lunedì 16 aprile 2012

Di Stasio, Margherita, Alvin Plantinga. Conoscenza religiosa e naturalizzazione epistemologica

Firenze, Firenze University Press, 2011, pp. X+112, euro 15,90, ISBN 9788864532554 (disponibile anche come e-book)

Recensione di Michele Paolini Paoletti – 28/1/2012

Margherita Di Stasio dedica questo studio, completo e puntuale, ad una delle figure più rilevanti della filosofia analitica della seconda metà del XX secolo: Alvin Plantinga. In particolare, l’autrice si sofferma sulla proposta epistemologica di Plantinga, in connessione con le riflessioni del filosofo americano su tematiche di teologia razionale e di filosofia della religione. In effetti, è interessante notare come, in Plantinga e negli altri “epistemologi riformati”, l’approfondimento delle questioni teologiche 

non possa prescindere da una preliminare considerazione di alcuni tra i più rilevanti problemi epistemologici: cosa rende giustificata e affidabile una credenza (una credenza di qualsiasi tipo, non già soltanto una credenza religiosa), qual è lo statuto conoscitivo della fede, etc. Come Di Stasio riconosce, “elaborare una teoria della conoscenza religiosa implica comunque la creazione di una teoria che possa stabilire, in generale, quali delle nostre credenze possono assurgere allo status di conoscenze” e “da questo scaturiscono dei contributi all’epistemologia che sarebbe insensato ignorare” (p. ix). 
Il volume è suddiviso in due parti e si articola complessivamente in quattro capitoli. La prima parte (“genesi religiosa di una teoria della conoscenza”) muove da alcune considerazioni generali sul progetto fondazionalista, che cerca di garantire una fondazione filosofica ad ogni ambito del sapere, per poi esaminare la proposta dell’epistemologia riformata ed analizzare la validità delle versioni dell’argomento teologico volte a dimostrare l’esistenza di Dio a partire dall’ampiezza dei poteri conoscitivi degli esseri umani. Nel primo capitolo, si osserva correttamente che le prime affermazioni sull’insensatezza del discorso religioso (fatte da Ayer, ad esempio) sono state progressivamente superate, all’interno della filosofia analitica novecentesca, in favore di un esame più approfondito della validità e del valore di verità del discorso religioso ed in parallelo con un generale ripensamento critico delle tematiche epistemologiche. L’affidabilismo di Goldman e l’epistemologia riformata di Alston, Wolterstoff e dello stesso Plantinga si inseriscono proprio in questo percorso. In particolare, gli epistemologi riformati (che, scegliendo questo nome, intendono ricollegarsi idealmente alla Riforma Protestante) mettono in discussione la legittimità di considerare alcune proposizioni di base come condizioni che sostengono la validità e la verità di ogni credenza. Secondo Plantinga, ad esempio, il principio per il quale una proposizione è considerata come fondamentale solo se è autoevidente o incontrovertibile o evidente ai sensi non risponde, esso stesso, alle condizioni di fondamentalità che intende attribuire ad altre proposizioni e non è, pertanto, fondamentale (cfr. pp. 14-15). Plantinga, dunque, muovendo anche dai celebri “problemi di Gettier” (cioè da casi in cui una credenza può risultare vera e giustificata, ma non può essere ritenuta una conoscenza, contravvenendo alla definizione classica di “conoscenza” come “credenza vera e giustificata”) preferisce riformulare il concetto di “conoscenza” alla luce del concetto di “garanzia”. Una credenza ha garanzia se e solo se: le facoltà cognitive implicate nella sua produzione funzionano in modo appropriato; l’ambiente cognitivo è sufficientemente simile a quello per cui tali facoltà sono state progettate; il progetto che presiede alla produzione di tale credenza mira alla produzione di credenze vere; quest’ultimo progetto è valido, cioè ha una probabilità elevata di produrre una credenza vera (cfr. p. 16). Non è possibile sintetizzare, in questa sede, le differenze tra l’epistemologia di Plantinga e quella di Alston, nonché le critiche rivolte a Plantinga, che pure sono enunciate e discusse da Di Stasio. Ad ogni modo, ed in connessione con i problemi di filosofia della religione, occorre evidenziare che, per Plantinga, la credenza in Dio (cioè la credenza nell’esistenza di Dio) è primitiva rispetto “a premesse o argomenti da cui se ne dovrebbe derivare l’esistenza” (p. 25). Sembra particolarmente interessante anche la proposta di Plantinga di rinvenire numerose analogie di metodo tra Calvino e San Tommaso d’Aquino, anche se, come l’autrice, non concordo sulle conclusioni del filosofo americano. 
Nel secondo capitolo della prima parte, Di Stasio introduce la tematica dell’argomento teleologico, per poi riprenderla nell’ultimo capitolo dell’opera, allorché si sofferma sull’argomento di Plantinga contro il naturalismo. Gli argomenti fondati sul cosiddetto “fine-tuning” si pongono così in continuità ideale con le versioni classiche dell’argomento teleologico, anche se essi si concentrano sulla finalità di produrre vita intelligente da parte di un ipotetico Creatore e si svolgono non già tramite analogie, ma come inferenze alla migliore spiegazione, cioè alla spiegazione più probabile, come osserva Davies (cfr. p. 49). In questo senso, il “fine-tuning” e la produzione di vita intelligente sarebbero altamente probabili nel teismo, mentre diverrebbero scarsamente probabili in una prospettiva naturalistica, sicché il teismo dovrebbe essere considerato migliore del naturalismo. Ad ogni modo, la nozione più rilevante nel ricollegare il discorso epistemologico con quello teologico è la nozione di “progetto”. Il “progetto” di un essere umano è “un insieme di specifiche per un essere umano funzionante in modo appropriato” (p. 55): gli uomini, cioè, paiono costruiti secondo un certo progetto. In questo senso, “il modulo del progetto che sovrintende alla produzione della credenza deve essere tale da rendere altamente probabile che la credenza stessa – prodotta da facoltà cognitive che lavorano appropriatamente, secondo il suddetto modulo, in un ambiente appropriato – sia vera o verosimile” (ibidem). In altri termini, l’affidabilità di una credenza è funzione della sua garanzia, che a sua volta sembra fondata sul “progetto” che presiede alle facoltà cognitive dell’essere umano. Si può presumere, allora, che più fermamente un soggetto crede p, più è probabile che p sia vera. Questa presupposizione di verità delle credenze umane costituisce proprio il punto decisivo della critica di Plantinga al naturalismo: in virtù del naturalismo, infatti, è altamente improbabile che possa darsi un “progetto” umano capace di offrire garanzia e, pertanto, affidabilità e verità alle credenze. 
La seconda parte del libro (“epistemologia e filosofia della scienza”) sviluppa ulteriormente le tesi della prima parte. Di Stasio riassume l’analisi operata da Plantinga del rapporto tra l’affidabilità delle credenze umane e la congiunzione di naturalismo, teoria dell’evoluzione e descrizione delle facoltà cognitive dell’uomo e del loro funzionamento. Secondo Plantinga, la probabilità di affidabilità delle credenze è piuttosto bassa nel caso in cui il naturalismo risulti vero, mentre è molto più elevata nel caso in cui risulti vero il teismo. Il primo capitolo della seconda parte è dedicato soprattutto all’esame del primo termine di questo rapporto, cioè dell’affermazione per la quale le credenze umane sono perlopiù affidabili e vere. L’autrice, dopo essersi soffermata ampiamente sull’affidabilismo di Goldman e sul confronto tra Goldman e lo stesso Plantinga, ripropone e discute la versione plantinghiana della nozione di “affidabilità”, fondata sul concetto di “funzionamento appropriato” (proper function). Per Plantinga, in effetti, non è sufficiente ammettere un sistema giusto di regole giustificazionali come criterio di giustificazione di una credenza, ma occorre anche introdurre la condizione per cui il soggetto che detiene tale credenza sia dotato di facoltà cognitive che lavorino in modo non-patologico, cioè che funzionino in modo appropriato. In sintesi, citando Plantinga, “l’affidabilità del processo non può essere soddisfacente senza riferimento al funzionamento appropriato” (p. 84). 
Il secondo capitolo della seconda parte, invece, si concentra più sulla nozione plantinghiana di “scienza agostiniana” che sulla conclusione dell’argomento di Plantinga contro il naturalismo. Di Stasio preferisce così mantenersi sul piano dell’epistemologia e non si addentra nella riflessione metafisica e teologica. Tale argomento, in effetti, è dibattuto da quasi due decenni (Plantinga lo propose già nel 1993, nell’ultimo capitolo di Warrant and Proper Function, e lo sviluppò successivamente, nel 1994, nell’articolo Naturalism Defeated; infine, Plantinga ha riassunto le proprie tesi nel recentissimo Where the Conflict Really Lies: Science, Religion, and Naturalism). Nondimeno, dato che la bibliografia in italiano sul tema è piuttosto scarsa, non sarebbe stato certamente inopportuno dedicare alcune pagine in più ad esso. 
In conclusione, e senza la pretesa di valutare le tesi di Plantinga, mi pare che Di Stasio riesca ad esporre in modo chiaro il pensiero di Plantinga ed a contestualizzarlo adeguatamente. L’unico motivo di insoddisfazione nei confronti dell’opera può forse risiedere nel metodo scelto dall’autrice, che sembra procedere in modo troppo diretto, appunto, all’esposizione ed alla contestualizzazione del lavoro di Plantinga, nonché all’esame delle critiche. Sarebbe stato più opportuno, infatti, delineare preliminarmente e con maggiore chiarezza i problemi ed i dati. Nondimeno, credo che questo volume possa contribuire ad accrescere l’attenzione degli studiosi italiani nei confronti di uno tra i pensatori più originali e brillanti del nostro tempo.


Indice

Introduzione

Parte prima. Genesi religiosa di una teoria della conoscenza

Capitolo 1. Conoscere Dio: prospettive teologiche ed epistemologiche
1. La riapertura del dibattito sulla religione: la crisi del fondazionalismo
2. L’epistemologia riformata
3. Il confronto con le grandi tradizioni teologiche

Capitolo 2. La necessità di Dio per il concetto di proper function. Un nuovo tipo di argomento teleologico?
1. L’argomento principe della teologia razionale
2. Argomenti e critiche post-humiane e post-darwiniane
3. L’Artefice Intelligente come base epistemologica fondamentale di una teoria della conoscenza

Parte seconda. Epistemologia e filosofia della scienza

Capitolo 3. Affidabilismo, teleologia e naturalizzazione epistemologica
1. Le basi epistemiche del pensiero plantinghiano
2. Le nostre probabilità di conoscere
3. La variabile R
4. A2 ovvero Plantinga sull’affidabilismo di Alvin Goldman
5. Affidabilismo, teleologia e naturalizzazione

Capitolo 4. Dalla critica al naturalismo alla “scienza agostiniana”
1. Un argomento darwinista contro il naturalismo?
2. Duhem vs Agostino?

Conclusioni
Bibliografia
Indice dei nomi

Nessun commento: