potere alle tendenze, in certo senso culturali, ostili, nonostante pur sempre filosofici eventi o solo accadimenti, era l'avversione contro il pietismo evangelico cristiano, nutrita da subcultura o da ignoranza più radicale circa l'esistere in sicurezza della umanità nel mondo e specialmente in Europa.
Il pietismo aveva notato in condizioni-limite di parte della umanità situazioni poco definibili e minacciose per benessere ed anche vita di molti altri eppure non di tutti, muovendo tale affermazione da tradizioni storico-etniche del tutto distinte da quelle dell'ebraismo, in particolare in Germania da marziali eredità ancestrali oscure per i più, per le quali la sopravvivenza della umanità era costante pensiero o memoria. Da ciò quella 'pietà', dal non essere in rischio di chi aiutato per stessa pietà, in verità proprio stessa ma (si badi!) non medesima della antica cultura latina, non degenerabile, nelle imitazioni pietistiche non pietiste dunque sostituita, con compassionevole sentimento senza intuizione. La serenità che nuoveva Kant nel considerare le tristi costrizioni omosessuali per alcuni che aveva in sua vita di società incontrato proveniva da sentimento austero di lotta ad oltranza e sopravvivenza, lo stesso che si manifesta implicitamente-esplicitamente nelle Opere di Wagner, non aliene o intrise di monoteismo, esoterico-pagano o iniziatico-cristiano.
La domanda sul senso e sulla funzione delle Categorie nella Critica filosofica aveva senso interpretativo e riflessivo, non esclusivamente meditativo, ma la avversione contro tal domanda ne ritardava risposte e conoscenze di risposte; attraverso i totalitarismi sopravvivendo domanda e risposte, fino ai nostri giorni, dopo la fine del totalitarismo comunista e in regime di sopravvivenza etnica europea, questa essendo cronaca odierna e vicenda presente e futura.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

... Le risposte davano conto su: identità etnico-culturali, relativisticamente occidentali, europee, tedesche; su identità etno-culturali, non relativisticamente secondo differenze di soggetti filosofici e conseguenti oggetti; nel pensiero del postmoderno e con la cultura del postmodernismo le risposte erano e sono comprensibili in significato distaccato, neutrale; per cui è possibile formularle senza incertezza perché si tratta di questione che ineriva considerazioni filosofiche non riferimenti filosofici:

Le categorie delle Critiche kantiane sono espressioni mentali e linguistiche universali contenute in inevitabili lingue ed espressioni particolari; dunque restano nozioni eminentemente logiche, ma che la riduzione del kantismo a critica di ragion pura non ha facoltà di accertarsi per tali.

La cultura filosofica, in gran parte atea o cattolica, che ha praticato tal riduzione, ha protratto proprio agire limitato in forza dei totalitarismi, del nazismo che era anticristiano senza eccezioni, del comunismo antioccidentale senza appello, del fascismo che in quanto tale fu, era, resta e resterà degenerazione del corporativismo originario e sua appropriazione simbolica illecita, essendo e restando, fascismo e neofascismi, tutti quanti movimenti antiumanitari, vòlti ad antireligiose, antioccidentali, antiumanitarie negazioni, senza universalità per evitare autonegazioni e con obiettivi piuttosto particolari dunque, tra cui le particolari 'espressività e linguistica' di Kant e del kantismo originario secondo pietismo e germanesimo. Ma esistendo anche un kantismo non originario, le realtà culturali impedite o soggette o complici dei totalitarismi, sia pur di quello mai in tutto attuato cioè del fascista, non hanno, per non volere o non potere, evitato kantiani confronti od acquisizioni e restando la filosofia occidentale contemporanea in apertura od appartenenza al parametro storico delle Critiche kantiane, nonostante in alcuni ambienti occidentali le Critiche della ragion pratica e del giudizio non fossero accettate poi accolte indirettamente. Si tratta di coesistenza storica a volte senza tanta convivenza.
Per tale ragione tutti i lavori che contribuiscono a colmare le lacune storiche, culturali, filosofiche, su Kant, kantiani, kantismi, offrono contributo al potere di parte importante ed irrinunciabile per interezza di filosofia non per identità diverse filosofiche. Molti dei lavori hanno positivo effetto per sola ripetizione esaustiva di stesse insignificanti obiezioni presentate in forma esteriore di argomentazioni esteriori.
Dunque dicendo di rapporti Husserl-Natorp in termini di sola ragion pura non se ne viene a capo di nulla di decisivo oramai, perché non basta dar spazio alla autoabdicazione di generica generale ostilità anticritica; per questo la recensione ormai risulta ancora utile ma non più da se stessa, perché è improntata a sola ragion pura, d'altronde questa risultando una condizione imposta da intolletanze atee e fanatismi religiosi esterni a mondo stesso della filosofia, non così recensione stessa.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In penultimo messaggio di ciascuna sequenza 'nuoveva' sta per: muoveva.

Non convenendo reinvio di intera sequenza, riporto soltanto intero messaggio corretto:


... Per il destino della cultura in Germania la fenomenologia era una salvezza e per il destino etnico tedesco la psicologia era salvifica e P. Natorp si curò di unire filosofia e psicologia e scienza psicologica, avendo cura di ottenere sostegni ed appoggi da stesso movimento filosofico della fenomenologia, del quale fu anche se con poco pure partecipe.
La discussione postuma su Kant e kantismo verteva intorno al concetto di Categorie; ma quale ricerca di esito alternativo era inconsistente perché l'interrogativo assoluto che ne generava adduceva negazione di stesso principio di discussione, nondimeno c'era chi discuteva con scopo di togliere senso futuro a discutere stesso ed a stessa materia di discussione; ed il rifiuto aprioristico di principio di discussione e discussione a volte era parallelo altre volte divergeva in tutto; ed i paralleli atti filosofici negavano fine infruttuosa di discussione, d'altronde a volte negata per quelle divergenze, culturali, politiche, soprattutto... ostili! Infatti i negatori estremi non proponevano parametri storici alternativi alla filosofia occidentale universitaria ed accademica ma agivano per distruggerla e sostituirla con altro dapprima di eurasiatico-asiatico poi di ignoto purché altro fosse e non amico! A dare tanto potere alle tendenze, in certo senso culturali, ostili, nonostante pur sempre filosofici eventi o solo accadimenti, era l'avversione contro il pietismo evangelico cristiano, nutrita da subcultura o da ignoranza più radicale circa l'esistere in sicurezza della umanità nel mondo e specialmente in Europa.
Il pietismo aveva notato in condizioni-limite di parte della umanità situazioni poco definibili e minacciose per benessere ed anche vita di molti altri eppure non di tutti, muovendo tale affermazione da tradizioni storico-etniche del tutto distinte da quelle dell'ebraismo, in particolare in Germania da marziali eredità ancestrali oscure per i più, per le quali la sopravvivenza della umanità era costante pensiero o memoria. Da ciò quella 'pietà', dal non essere in rischio di chi aiutato per stessa pietà, in verità proprio stessa ma (si badi!) non medesima della antica cultura latina, non degenerabile, nelle imitazioni pietistiche non pietiste dunque sostituita, con compassionevole sentimento senza intuizione. La serenità che muoveva Kant nel considerare le tristi costrizioni omosessuali per alcuni che aveva in sua vita di società incontrato proveniva da sentimento austero di lotta ad oltranza e sopravvivenza, lo stesso che si manifesta implicitamente-esplicitamente nelle Opere di Wagner, non aliene o intrise di monoteismo, esoterico-pagano o iniziatico-cristiano.
La domanda sul senso e sulla funzione delle Categorie nella Critica filosofica aveva senso interpretativo e riflessivo, non esclusivamente meditativo, ma la avversione contro tal domanda ne ritardava risposte e conoscenze di risposte; attraverso i totalitarismi sopravvivendo domanda e risposte, fino ai nostri giorni, dopo la fine del totalitarismo comunista e in regime di sopravvivenza etnica europea, questa essendo cronaca odierna e vicenda presente e futura.
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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Ribadisco che sono spiacente degli inconvenienti di scrittura ma scrivo in circostanze di gravissimo odio antietnico ai miei e non solo miei danni e anche perpetrato da chi in Stato, talché non è convenuto del tutto alla vita ed alle cose della vita maggiore previa attenzione e d'altronde su Internet basta acquisizione dati.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In primo messaggio di ciascuna sequenza questa parte del testo:

'[...] di cui la fazione marxista era esponente in un solo senso solamente perché celava dietro [...]'

potrebbe anche esser così modificata:

'[...] di cui la fazione marxista era esponente in un solo senso, solamente perché celava dietro [...]'.

Non c'è dubbio che se ne potrebbe anche trovar espressione più gentile, elegante, ma si tratta di ridondanza solo apparente cioè di solo accostamento inoltre penso che dato riferimento alla marzialità contenuto nella sequenza dei miei messaggi sia meglio per la lettura anche apparenza non semplice allora chi legge sappia capire separazione senza aiuto della virgola.

MAURO PASTORE