giovedì 21 giugno 2012

Battaglia, Luisella, Un’etica per il mondo vivente. Questioni di bioetica medica, ambientale e animale

Roma, Carocci, 2011, pp. 295, euro 26,50, ISBN 9788843061648

Recensione di Monia Andreani - 24/04/2012

Questo volume offre un approfondimento scientifico della bioetica medica, ambientale e degli animali presentandosi anche come un valido strumento didattico. Il testo si apre con una parte introduttiva in cui l’autrice si cimenta nel compito di dare un taglio interpretativo della bioetica come etica della vita, una riflessione filosofica sui valori che tenga al centro la vita di tutti gli esseri viventi, compreso l’ambiente in cui viviamo. La bioetica, quindi, viene intesa come un laboratorio per trovare elementi di confronto costruttivo tra i paradigmi della scienza e quelli dell’ecologia.

Il punto di partenza è dato dalla considerazione che il neologismo bioetica, nelle intenzioni dell’oncologo Potter, doveva promuovere una nuova direzione che avrebbe portato la scienza a migliorare la vita. Tuttavia, la bioetica si è da subito allontanata da tali premesse, incentrate sul primato della scienza, ponendo la questione nei termini di un’etica detentrice della conoscenza dei limiti stessi della scienza. Il confronto serrato tra le due posizioni di fondo: da un lato la scientificizzazione dell’etica, e dall’altro il tentativo di eticizzazione della scienza, ha portato spesso il dibattito di fronte a strade senza uscita, pertanto si sono sviluppati alcuni modelli alternativi, volti a uscire dal pantano della contrapposizione. Il modello chiamato sfida/risposta ricostruisce la storia della bioetica nei termini di un confronto proficuo tra le innovazioni tecnologiche che hanno modificato la medicina e la riflessione etica, che è stata arricchita da nuovi orizzonti (ad esempio, la modifica del concetto di parentalità dopo l’avvento delle tecnologie riproduttive, l’ecologia e l’etologia come spazi in cui spendere una riflessione etica). La bioetica ha anche avuto il merito di riaprire il dibattito attorno alla razionalità pratica e ha riattivato una discussione sul ruolo pubblico dell’argomentazione intesa come giustificazione di una scelta. La bioetica ha posto in risalto la filosofia come disciplina che ha il compito di chiarificare i termini e aiutare a impostare le argomentazioni in un campo che si rivolge inevitabilmente a questioni morali, politiche, religiose ed emotive, quindi di rilevanza assoluta in termini sia privati che pubblici. Anche se nel nostro Paese la bioetica è intesa principalmente come terreno di scontro tra una cultura cattolica e una cultura laica, Battaglia ci ricorda che in una società pluralista sono molte le opzioni etiche che ragionano fuori dall’ipotesi di Dio e anche quando si parla di bioetica laica occorre considerarla come un campo articolato e per nulla univoco, seppur tendente all’ambizioso obiettivo di parlare ad un «uditorio universale», ovvero di pensare secondo criteri logici che includano l’umanità in termini generali, anche nella prospettiva delle generazioni future. A questo proposito l’autrice introduce il pensiero della complessità quale filtro privilegiato per lavorare sulla bioetica.  La medicina, il rapporto con l’ambiente e quello con gli animali costituiscono, infatti, le principali dimensioni attraverso cui oggi è possibile articolare una riflessione etica complessa e interconnessa che abbia al centro il concetto di vita. 
Il primo ambito di analisi è quello della bioetica medica che l’autrice approfondisce a partire dalle molteplici significazioni e stratificazioni della medicina come spazio di cura, come «dialogo, una reciprocità che non può che stabilirsi nel colloquio singolare della relazione tra due soggetti» (p. 33). Nella prospettiva attuale della medicina il paradigma paternalista è stato sostituito da una nuova centralità dei soggetti che partecipano alla relazione terapeutica. La ricerca della «buona medicina», che risponde alle mutate possibilità della tecnologia diagnostica e alle nuove conoscenze biologiche, non può che tenere anche conto della complessità di piani in cui si ritrovano insieme l’etica medica, la bioetica e l’etica dell’organizzazione sanitaria e prefiggersi l’obiettivo di rispondere ai principi di efficacia e giustizia e di appropriatezza, avendo sempre presente la questione dell’accesso ai servizi e delle allocazioni di risorse. Pertanto è significativo il richiamo all’interrogazione critica del principio di autonomia, vincolato ad una doppia opzione culturale: da un lato alla cultura nord-americana che si concentra sulle decisioni autonome, dall’altro a quella europea continentale, che privilegia le persone come agenti autonomi. Scrive Luisella Battaglia: «Il contrasto è tra una prospettiva che intende l’autonomia in modo pragmatico-empirico e una concezione che risale alla tradizione kantiana nel sottolineare il carattere autolegislatore della ragion pratica. È possibile il dialogo tra le due tradizioni? In che modo coniugare il diritto irrinunciabile alla libera scelta con il tema cruciale della fiducia?» (p. 39). Una risposta praticabile è quella di intendere la questione dell’autonomia sempre in gioco nella relazione tra équipe sanitaria e paziente e di esaminare il consenso informato come «la punta dell’iceberg» (p. 40) - secondo la definizione di Annette Baier - di una serie di problemi che riguardano la centralità della relazione, in un quadro che deve tener conto del paternalismo medico da un lato e del mercantilismo della salute, dall’altro. Battaglia prende in esame la proposta di ampliamento dell’assetto valoriale della bioetica compiuta con la Dichiarazione di Barcellona del 1998, in cui accanto al principio di integrità e a quello di dignità, si pongono sullo stesso piano il principio di autonomia e quello di vulnerabilità. L’attenzione al paradigma della cura all’interno della riflessione bioetica è per l’autrice una possibilità di articolare in senso meno ideale e più realistico l’autonomia, per mettere in evidenza la condizione di costitutiva interdipendenza del nostro essere umani. Attraverso l’utilizzo del linguaggio della vulnerabilità, è possibile non solo rendere giustizia all’approccio umanistico della medicina, ma soprattutto portare il linguaggio dei diritti e l’assetto giuridico dei diritti bioetici in un quadro di maggiore coerenza con la reale condizione di chi si trova in situazione di estrema vulnerabilità e di disagio. Il linguaggio della vulnerabilità è debitore della visione della medicina di Paul Ricoeur che tiene al centro la figura del malato e la considerazione della malattia come quell’evento che ha un impatto tale nella biografia della persona ammalata da modificarne la sfera psicologica, quella sociale e soprattutto quella valoriale. Successivamente, Battaglia si impegna ad approfondire i quesiti bioetici che emergono dagli sviluppi dell’ingegneria genetica. A tale proposito l’autrice esamina due posizioni etiche contrapposte che prendono corpo dal lavoro di Jonas, da un lato e da quello di Engelhardt, dall’altro. Il libro entra in una specifica analisi delle posizioni dei due autori e ne mette in luce gli aspetti più controversi. Da un lato la posizione di Jonas, che apre ad un’euristica della paura per enfatizzare, attraverso il principio di responsabilità, i concetti di limite e  di preservazione/conservazione dell’umanità futura; dall’altro Engelhardt, che privilegia la dimensione di utilità sociale delle tecnologie genetiche, al fine di migliorare la vita umana.
Nel quadro di un’analisi complessa dell’etica della vita il tema della responsabilità conduce Luisella Battaglia ad approfondire le questioni di bioetica ambientale. A tale proposito il percorso svolto è quello di inquadrare il tema dell’ecologia come sfida per la riflessione antropologica ed etica. Secondo l’approccio dell’ecologia profonda, le conoscenze attorno alla vita del pianeta e all’interconnessione delle dinamiche vitali di tutti gli esseri viventi portano inevitabilmente l’ecologia ad essere un terreno di ridefinizione delle questioni valoriali profonde del nostro essere umani. Pertanto: «all’interno di una prospettiva biocentrica che assegna alla vita (bios) il primato assoluto, il valore intrinseco che noi attribuiamo a noi stessi viene attribuito a tutte le forme viventi» (p. 121). L’ecologia moderata, invece, accetta una parziale revisione dell’antropocentrismo e propone una serie di correzioni all’azione indiscriminata dell’uomo come padrone assoluto dell’ambiente, guidate da una visione etica centrata sulla responsabilità e orientata alla custodia della biosfera e alla promozione della vita dell’umanità anche nella prospettiva delle generazioni future. Dopo aver illustrato le questioni in campo, l’autrice dedica un’ampia parte alla ricostruzione del pensiero ecologico con particolare attenzione al complesso e articolato lavoro del geografo anarchico francese Elisée Reclus. Dalle istanze iniziali già ben enucleate da Reclus, l’etica ecologica prende corpo nella riflessione tardo novecentesca, a partire dalla visione normativa di Leopold fino alle posizioni di Toulmin dedicate al rapporto tra scienza ed ecologia con l’obiettivo di superare una visione antropocentrica della scienza. Un paragrafo di grande interesse è dedicato al rapporto tra i modelli dell’etica e l’azione umana sull’ambiente. Al modello di sfruttamento dell’ambiente, ormai definitivamente in crisi, corrisponde un modo dell’agire che è di puro dominio, mentre alla parziale revisione di tale modello corrisponde l’idea della conservazione delle risorse, che si configura con un’etica della gestione delle medesime; un modello ulteriormente più vicino all’integrazione ecologica promuove l’idea della preservazione delle risorse e una conseguente cultura della tutela. Quest’ultimo modello è articolato in senso teorico da autori come Serge Latouche e dal punto di vista della traduzione in modelli pratici di convivenza, dalle innovative istanze del movimento delle città in transizione (Transition Towns Network), che vede intere comunità territoriali in Europa scegliere percorsi di democrazia diretta per trovare soluzione condivisa al problema delle energie fossili e riconvertire le attività pubbliche e private verso le energie rinnovabili. 
In una ridefinizione della bioetica che riguardi i soggetti umani, l’ambiente e gli animali, l’autrice introduce il tema dell’etica animale, argomento di cui si è occupata già in passato e rispetto al quale è riconosciuta tra le più illustri voci del dibattito italiano e internazionale. Il percorso tracciato nell’ultima parte del volume, è di forte caratterizzazione didattica. L’autrice traccia una vera e propria mappa della filosofia animalista muovendosi tra due orientamenti diversi: una posizione libertaria, da un lato, e una filosofia ecologica, dall’altro. La posizione libertaria trae origine dalla filosofia dei diritti umani e si propone di promuovere la cultura dell’allargamento dei diritti di eguaglianza anche agli animali non umani. Al centro di questa posizione si trovano il nome di Singer e quello di Regan. Tracciando i contorni di una filosofia ecologica emerge, invece, una prospettiva diversa che vede al centro il rapporto tra esseri umani e ambiente e soprattutto la questione degli animali non umani. Secondo Passmore, il concetto stesso del diritto diventa quasi inapplicabile o inutilmente appellabile in un quadro che ha mutato la visione complessiva della comunità biotica fino a comprendere tutti gli esseri biologicamente viventi. Sul solco di Passmore ma con l’intento di trovare una conciliazione con le posizioni radicali di Singer e Regan, la psicologa Midgley sostiene che il legame di specie non significa portare avanti istanze speciste e quindi escludenti le altre specie, ma anzi sottolinea la peculiarità dell’intelligenza umana che è quella di poter sviluppare una simpatia verso le altre specie e allargare l’approccio morale nella direzione di una solidarietà allargata. Il libro prosegue la sua ricostruzione con un’accurata analisi del complesso dibattito che concerne la questione animale e la coscienza cristiana, con particolare attenzione alla voce autorevole di Primatt, che propone un allargamento del concetto di creaturalità a tutti gli animali e apre ad un rinnovato dibattito sul concetto di giustizia verso gli altri animali. Avviandosi alla conclusione l’autrice compie un’analisi delle prospettive etiche che si rivolgono alla fraternità come valore da allargare agli altri esseri viventi, esaminando in particolare il tema della compassione, che Martha Nussbaum rielabora a partire da Aristotele, e l’etica della cura come quella sfida a rendersi responsabili in un quadro di asimmetria persistente tra noi umani e gli altri animali. L’ultima parte del libro si rivolge alla questione teorica del confine tra umanità e animalità, che è oggi la principale tematica dibattuta anche in campo bioetico. In che modo il benessere animale si coniuga con la salute umana? Perché la bioetica veterinaria è un campo di discussione così interessante in una prospettiva interdisciplinare? Che tipo di etica alimentare promuovere di fronte alla questione animale? Viene offerto spazio anche ai temi più dibattuti nel campo della bioetica animale:  il ruolo della Pet Therapy nelle scelte terapeutiche, la sperimentazione animale, con particolare attenzione ai modelli alternativi e alla questione dell’obiezione di coscienza, il tema del prelievo di organi da animali, la questione spinosa degli animali transgenici e l’ipotesi futuribile ma altrettanto discussa, perché moralmente rilevante, della brevettazione degli animali. 


Indice

Introduzione. Ragionare sui valori
Quali limiti alle scienze?
Il modello sfida/risposta
La ragione in bioetica
Il ragionamento pratico e la giustificazione
Il ruolo del filosofo
La bioetica laica: un pensiero a sovranità limitata
La teoria dell’argomentazione
Etica medica, deontologia professionale e morale sociale
L’uditorio universale e l’idea di comunità morale
Il pensiero della complessità
I Questioni di bioetica medica
I.I L’umanesimo nella medicina
I.2 Le sfide dell’ingegneria genetica
I.3 La diagnostica prenatale. Aspetti bioetici
2 Questioni di bioetica ambientale
2.I Lineamenti di bioetica ambientale
2.2 Alle origini del pensiero ecologico
2.3 Le etiche ecologiche
3 Questioni di bioetica animale
3.I La questione animale nella riflessione bioetica
3.2 Le creature dimenticate. Questione animale e coscienza cristiana
3.3 Fraternità terrestri
4 Uomo, natura, animali. Questioni di confine
4.I Benessere animale e salute umana
4.2 Pet Therapy: un’alleanza terapeutica tra uomo e animale
4.3 La questione della sperimentazione animale nel dibattito contemporaneo
4.4 Il dibattito bioetico sugli animali transgenici

7 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Questo studio filosofico di Luisella Battaglia ha dei limiti precisi, quale applicazione di àmbito decisionale in orientamento ecologico, da identità a generalità di vita, cioè consistendo in una vitale necessità riflessiva a scopo di necessario vitale beneficio a sua volta consistente in una scelta, primariamente affermativa ed essa stessa vitale, secondariamente negativa e non di morte, per stessa vitalità e non medesima datoché circolarità interpretativa di medesimo studio non ha riferimenti di base in accadere ma relazioni univoche da generali a particolari. Pertanto da tal auto-de-centramento intellettuale di cui in pubblicazione recensita itinerario, si possono ricavare con "volontà di conoscenza" certezze intorno a "volontà di vita" non circa i limiti di realizzabilità conoscitiva volitiva di stesso voler vivere. È quindi evidente che tal impostazione di studio è unilateralmente confinata entro limiti di ricerca volitiva del potere ma coi soli desideri vitali non a conoscenza di vita rivolti in suo farsi, inquadrandosi negativamente per evitare possibilità eticamente inaccettabile ed invece omettendosi, in studio stesso, avvio a risoluzione dei dilemmi inerenti i desideri vitali non in potere di vita realizzabili. Lo studio cioè non è atto né solo utile a evitare i casi di presenza vitale inopportuna od insostenibile per distrazione-azioni mortali e non per inazione-azioni mortali (della presenza vitale). Quindi non serve per rimediare al rischio dell'omicidio tantomeno se tale per incapacità direttamente o indirettamente volontaria.

...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

In recensione si cita fatto cui esito evidentemente diverso da quello da recensore incluso, difatti si riferisce di richiesta culturale non a scopo di acculturazione con relativo formarsi non terminologico di neologismo, termine non riferibile alla cultura di chi richiedeva con esito conseguentemente subculturale, ottenendone replica necessariamente non cultural filosofica in merito a questione culturale cioè non ottenendo consulenza filosofica ma reazione da parte filosofica che fu allora compiutamente di rifiuto di richiesta, ovvero riformulazione culturale e risposta filosofica differente da quanto originaria richiesta intendeva ottenere: cioè non realizzativamente né interrogativamente ma interdittivamente - analiticamente. Peraltro filosofia continentale ne considerò analisi interdittiva ineccepibile ma non bastante, provvedendo il caso di riflessione critica che ne poneva in risalto questioni direttamente giudiziarie inerenti incompetenza scientifica-tecnica di richiedenti e loro limitazione tecnoscientifica in non competenza tecnico-scientifica; con medesima conclusione postuma ed analitica-filosofica già formulata ma senza previo risvolto giudiziario specificabile analiticamente.
Entro àmbito di subculturalità ed inganno pseudoculturale appariva tentata una applicazione filosofica in analogia con applicazione di tecnica, neppur tecnica applicata poiché non relazione autentica animale vitale medica ma rapporto di irretirsi di azione veterinaria confusamente a medica cioè con scopi vitali disattesi e con illusione di presenza bioetica originaria in realtà inesistente in medesimo àmbito; realmente preesistendo invece, in astrazione generale poi in concreto evento, autonomo accadimento filosofico-etico, etico-professionale, giudiziario-normativo e senza alcunché di nuovo da costruirsi legislativamente ma da negarsi già in base a leggi! Ciò sfuggiva ad autrice L. Battaglia che passava in rassegna, sottoponendo biologia a canonicità, biografica non a sua volta biologica, vasta e varia congerie di iniziative, risultati, successi, risultanze, insuccessi, evidentemente fin quasi ad ignorare, come se tale non fosse, delitto di vivisezione, ma perlomeno a non ometterne. Per evitar tale ignoranza spinta quasi ad omissione, si doveva e si deve invece notare: non universalmente attribuibili a sola animalità diritti non basati su diritti, né attribuibili a umanità soltanto diritti basati su diritti, in caso si tratti o si trattasse di animalità marina o del tutto acquatica e di umanità per mare; e ciò notando, si nota pure che il diritto è applicabile concretamente non solo passivamente a flora e passivamente a mineralità ed astrattamente a situazioni pure. Non così il procedere decadendo offerto da autrice, purtuttavia sorta di specchio qualora prospettato e non da adottarsi, prospetto non mostrando ma con esso mostrandosi, ad ulteriore non contenuto ma contenibile quadro etico e inquadramento bioetico, il viatico invece disastroso di un vitalismo etico diffusissimo inconsapevolmente ed uniformemente applicato; e ciononostante pubblicazione consente tanto ma non annoverando tutto il refutabile né per intero l'inaccettabile e senza implicarne tutto il rifiuto necessario; dato che necessità biologica non biograficamente né autobiograficamente computabile o componibile e data premessa biocentrica ecologista non ecologica di argomentatività di pubblicazione recensita, peraltro questa scandita economicamente non ecosoficamente perciò non ecosistematicamente, della quale riferimenti in indice accluso in recensione stessa.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Trovo necessità di accludere ai miei due commenti a recensione già inviati questo compendio storico filosofico:

Storicamente si rileva, è rilevabile che infondatezza — marittima — di diritto generico e generale, fu per la prima volta affermata dalle obiezioni delle colonie puniche italiche e dopo asseverata dai centri fenici-punici iberici, durante così detto Impero di Annibale e poi durante trattative seguenti a disimpegno definitivo di Annibale stesso, in Sua qualità di giudice-generale-maestro (maestro di guerra) dopo ultima vittoria di esercito cartaginese da Egli medesimo moderato.
Altra vicenda, ciò che talora è dicibile de 'le leggi del mare' e cui origine concettuale e realizzazione pratica amalfitane e con sistemi, in scritti detti "Tavole" (in latino: 'tabulae'), stabiliti notarilmente - legalmente da amalfitani: cui influenza politica su intero mondo è pensabile anche da usi-utilizzi verbali medioevali - moderni dei luoghi del mondo tra i più disparati e lontani finanche remoti, espressioni terminologicamente relative quali "intavolar trattative... " accanto ad altre non di ascendenze amalfitane e meno diffuse o dopo diffuse quali: "trattative in dirittura d'arrivo... "...
Sicuramente non per tali intuizioni ma per particolarmente adeguate ricerche storiche - intellettuali si ottiene od otterrebbe nozione di origine degli attuali cosiddetti verbali culturali "quadri politici-economici... " e di relative cosiddette "analisi prospettiche tecniche-economiche... ", in politica globale derivanti dalle 'tabelle' politiche - diplomatiche dei navigatori amalfitani e di colonie-scali amalfitani e delle ricevitorie di zona medesima amalfitana...
Ovvie ineludibili ineliminabili talassocratiche oscurità a parte, si potrebbe o può constatare che in politica mondiale odierna c'è stata noncuranza di queste storie anche culturali, noncuranza corrispondente a odierne manchevolezze scientifiche e tecniche e a non ancora passati (altrui) tentativi di appropriazioni di filosofemi e quindi di obliazioni degli stessi.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Risulta necessario, per me e non solo per me, allegare precisazione a quanto inviato in precedenza :


* Della programmazione informatica e dei relativi funzionamenti informatici di questo sito esterno detto "Blogger" io non sono fautore né responsabile e dunque chi constatasse contrarietà in anzidetta programmazione ed anzidetti funzionamenti — mi riferisco in particolare a richieste di individuare in immagini oggetti, richiedenti nominandone (sia pur non nominandoli) erroneamente e confondendo cose solo apparentemente simili in realtà del tutto differenti ed incompatibili anche se apparentemente non sembrandone — abbia cura: di non confondere essi coi contenuti (anche non in quanto tali) degli utenti del sito (esterno); di supporre che tali utenti siano o possano esser o esser stati per evenienze in uso di questo ed anche in utilizzo di altri propri interni ad esso e non per preferenze; di tener conto di recente adeguata normativa europea su diritti di Autore ed altro analogo in comunicazioni telematiche. Miei messaggi e mio blog in tal sito esterno non vanno confusi coi nonsensi impliciti (né espliciti), eventuali o non, di stesso sito che li ospita esternamente, il quale pertiene a me solo per ciò da me inseritovi.


MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Dopo comprensione di miei primi tre messaggi (previo, se necessario, quanto espresso in quarto messaggio aggiunto a scopo di non fraintendimenti), potrà risultare sùbito o presto evidente o diversamente evidente quanto di incongruo autrice Luisella Battaglia ha passato tra il resto in sua rassegna.

(Mio testo di mio primo messaggio in un punto è sul limite di inespressività od eccesso di oscurità, ma a prescindere da assenza di bello stile — peraltro necessaria affinché si risentisse l'allarme e lo squallore suscitati già da sole circostanze di accadimenti violenti — si tratta di cripticità, intorno a volontà di conoscenza (stessa cui inoltrò Foucault) e volontà di vita (stessa cui inoltrò Schopenhauer) e volontà di potenza (stessa cui fu inoltrato apoliticamente in scritti di "Max Stirner" (indicazione pseudonima) e politicamente in serie originali di appunti postumamente noti (non solo nelle disposizioni di ex sorella di Autore, in parte arbitrarie e presentate non neutralmente secondo desiderio di Autore stesso che sua sorella ex sorella facesse anche di proprio ma   p u b b l i c a m e n t e, non per altro impeditivamente) di Nietzsche su argomento medesimo), tutte e tre le volontà considerate entro eventualità - realtà delittuose, mostrando che inquadrarsi di risoluzioni a favore di non delittuosità sono biocentricamente non volti ad inclusioni pratiche di stesse risoluzioni, ovvero biocentricamente soltanto in astratto presentabili. Sicuramente cripticità di mia espressione altro anche può mostrare a chi assai interessato ai contenuti e comprensivo e non ad apparenze stilistiche particolari autoconfinato, ciò ultimo impedimento (per eccesso di estetica superficiale da non richiedersi in tali casi non solo a me cioè proprio a nessuno) a capire realtà tra inganni del reale: infatti non è possibile districarsi filosoficamente tra tali inganni e per giunta decifrandone violenza, senza pervenire ad espressioni stranite e difficoltose.)

... Superate difficoltà di comprensione dei miei testi già inviati, invito chi interessato a provar intendimento in evidenza di incongruità di vitalismo biocentrico chiuso ad ulteriorità conoscitive; evidenza che mostrerò, per ragioni di spazio per i testi, inviando successivamente a questo stesso messaggio.

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Dunque si può notare certa evidenza di incongruità di vitalismo biocentrico chiuso ad ulteriorità conoscitive; incongruità:
(A) del contrasto tra unica realtà morale possibile quale autoconferimento di morale ed esperienza pratica;
(B) circa la non paritetica razionalità e non unitarietà logica tra orientamento scientifico ecologico e specifica scienza di etologia;
(C) dell'uso non abbastanza determinato o troppo limitato (purtroppo a tutti gli effetti anche abuso) di espressione religiosa monoteista di 'creaturalità';
(D) della mancata distinzione di veterinaria e medicina e della eccessiva distinzione di circostanze rispettive entro circostanze di entrambe;
(E) di deontologia declinata de - ontologicamente cioè lasciando in parte separabile essere quanto invece annunciato non esser conveniente;
(F) di azioni di aiuto risolutivamente presentate ma solo per aiutati o solo per aiutanti a causa di indistinzione determinante tra: progetti esistenziali, pianificazioni esistentive, programmazioni esistenti;
(G) di condizioni: di vitalità in non esubero limitante vitalità in non esubero;
(H) di una logica, ana-logica-mente ma non palesemente consapevolmente, zoo-logica non zoologica;
Di queste incongruità procedere logico biocentrico non è integralmente razionalizzante, ovvero ne eccettua, direttamente ad esternità logica, comune matrice di non del tutto presente "volontà di continuare" vita; infatti tal volontà di continuazione si basa sul desiderio scaturito dalla esclusione, entro opzioni entrambi vitali, di alternativa vitale con scelta od abbandono vitali, rispettivamente in caso di arbitraria realizzabilità o non arbitraria realizzazione. Si tratta di capire cioè che dal considerar sola necessità di vita non anche necessità della morte non si può riconoscer tutta l'immotivatezza delle azioni omicide e senza poter realizzare da etica naturale una bioetica che sappia accogliere l'eutanasia quale automiglioramento di condizioni parzialmente vitali e non confinamento in circostanze omicide che impongono miglioramenti solo apparentemente tali perché in relazione a violenza che offre alternative entro dare di destino di morte anticipata... E tutto il soffrire e il dolore legati a siffatta anticipazione di morte risultano parimenti fuori da comprensione logica biocentrica.

Va notato che alla incongruità (C) in fatto di religione, corrisponde contraddittoria disposizione interiore di chi della vita animale primigenia e non solo primigenia non vuol accettare opzione di autoconservazione/autoconservativa-trasformazione e vuol disconoscere delle alternative esclusive della trasformazione autoconservativa quelle di necessità selettiva riconoscendo solo quelle di selezione necessaria, quest'ultima dei non predatori, i quali però così cioè con quei voleri ((non miei neanche attribuibili a quel che sto scrivendo)) son tutti ritenuti in non sola autoconservazione e i predatori tutti ritenuti in sola autoconservazione; mancando in tal volenti, cui ritenere è un opinare non bellicoso ma direttamente aggressorio per eccesso di pace, azione logica zoologica, dediti solo a bio-logica analogia zoo-logica essi non sapendo accettare istinto predatorio degli animali non razionali e neppure istinto predatorio attivo umano, il quale avvalendosi della facoltà particolare della riflessione è dunque più direttamente manifestato che in predatori non umani cioè non razionali...
A riguardo di implicanze esistenziali, si troverà espresso eticamente esistenzialmente in mio successivo invio.
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Ecco espressioni etiche esistenziali (esistenziali perché svelano una interiorità attraverso rivelazioni di inedite combinazioni esteriori — di più non converrebbe qui, a causa della realtà violenta descritta non meritevole di ricevere altrui connotazioni profonde) annunciate in precedente messaggio, nondimeno ulteriormente esistentive e di esistenza:

Gli erranti, cui ritenere è un opinare non bellicoso ma direttamente aggressorio per eccesso di pace, senza vera logica zoologica dediti solo a bio-logica analogia zoo-logica, che non sanno accettare istinto predatorio degli animali non razionali neppure istinto predatorio attivo umano, il quale avvalendosi della facoltà particolare della riflessione è dunque per converso più direttamente manifestato che in predatori non umani cioè non razionali; e tali umani erranti tali anche quali improvvisati mai del tutto riusciti mangiatori di carni e quali sedicenti cacciatori in realtà falliti scacciatori e non mancati omicidi oltre che maltrattatori di animali e per giunta con pretese di animalterapie possibili loro e raramente solo per non compagnie: infatti provan gioie e sollievi dal ricever minacce da animali non possibili compagni ed aggressivi, quali: rettili carnivori, pesci non intelligenti, uccelli indifferentemente non aggressivi...; umani erranti che posson goder compresenza solo di esemplari sciocchi di animalità di allevamento, perché nessun toro o caprone o ariete che fosse, ciascuno, dominante, potrebbe simpatizzare con singoli e pluralità fino a tanto in errore; erranti umani che se dincontro od assieme a fiere, belve, rapaci, sanno solo vivere tra alternative di: stupidaggine inerme; astio immotivato; invadenza distratta... Questi esseri umani errano anche se essi stessi in perfetto centralismo biologico, sia che fosse antropocentrico che no; perché evitano di pensar morte che non sia civile e perché non hanno riconosciuto il divario culturale, generazionale o non generazionale, di vaste circostanze sociali umane o di vaste società umane, non colmabile civilmente né ipercivilmente e poiché proprio essi non sanno qualificarsi, verbalmente o non verbalmente, oggettivamente o soggettivamente, quali: viventi ma vivi per coincidenza non cosmica e casuale sempre più ad altrui od altro sfortuna... difatti versano in oziosità su cui grava, se non prima poi, altra e contraria necessità naturale...
Non è tanto noto, ma assai notabile fuor di sbagliate convizioni anche storiche, che le religioni, consistendo in rapporto al Mistero, direttamente o indirettamente, mai possono veramente accogliere tali erranti perché o troppo curiosi della vita o non abbastanza curiosi del vivere; ed in tempi contemporanei, di biotica astronomica e di ex ipotesi cioè di teoria del "Pianeta Vivente“ ovvero 'Gaia', essi non sanno accettarne, disposti a stordirsi coi gas delle cucine pur di non ammettere che i gas provenienti dal sottosuolo agiscono autonomamente psicoattivamente ed esilaranti anche se letalmente; e parimenti non intendono cosa possa essere in esperire scientifico psicologico elemento di confine extra psicologico detto Sé universale e ne usano per fraintender teoria scientifica psicologica degli archetipi cercandone corrispettivo nullo neurologico ed ovviamente trovandone perché analogia psichica con Sé universale va considerata con: fisiologica differenza - non-diversità tra corpi vitali e materie non vitali;
ed accorciandosi essi propria vita anche in ostinati abusi di cibi di origine od originalità non vegetale cioè di fauna, anziché dar testimonianze di proprie inquetudini o finanche certezze di rovina, ne fanno inganni contro la vita accomunando propria erranza ad altrui non erranze o ad altrui altre innocue o non disastrose erranze.

MAURO PASTORE