lunedì 9 dicembre 2013

Palazzani, Laura, Zannotti, Roberto (a cura di), Il diritto nelle neuroscienze. Non “siamo” i nostri cervelli

Torino, Giappichelli, 2013, pp. 237, euro 28, ISBN: 978-88-348-1795-7

Recensione di Francesco Codato - 08/08/2013

Il dibattito critico attorno alle neuroscienze e alle implicazioni etico-morali che tali pratiche portano con sé sta crescendo esponenzialmente di giorno in giorno e sta diventando uno dei maggiori nuclei discorsivi all'interno del panorama filosofico contemporaneo. Le neuroscienze, in questi ultimi decenni, hanno interagito strettamente con la filosofia morale principalmente su due livelli: quello che si definisce neuroetica ovvero lo studio dei fondamenti neurologici della morale e, sotto l'ambito che prende il nome di etica delle neuroscienze, 

quello che si occupa delle implicazioni etico-morali delle scienze neurologiche. Questi due grandi filoni di riflessione pongono al loro centro le tematiche relative ai problemi della coscienza, dell'identità, della responsabilità, della libertà e del rapporto  fra ragione ed emozione, riproponendo la mai esaurita controversia fra determinismo e libero arbitrio. Tali questioni vengono affrontate poiché il nucleo fondamentale della tesi neuroscientifica odierna si ritrova nel votarsi totalmente alla ricerca della verità del paradigma neurobiologico, il quale si basa sul considerare il rapporto tra aree cerebrali-pensiero-azioni come una causazione diretta ed univoca. Ne segue che l'identità umana venga, secondo le neuroscienze, a coincidere con l'identità neurologica, dunque il comportamento e le azioni umane diventano totalmente spiegabili sulla base delle conoscenze neuronali. Tale tesi ha delle fortissime ricadute etiche, che si riverberano in altrettante riflessioni giuridiche. Infatti, se il comportamento umano può essere spiegato dalla “lettura” biologica del cervello, il campo giuridico che norma la vita in comunità deve integrare tali novità. Per tal ragione esso deve divenire oggetto di discussione, sia nel suo modo di procedere (processi, interrogatori, valenza delle prove), sia nella sua teoria (fondatezza della formulazione delle leggi). Ne segue che al campo della neuroetica e dell'etica delle neuroscienze si è recentemente affiancata una terza disciplina che è quella del diritto nelle neuroscienze. Il libro curato da Palazzani, professoressa ordinaria di filosofia del diritto presso l'università Lumsa di Roma e vice presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, e da Zannotti, professore associato di diritto penale presso l'università Lumsa di Roma, si pone come obiettivo  di spiegare questa nascente materia, tematizzandone le aree di interesse, i metodi esplicativi e offrendo dei contributi originali per il prosieguo della riflessione su questo campo. 
Il punto forte del libro si ritrova nella distribuzione e articolazione dei contributi, poiché essi accompagnano gradualmente il lettore neofita ad avventurarsi nelle problematiche della materia, offrendo una graduale esposizione delle questioni che l'esplosione delle tecniche neuroscientifiche ha aperto all'interno del diritto, senza dimenticare di fornire le basi concettuali e teoriche su cui si deve articolare ogni tipo di discussione. Nonostante ciò, gli interventi si contraddistinguono sin dalle prime pagine per la ricchezza di informazioni e spunti critici, riuscendo ad accattivare anche il lettore più esperto di tale materia. La prima parte del testo è affidata agli interventi di Lorenzo D'Avack e di Salvatore Amato i quali mettono in luce che cosa s'intenda per neuroscienza e come essa agisca. I due interventi riescono sia a fornire le basi essenziali per cogliere l'evoluzione degli interventi successivi, sia a soffermarsi su alcuni aspetti critici che contraddistinguono l'uso delle innovazioni neuroscientifiche, invitando il lettore ad affrontare una discussione critica che possa rispettare sia l'esigenza scientifica di tali scoperte sia la natura umana. È proprio l'accento messo sul rispetto per la natura umana che accomuna i due interventi, in quanto tutti e due mostrano come le neuroscienze, se ritenute scientificamente valide, grazie agli strumenti di neuroimaging funzionale che permettono di visualizzare l'attività celebrale durante lo svolgimento di determinati comportamenti, possano produrre conseguenze considerevoli sulla morale e quindi nel diritto. Infatti esse, asserendo che le scelte umane siano automaticamente già prestabilite, negherebbero di fatto la libertà/responsabilità dell'agire. A tal riguardo i due autori propongono una riflessione che mira a suscitare gli interventi dei lettori a proposito della compatibilità o incompatibilità tra nuovi dati neurologici e libertà/responsabilità soggettive. Il parere mai celato di  D'Avack e di Amato, che poi si scoprirà essere l'idea condivisa da tutti gli autori del libro, si basa sull’affermazione che le neuroscienze non permetteranno mai di scoprire il corrispettivo cerebrale della verità, della libertà e della responsabilità, poiché tali caratteristiche sono proprie della persona e non dell'organo celebrale. Tale asserzione motiva ampiamente il sottotitolo del testo. 
L'intervento successivo, di Stefano Fuselli, si propone di riassumere le ricadute che le tecniche neuroscientifiche apportano alla sfera del diritto. Esse possono essere riassunte in quattro nuclei tematici. Il primo è rappresentato dalla coppia libertà-responsabilità che rientra nel campo del diritto penale, il secondo è il nucleo coscienza-vita che riguarda le tematiche riguardanti il c.d. fine-vita, il terzo è rappresentato dalla identità-privacy ovvero dalla possibilità di mappare le attività celebrali al fine di ricostruire un evento all'interno di un processo penale rendendo di fatto l'imputato un oggetto e ledendo la sua privacy. L'ultimo nucleo è rappresentato dalla coppia conoscenza-verità, dunque dall'impossibilità di trascurare le emozioni del soggetto che sono essenziali nella registrazione degli eventi, aprendo però la difficile questione sulla possibilità e sulla legittimità di oggettivare ed utilizzare tali dati. 
Il successivo intervento di Fabio Macioce si concentra prevalentemente sul terzo nucleo problematico, mettendo in rilievo come le novità fatte intravvedere dalle neuroscienze in ambito processuale non sono del tutto ignote alla tradizione giuridica. Infatti, già molti decenni addietro i giuristi discutevano se fosse legittimo estorcere la confessione con la manipolazione della psiche, con l'ipnosi o con l'uso di stupefacenti che agissero sulla coscienza. I giuristi concordarono che tali strumenti non si potessero applicare in quanto violavano la coscienza del reo. Macioce sottolinea come la possibilità di scannerizzare il cervello di un imputato al fine di ricercare tracce di verità, non sia altro che l'espediente moderno che rischia di negare all'imputato stesso la libertà morale e la dignità. Tutto ciò renderebbe l'imputato un puro oggetto del quale si parla, violandone i diritti fondamentali, quale il diritto al silenzio. Inoltre entrerebbe in contrasto con la struttura del processo e con le garanzie stesse del procedimento che garantiscono all'imputato di esserne il protagonista e non un mero oggetto. 
Il saggio di Eugenio Picozza apre la seconda parte del libro e ci porta nel vivo della questione, delineando in modo chiaro cosa s'intenda con il termine neurodiritto. Con questa parola, afferma Picozza, si fa riferimento alla ricerca dei fondamenti neurologici del diritto, ossia alla ricerca dei meccanismi cerebrali che hanno condotto l'uomo, lungo tutto il corso della storia, ad elaborare regole giuridiche. Tale saggio chiarisce come il diritto delle neuroscienze affronta le implicazioni giuridiche delle neuroscienze in ambiti diversi, quindi sia nell'ambito del diritto civile (le neuroscienze vengono utilizzate per l'accertamento della capacità di agire), sia in quello del diritto penale (si utilizzano nella determinazione della capacità d'intendere e volere). 
I successivi contributi di Luciano Eusebi, Marta Bertolino e David Terracina mostrano come le neuroscienze apportino dati importanti che stimolano un ripensamento delle categorie di responsabilità e di imputabilità, sollecitando un’evoluzione del diritto penale che tenga conto di tali novità.
Infine il contributo di Laura Capraro analizza i primi casi clinici nell'ambito delle prove neuroscientifiche, con specifico riferimento alla giurisprudenza recente. 
Il libro si conclude con gli interventi di Michele Farisco e Laura Palazzani che prendono a tema un altro settore del diritto della neuroscienza, ovvero la riflessione attorno ai confini applicativi di questa nuova tecnologia in ambito terapeutico. In particolare Farisco si occupa di affrontare la discussione attorno alla regolamentazione dell'uso delle neurotecnologie per l'accertamento del dolore nello stato vegetativo persistente; Palazzani invece si occupa dell'importante questione del potenziamento cognitivo, ovvero dell'uso di farmaci e di tecniche finalizzate a potenziare e migliorare le disposizioni mentali quali memoria, intelligenza e personalità. Ciò che viene proposto in quest'ultimo intervento è l'esplicazione della sfida concettuale tra il perfezionismo, che difende le nuove potenzialità biotecnologiche sulla natura umana auspicando un miglioramento nella ricerca della salute perfetta, e un orientamento antiperfezionistico che evidenzia le preoccupazioni e le minacce di tali nuove possibilità. La conclusione che dà Palazzani al suo saggio può essere identificata come la conclusione finale di tutto il libro, ovvero il bisogno di avviare una riflessione filosofico-critica attorno alla questione dell'identità umana e quindi di una giustizia che sappia individuare i limiti dell'applicabilità delle neuroscienze, senza ledere né questo campo scientifico né il valore dell'umano. Il messaggio veicolato dall'insieme degli interventi è molto potente e si basa sul rifiuto di ogni tipo di riduzionismo, sia esso biologico o umanistico, asserendo che le neuroscienze possono costituire un valido aiuto per il sostentamento umano e quindi per il regime giuridico che tutela lo stesso. Per fare ciò, però, è necessario non dimenticarsi mai che le tecniche neuroscientifiche sono pur sempre uno strumento in mano all'uomo, quindi non possono aspirare alla rilevazione di nessuna realtà assoluta. Per tal motivo i loro risultati devono essere valutati tenendo conto di tutte le altre sfere sociali che determinano l'uomo. Detto in altro modo le neuroscienze sono importanti, ma non possono da sole determinare l'agire umano, poiché l'uomo non è solamente il proprio cervello.


Indice

Prefazione di Stefano Semplici

Introduzione di Laura Palazzani, Roberto Zannotti

NEUROSCIENZE E FILOSOFIA DEL DIRITTO
Neuroscienze ed esperimenti sull'uomo: a partire dall'analisi del parere del comitato nazionale per la bioetica di Lorenzo D'Avack
A chi appartengono i miei pensieri? Neuroscienze e diritto di proprietà di Salvatore Amato
Le emozioni nell'esperienza giuridica: l'impatto delle neuroscienze di Stefano Fuselli
Le neuroscienze e il processo penale. Una relazione difficile di Fabio Macioce

NEUROSCIENZE DEL DIRITTO E DIRITTO DELLE NEUROSCIENZE
Neurodiritto. Ipotesi di voce per un'enciclopedia o dizionario giuridico di Eugenio picozza
Neuroscienze e diritto penale: un ruolo diverso del riferimento alla libertà di Luciano Eusebi
Imputabilità: scienze, neuroscienze e diritto penale di Marta Bertolino
Diritto penale e neuroscienze di David Teracina
Primi casi “clinici” in tema di prova neuroscientifica di Laura Capraro

NEUROSCIENZE E BIODIRITTO
Neuroscienze e diritto di cura di pazienti con disturbi della coscienza di Michele Farisco
Potenziamento neuro-cognitivo: aspetti bioetici e biogiuridici di Laura Palazzani

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