lunedì 25 giugno 2012

Ricordi, Franco, Shakespeare filosofo dell’essere. L’influenza del poeta drammaturgo sul mondo moderno e contemporaneo

Milano, Mimesis, 2011, pp. 518, euro 28, ISBN 978 88 5750 756 9.

Recensione di Matteo Sozzi – 25/04/2012

Con questo testo Franco Ricordi offre una suggestiva lettura del valore filosofico delle opere di William Shakespeare. Come viene evidenziato dal titolo stesso, Shakespeare non fu soltanto grandissimo poeta e drammaturgo, ma anche profondissimo filosofo che pose con radicalità l’interrogativo sul senso dell’essere, inserendosi nella tradizione filosofica occidentale, influenzandola e, in un certo senso, proponendosi anche quale imprescindibile interlocutore per la riflessione di filosofi a lui successivi, quali Nietzsche, Heidegger, Jaspers, Sartre. 

In quest’ottica, si comprendono le affermazioni della Prefazione di Emanuele Severino, che sottolinea il ruolo che il teatro di Shakespeare ebbe all’interno della storia del nichilismo, da Eschilo a Leopardi e il valore dell’analisi contenuta nel volume.
Centri filosofici del corpus shakeasperiano sono infatti l’interrogativo sul problema dell’essere di Hamlet (la celeberrima questione to be, or not to be), capace di fondare tutte le vicende del teatro del drammaturgo inglese, e il topos antico del “mondo come teatro”, in cui la filosofia e le sue tematiche sfuggono all’astrattezza, divenendo persone e avvenimenti concreti, dotate di una forza interrogativa ed espressiva decisiva. 
L’opera drammaturgica del poeta inglese viene così offerta al lettore per tutti quei contenuti non meramente riconducibili ad una ermeneutica di tipo letterario, ma che si aprono a forme di comprensione filosofica, tanto più significative, quanto più appaiono pertinenti non solo alla riflessione ad essa anteriore, ma anche a quella ontologica successiva a Nietzsche e legata al nichilismo.
Così, il testo si presenta, da un lato, di ampio respiro e, al contempo, certamente unitario. Vengono infatti presentate le suggestioni più rilevanti dei 34 titoli teatrali del poeta inglese con una grande attenzione ai testi, agli elementi drammaturgici e agli aspetti linguistici. Il criterio con cui l’autore guida il lettore è di tipo storico-geografico. Nella prima parte, vengono esaminate le opere che rimandano alle tematiche legate alla Grecia antica, patria del logos occidentale, quindi a quelle della Roma antica, per giungere alle opere riferite all’Italia medioevale e rinascimentale. Nella seconda parte, i luoghi storici, intorno ai quali vengono ordinate le opere, sono la Gran Bretagna del tempo di Shakespeare, poi la Mitteleuropa, fino alle opere che maggiormente si aprono all’odierno teatro universale. Il lettore viene così catturato in un viaggio filosofico nel tempo e nello spazio, che assume le connotazioni degli interrogativi e delle problematiche fondamentali della riflessione occidentale, concretandosi nei personaggi del teatro (ad esempio, il tema del potere che prende vita nel Giulio Cesare nei personaggi sia di Cesare caratterizzato dall’aspirazione al potere assoluto, che di Bruto eroe privo di cinismo pragmatico), negli spazi (a mio avviso, meravigliosa l’immagine dell’Italia, terra dell’amore e delle sue contraddizioni, che traspare da La bisbetica domata, o da Pene d’amor perdute), nel tempo (come il crollo del Medioevo del Riccardo Secondo). In tale caleidoscopica e polisemantica offerta di questioni e prospettive di indagine, emergenti dalle 34 opere teatrali, è comunque assicurata una profonda unitarietà. La si riscontra non solo dalla chiave di lettura filosofica, ma dal sottile nichilismo che permea l’ontologia shakespeariana. La teatralità del “mondo-teatro” sembra infatti abitata da un nulla di fondamento su cui poggia, che conduce inevitabilmente alla dissoluzione dei significati profondi dell’essere che viene rappresentato. Non a caso, a commento de La Tempesta, Ricordi pone in relazione alcune affermazioni dei personaggi shakespeariani con la filosofia nichilista leopardiana contenuta nel Cantico del gallo silvestre e ne La Ginestra.
Verrebbe da pensare che solo il tentare di proporre una lettura filosofica unitaria e al tempo stesso dettagliata dei 34 testi teatrali di Shakespeare possa essere un’impresa troppo ambiziosa e destinata al fallimento; per fortuna, un filosofo e uomo di teatro quale Franco Ricordi non ha ritenuto impossibile questo tentativo, offrendo un testo affascinante alla lettura, solido per i riferimenti non solo filosofici ma anche drammaturgici,  importante per la discussione che è destinato a sollevare, all’interno di una prospettiva che recupera l’unità profonda di filosofia, poesia, drammaturgia, di cui Eschilo e Leopardi, oltre a Shakespeare, sono stati illustri maestri e testimoni.


Indice

Prefazione

Introduzione

Impostazione geografica del libro

Le opere di Shakespeare in ordine cronologico

I. Shakespeare e il mondo antico-medioevale

Cartina geografica della Grecia shakespeariana
1. La Grecia di Shakespeare e l’alba del pensiero
La commedia degli errori – Le palafitte dell’essere
Sogno di una notte di mezza estate - Il velo di Maya e il pensiero di Freud
Troilo e Cressida – Dall’Iliade all’Avanguardia 
Timone d’Atene – Il Dio denaro che uccide
Pericle, Principe di Tiro – Dall’Odissea al ringraziamento

Cartina geografica della Roma shakespeariana
2. La Roma di Shakespeare e il senso della storia
Tito Andronico – La vendetta e la scansione storica
Giulio Cesare - Il Cesarismo storico e politico
Antonio e Cleopatra – L’Ellenismo e l’abbandono della Storia 
Coriolano – Il teatro politico che supera Brecht

Cartina geografica dell’Italia shakespeariana
3. L’Italia di Shakespeare dal Medioevo a Lepanto
La bisbetica domata – Il primo conflitto di copia
I due gentiluomini di Verona – L’invidia che muove il mondo
Pene d’amor perdute – Essere e linguaggio d’amore 
Il mercante di Venezia – Accusa del Cristianesimo e diversità dell’Ebreo
Molto rumore per nulla – Il teatro e la festa
Tutto è bene quel che finisce bene – Femminismo e intrigo amoroso
Otello – Matrimonio, diversità, esoterismo

II. Shakespeare e il mondo moderno-contemporaneo

Cartina geografica della Gran Bretagna shakespeariana
4. La Gran Bretagna di Shakespeare
Re Giovanni – L’Inghilterra e la Roma cristiana
Enrico VI – Machiavelli e il gioco dei potenti 
Riccardo III – L’unico e la sua proprietà
Riccardo II – Il crollo del Medioevo e lo scandalo della diversità
Enrico IV – Modernità e mantenimento del potere
Enrico V – L’eroismo, l’Inghilterra e l’Europa
Enrico VIII – Potenza del Cristianesimo e scisma anglicano
Macbeth – Il grido shakespeariano

Cartina geografica della Mitteleuropa shakespeariana
5. La Mitteleuropa e la modernità di Shakespeare
La dodicesima notte – Il canovaccio dell’essere e lo scherzo
Amleto – Le armi e la redenzione 
Misura per misura – Politica, moderazione, prostituzione
Il racconto d’inverno – Il tempo e la resurrezione estetica

Cartina geografica del mondo shakespeariano
6. Shakespeare nell’odierno teatro universale
Come vi piace – Il mondo teatro e l’Arcadia
Le allegre comari di Windsor – Falstaff e l’inganno universale
Re Lear – La verissima follia del teatro
Cimbelino – Verso l’Occidente americano
La Tempesta – L’Eneide, la Ginestra, la teatralità dell’essere
Enrico V – L’eroismo, l’Inghilterra e l’Europa
Enrico VIII – Potenza del Cristianesimo e scisma anglicano
Macbeth – Il grido shakespeariano

Note

4 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Accludo "link internet" ove riportato correttamente indice del libro recensito, prima di inviare mio commento a recensione. Ecco link: https://emanueleseverino.com/2017/08/30/ricordi-franco-shakespeare-filosofo-dellessere-linfluenza-del-poeta-drammaturgo-sul-mondo-moderno-e-contemporaneo-prefazione-di-emanuele-severino-mimesis-2011-p-518/

(MAURO PASTORE)

MAURO PASTORE ha detto...

Eschilo mostrò la nullità del futuro per la umanità orfana delle espressioni del pensiero greco; universalismo ellenista in certo senso, ma che non fu consegnato a tutti i posteri dallo stoicismo romano, dato che attraverso il Medio Evo in Europa Ovest poi Est non giunsero le riformulazioni delle affermazioni originarie della Stoa. La Modernità occidentale non fu più in grado di conoscere le cronache elleniste che la riguardavano, perché non si sapeva trovare alla vicenda del Grande Ellenismo il suo antecedente, indeterminato ma pur sempre testimoniato dai rapporti storici istituiti volontariamente dagli stessi antichi storici greci tra loro testi e testi e loro opere ed opere. Fu così che non si seppe più nulla davvero della vita di Epitteto, costui, ugualmente a Virgilio che era alieno e non vero servo del regime imperiale romano, ritenuto addirittura schiavo ma ciò secondo non autentici rapporti politici, dato che Epitteto era in parvenza sociale sottoposto ad ordini ma ciò che diceva e faceva era altro ed anche suo ruolo non solo sociale anche politico altro ne era in realtà; della sua opera esiste possibilità di tradurne illusioni di società; e questo è accaduto a vasta cultura poi subcultura anche, in Italia e non solo... Infatti Egli non scrisse d'esser simile ad asino, ma che asini gli volessero somigliare ingannando alcuni sciocchi facendo cioè loro creder che fosser loro medesimi i padroni di schiavo dedito a pronunciar frasi di filosofia e non comandanti in capo di molti e provvidi asini. Per saperne con tanta chiarezza... tutto starebbe a tradurre secondo, pur non conformemente, la cultura linguistica del Breve ovvero Piccolo Ellenismo, per il quale la frase scritta era semanticamente rilevante in sola lettura inversa; perché in suo inizio l'Ellenismo fu una interpretazione nuova del linguaggio noto e non noto.
Allora intendendo questo, si intenderebbe relatività della prefazione e particolarità della trattazione di autore F. Ricordi; e si potrebbe così... dare anche nuova informazione storica sul ruolo involontario degli asini nella formazione della violenza nichilista contemporanea, che da contatti con ambiente greco trovò poi premesse, quindi da grecisti che eran restati senza più diretti accessi al passato antico greco fu, è stato (è...?) erroneamente od erraticamente definito un fenomeno culturale direttamente riconducibile al pensiero greco... Comunque, chi ha bisogno di restare in vicenda greca, assolutamente non si limiti al fantasmagorico relazionamento di tal grecisti (tra cui annoverabile stesso E. Severino autore di prefazione).
(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

Leopardi intuì nella natura del suo tempo una possibilità incivile salvifica per chi non avesse bisogno di civiltà e ne sentiva tutto il fascino, anche mirando le ginestre cresciute e fiorite ai bordi delle colate laviche del Vesuvio; per cui non matrigna era voce naturale, rammemorazione del verso dell'alipede gallo non domestico né ad umane vie propinquo. In tal senso l'alternativa tra essere e nulla era proprio sua, ma non solo tra nullità di successi e essenzialità di nudità: pure tra il perire per catastrofe od il sopravviverne per timore. (Si trattò di pragmatismo; senza il quale nessun pessimismo radicale senso avrebbe).
(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

La Tragedia di William Shakespeare "Amleto" (HAMLET Prince of Denmarke) fu opera iniziata anche con un misterioso viaggio del suo Autore attraverso vuoti significanti di memorie storiche collettive non partecipate, necessarie a stesso istintivo voler vivere, suo e di altri; i quali tutti si sgomentarono e preoccuparono della visione sociale del 'Dubbio Radicale' e ne volevan sapere e superare cause; dunque saggezza filosofica di Shakespeare medesimo non era il superamento della Negazione nichilistica ma suo previo aggiramento oltre che distacco dalle inutilità de 'l'andar pensando e conoscendo e non conoscendo e pensando'.
A ciò si aggiunga pure il domandare sul ritrovamento storico, che vi fu; perché fu detto di luogo... ed altro. Fosse pure stato principe di pochi sperduti villani, resta che 'quella vita' 'non era fantasia'; e allora 'essere, non nulla' fu il destino postumo della interrogazione pubblica di tal misterioso principe "Amleto". In questo destino si cerchi "l'Altro Occidente", in tal caso Occidente non nichilista eppure a quest'ultimo gemello, relativo e non arcano; da cui viene anche verdetto, il no cioè il rifiuto della estrema non ovvietà per i futuri in non pari mancanze di occasioni, ovvero per coloro che radicalmente dubitano ma solo perché non han voluto sapere di essere senza determinato destino e dunque non in condizioni tragiche stanno ed in indegne circostanze drammatiche altri avrebber voluto, vorrebber mettere.

MAURO PASTORE