venerdì 26 ottobre 2007

Rossi, Pietro, Max Weber. Una idea di Occidente.

Roma, Donzelli, 2007, pp. 382, € 34,00, ISBN 9788860361494.

Recensione di Luca Mori – 26/10/2007

Filosofia della storia, Filosofia politica

Il volume raccoglie quindici saggi di Pietro Rossi dedicati a tematiche weberiane, scritti a partire dal 1980. Di questi, uno è inedito e riprende la relazione presentata nel 2006 al Deutsches Historisches Institut di Roma, col titolo Max Weber e la filosofia italiana: un incontro mancato.
Nella Premessa, l’autore accenna agli studi italiani più significativi: quelli di Luciano Cavalli sulla sociologia della religione, di Capogrossi Colognesi su Weber e l’antichità, di Pier Paolo Portinaro e Francesco Tuccari sulla teoria politica, di Realino Marra sulla formazione giuridica di Weber, di Alessandro Cavalli e di altri, più giovani, che “reggono certamente il confronto con la migliore letteratura straniera su questi argomenti” (p. IX).
All’elenco va senz’altro aggiunto lo stesso Pietro Rossi: raccogliendo in un solo volume introduzioni, relazioni e articoli scritti in diverse occasioni, l’autore mette a disposizione del lettore una delle migliori introduzioni italiane al pensiero di Max Weber, per la varietà dei temi affrontati – dalle questioni metodologiche al pensiero sociologico e politico – e per la chiarezza con cui risultano dipanati intrecci complessi (come il tema “spiegazione e comprensione da Dilthey a Weber”, o quello controverso dell’”analisi sociologica delle religioni universali”).
Nei contributi qui proposti, l’autore non si confronta esplicitamente con la letteratura secondaria su Weber, dedicando invece molto spazio ai protagonisti del dibattito a lui contemporaneo, o alle sue letture. Pur avendo dei limiti, tale impostazione garantisce al libro un pregio aggiuntivo: esso riesce a offrire un’esposizione importante del pensiero di Dilthey, della “scuola storica di economia” e di aspetti più circoscritti ma rilevanti di filosofi come Hegel, Marx e Croce.
Il lettore incontra così una serie di approfondimenti innescati dall’approccio comparativo. A titolo di esempio, è sufficiente citare la questione dei modelli di “storia universale” (pp. 224 sgg.). Trattando del modo weberiano di concepire l’evoluzione storica delle strutture d’azione e interazione (ad esempio, il passaggio dal capitalismo “antico” al capitalismo moderno), Rossi evidenzia come furono respinti il modello hegeliano di una Weltgeschichte in cui il protagonista è lo “spirito del mondo”, il modello positivista (condiviso mutatis mutandis da Marx) di una “successione di epoche o di stadi di sviluppo dell’umanità, comuni a tutti i popoli, e determinati per lo più in riferimento ai modi di produzione e all’organizzazione sociale corrispondente”, e il modello della “scuola storica tedesca, imperniato su una pluralità di “spiriti dei popoli”, non riconducibili ad un soggetto comune”. Sempre per comparazione, Rossi getta luce sulle differenze tra l’impostazione weberiana e quella di uno Spengler o di un Toynbee, e l’effetto di contrasto che ne consegue dà rilievo a importanti sfumature nelle posizioni degli autori di volta in volta considerati.
Il sottotitolo, “un’idea di Occidente”, si giustifica considerando che il fulcro principale sul quale ruotano i saggi raccolti nel volume è quello del weberiano “nur im Okzident” (“solo in Occidente”): cioè, la tesi circa il carattere unico e inedito del modello di “razionalità formale” che ha fatto la sua comparsa, appunto, nel mondo occidentale moderno.
Si tratta di capire in che senso, secondo Weber, “all’estensione universale delle varie forme di razionalità materiale, fa riscontro la limitazione della razionalità formale a un determinato ambito storico, cioè al mondo occidentale moderno” (p. 220). Soltanto in Occidente sono comparsi “il capitalismo” come “razionalismo economico”, “lo stato razionale, fondato sul potere legale, e un’amministrazione burocratica applicabile allo stato come all’impresa economica” (p. 220), nonché “l’autonomia reciproca delle diverse sfere della vita” inividuate nella Zwischenbetrachtung de L’etica economica delle religioni universali (tradotta in italiano in Sociologia della religione, 2 voll.): religiosa, economica, politica, estetica, erotica, intellettuale.
Affrontare questo nucleo problematico significa andare al cuore delle tesi ben note sullo “spirito del capitalismo”, sul ruolo del parlamento, sulla “gabbia d’acciaio” e sulle parabole del carisma tra disincanto e reincantamenti.
Nell’analizzare questi punti cruciali, Rossi contribuisce anche a riaprire un altro fronte controverso, quello relativo alla posizione di Max Weber nell’ambito della filosofia politica. In una relazione al convegno weberiano di Roma nel 1980, Bobbio aveva definito il pensatore di Erfurt “un classico della filosofia politica”, “l’ultimo dei classici”. Ciò è condivisibile, per Rossi, anche e proprio perché Weber introduce una significativa svolta rispetto all’impostazione classica e moderna del pensiero politico (pp. 237 sgg.): mentre le teorie del potere e delle forme di governo confluite nell’opera di Montesquieu erano concentrate sul detentore del potere e sul modo del suo esercizio, Weber introdusse una prospettiva inedita (pp. 237 sgg.), con la doppia distinzione tra potere ordinario e straordinario da un lato, personale e impersonale dall’altro. Entro queste coordinate, diventavano poi comprensibili i tratti peculiari dei tre tipi di potere: legale o razionale (ordinario e impersonale), tradizionale (ordinario e personale) e carismatico (straordinario e personale).
Seguendo l’esposizione di Rossi, si coglie in Weber uno degli scarti più interessanti rispetto all’impostazione moderna del pensiero politico, ovvero la centralità riconosciuta alla fenomenologia delle pretese di legittimità e delle credenze relative alla legittimità di una configurazione di potere storicamente situata.

Indice

Premessa
Avvertenza
Parte Prima – La teoria del metodo e il suo contesto
I. La metodologia delle scienze storico-sociali
II. Spiegazione e comprensione da Dilthey a Weber
III. Max Weber, Dilthey e le “Logische Untersuchungen” di Husserl
IV. Max Weber e il problema della Weltanschauung
Parte Seconda – Il processo di razionalizzazione
I. La teoria della razionalità
II. L’analisi sociologica delle religioni universali
III. Razionalizzazione, “disincantamento” del mondo, modernità
IV. Occidente e società extra-europee in Marx e in Weber
V. Storia universale e comparazione interculturale
Parte Terza – Politica e diritto nell’Ottocento moderno
I. La teoria della politica
II. Weber e Hegel: lo stato moderno e la sua razionalità
III. Il processo di razionalizzazione del diritto e il rapporto con l’economia
Parte Quarta – Max Weber e la cultura italiana
I. Max Weber e Benedetto Croce: un confronto
II. Sociologia italiana e sociologia tedesca nel dopoguerra
III. Max Weber e la filosofia italiana: un incontro mancato
Indice dei nomi


L'autore

Pietro Rossi (1930) è professore emerito dell’Università di Torino, dove ha insegnato Storia della filosofia e Filosofia della storia. È socio dell’Accademia Europea e dell’Accademia Nazionale dei Lincei, ed ha presieduto l’Accademia delle Scienze di Torino. Si è occupato di Max Weber nel volume del 1956 intitolato Lo storicismo tedesco contemporaneo, e ha curato la traduzione italiana delle sue principali opere. Per le Edizioni di Comunità, ha diretto la collana “I Classici della Sociologia”. È stato anche fellow della Rockfeller Foundation a Parigi, professore ordinario a Cagliari e Max-Weber-Gastprofessor all’Università di Heidelberg. Tra i suoi lavori: Storia e storicismo nella filosofia contemporanea (1960), Il Saggiatore, Milano 1991; (in collaborazione con C. A. Viano), Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, Il Mulino, Bologna 1991; Hegel, guida storica e critica, Laterza, Roma-Bari 1992.

2 commenti:

MAURO PASTORE ha detto...

La recensione compone un elenco denotativo non connotativo e gli inserti in lingua tedesca per un verso sono necessari ma per altro verso risultano soltanto relegati non allegati dal senso denotativo privo di significativi connotati; tanto che la stessa conclusione recensiva reca nel senso recensorio anche riduzione censoria, perché negli studi di Max Weber si trovano quadri di relazioni tra credenze ideali quindi inconcludenti e legittimazioni di fatto dunque non autentiche entro cui però sono più o meno implicitamente compresi o necessariamente comprensibili rapporti tra credibilità politiche originarie e legittimità economiche originali tanto che tali quadri non sono critici perché i nessi ivi tra cotali relazioni e rapporti non sono soggetti a giudizi ma ad ulteriori notazioni e considerazioni intellettuali e conoscitive che ne manifestano la entità, sottraendone ad opinabilità politica od impolitica; di fatto alla credibilità risultando credenza connessa o annessa o sconnessa, a seconda delle differenti vicende possibili oppure reali.
(...)

MAURO PASTORE

MAURO PASTORE ha detto...

(...)
Del caso che la recensione espone quale principale, la organizzazione capitalista, risulta dagli studi di Max Weber una credibilità, politica extrapolitica ed areligiosa, scaturente da disposizioni interiori ad azioni (queste sono il cosiddetto "spirito"), alla base delle credenze entro cui si svolgono le azioni capitaliste non essendone però motivate né limitate. In concreto tali credenze ineriscono pluralità di cose, in cui credere non per agire ma affinché il presente resti comprensibile ma non creduto bensì constatato. Tale sfondo fu identificato nel mondo sociale e religioso del calvinismo, dottrina cristiana monoteista che afferma la indifferenza, per le umane condotte, dell'esito ultimo della vita, glorificata dal ricongiungimento all'Assoluto della Eternità, sia se condotta di vita stessa fosse riprovata ovvero non approvata sia se approvata ovvero non riprovata e senza che meriti e demeriti mondani corrispondano a meriti e demeriti nel mondo non del mondo e senza che meriti e demeriti nel mondo coincidano con quanto risulti dall'incontro dei tempi relativi con l'assoluta fine dei tempi; le intuizioni che organismi religiosi con essa offrono non (!) essendo uguali alle evidenze etiche delle organizzazioni politiche ed economiche anzi potendone differire fino ad opposizione. Tale dottrina — contrariamente a quanto ritenuto per errore in vasti ambienti perlopiù cattolici — non consiste in un fatalismo (non essendo il destino ultimo né "inferno" né "paradiso" ed essendo codesti indicazioni di soggettività non anche oggettività per rappresentare la via moralmente segnata dall'Assoluto ai relativi, modi utili solo per gli altri cui non ancora riferiti e non per significazione, cioè sensati se con consapevolezza di inconsistenza di stesse condizioni infernali o paradisiache) e non è a fondamento della politica capitalista, basata invero su antecedente spiritualità, cui precetto era ed è: riconoscere quanto possa differire il successo mondano ed economico da una riuscita politica ed universale per evitare che il successo economico pregiudichi od arrischi le riuscite politiche e in modo che da quest'ultime non conseguino economiche ristrettezze o incognite e quindi preservando i poteri della politica dalle prepotenze economiche. Trattasi di spiritualità che par minima e non indipendente da accadimenti particolari ma che in realtà è profonda, nata da necessità di sopravvivere in condizioni difficilissime e che costituiva forza intellettuale per continuare ad esistere nonostante eventi e luoghi ingrati e quando pareva possibile solo l'abbandono dei luoghi e la fine di intere storie... Integralmente tale spiritualità era infatti per sostegno interiore delle genti dei cosiddetti Paesi Bassi europei, che dal Medio Evo a Modernità trovavano opportunità di vivere ivi grazie a unione di sforzi materiali ed economici con decisioni politiche e senza escluderne il lato misterioso della vita; non integralmente era per esigenze di intera Europa e di parte di America.

MAURO PASTORE