giovedì 26 gennaio 2012

Corbi, Enricomaria, Prospettive pedagogiche tra costruttivismo e realismo

Napoli, Liguori Editore, 2010, pp. 121, Euro 13,90, ISBN 9-788820-749330

Recensione di Salvatore Lucchese – 15/10/2011

Nell’ambito del dibattito pedagogico contemporaneo gli assunti epistemologici di matrice costruttivista godono di un consenso, per lo più acritico, ampiamente diffuso. Consenso favorito dalla temperie culturale del postmoderno e del disincanto, con il suo portato di decostruzione e di critica radicale dei concetti di teoria, verità e sistema. Concetti messi in discussione in quanto portatori di Weltanschauungs assolutistiche, ritenute alla base delle culture del dominio e dell’autoritarismo. 


Partendo da queste premesse, Enricomaria Corbi prosegue il suo percorso di ricerca sulle implicazioni pedagogiche ed educative inerenti le teorie della conoscenza – percorso iniziato con La verità negata e proseguito con L’engagement pedagogico –, sostenendo che tra le posizioni del costruttivismo radicale e quelle del realismo ingenuo è possibile ravvisare uno spazio intermedio di riflessione ed argomentazione critiche, un punto di incontro costituito da quelle versioni del costruttivismo che ammettono un limite esterno alle rappresentazioni del mondo elaborate dai soggetti, e le posizioni del realismo contrattuale e del fallibilismo, che affermano la compatibilità tra una teoria della conoscenza ricondotta all’attività interpretativa del soggetto con l’ipotesi di una realtà esterna «che, per quanto impredicabile nella sua assoluta oggettività, costituisce, tuttavia, il limite delle nostre interpretazioni e delle nostre stipulazioni linguistiche» (p. 2). A partire dalle riflessioni di carattere epistemologico, Corbi giustifica le posizioni teoriche della pedagogia critica di valenza socio-politica, capace di elaborare modelli educativi tesi alla formazione di soggettività critiche e solidali.
La tesi di fondo del testo è sviluppata attraverso un’accorta disamina critica delle posizioni dei maggiori esponenti del costruttivismo da un lato e del realismo dall’altro, di cui si colgono le differenze reciproche ma anche le articolazioni interne, senza indulgere a facili semplificazioni concettuali.  
Vengono così analizzate le teorie di costruttivisti radicali come Ernst von Glasersfeld ed Heinz von Foerster e di neopragmatisti come Richard Rorty, evidenziandone sia le contraddizioni e le aporie in cui cadono nel tentativo di difendere le proprie posizioni, sia le loro letture distorte e di comodo della storia del pensiero filosofico e pedagogico.
Nel caso di von Glasersfeld, Corbi evidenzia come il filosofo tedesco dopo avere sostenuto che i processi di apprendimento sono «una faccenda soggettiva» e che pertanto la teoria della verità come corrispondenza non ha un fondamento logico, afferma che deve essere sostituita dallo strumentalismo gnoseologico, ossia dall’adattamento delle rappresentazioni mentali del soggetto all’ambiente. 
Non si comprende, però, – rileva Corbi – come avendo i costruttivisti radicali negata l’esistenza di una realtà esterna al soggetto, possano coerentemente continuare a trattare argomenti come quello dell’interazione tra il sistema biologico e il suo ambiente, della cosiddetta «selezione negativa», intesa come risposta dell’organismo ai vincoli posti dall’ambiente e via dicendo (p. 28). 
Anche nel caso di Heinz von Foerster, prosegue Corbi, dopo avere sostenuto le posizioni del soggettivismo radicale pretende di sfuggire alla deriva solipsistica attraverso l’argomento dell’«uomo con la bombetta», aggiungendo «con un’operazione tutta mentale, l’esistenza di un altro organismo autonomo accanto  a quello del soggetto» (p. 30).
Sul versante del neopragmatisomo, prosegue Corbi, Richard Rorty, attraverso una lettura di comodo dell’opera di John Dewey, argomenta il passaggio dalla teoria della verità come corrispondenza alla teoria della asseribilità come accordo intersoggettivo. In realtà, tale teoria si basa sull’indistinguibilità, in quanto non si è più capaci di porre una distinzione fra la verità di una credenza e il nostro accordo su tale verità. Richiamandosi alle posizioni di Bernard Williams, Corbi osserva che l’accordo su una determinata proposizione presuppone sempre il concetto di verità e non lo sostituisce. D’Altronde, lo stesso Dewey, prosegue Corbi, fonda la sua teoria sul concetto di esperienza, anche se problematica, quale limite esterno alle costruzioni conoscitive elaborate del soggetto. Infine, richiamandosi alle osservazioni di Michael Lynch, Corbi evidenzia che rinunciare all’idea di verità oggettiva per puntare solo su quelle di asseribilità giustificata dal consenso della maggioranza è pericoloso per la democrazia, poiché disarma la critica del potere e trasforma il confronto tra sostenitori di opinioni diverse in un conflitto asimmetrico tra una maggioranza, che in quanto tale sarebbe detentrice dell’unica opinione giustificata, e una minoranza cui non potrebbero essere riconosciute opinioni giustificate (p. 88).  
Al costruttivismo radicale e al neopragmatismo con il loro portato solipsistico e relativistico si accompagna una prospettiva pedagogica in cui la formazione non solo si riduce a un gioco virtuale di «produzione di universi possibili», ad una civile conversazione tra soggetti, individuali o collettivi, chiusi nelle loro convinzioni, ma diviene anche funzionale alla costruzione di soggetti disponibili ad adattarsi al cambiamento in modo acritico ed utilitaristico. Come sottolinea Corbi,
Ciò che, infatti, viene richiesto all’individuo non è l’intelligenza critica nell’analisi delle situazioni reali, l’attenzione alle tensioni e ai conflitti, la capacità di assumersi la responsabilità delle scelte, ma la prontezza nell’interpretare e assecondare le tendenze di sviluppo vincenti, nel farle proprie modellando su di esse la propria immagine del mondo […], quanto la volontà di costruirsi dei percorsi mentali, prima ancora che professionali, che sappiano sfruttare, con una buona dose di cinismo, le risorse del cambiamento (p. 14).  
Dopo essersi soffermato sulle teorie del costruttivismo radicale e del neopragamatismo, Corbi prosegue la sua riflessione teorica attraverso il confronto con le posizioni di Paul Watzlawick e Jerome Bruner, che hanno introdotto l’idea di limite nell’ambito del costruttivismo. Il primo a partire da una prospettiva psicoterapeutica ed il secondo prendendo le mosse dalle ricerche sull’apprendimento giungono sì a considerare l’individuo come il soggetto attivo nei processi di costruzione della conoscenza, ma pongono anche un limite esterno alla sua attività, indicato da  Watzlawick nelle situazioni patogene, ossia nell’origine sociale delle varie forme di psicopatologia. 
Dopo una fase in cui ha considerato valido il modello intersoggettivo anche Bruner, sottolinea Corbi, pone un limite all’attività conoscitiva del soggetto nel senso comune, nella logica e nella biologia. Limite che impedisce la deriva relativistica e solipsistica propria delle posizioni del costruttivismo radicale. 
Ed è a partire dal riconoscimento di questo limite che Corbi trova un punto di contatto con le posizioni del fallibilismo. Richiamandosi all’opera di John Dewey, Karl Popper, Hilary Putnam, Amartya Sen e Jürgen Habermas, Corbi argomenta circa il carattere situato e prospettico di ogni forma di conoscenza che la rende sempre parziale e rivedibile, ma non per questo la riduce al rango di opinione equivalente ad altre opinioni, negando l’esistenza di una realtà oggettiva. È la corrispondenza delle teorie ad una realtà oggettiva che spiega il fallimento di alcune teorie e l’adozione temporanea di altre. Inoltre, prosegue Corbi, il fallibilismo facendo leva sulla razionalità procedurale se da un lato critica le pretese assolutistiche della razionalità sostanziale, dall’altro contrasta la deriva relativistica del postmoderno, conciliando gli enunciati forti della tradizione filosofica con deboli pretese di status circa il loro carattere assoluto e definitivo. 
Se il costruttivismo radicale sul piano pedagogico implica una deriva solipsistica ed autoreferenziale del soggetto, che si concretizza in percorsi formativi incentrati sui vantaggi che i singoli possono ricavare dall’aggiornamento delle loro conoscenze, il fallibilismo, dal punto di vista pedagogico, giustifica la finalità etico-politica dei processi educativi tesi alla formazione di un soggetto critico, dialogico e tollerante. 
La condizione perché la concezione della verità non si accompagni all’intolleranza sta nel riconoscimento del carattere non assoluto e definitivo delle nostre conoscenze della realtà, nel riconoscimento cioè del loro inevitabile grado di approssimazione e di provvisorietà. La convinzione di poter sbagliare, l’ammissione che le proprie tesi, per quanto appaiano al momento «vere» – o almeno dotate di un sufficiente grado di asseribilità garantita – possono tuttavia essere, in parte o in tutto, errate indice a mettere da parte l’arroganza del sapere e ad assumere un atteggiamento di apertura alla validità di una tesi, sotto il profilo sia della sua coerenza interna sia della sua referenzialità oggettiva. Il principio del «fallibilismo» è centrale nell’indagine scientifica e nella ricerca in generale ed ha insieme un valore euristico ed etico.  L’esercizio del fallibilismo ha una sua indubbia portata etica. Esso, infatti, è indispensabile nel rapporto con gli altri ed è il principale sostegno della disposizione al dialogo e alla tolleranza (pp. 94-95).   
Dialogo, tolleranza e propensione critica sono alla base della formazione di soggettività aperte e solidali. Ne segue il rapporto tra fallibilismo, educazione e democrazia, caratterizzato dalla giustificazione epistemologica e dalla costruzione pedagogica di uno spazio pubblico di confronto critico, opposto alla «civile conversazione» in cui ognuno rimane chiuso nel recinto delle sue convinzioni.
Così come l’adozione della teoria fallibilistica permette di passare dal gioco virtuale della «produzione di universi possibili» – tipica di una formazione che mette tra parentesi il reale – all’«apertura sul possibile», ossia alla progettualità educativa che a partire da determinati contesti storici, si muove tra memoria e speranza. Tra riflessione critica, di natura etico-politica, epistemologica e storica, e progettualità tesa alla trasformazione dell’esistente, onde promuovere una relativa autonomia dei soggetti. 
Fatta propria la teoria fallibilistica, conclude Corbi, la pedagogia si riallaccia alla sua consustanziale dimensione etico-politica per indicare i fini e le mete dei processi educativi, nella consapevolezza della problematicità dei percorsi da seguire per superare i «guadi» storici, propri delle fasi di transizione, con il loro portato di possibilità di liberazione e di emancipazione ma anche di conformazione e di condizionamento sempre più capillari dei soggetti da parte dell’esistente.           


Indice

Introduzione

I. La pedagogia tra costruttivismo e realismo
La pedagogia costruttivista 11; Costruttivismo vs realismo 16; Il costruttivismo e il pensiero postmoderno 24.

II. Il costruttivismo radicale
Ernst von Glasersfeld e Heinz von Foerster 27; L’etnocentrismo neopragmatista di Richard Rorty 35; Il concetto di esperienza da Dewey a Rorty 38.

III. Per una pedagogia della comunicazione. Watzlawick e Bruner
Le immagini del mondo di Paul Watzlawick 41; Jerome Bruner: il sottile gioco di biologia e cultura 52.

IV. Il possibile pedagogico e l’esperienza del limite
La crisi della pedagogia 67; Il dialogo pedagogico e la democrazia come valore etico-epistemico 75; Relativismo e contestualità 82; Che cosa può unire l’etica alla verità 85; Valori e senso comune 91.

V. In mezzo al guado
La pedagogia costruttivista e l’utopia dei mondi possibili 97; Pensiero etico-politico, pedagogia e cultura dell’educazione 102; La pedagogia nell’età del postmoderno 106.

Bibliografia

5 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

In recensione trovasi esposizione alquanto decontestualizzante, che prescinde da contesto espresso in titolo stesso di lavoro recensito, il quale non consiste in una teoresi ma in una proposta teoretica non teorica, contrastante altrui premesse non per notazione di tipo estetico o estetica ma per scelta e affermazioni etiche, riferibili ad una alternativa che in filosofia teoretica non vige assolutamente ma che in pedagogia ne potrebbe e che ne aveva potuto: senza dubbio infatti accadeva, ed accade anche odiernamente, che insegnamenti fossero separati da educazione rispettive in percorsi di istruzioni prive di applicabilità pratica consistenti in sviluppi fortemente egoici e cui possibile egotismo, cioè passività aliena da chiare distinzioni. Nondimeno in quanto esposto in titolo contestualizzando con stessi posizionamenti filosofici dunque da autore omesso di esplicitare premesse cui contesti stessi esplicitati in titolo, autore trattando casi e casualità cui etiche poste, ponibili, da porre in causa e attiva pure, però premesse le quali sono non da applicazione epistemologica ma da gnoseologica, che autore rifiutava di usare o di considerare determinantemente; e tal rifiuto autore praticava entro sua critica a postmodernità ma con suo stesso rifiuto necessitandone esito, datoché difesa particolare della teoria della corrispondenza della verità attuata da stesso autore ha proprio senso per Modernità instabile e già protesa a Postmodernità. Critica di autore poteva, potrebbe servire a margine per scelta interna ma ad eventi interni cui esterni però comunque opposti in destino di relazionamenti forti e preponderanti che proprio etica da autore coinvolta senza definirne determinatamente i presupposti gnoseologici produceva e produce circostanziandosi risultati etici ed annullandosi e proprio in una relativizzazione estrema. D'altronde indicazione di soggettivismo pedagogico cui di fatto solipsismo conoscitivo-pratico a sua volta in considerazione fatta da autore presente senza che se ne fosse reso conto adeguato:
difatti concezione di verità asseribilità comune, vale proprio ed anzi anche necessitantemente se pedagogia socio-politicamente attuata facendo corrispondere pensiero e realtà ed esigenze senza specificare di chi siano queste ultime.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Rifiuto, da parte di autore recensito, a prospettiva culturale gnoseologica, non lascia distinguere varietà di esigenze e così stessa negazione di egoicità in situazioni pedagogiche, appunto non-gnoseologiche, essendone egoicamente condizionata: con ugual evenienza di egotismo, di impieghi di lavoro egoicamente condizionato già, cui non solo esposto medesimo lavoro (recensito) ma cui esponente pure, tramite espressione di una esigenza creativa cui àmbito creativo corrispondente a realtà comune ma di non esigenze comuni di mutamento. Difatti autore redageva rapporto valido per chi dovesse rifar culture senza smarrire il passato e ciò era per una realtà universitaria-scolastica, non viceversa, già in costrutti culturali impossibili cui realismo essendo appello a porne da parte ed a farne di nuovi, ma tenendo conto di parzialità di mondi culturali, compreso quello da autore stesso coinvolto senza specificare adeguatamente da parte di stesso. Tal mondo era di costruzione a scopo accomunante e peraltro incerta; da ciò insistenza di autore su fallibilismo; da una parte cioè di società politica con risultanze parziali ma incompiute, di opposizione a dogmatismi non realmente educativi.
Da quadro che ho esposto, emerge la accomunante dittatura engelsiana engelsista che in Italia si era scontrata con dogmatismi chiesastici che gerarchie clericali sedicenti cattoliche volevano imporre e stavano imponendo in scuole e poi in scuole da imposizioni ad università; eppure accomunazione di fatto sociopolitica da attività di Engels e Marx — da questi poi abbandonate rinnegate non da seguaci loro — era a sua volta impositiva e non filosoficamente antidogmatica anzi contro vere filosofie dogmatiche, le quali sono l'opposto della accettazione acritica e che intendono il dogma qual evidenza di premessa oltre cui irrealtà... Dato che tal limite è intrinseco di ogni conoscenza ultima, è contraddittorio di fatto indistintamente criticare acriticità, finanche negando necessità ultime conoscitive a pedagogia; giacché critica di critica ha senso solo per conoscenze non ultime delle quali comunque ultimità sempre presente in stesse e ciascune culturalità originarie di conoscenze medesime. A contraddire e rifiutare ciò, pedagogi sarebbero per metà tali, per altra metà 'proseli', ovvero intolleranti propositori di occulti purtroppo estranei dogmi... Degenerazione, adoggi cattolicista, di dogmatiche cattoliche, trovava e trova in occulti dogmi engelsiani marxisti opposizione, da misticismi cinesizzati orientali-ultraorientali, eurasiatici-americanisti. Non sarebbe serio evitare di pensare a disastro causato da rifiuto a necessità di postmodernizzazione di ambienti cattolicisti, altresì ormai comunistici non comunisti.
Tali ambienti, da realtà ultraorientali di America non europea e da realtà eurasiatiche non euroasiatiche e da ambienti inquisitori non veramente religiosi, hanno, durante Guerra Fredda e dopo di essa, prodotto e lasciato vuoti culturali e vanità civili in vasto Occidente e più che in Oriente, vuoti e vanità che sono entrambi antipedagocici.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Antipostmodernismo a sproposito è fatto di volontaria ignoranza, di realtà non solo storica anche intellettuale, sul Soggetto, mantenuta attraverso concentrazione esclusiva — di tipo psicologico idoleggiante e religioso idolatrico — su Oggetto; impedendo ulteriorità elemento religioso non riconosciuto per tale e nondimeno assunto a riferimento culturale di cui ex cultualità occultata, di cosiddetta archetipale "Grande Madre" ovvero materialità mondana di coincidenze materiali non combinazioni cosmiche, cui occultatezza favoriva pseudoetiche e pseudopolitiche, basate su coincidenze favorevoli non riconosciute per tali e confondendo con caratteristiche di tempi e luoghi conformazioni di luoghi e tempi e dando adito a giudizi di contrarietà cioè veri e propri errori contro il divenire umano e sociale in armonia a divenire cosmico. Da tali inganni, era - è - pretesa di rifar realtà in Occidente, ma ciò (appunto) contro realtà necessaria ad occidentalità. Questa contrarietà era, è da chi giudicava, giudica, aggressivamente il patos occidentale, tanto che intende patologia qual espressione occidentale un segno di insavia-insanità, favorendo pedissequa sciocca tranquillità e negando vita a sentimenti di autorealizzazione che deve esser soggettiva e che è fondamentale in fasi di crescite, biologiche oppure solo logiche. Invece, proprio in rifiuto di destino necessario postmoderno ed in creatività antioccidentali, patologia del rifiutare corrisponde a eventuali disagi e violenze — stesse anche dei "branchi" di adolescenti criminosi e stesse dei gruppi di adulti criminali, note assai e diffuse assai quelle ad imitazione delle tattiche aviarie dei piccoli uccelli non predatori... queste ultime risultano assai insane contro le collettività occidentali, cui senso differente da orientale, cultura teriomorfica indiretta in civiltà di Oriente mentre in civiltà di Occidente diretta e dove quindi, se azioni di gruppo recanti segniche e segnalità teriomorficamente riferibili ad animalità non disponente di aggressività cioè non affine, allora azioni medesime illogiche non solo socialmente ed anche per questo commesse da realtà esposte ad occasioni criminali o criminalità...
Dunque lavoro recensito può esser filosoficamente ritenuto solo qual e per autolimitazione di realtà intrinsecamente o resasi tale incapace di forte soggettività creativa non violenta contro identità e anche naturali. Ma ad uso possibile di quanto recensito, recensore non aiutava anzi ne allontanava, rendendone logica presenza non esplicita e ciò senza etica di giusti valori. Questi ultimi, son accessibili da questi miei commenti, che ne mostrano assenza in recensione e recensito.

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Statalismo e ormai di Falso Stato dopo fine di Guerra Fredda e termine di periodo diretto di Dopo Guerra, fatto di ignorar cosa sia una cultura sulla religione e da scambiare cultura religiosa per invito a pensar nulla, unito a non veri valori e disvalori ed anche ingiusti, domina in binomio logico di recensione/recensito cui possibilità in disconoscere soggettività di stessi disconoscenti i quali in protraendo pensiero oggettivo non adeguato a scuola non obbligatoria e dell'obbligo (scuola dell'obbligo non è scuola obbligatoria, vera legge in Italia non ordina di andar a scuola); e odiernamente esso domina pure in ossessione su influenza cinese e virus influenzale, cui notasi logiche da branco, perlopiù bovino, in ormai falsa cittadinanza, e logiche da stormi di uccelli migratori, perlopiù di passo non passaggio, entro "Statalità" ormai solo sedicentemente politica, purtroppo codesta a negare crisi sanitaria e medica sanitaria e ad inventare ostilità biologica minima, con comunicati minacciosi che non intendono àmbiti sanitari e che negano naturali competenze dei singoli su se stessi e con affermazioni pubbliche contro singolarità che avversano diritti di singoli e collettività di singoli e incitando individualità massive, cui non solo di gente o di popolazione, a odi contro adattamenti a circostanze anche naturali e contro appartenenze etniche.
Tal abuso accade anche per falsi contraddetti; uno recentissimo:
...sindaco di Comune di Napoli nel difendere e giustamente sua competenza non di Regione ne ha avvalorato disposizioni per non indicarne solo ipotetiche valenze e solo interne a sole attività regionali, mentre e da prima da Regioni rifiuti e non rifiuti e solleciti e dissensi tutti quanti nell'ambito dell'ipotetico ma che non dovevano esser fatti in azioni né pubbliche perché dovevano restare in eventuale autodeliberato deliberato — ovviamente non viceversa — autoaddestramento e addestramento al còmpito di soli lavoranti stessi in Amministrazione Regionale o tuttalpiù in riflessioni prima di altri compiti di stessi lavoranti, non esser contrabbandati né spacciati per provvedimenti per abitanti di alcuna Regione; ma ciò accadendo mentre in vasta opinione pubblica e in volontà non di vera cittadinanza non c'è attenzione a percezioni e c'è invece obbedienza a falsi ordini, cioè questi da travisare esigenze soggettive peraltro improbabili con inesistenti oggettive, cui inventiva da panico generale ed ostile a vita europea possibile, con conteggi di morte non realmente significanti, perché cause e concause principali taciute, in opposizione impeditiva a chi in altri bisogni o non bisogni ed oppositori fingendo che proprie difese o presunte tali a motivo di proprie debolezze o senza motivo debbano essere anche altrui, fingendo corpi umani stessi sian veleni o tossine ed anche agenti dell'ordine complici, attuando interessamenti non leciti in particolare contro diritto inalienabile a libero spostamento non solo civile e di cittadinanza, ma umano e vitale. Tal interessati mostrano incompatibile mentalità deliberata, incompatibile con vere léggi di cui essi confondono codice penale per Programma di istruzione e fraintendendo necessità difensive di Stato che confondono con arbitrario impedimento ad altrui muoversi, supponendo che provvedimenti difensivi di Stato debbano essere attuati anche senza rispettare diritti naturali e diritti a questi variamente connessi... Mentre infatti tal "agenti" negano innocenza di natura umana e di quanto con essa anche non naturalmente attuabile, non intendono inerenze naturali perché non intendono naturalità di spazi, luoghi, occidentali, europei, italiani, globali, tal ultimo loro mancamento usando per trovar sempre da eccepire anche senza nessun motivo e contro vita di mentalità globale che è in parte o tutto sempre inerente a ingiudicabilità di innocenza naturale. ...

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MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

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(...) Mancamento di gnoseologico non solo riferire anche basare, in lavoro recensito, ne impediva pratica non filosoficità ma quale resoconto non relazione; perché non basare ne impediva pratica attuabilità; ma astrazioni rimanenti sempre meno proficue ad impieghi di resoconto, anzi a rischi non solo sociali pure solo vitali esponendo; cui trovasi corrispondente nel tragicamente diffuso — anche invadendo Stati ed usurpandone ruoli e facoltà con finzioni ma realmente tragiche — trovar sempre da eccepire anche senza nessun motivo e contro vita di mentalità globale che, invece, è in parte o tutto sempre inerente a ingiudicabilità di innocenza naturale. A tal eccepire insavio e violento, falsi educatori risultano alleati poiché disconoscendo utilizzi tecnologici diretti necessarissimi a culture oppure civiltà europee, supponendo costoro divario di tecnica e di natura che esiste solo con tecniche improprie o spurie; ad esempio, noto era ed è l'odio ingiustificabile contro motociclismo (che è motilità non mobilità), odio diffuso in scuole ed università per non voler ammettere da odiatori pericolosità intrinseca di abitacoli di autoveicoli e inadeguatezza intrinseca di ciclomotorismo a sicurezza di circolazione stradale, ciò anche ignorando ecologità di motocicli e motociclette per non volerne ipotizzare neppure... Tali deficienze, in cultura dipendono da sopravvalutazioni euristiche di antirelativismo disconoscente relatività etniche europee, per le quali ultime il ricercare — proprio dicibile con "euro" in quanto vita europea stessa è fatta di certezze in identità di divenire di ricercare, non di essere — non è di adattamenti antropici continui ed invece negatori di specificità culturali europee altrimenti ne suppongono con eccessi di ricercare, privi, cioè, di saper esito di abbandono non continuazione in Europa se ricercare da non esser di identità. Negatori stessi poi tentano di trarre da orienti ed ultraorienti assolutezze economiche contro effettività economiche comuni necessarie, organizzando società e politica a negar scambi non solo economici orientali occidentali ed a finger tecniche non incompatibili per incompatibili; anche sociali non civili; postulando stessi negatori che coincidenze impedenti siano combinazioni inesistenti e non supponendo conseguenze anche antifilosofiche di propria erranza, della quale in filosofia era stata ed era solo negatoriamente ospitabile la menzione od il menzionare per rifiutare conseguenze di quanto ospitato e poi anche con rifiutare ospizio stesso; ma ormai tempo ulteriore scaduto!


MAURO PASTORE