lunedì 10 novembre 2014

Russo, Paola, Multinazionali farmaceutiche e diritti umani

Firenze, Le Lettere, 2012, pp. 180, euro 18,50, ISBN 978-88-6087-538-9

Recensione di Francesco Codato - 02/10/2012

Paola Russo s’interroga, all’interno del suo primo libro, sul concetto di salute, analizzando come questo stato si trovi a essere subordinato alle logiche di mercato prodotte dalle multinazionali del farmaco. Tale analisi porta l’autrice a chiedersi se sia possibile conciliare salute e mercato, ovvero se sia possibile conciliare il diritto universale a godere di un equilibro psico-fisico con un’idea precisa di gestione della vita che dona luce a una propria concezione dello stato di salute.

Quest’opera s’inserisce all’interno di un ampio panorama filosofico che ha visto da Foucault in poi una sostanziale modificazione di approccio ai canoni interpretativi attorno alla verità della costituzione del soggetto e della società. Infatti, l’analisi foucaultiana indagando l’impatto dei discorsi medici sulla popolazione ha avuto il grande merito di mettere in luce come la comprensione dell’individuo e della società contemporanea non possa prescindere da un’analisi dello stato di avanzamento delle condizioni mediche, che si pongono come base di un sapere normativo e classificatorio. Il filosofo francese si è occupato della descrizione minuziosa dei processi che dal diciottesimo secolo in poi hanno condotto la società occidentale ad affidarsi alle codificazioni di normalità che la medicina ha coniugato. Foucault ha inoltre constatato la tendenza della medicina, la quale tenta di assumere una giurisdizione sempre maggiore annettendo in maniera progressiva nuovi settori dell’esistenza sotto il proprio controllo. Questa asserzione ha portato negli anni ’60 numerosi sociologi, storici e filosofi a coniare il termine “medicalizzazione”. Per medicalizzazione s’intende la descrizione dei processi attraverso i quali dei problemi non medici cominciano a essere trattati come problemi medici, ovvero tradotti in termini di salute e di disordine. Il saggio di Russo prende le mosse da questa teoria societaria, analizzando come la costante progressione d’importanza della medicina all’interno della vita dell’uomo abbia modificato la definizione di salute. A questo proposito Russo fa notare come la definizione di salute diffusa dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sposti il centro del concetto di salute dall’assenza di malattie alla creazione di uno stato di benessere completo. Il punto focale di questo saggio è costituito proprio da questa definizione, che permette di comprendere come il concetto di salute sia diventato un espediente di mercato atto alla produzione di oggetti, i farmaci, che regolano il “normale” funzionamento dell’esistere. Ciò che Russo mette in rilievo è che dallo spostamento del senso attribuito al termine salute trae origine la forza delle industrie farmaceutiche. Esse, trasformando ogni aspetto della vita in patologia, riescono così a incrementare il bisogno e la vendita di farmaci che soli regolano il flusso vitale. Si costituisce così uno stato di benessere utopico e impossibile da raggiungere, in quanto a ogni avanzamento storico corrisponde anche un avanzamento del grado di annessione del reale da parte della medicina. La continua annessione produce nuove fonti di patologie, quindi nuove possibilità di cure da acquistare per avvicinarsi allo stato di benessere. L’originalità di questo saggio può essere reperita nella descrizione offerta del soggetto che si trova a vivere in questa società. Infatti, i soggetti non vengono raffigurati come ignari spettatori della medicalizzazione, ma come enti che partecipano e donano il proprio assenso all’imperare delle cure. Il grado di assenso che il soggetto attribuisce proviene dalla profonda permeazione che le idee medico-sanitarie hanno avuto all’interno della dimensione socio-culturale. Questo fatto conduce alla visione della medicina e del farmaco come unici espedienti in grado di alleviare i problemi insiti nel quotidiano. Così facendo si stabilisce un circolo vizioso che vede l’individuo consumare costantemente farmaci; consumando farmaci alimenta il potere delle case farmaceutiche che non solo guadagnano, ma legano in maniera sempre più profonda il soggetto alle pratiche di medicalizzazione. Russo con  questo saggio vuole comunicare che la salute in occidente è diventata lo specchio dell’idea di benessere; ciò comporta che la salute si formi come un concetto prettamente economico assoggettato alle logiche produttive dell’industria farmaceutica. 
Dopo aver messo in luce il rapporto che intercorre tra salute e capitale, l’autrice s’interroga sul reale valore di questa concezione che l’occidente restituisce al termine salute. A tal fine esprime l’idea cardine dell’intero processo di ricerca di quest’opera, ovvero che la salute costituisca un prius logico. Questo concetto vuol significare che la salute assume la caratteristica di essere antecedente a ogni altro diritto concepibile ed esprimibile per l’uomo. La salute assume, così, la caratteristica di diritto umano per eccellenza. Infatti, per Russo un soggetto ammalato non potendo esercitare a pieno le sue facoltà fisiche e mentali, si trova a non poter esercitare nemmeno quelle facoltà che permettono l’accesso a ogni altro tipo di diritto codificato come umano. Emerge così il bisogno della salute come condizione aprioristica, quindi universale, che funga da garante  all’esplicazione e alla costituzione di tutti gli altri diritti fondamentali. Dimostrando l’esigenza di concepire la salute come un universale, Russo svincola tale diritto da ogni esigenza sociale, dunque dalle politiche sanitarie proprie di ogni singolo paese. La salute diviene il diritto primario che spetta a ogni uomo in qualunque parte del mondo egli viva. In quanto tale la salute si caratterizza per non potersi vincolare ad alcun regionalismo o nazionalismo. 
Ciò che si afferma in quest’opera è che la salute spetta a ogni individuo, poiché essa costituisce la base per la determinazione e l’autodeterminazione dello stesso individuo. Se per Aristotele si può pensare di fare filosofia solo dopo aver appagato i bisogni primari, così per Russo si possono esercitare e dibattere i diritti fondamentali solo dopo aver assicurato la salute. Quindi, se la salute si vincola all’idea di benessere e alla consumazione di farmaci, ecco che il diritto universale alla salute si configura come strettamente connesso ad un bene materiale. Siffatta situazione per Russo mostra la fragilità del concetto di salute come pensato dall’OMS. Poiché, se la salute dipende dall’accesso ai farmaci e quindi dalla possibilità di comprare tali risorse, si può facilmente riscontrare come il sud del mondo rimanga escluso da tale diritto. Ne segue che una buona fetta della popolazione rimane al di fuori dall’accesso alle cure e quindi rimane privata del diritto primo che determina tutti gli altri. Si coglie in questo modo come il concetto di salute pensato come benessere, non doni quel valore universale al termine salute, che per Russo, corrisponde alla discriminante prima per ragionare sui diritti umani. 
Russo con questo saggio propone degli spunti interessanti per un dibattito di ampia portata, a cui i bioeticisti difficilmente potranno sottrarsi. Infatti, la riflessione attorno al concetto di salute, come proposta in questo saggio, non comporta solo un ripensamento delle possibilità del concetto di cura e delle modalità per giungere all’universalità della cura stessa. Propone, anche, un ripensamento più ampio sulle tecniche di creazione del soggetto, il quale concependosi come attore attivo della società, assorbe come propri i criteri di medicalizzazione. Quindi il saggio, invitando a riflettere sulla possibilità di interazione fra la salute e l’economia di mercato, incita alla riflessione su noi stessi, dunque a ragionare sulle pratiche di soggettivazione che costituiscono l’individuo contemporaneo. 


Indice

Introduzione

Sulla complessità dei concetti di salute, malattia e medicina
1. Salute: oltre il velo di Maya
2. Malattia: questioni linguistiche e logiche
3. Sulle classificazioni
4. Il paradigma biomedico: ritorno al passato o sguardo, attento al presente?

Dal supermercato al mercato occidentale della salute
1. Qualche parola sul prefisso pre-
2. Prevenzioni e rischi
3. Nuove malattie?
4. Il valore del farmaco
5. Innovazione, informazione e decisioni politiche
6. L’iter del farmaco: normativa europea e dilemmi etico-politici
7. I colossi farmaceutici: né buoni né cattivi, ma…,

Uno sguardo verso il sud del mondo
1. Il tavolo da gioco di Big Pharma
2. La trappola dei brevetti
3. Le pratiche sul corpo
4. Un’analisi filosofica delle liste dei farmaci essenziali
5. La controversia tra USA, UE e India: la giustizia delle regole
6. Il processo di Pretoria e il cambiamento delle carte in tavola
7. Un punto di vista critico sulle donazioni
8. Cure e paternalismo
9. Tentativi contro la regressione darwiniana

Una teoria della giustizia globale in sanità?
1. Accesso diseguale alle cure e giustizia distributiva
2. Razze e farmaci alla luce delle frontiere della medicina
3. I criteri di quantificazione de benessere sono giusti?
4. Dimensioni non misurabili della qualità della vita

Conclusioni

Bibliografia

Sitografia

4 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

Non è possibile una definizione di salute unita o stabilmente unita a necessità mediche, perché se si legasse salute e medicina inscindibilmente ciò risulterebbe vano per alcuni, svantaggioso per altri, in quanto esiste il bisogno di badare alla propria salute evitando necessità mediche, fosser pure preventive, che se poste in causa senza motivo per alcuni diverrebbero cause stesse di rischi di malattie, per altri sarebbero un onere inutile.
(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)

La umanità a differenza della animalità non razionale vive rischio o non rischio di malattie quale assenza o presenza concrete ed ovviamente non di qualcosa; per le bestie la malattia è uno svantaggio relativo che non può mai condurre la vitalità a mancamento importante; per parte della umanità tale mancamento importante è una soltanto astratta eventualità cioè una non-evenienza, non perché codesta parte (che è anche la mia) viva in stabili e necessarie condizioni ovviamente esteriori di bestialità ma perché non vive separazione fondamentale tra àmbiti civili ed àmbito naturale dunque ciascuno provvede con solo pensamento a non incorrere in concreti rischi di malattia; per altra parte della umanità le esigenze civili richiedono a ciascuno di provvedere anche con azione pratica, di prevenzione, di guarigione. Tutto ciò alle sanità ufficiali europee era assai noto e per quel che ne resta di esse rimane altresì noto; sanitariamente ufficialmente non universalmente noto in Asia e non universalmente noto in vasta parte delle Americhe, in Africa poco noto o non noto, in Oceania poco noto ma assai disponibile alla conoscenza intuitiva; in ambienti o climi o per condizioni di vita, sia pure momentanee, artiche, è diffusa ignoranza opposta, cioè non si ha a disposizione una intuizione della malattia quale dramma né se ne possono concepire in mente stessa circostanze tragiche, ugualmente per condizioni di vita che siano basilarmente anche di sopravvivenza; in globalità e relative situazioni accadono confronti tra sistemi di vita e pensiero radicalmente altri ed allora le ignoranze reciproche restando pratiche non restano teoriche!
...

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...
La farmaceutica è un settore di studi da molto tempo piuttosto indipendente da quello specifico medico proprio perché badare alla propria salute potrebbe o deve prescindere da preoccupazioni od atti medici. Le conseguite indipendenze e separatezze degli studi ed apprendistati infiermeristici ha consentito maggior proficua indipendenza di stesso apporto degli studi di farmaceutica; ed esiste disciplina rigorosa di studi detta farmacologia che non è una scienza ma reca competenze scientifiche anche, in verità assai più dirette che non in specifici studi medici.
Innegabilmente i farmaci sono di per sé sostanze per il benessere; però quest'ultimo si avvale in certi casi di strategie solo analoghe a quelle farmacologiche. Già attorno ad anno 2012 la condizione culturale italiana, europea, occidentale globale, era adeguata od in adeguamento a queste distinzioni; purtroppo fino ad oggi sono persistite anche condizioni di arretratezza oppure rifiuto ed in vari od anche vasti luoghi, massicciamente anche e per moltissimi.
L'abuso di farmaci dipende da subculturalità, sia inerente mondo della medicina, sia inerente ricerca del benessere; esiste pure un abuso farmacologico che dipende da sopravvalutazioni di ruoli di farmaci, in medicina od in sola pratica di benessere. A offrire soluzioni parziali a tali abusi ci sono le cosiddette parafarmacie, da alcuni anni legalizzate in forma specifica e separata in Italia; a offrire completa possibile soluzione resta connubio di spontanea condivisione di esperienze e pubblicistica che annovera tattiche e strategie generali per il benessere, a prescinder da necessario uso o riferimento di farmaci; in ciò la medicina ha ruolo solo per alcuni ed a volte limitatissimo ma purtroppo esiste tendenza a tentativi insensati di medicalizzazione, i quali si fanno anche complici di abusi farmacologici o di farmaci. Inoltre negli ambienti della medicina è vastamente diffusa ignoranza sul mondo che si riferisce alla medicina senza praticarne, tanto che le sole consultazioni o le esperienze di simulazioni mediche, che ad occorrenza sempre bastano a tal mondo, sono negate da molti e troppi ad esso (che è anche il mio), che si tenta violentemente ed inanemente di medicalizzare fino a crimini non solo intentati di: rapimenti, segregazioni, impedimenti, costrizioni, fino a violenza di ferimento, avvelenamento, omicidio; e ciò accade anche subdolamente ed anche da non sedicenti "medici" e chi riesce a difendersene deve affrontare calunniosità e falsificazioni sistematiche. Questa violenza concerne la convivenza nel mondo e la coesistenza e stessi abusi farmacologici e di farmaci sono fondamentalmente da considerare secondo tal concernimento. Con tale accortezza se ne può affrontare la eventualità della prepotenza economica e discernendo la indistinzione, di fatto vastamente imposta o intromessa da vasti ambienti criminosi o criminali, tra:
cura salute benessere terapia e malesseri malattie medicine.

Senza tal discernimento non si può che restare a metà di riflessione e senza poter iniziare opera; e in tale parzialità si può riscontrare approccio filosofico ma se ne riscontra inevitabile insufficienza; e nello scoprire che spesso questa insufficienza scaturisce da materialismo-economicismo-classismo anche di marxismi-comunismi, bisogna restare obiettivi per agire filosoficamente anche fino a constatare definitivo sottrarsi, non solo del presente storico pure del passato oltre che del futuro storici, dell'Evento della filosofia anche da intellettualismo marxista.
Ne va del vigore e della salubrità di pensieri e circostanze, anche non solo filosofici.

(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

...
Oltre che essere impossibile un pensiero sanitario generale che neghi differenze di umanità e di relativi provvedimenti umanitari necessari eventuali o non necessari o solo virtuali, resta impossibile un pensiero medico generale su intera umanità; dunque non si può trovar alcuna possibilità reale e generale di univoco diritto a cure mediche anche perché esiste l'altro diritto a non riceverne, neppure quali proposte mediche perché queste sono per certi casi ed a seconda dei casi o per certa umanità sempre onerose, inette, spiacevoli. Il servizio sanitario è tale, un servizio; nessun obbligo sanitario può essere impartito con vantaggio o con realizzazione effettiva, dunque bisogna limitarsi a notificarlo ma solamente secondo le effettive e reali richieste di servizi; allora la medicalizzazione che non deriva da proposte e relative volontarie accettazioni è un tentativo oltre che inutile violento, falsificatorio, opprimente, avvilente, sovente ingiurioso od offensivo, inoltre si trasforma sempre in invadenza oppure aggressione; e una falsificazione assai diffusa è la finzione che tal tentativo di medicalizzazione possa trasformarsi in mutamento di non bisogni in bisogni; per cui gli illusi oppressori si avvicendano in accuse reciproche ed in violenze crescenti ai danni di stesse agognate o effettive vittime, dando concetto od impressione del tutto sbagliati su condizioni umane di parte di umanità e su istintualità di qualsiasi umanità.
Infatti la unione naturale di civiltà e natura non può venir meno con circostanze negative ma lo potrebbe con circostanze positive non durative che attualmente non lo sono abbastanza per essere attive poiché nella attuale condizione umana nel mondo il pensiero della sopravvivenza è un presente astratto o concreto o è un riferimento per un futuro astratto o concreto, comunque restando tal pensiero istintivamente forte a causa di situazione di destino:
per quella umanità che si dibatte in un decadere umano senza rimedio tal pensiero è la possibilità indipendente di una trasformazione umana che eviti la fine stessa annullando stesso finire perché mutando umana identità e nessun'altra umanità potrebbe aiutarne, solo circostanze ambientali nuove e non artificiali;
per l'umanità in non decadimento esso è monito istintivo ineludibile;
la restante (che è anche la mia da sempre) già ne aveva (e ne ha in parte aggiunto vissuto che reca maggior distinzione necessaria dalle altre a causa delle situazioni di odio e rifiuto che da queste sono state create ma tal vicenda non appartiene alle vicende sanitarie e neanche alle cronache del vero mondo della vera medicina).

MAURO PASTORE