mercoledì 15 gennaio 2014

Negri, Antonio, Spinoza e noi

Milano-Udine, Mimesis, 2012, pp. 77, euro 10, ISBN 9788857512006. 
[Spinoza et nous, Paris, Editions Galilée 2010, Traduzione di Vittorio Morfino]

Recensione di Gabriele Schimmenti - 04/03/2013

Il libro raccoglie quattro interventi su Spinoza, tenuti tra il 2005 e il 2009 in diverse sedi accademiche, nonché un'introduzione in cui Negri discute la sua interpretazione del filosofo olandese, confrontandosi apertamente con la filosofia contemporanea di area francese e italiana. 
La lettera, e lo spirito di questi saggi, proseguono l'esperienza de L'anomalia selvaggia (1981), dello Spinoza sovversivo (1992) e dello Spinoza e il problema dell'espressione di Deleuze (p. 10), tentando una rimodulazione in chiave tutta materialistica 

del pensatore olandese. 
A parere di Negri, Spinoza si porrebbe la questione di “come possano vivere, nella modernità, un pensiero democratico, un'ipotesi di governo della moltitudine, una istituzionalizzazione del comune” e “come tutto questo possa darsi nell'immanenza contro ogni affermazione di trascendenza sovrana. Come si possa, anzi, si debba fondare l'etica (e l'etica-politica in specie) sui corpi, sulla materialità del desiderio e sui flussi del loro incontro-scontro. E come l'amore che toglie dalla solitudine e ci permette di costruire insieme il mondo, possa imporsi come ragione di questo sviluppo” . (p. 21) 
Così Negri “rilegge” Spinoza annettendolo “alla continuità della potentia che risale dalla materialità del conatus alla corporeità della cupiditas, fino all'intelligenza di amor” (p. 9). Tuttavia, lungi dall'essere un gioco teoretico, l'Autore si propone di attualizzare Spinoza e di farlo parlare all'incrocio tra il post-moderno e la crisi del capitalismo del XXI secolo, come il filosofo che oppone “la positività dell'essere alla riduzione metafisica o trascendentale dell'ontologia”. (p. 11) Una positività dell'immanenza nell'immanenza. Così, proprio in tale registro, Negri rinviene nella potentia spinoziana l'accumulazione di singolarità desideranti (moltitudine) che esprimendo il “desiderio costituente” non rischiano di affermare la trascendenza della potestas – sebbene il rapporto tra potentia e potestas non viva in maniera direttamente “antinomica”, bensì in maniera caotica e aperta. (p. 24) In questo modo il “politico” di Spinoza non assume la caratteristica di un “medium del sociale”, bensì la “permanente sorgente e la continua rottura costitutiva, una potenza eccedente rispetto ad ogni misura, un'eccedenza che è un'asimmetria ontologica” (p.15), un'eccedenza delle forze produttive che non trova conciliazione nell'insieme dei rapporti di produzione. 
L'olandese è ora volto a scardinare il modello della “vecchia modernità (contrattuale e pattizia)” (p. 18) di ascendenza hobbesiana, reintrodotto nel contemporaneo dal concetto di ketechon (Agamben), limitazione necessaria di un male – politico e sociale – sostanziale. Il katechon si attesta essere l'interiorizzazione della sconfitta del politico e quindi del conflitto che lo anima. (ibidem) 
Emerge, dunque, uno Spinoza tutt'altro che individualista in cui l'“autonomia del politico è quella che è prodotta dalla 'moltitudine libera'” (ibidem), cioè dalla “tensione di un desiderio comune” (p. 19), nella dimensione produttiva del fare-comune, del fare-moltitudine. Pertanto, seguendo l'itinerario dell'Ethica (V, 24; Appendice IV, 26), Negri definisce la singolarità come: “a) non-individualità, perché b) è inserita in una sostanza comune, eterna, c) e ciononostante […] emerge qualcosa che è marchiato da un'ecceità irriducibile, […] da un segno d'eternità e d) vive e si trasforma […] in un rapporto interindividuale”. (pp. 58-59)      
Spinoza diviene così il paladino del materialismo aleatorio – “aperto alla virtualità dell'essere” (p. 22) – althusseriano.  Nel progetto spinoziano di una democratia omnino absoluta la moltitudine si manifesta come “motore” sempre attivo e mai come “risultato”. (p. 27)
In questo quadro si situano le critiche alle teorie dell'immanenza e ai materialismi che escluderebbero l'atto di costituzione, ribelle ed eccedente. Riaffermando il Kant dei “Conflitti delle facoltà”, Negri rinviene nel “materialismo opaco” dell'“abderatismo”e nel “terrorismo” (p. 37) due diversi tipi di minacce nei confronti della potentia della moltitudine. Se, da un lato, la prima categoria consiste nell'affermazione dell'irrazionalità di certe contingenze del mondo, quando queste sono subordinate ad un fine determinato (il modello, ad esempio, del socialismo reale), dall'altro, la seconda indicherebbe “ogni teoria che ritiene la rivoluzione impossibile” (ibidem); in questo modo, anche, le filosofie dei pensatori “eretici” (Derrida e Agamben) sarebbero surrettiziamente reazionarie, poiché offrirebbero il terreno ad uno scetticismo della prassi politico-creativa. Tali pensatori si sarebbero rifugiati in quelle che Spinoza avrebbe chiamato “passioni tristi”. (ibidem)
Allo stesso modo Negri critica ampiamente le posizioni che vagheggiano una riappropriazione del valore d'uso e che rinvengono in questo una dimensione aurorale, pura e disalienante del lavoro-vivo. Invece, in questo senso, la vera immanenza è quella che si confronta col mondo delle merci e dello scambio, cercando di “rovesciare quella realtà che ci vede vivere come ‘poteri-sfruttati’ e ‘soggetti’ nel ‘comune della valorizzazione’, nel ‘comunismo del capitale’ e della quale ci possiamo riappropriare come ‘comune del lavoro-vivo’. (p. 42) 
Al confronto Heidegger e Spinoza, invece, è dedicato il secondo saggio del libro (pp. 47-55). Al filosofo tedesco, dalla prospettiva di Negri, Spinoza opporrebbe la pienezza – “un'insistenza creativa” (p. 50) – della presenza. Sebbene i due filosofi evidenzino entrambi il carattere potenziale dell'essere, tale carattere viene declinato, da parte di Heidegger, a partire dall'Angoscia (Angst) e dalla Cura (Besorgen), mentre, da parte di Spinoza, dall'Amor e dall'Appetitus, affermando così una distanza incolmabile tra la Möglichkeit heideggeriana e la potentia spinoziana. 
Inoltre, altra ragguardevole somiglianza tra i due pensatori – sostiene Negri – è l'aspetto della comunanza, dell'“essere come essere-con (mit-Sein)” (p. 52), apertura illimitata all'alterità; solo tale relazione “ci solleva dall'immediatezza dell'immersione nel tempo dell'essere; solo il senso della differenza (il rapporto tra singolarità) ci trae da quella condizione. Il senso della differenza agisce […] nell'interazione, nell'‘essere-con’ e nell'‘essere-dentro’”. (p. 53) Tuttavia, seppur partendo da premesse simili, le strade di Heidegger e Spinoza si separano. Tale separazione sta nel fatto che il filosofo tedesco analizza l'esserci in relazione alla sua possibilità di annichilimento. L'“essere-per-la-morte” heideggeriano viene concepito qui da Negri come l'affermazione di un limite negativo che introduce un destino tragicamente prestabilito nella prassi politica. Viceversa Spinoza oppone al filosofo tedesco la visione secondo la quale la potenzialità non può essere limitata da alcuna condizione destinale. In breve, Heidegger farebbe sprofondare la vita nel “destino”, mentre Spinoza vivificherebbe la dimensione propriamente virtuale – e dunque vitale – dell'esserci. 
L'ultimo saggio (pp. 67-77), invece, si muove sui binari di una potenziale “sociologia” spinoziana, assiologicamente orientata e basata non tanto sul terreno delle interrelazioni sociali, quanto sulla “pulsione ontologica” (p. 69) che le anima. Spinoza qui si muove con Foucault; nel rigetto della Wertfreiheit sociologica (p. 76) e nella risemantizzazione del “biopolitico” (p. 73). Esso si configura essere relazione fra cupiditates nell'intreccio tra il comune e la vita, “una resistenza, come cum-sistere, contro le pretese del potere” (ibidem).
Questo Spinoza materialista è ora rivolto, come l'angelo di Benjamin, al passato e prova a mostrarci qualcosa che eccede la “catastrofe” del moderno. Questo Spinoza è qui dipinto come il pensatore di un'alternativa al presente e alla crisi che lo determina.
Questo piccolo volume è scorrevole e si legge con piacere, sebbene disponga di una certa complessità teorica per chi non avvezzo ai temi che lo animano. L'unico aspetto che risulta controverso – al di là di una lettura di Spinoza che ha preso piede specialmente in Francia e che ormai dispone di una vasta letteratura – mi sembra quello di non tematizzare la Kehre heideggeriana, affermando implicitamente una certa continuità tra Sein und Zeit e la produzione successiva del filosofo di Meßkirch.


Indice

Abbreviazioni

Introduzione
 1. Rivendicando L'anomalia selvaggia
 2. Prolungando l'‘anomalia’ nella post-modernità
 3. Spinoza oltre l'individualismo
 4. L'alternativa d'un materialismo vivente
 5. Chi ha paura di un'ontologia positiva?
 6. A cosa serve, Spinoza, oggi?
 7. Questo libro

 I. Spinoza: un'eresia dell'immanenza e della democrazia

 II. Potenza e ontologia tra Heidegger e Spinoza

 III. Moltitudine e singolarità nello sviluppo del pensiero politico di Spinoza

 IV. Spinoza: una sociologia degli affetti
 1. Spinoza contro la sociologia?
 2. Cupiditas e biopolitica
 3. Dalla cupiditas all'amor

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