lunedì 18 giugno 2012

Salmeri, Giovanni, Ancora l’uomo. Una piccola introduzione alla filosofia

Siena, Cantagalli, 2011, pp. 178, euro 13, ISBN 978-88-8272-729-1

Recensione di Giuseppe Malafronte – 01/03/2012

Si può ancora operare uno sguardo onnicomprensivo della filosofia non solo dal punto di vista storico-archeologico ma anche da quello teoretico? Ci si può ancora interrogare sul senso profondo dell’esistenza? Secondo questo bello ed essenziale libro tutto ciò è possibile se si centra l’attenzione ancora sull’uomo. Un ancora che indica un doppio percorso, previo a ogni analisi: ancora sta ad indicare il ritorno al centro pulsante del pensiero, al suo soggetto; 




ancora, poi, vuol dire perseverare sulla strada dell’uomo, di quello concreto, che si confronta con altri uomini e tra di essi trova il significato della sua vita. 
Il testo di Giovanni Salmeri si situa tra le innumerevoli, e più o meno pregevoli, introduzioni alla filosofia con un preciso e originale taglio: sottolineare la centralità dell’uomo perché «il compito principale della filosofia oggi è, direttamente o indirettamente, difendere la realtà dell’uomo» (p. 5). In questa linea il testo si presenta con una direzione nitida che ne aiuta molto la lettura e la comprensione, anche da parte di chi potrebbe non essere d’accordo con i presupposti.
Infatti, uno dei pregi, che fin dall’inizio del testo si presenta e che si mantiene durante tutta la trattazione, è proprio la chiarezza non solo terminologica, impresa già difficile data la vastità della materia, ma anche, e soprattutto, quella degli intenti e delle finalità.
A chi è destinato questo testo? Nella prefazione è specificato che esso si offre come strumento per chi con la filosofia non ha mai avuto a che fare; si può però aggiungere che si lascia leggere anche da chi è più addentro nel campo della ricerca filosofica. Pur seguendo lo sviluppo storico esso non è in nessun senso un piccola storia della filosofia, ma tenta, pur nella semplificazione del linguaggio che non viene però mai banalizzato o parcellizzato, sempre un approccio pensante, teoreticamente fecondo.
Il testo si articola in sei capitoli: il primo dedicato alla nascita della filosofia e alla ricerca del senso della verità insito nell’uomo; l’ultimo invece consiste in un tentativo di comprensione globale del tema e di apertura di possibili piste di ulteriore riflessione. I quattro capitoli centrali, uno per ognuna delle età storiche prese in esame (Antichità, Medioevo, Modernità ed epoca contemporanea) si dividono al loro interno in tre brevi paragrafi dedicati a tre diversi autori rappresentativi del periodo storico preso in esame. Naturalmente la scelta dei nomi, soprattutto per l’età moderna e contemporanea, più che a uno sguardo esaustivo sull’epoca serve alla completezza e compattezza del discorso da svolgere.
Il libro, oltre il corpo del testo sopra descritto, si arricchisce di note le quali seguono alcuni paragrafi e che «intendono giustificare in maniera più precisa interpretazioni che vengono esposte o sottintese» (p. 7). Esse servono a giustificare alcuni passaggi del testo che potrebbero essere messi in discussione o a chiarire concezioni sottintese. Anche se non presente materialmente nel libro, è parte integrante di esso la piccola scelta antologica che l’autore propone sul web (http://mondodomani.org/pers/salmeri/intro/) e il glossario filosofico fondamentale.
Si partirà, nell’esposizione, dall’ultimo capitolo del testo perché è quello che dà la chiave di lettura al resto dell’opera e ne svela i contenuti e le scelte che potrebbero apparire ad alcuni arbitrarie, se non addirittura sbagliate. Il sesto capitolo, quindi, chiarisce subito, fin dal titolo, che la filosofia si può comprendere solo come impegno per l’uomo. Ma bisogna superare i pregiudizi che accompagnano la storia della filosofia: da un lato le filosofie sembrano assurgere a un valore «unico, possono essere ammirate come rivelazioni dello spirito umano, o addirittura apparire nel loro genere insuperate» (p. 167). Dall’altro la molteplicità delle filosofia potrebbe «generare scetticismo e sfiducia nella capacità della ragione umana» (Ibidem).
C’è però un filo comune che tiene insieme tutte le correnti e i personaggi che l’autore esamina ed è la ricerca della verità che orienta non solo le ricerche degli specialisti ma la storia del mondo intero. Infatti «la storia della filosofia, che lo si voglia o no, costituisce buona parte dell’identità degli uomini contemporanei» (p. 168).
All’interno del percorso di ricerca della verità, ci sono due sfide aperte dalla post-modernità che probabilmente la filosofia non ha ancora affrontato: la vita e l’educazione. La prima ha smesso di essere un tema di interesse per il pensiero a partire dalla modernità in cui il «mondo viene interamente consegnato alla mentalità fisica sperimentale, giudicato alla stregua di una macchina» (p. 169). La seconda sfida, l’educazione, prende le mosse dalla deriva che la mentalità democratica «ha messo in crisi la differenza di posizione tra chi insegna e chi impara» (p. 170). In questo caso, già dopo l’antichità il pensiero ha abdicato alla “sfida educativa”, sul suo apprendere la conoscenza grazie alle scuole, ai maestri, agli esempi. Oggi, invece, sembra che ognuno sia maestro di se stesso, della propria vita, senza bisogno né di confronto né di lezioni.
Un altro tema preso in esame è il rapporto tra la filosofia e la religione. Se è ben chiaro lo stretto legame che si instaura nell’Antichità e nel Medioevo, sembra che proprio dalla modernità l’uso della ragione si svincoli dal controllo delle fede; invece la «religione, e in particolare quella cristiana, anticipa nel suo linguaggio le idee che poi la filosofia ricostruisce e sviluppa in forma razionale» (p. 172).
In tutte queste sfide emerge che in «termini apparentemente paradossali ma precisi, la filosofia ha voluto difendere l’idea che l’uomo esiste» (p. 174). Persino per la filosofia più nichilista, nelle sue derive antiche e moderne, la cura e la responsabilità dell’uomo è una prassi quotidiana che non viene mai meno. Questo uomo viene preso non quale concetto astratto, ma nella sua dimensione concreta che, però, rimanda sempre a un oltre di senso, che non si ferma al mero utilizzabile.
Quindi, ancora l’uomo significa centrare il pensiero sull’esperienza concreta, partire da essa; in secondo luogo vuol dire impegnarsi a educare l’uomo, a far crescere le capacità morali e affettive di ogni singolo; in terzo luogo significa che c’è bisogno di nuovi testimoni ed esempi convincenti. Ancora l’uomo è quindi “difendere” l’uomo; il percorso che si presenterà nel suo sviluppo storico risponde proprio a questi canoni e diviene comprensibile in quest’ottica, e a questo il professor Salmeri si attiene con chiarezza e fedeltà estrema.
Il primo capitolo costituisce una sorta di definizione previa del concetto di filosofia e del metodo utilizzato nei capitoli successivi. La filosofia non può essere descritta astrattamente ma bisogna «delimitare nel concreto la tradizione che ha dato origine all’uso tecnico di questo termine e alla quale, direttamente o indirettamente, si sono ispirati, praticamente tutti coloro che in seguito, in forme diverse, hanno inteso fare “filosofia”» (p. 11). La caratteristica che emerge da questa analisi storica è che la filosofia è sempre stata una ricerca libera della verità.
Col secondo capitolo, dedicato all’Antichità, l’autore inizia ad affrontare le singole epoche storiche attraverso una triade rappresentativa di autori. Per questo periodo sono scelti: Platone, Aristotele ed Epitteto.
Di Platone (427-347 a.C.) si sottolinea soprattutto il movimento di ricerca verso la verità che si articola come ritorno a se stessi, come riconoscimento di una realtà immutabile che si rivela nel linguaggio e si esperisce come amore. Innanzitutto la verità «è la meta di un processo tipicamente personale, tanto è vero che ognuno la trova dentro di sé», eppure essa è anche al di là di un possesso o di una creazione meramente individuale. Ma la verità è anche amore: la radice del bene e della verità sono uguali; «il bene che mi attrae nell’innamoramento è lo stesso che garantisce la verità di un teorema di matematica» (p. 27).
Con Aristotele (384-322 a.C.) si pone al centro il potere di liberazione che ha la conoscenza. L’uomo è per natura curioso, «Aristotele individua il movente primo della filosofia nel desiderio di conoscenza dell’uomo già nelle prime righe delle Metafisica» (p. 38). Questo desiderio è libero e gratuito e porta l’uomo a spiegare ciò che lo circonda anche quando non vi sia un motivo esteriore o una necessità impellente; è ciò che viene descritto come “meraviglia”. L’uomo si muove tra due piani: l’animalità, a cui appartiene il suo corpo e lo spazio che abita, e la divinità, a cui pertiene il suo spirito e che lo chiama a travalicare la semplice fattualità.
Se i primi due filosofi dell’antichità erano abbastanza scontati, il terzo, Epitteto (50-125 d.C.), va letto sempre nella cornice di discorso suindicata. Egli è l’esponente più importante dello stoicismo che, rispetto ad altre correnti filosofiche, sottolinea maggiormente la funzione pedagogica della filosofia insegnando a pensare correttamente. L’altro punto di novità consiste nella sua pretesa di universalità: per Platone e Aristotele “la filosofia è cosa per pochi” mentre «lo stoicismo ribalta completamente questa prospettiva: la filosofia è cosa per tutti, allo stesso modo» (p. 57). Con questo allargamento la filosofia diventa uno stile di vita che tutti possono seguire e perfezionare.
Il terzo capitolo è dedicato alla filosofia del Medioevo, dove campeggiano, quasi necessariamente, i due giganti Agostino e Tommaso con Duns Scoto a fare da terzo. Di Agostino (354-430) si sottolinea soprattutto la sua ricerca della verità che impegna una scelta di vita radicale, cioè una scelta innanzitutto di fede. Con il suo pensiero «alla filosofia viene sottratto l’impossibile compito di realizzare uno stile di vita, ed essa resta per così dire dimezzata: il suo scopo è ora solo “vedere”» (p. 68). La filosofia viene posta in secondo piano rispetto alla fede che è il primo atto originario.
Il secondo filosofo affrontato è Tommaso d’Aquino (1225-1274) che, a partire dalla speculazione agostiniana, torna a far camminare insieme la filosofia e la teologia, perché entrambe, in modi diversi, sono doni di Dio che però, nel caso della filosofia, non diminuisce la libertà dell’uomo. Naturalmente comprendere che Dio esista, dimostrato attraverso le famose cinque vie, non basta per definirne l’essenza di tale essere: in questo campo giunge la teologia che si esplica nell’amore. «È per questo che, in quest’ultima condizione, “più nobile della conoscenza” sarà l’amore, che consiste nell’essere attratto verso l’amato per come egli è» (p. 79).
L’ultimo filosofo del capitolo è Duns Scoto (1265-1308) che chiude, in qualche modo, il periodo del Medioevo e così anche l’unione tra la filosofia e la teologia. Se con Agostino e Tommaso la filosofia veniva recuperata come necessaria, seppur non ultima, per la comprensione dell’uomo, con il filosofo originario della Scozia si opera una netta divisione tra la fede e la ragione. Da quel momento in poi le strade della filosofia e della teologia tenderanno sempre di più a separarsi.
Il quarto capitolo è quello dedicato alla filosofia moderna, rappresentata da Cartesio, Spinoza e Kant. Prima di entrare nei dettagli sembra subito emergere la totale assenza dell’Idealismo da questo schema: ciò trova il suo senso data la centralità del problema scientifico affrontato in questo capitolo, che appunto è dedicato alla reazione della filosofia alla scienza sperimentale.
Primo autore trattato è Cartesio (1596-1650) che introduce il metodo scientifico nella filosofia. Infatti nel «Discorso sul metodo egli offre una sorta di manifesto del nuovo rapporto tra questa e le scienze della natura, preoccupandosi, come indica il sottotitolo, di indicare la strada da seguire “per condurre bene la ragione e trovare la verità nelle scienze”» (p. 99). In Cartesio, però, la scienza non supera ancora le ragioni filosofiche perché non riesce a spiegare tutta la realtà.
Colui che opera il salto che fa della filosofia una scienza esatta è Spinoza (1632-1677): ne fanno le spese i concetti di Dio, libertà e felicità che diventano solo delle varianti del pensiero scientifico. Naturalmente questo «punto di vista scientifico dichiara fallimentare l’essenza dell’uomo: il suo desiderio di esistere è destinato a essere sopraffatto dalle forze che ne decretano la morte, la natura è totalmente indifferente al “bene” cui egli aspira, perfino la beatitudine si fonda su un gioco di fantasia, nell’immaginare cioè una propria “maggiore perfezione” […] laddove invece proprio dal punto di vista di Dio tutto è immutabile» (p. 114).
Il terzo ed ultimo pensatore affrontato è Kant (1724-1804) di cui si sottolineano il metodo critico e la sua concezione della morale. Il criticismo kantiano risulta essere la sintesi tra la filosofia razionalista, che indicava nell’individuo la misura delle leggi universali, e la filosofia empirista, che sottolineava come ogni conoscenza derivi dall’esperienza. Per ciò che riguarda la morale, Kant distingue e mette in disparte il discorso sull’agire da quello sulla felicità: «la prima legge dell’etica sarà quindi quella che prescrive di agire secondo un principio che si può immaginare trasformato in una legge universale» (p. 123). Ma per fondare l’etica bisogna che l’uomo sia libero, e in realtà pur se all’esterno sembra imbrigliato dalle leggi fisiche, in se stesso è assolutamente libero, anche oltre i limiti della propria conoscenza. Con Kant la filosofia si centra in maniera forte sull’uomo, sulla sua struttura conoscitiva e morale.
Il quinto capitolo è dedicato alla filosofia contemporanea rappresentata dai nomi di Husserl, Heidegger e Levinas.
Con Husserl (1859-1938) la filosofia cerca di uscire dal pressappochismo in cui era stata rinchiusa e tenta di ritrovare un nuovo e diverso rigore rispetto alle scienze applicate. Contro due derive che non sono soluzioni ma solo miraggi, quali il naturalismo e lo storicismo che riducono, il primo, la filosofia a una scienza tra le altre, il secondo, a una pura evoluzione. Per uscire da queste pieghe la filosofia deve divenire una scienza rigorosa, che però segua un metodo distinto sia dalle scienze naturali che da quelle storiche, tale metodo è la fenomenologia, cioè «una descrizione il più possibile esatta di ciò che appare nella coscienza umana, rinunciando a utilizzare i dati offerti dalle scienze naturali» (p. 138).
Tale linea di pensiero viene approfondita da Heidegger (1889-1976) che annulla il valore assoluto della conoscenza oggettiva. «Una filosofia che voglia considerare l’essere umano deve quindi tener conto, proprio in quanto scienza fondamentale, di una complessità originaria in cui la vita pratica è dominante» (p. 144). E in una concezione pratica l’uomo è innanzitutto il tempo che vive e che trascorre con se stesso e con gli altri. Il problema dell’essere è riportato al suo nucleo originario che è costituito dall’esserci dell’uomo stesso. Se si accentua questa centralità dell’uomo lo stacco tra un primo e un secondo Heidegger diventa più evanescente, e tutte le sue ricerche sulla poetica e sul linguaggio hanno per obiettivo ricentrare la ricerca filosofica di nuovo sull’uomo.
Ultimo autore è Levinas (1906-1995) che apre le intuizioni heideggeriane al terreno della interpersonalità, della relazione. Con il primato dell’altro si ribadisce il primato dell’etica sulla comprensione; un’etica che però, a differenza di Kant, non si muove con categorie astratte ma che vede come «la verità compare non come un’idea, ma con uno sguardo indifeso d’uomo» (p. 162).
Si completa questa breve presentazione del testo del prof. Salmeri che lascia, come ogni buon testo di filosofia, tante domande, ma aiuta, illuminante in questo senso, a renderle più chiare, più lucide e perciò permette di affrontarle senza timori, riduzioni o fraintendimenti di alcuna sorta. Un percorso incerto tutto votato alla difesa dell’uomo, al suo grande valore concreto e relazionale. «Questa difesa riuscirà? Ogni previsione è impossibile quando la posta in gioco dipende dalla libertà, e anche far filosofia è un gesto libero. Ma per questo la filosofia non è solo una teoria, ma anche una parte integrale dell’impegno affinché esista ancora l’uomo» (p. 178).


Indice

Prefazione
Capitolo 1. L’alba della cura del sapere.
        Nota: sull’idea della «nascita della filosofia».


Capitolo 2. L’ideale della vita plasmata dalla filosofia.
        2.1. Come la verità si fa trovare.
        2.2. La conoscenza che ci libera.
                        Nota: l’amicizia come crisi dell’etica.
        2.3. Educare i pensieri.


Capitolo 3. Conoscenza filosofica ed esistenza cristiana
        3.1. Vedere la verità, oppure raggiungerla
                Nota: cristianesimo e cultura greca
        3.2. La ragione che viene da Dio
                Nota: filosofia e fede in Tommaso d’Aquino
                Nota: lo statuto delle cosiddette «cinque vie»
        3.3. La fede genera la sua filosofia
                Nota: Giovanni Duns Scoto e i maestri delle arti


Capitolo 4. Il compito delle filosofia di fronte alla scienza
        4.1. Sapere ciò che la scienza non conosce
                Nota: la nascita della scienza moderna e il cristianesimo
        4.2. La felicità secondo la scienza
                Nota: l’immaginazione e la beatitudine
        4.3. Che cosa l’uomo è in se stesso
                Nota: Kant e il destino della metafisica
                Nota: l’estetica della ragione pratica


Capitolo 5. Il travaglio dell’umanesimo contemporaneo
        5.1. Funzionari dell’umanità
        5.2. Da che cosa possiamo essere salvati
                Nota: il significato della svolta
        5.3. L’infinito nell’altro
                Nota: Levinas e il cristianesimo


Capitolo 6. La filosofia come impegno per l’uomo

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