mercoledì 11 dicembre 2013

Lorini, Giuseppe, Passerini Glazel, Lorenzo (a cura di), Filosofie della norma

Torino, Giappichelli 2013, pp. 337, euro 30, ISBN 9788834826829.

Recensione di Antonino Scalone - 10/09/2013

L’esistenza di norme che prescrivono o inibiscono un determinato comportamento è esperienza quotidiana; di più, ognuno di noi è, per così dire, immerso contemporaneamente in universi normativi differenti – si pensi ad esempio alle prescrizioni della morale, a quelle religiose o del galateo – non di rado fra loro inconciliabili. Riflettere sul concetto di norma risulta allora essere non un compito astratto, ma un’esigenza dettata dalla necessità concreta di comprendere

una modalità essenziale del nostro vivere quotidiano. Proprio per la sua ‘classicità’, il tema ha costituito e continua a costituire oggetto di indagine per pensatori di ogni estrazione – innanzitutto giuristi e filosofi del diritto – circostanza che ha dato luogo ad una produzione straordinariamente vasta e articolata. 
Il volume curato da Lorini e Passerini Glazel persegue il meritorio fine di aiutare a farsi strada nei meandri della riflessione interdisciplinare sulla norma degli ultimi cento anni o poco più, raccogliendo testi che vanno dal 1895 (Durkheim) al 2011 (Conte). È sufficiente scorrere l’elenco degli autori antologizzati per comprendere il livello della riflessione: oltre a quelli cui si è fatto cenno si va, per citarne solo alcuni, da Kelsen a Ross, da Bobbio a Searle, da Hart a Weinberger. Si scoprono o si riscoprono, percorrendo il volume, pagine fondamentali, come quelle di Bobbio tratte dalla Teoria della norma giuridica del 1958, o quelle di Hart sulla norma di riconoscimento, tratte da The Concept of Law,  o quelle kelseniane sulla Grundnorm, tratte dalla prima edizione della Reine Rechtslehre.  
Bobbio distingue tre differenti funzioni del linguaggio, quella descrittiva, quella espressiva e quella prescrittiva, che danno a loro volta vita a tre diversi tipi di linguaggio: scientifico, poetico e prescrittivo. La norma fa parte di quest’ultimo linguaggio, anche se, scrive Bobbio, “il legislatore può ricorrere a discorsi descrittivi ed evocativi per rafforzare i suoi precetti” (p. 14). 
Hart discute la nozione di norma di riconoscimento, intesa come quella norma che “stabilisce criteri per il riconoscimento della validità delle altre norme” (p. 204). A differenza di tutte le altre, della norma di riconoscimento non si può dire semplicemente che è valida o invalida, ma soltanto verificare fattualmente se corrisponde ad “una prassi (complessa, ma di solito concorde) dei tribunali, dei funzionari e dei privati, di individuazione del diritto in riferimento a certi criteri” (p. 207).  
 L’ordinamento giuridico va inteso a giudizio di Kelsen come un sistema gerarchico unitario la cui validità “può essere ricondotta ad un’unica norma come fondamento ultimo di questa validità” (p. 195). Tale norma, però, non è e non può essere una norma positiva, ma un presupposto di tipo ipotetico che attribuisce “all’atto del primo legislatore, e di qui a tutti gli atti dell’ordinamento giuridico che poggiano su questo, il significato del dover-essere” (p. 198).
Nel volume si dà conto di temi essenziali, come quello della giustizia e del rapporto fra validità ed efficacia (ancora Bobbio), quello della realtà della norma (Weinberger), quello del legame problematico fra norma e azione (Weber), quello del nesso fra aspettative (Erwartungen) e norme (Luhmann).
Per Bobbio, di fronte ad una norma ci si può chiedere se sia giusta o ingiusta, se sia valida o invalida e se sia efficace o inefficace (cfr. p. 189). Egli ritiene legittima la prima domanda, sia in riferimento alla coerenza di una norma con i valori supremi dell’ordinamento di cui fa parte, sia in riferimento alla capacità di “realizzare i valori storici che ispirano quel concreto e storicamente determinato ordinamento giuridico” (p. 190).   Il problema della validità riguarda non la giustezza o meno di una norma, bensì solo quello della sua esistenza “come regola appartenente ad un determinato sistema” (p. 191). Il problema dell’efficacia, infine, riguarda l’osservanza di una norma da parte dei suoi destinatari, nonché l’esercizio dei mezzi di costrizione atti a farla valere in caso di sua violazione (cfr. p. 191). 
Weinberger, occupandosi dello “statuto ontologico della norma” (p. 27), ne mette in luce la specifica realtà ideale e si occupa dei rapporti intercorrenti fra essa e l’”essere materiale” (p. 31) in senso proprio. Per quanto l’atto di volontà che pone la norma, “l’esistenza dell’espressione normativa” (p. 33) e “il comportamento dei destinatari delle norme” siano elementi utili a “fornire indicazioni sull’esistenza di norme, tuttavia essi non coincidono con “l’esistenza reale della norma” (p. 34) in senso proprio, vale a dire con la sua realtà ideale. 
Weber indaga le varie accezioni del termine “regola”. Particolarmente significativi risultano i casi in cui esiste una coincidenza fra regola e norma: in questi casi, scrive, la regola, diversamente dalla legge di natura, dalla proposizione d’esperienza e dalla legge empirica, consiste nell’“asserzione generale di un dover essere (logico, etico, estetico) che si contrappone all’’essere’ empirico” (p. 254). 
Luhmann distingue fra aspettative cognitive e aspettative normative, cui corrisponde sul piano ontologico la distinzione fra essere e dovere (cfr. p. 292), vale a dire fra il sistema concettuale delle teorie scientifiche e quello delle norme. “La coerenza interna di entrambi i sistemi concettuali – scrive – è ottenuta attraverso la rinuncia alla coerenza tra essi (pp. 294-5).  Le aspettative normative si conservano se l’eventuale delusione “viene preventivamente spiegat[a] come qualcosa di irrilevante per il nutrire l’aspettativa” (p. 295). Ma se l’aspettativa “viene continuamente delusa” senza che questa circostanza dia luogo ad una qualche reazione, sanzionatoria o di altro tipo, allora “sbiadisce e svanisce. Essa viene impercettibilmente dimenticata, cosicché alla fine ci si abitua alla delusione e ci si ricorda solo di tanto in tanto di che cosa ci si aspettava originariamente” (p. 297). 
Il volume si articola in cinque sezioni, ognuna sinteticamente introdotta da alcune pagine di uno dei due curatori, le quali aiutano il lettore ad orientarsi nei passaggi più tecnici. Le sezioni corrispondono a cinque modi diversi in cui gli autori antologizzati hanno affrontato il tema della norma. Così la prima raccoglie contributi che mirano a rispondere alla domanda relativa all’essere della norma;  la seconda contributi relativi alla classificazione delle norme; la terza mira a indagare se vi siano entità costituite da norme e di che tipo siano; la quarta si occupa della validità delle norme e la quinta, infine, del nesso fra norme e vita associata.
Nell’introduzione generale al volume, i curatori spiegano le caratteristiche e le finalità del volume, illustrando, in particolare, la scelta del titolo. Essi si sono posti alla ricerca di una filosofia della norma ma – scrivono - si sono “imbattuti in una pluralità di filosofie della norma, in una pluralità di teorie della norma spesso tra loro incommensurabili” (p. XIII). Vi è, infatti, “una pluralità di temi (…), di tesi (…), di stili di ricerca (…) di paradigmi concettuali” (ibd.), sicché, se la norma è una, molteplici saranno le filosofie che se ne occupano. Ci si potrebbe allora chiedere come sia possibile, una volta assunta l’incommensurabilità reciproca delle filosofia sulla norma, parlare ancora di filosofia. Che cosa fa, insomma, di un discorso sulla norma una filosofia (e non semplicemente una teoria)? Conformemente alla posizione socratico-platonica, lo specifico filosofico sembra consistere in tre elementi, fra loro strettamente connessi: nella radicalità della domanda; nel rigore con cui si analizzano e si confutano le risposte (mostrando, per questa via, i limiti intrascendibili del discorso umano); nella non conclusività di ogni risultato e, dunque, nel carattere in-finito della ricerca. Se uno è l’atteggiamento di pensiero che dà origine alla riflessione filosofica, distinguendola in radice da ogni altra forma di indagine, molteplici saranno i suoi possibili percorsi e molteplici (oltre che non definitive) potranno essere le definizioni di norma, muovendo così nella direzione, se ci è consentito proporre un rovesciamento del titolo del volume, di una filosofia delle norme.


Indice

Norma: la parola e le cose, di G. Lorini e L. Passerini Glazel
Nota dei curatori

I. Ontologia della norma
Di che cosa parliamo quando parliamo di norme?  di G. Lorini
(testi di N. Bobbio, G. Ledig, G.H. von Wright, O. Weinberger, P. Amselek, G. Tarello, A.G. Conte, F. Studnicki)

II. Tipologia delle norme: il fenomeno delle regole costitutive
Forme della costitutività di norme di G. Lorini
(Testi di C. Znamierowski, H. Spielberg, J.R. Searle, G. Carcaterra, A.G. Conte, G.M. Azzoni)

III. Realtà costituite da norme
Realtà costituite-da-regole, realtà thetiche, realtà istituzionali di G. Lorini
(testi di C. Znamierowski, A. Ross, J.R. Searle, H. Schwizer, U. Scarpelli)

IV. Validità di norme
Paradigmi della validità di norme di L. Passerini Glazel
(testi di N. Bobbio, H. Kelsen, H.L.A. Hart, E.G. Máynez, A.G. Conte)

V. Filosofie sociologiche della norma
Operanza di norme di L. Passerini Glazel
(testi di E. Durkheim, M. Weber, L. Petrazycki, T. Geiger, N. Luhmann, F. Schauer, A.G. Conte)

Schede bio-bibliografiche sugli autori

Indice dei nomi

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